Introduzione
2
cogliere le future opportunità, è inserito in un contesto europeo in cui
necessiteranno sempre più risorse finanziarie per perseguire disegni
strategici di lungo periodo caratterizzati da una maggiore prevedibilità
degli scenari operativi e da un aumentato grado di concorrenzialità tra
sistemi economici4.
Superata la fase di incertezza, ed entrati a far parte a pieno regime
nell'Unione Europea, si presenta uno scenario, contraddistinto da bassa
inflazione, valuta unica, minor fabbisogno statale e canalizzazione del
risparmio verso il finanziamento delle attività reali, che impone senza
dubbio un ripensamento delle politiche di finanziamento delle imprese,
in particolar modo delle Piccole e Medie Imprese (PMI). Il fallimento
di anni di politica economica incentrata su programmi di sviluppo
rivolti esclusivamente alla localizzazione degli investimenti nel
Mezzogiorno, ma soprattutto il fallimento di una politica centralizzata,
che attraverso il suo apparato burocratico ha visto il concentrarsi di
inefficienze e sprechi di denaro pubblico, hanno comportato e dovranno
ancora comportare una revisione degli strumenti di incentivazione,
sviluppo e programmazione5.
4
Cfr. C. Sangalli, Presentazione, in F. Perrini, "Capitale di rischio e mercati per PMI", Milano,
EGEA, 1998.
5
Cfr. A. Graziani , (a cura di), L'economia italiana dal 1945 ad oggi, Bologna, Il Mulino, pagg.
391-398.
Introduzione
3
Ma perché quest'azione di revisione possa tradursi in occasioni di
crescita e di sviluppo occorre agire su molteplici fronti6. In primo
luogo, come ho già affermato, c'è bisogno di un ridefinizione, in parte
già attuata, degli obiettivi di politica industriale, insieme ad una
maggior attenzione all'evoluzione dei comportamenti privati rivolta a
contrastare, in concorso con la politica economica, i fattori che
ostacolano la competitività internazionale della nostra industria. Inoltre,
bisogna muoversi sul terreno della ricerca dell'efficienza produttiva nel
settore dei servizi, in modo da renderlo più soggetto agli stimoli della
concorrenza. Da ultimo, ma non per questo meno importante, esiste il
terreno del mercato del lavoro che deve essere necessariamente
ristrutturato, avendo particolare riguardo a riformare la contrattazione
salariale.
L'integrazione dei mercati determina una estrema concorrenzialità tra le
aziende, per cui l'abbattimento dei costi rappresenta in molti casi il vero
terreno di scontro. In Italia il costo del lavoro rappresenta un elemento
di freno specie se si considera il costo degli oneri sociali, l'incidenza
fiscale ed i costi derivanti dalla mancanza di flessibilità. Le imprese,
specie nel Mezzogiorno, richiedono una politica di riduzione reale del
6
Cfr. S. Micossi - I. Visco, (a cura di), Inflazione, Concorrenza e Sviluppo, Bologna, Il Mulino,
1993, pag. 9.
Introduzione
4
costo del lavoro e l'introduzione di politiche flessibili del mercato del
lavoro7.
Accanto ai nodi da sciogliere, cioè rinnovamento della politica
industriale e flessibilità del lavoro, che sono identici da anni, si rileva
una divergenza, sempre più marcata, tra il Nord ed il Sud del Paese. In
particolare l'elevato tasso di disoccupazione, considerato in relazione al
Mezzogiorno, raggiunge valori estremi se riferito alla popolazione
giovanile e femminile. L'inquietudine sociale derivante da questo
scenario rischia non solo di minare la residua credibilità delle
istituzioni, ma anche di porre in crisi la stabilità del Paese.
Questa situazione porta ad affermare che non si possono affrontare i
problemi dell'economia meridionale senza confrontarsi, al tempo
stesso, con quelli della società globalmente considerata8. Nonostante
cinquant'anni d'intervento straordinario per il Mezzogiorno, resta
innegabile che svolgere l'attività di impresa nelle regioni e nelle città
meridionali è diverso che nel resto d'Italia.
Sebbene sia venuto meno un sistema "partitocratico" di redistribuzione
della ricchezza e si sia avuto nel Mezzogiorno un rafforzamento della
società civile, il problema meridionale ha ancora scarsa rappresentanza
7
Si veda, a tal proposito, la posizione assunta dal Governatore della Banca d'Italia, A. Fazio,
Considerazioni finali del Governatore alla Relazione annuale della Banca d'Italia, 1997.
8
Cfr. G. Barbieri, Prime riflessioni sullo sviluppo del Mezzogiorno, in "Le politiche per il
mezzogiorno e l'Unione europea", Roma, Camera dei deputati, 1998.
Introduzione
5
a livello nazionale, il che ha comportato spesso la diagnosi di patologie
sbagliate e di soluzioni inadeguate, sottovalutando le forti potenzialità
dell'economia meridionale. Il Meridione, in questi ultimi anni di
interventi straordinari e non, é quindi passato da un'economia assistita
ad un'economia esposta al mercato, ma non ancora di mercato9.
L'economia degli anni '90 ha avuto di fronte a sé, e quella del prossimo
decennio dovrà avere, la necessità di dare risposte concrete al sempre
più marcato divario fra le regioni settentrionali e quelle del
Mezzogiorno d'Italia ed a crescenti tassi di disoccupazione specie nelle
aree meridionali10. La condizione fondamentale per sostenere e
potenziare la vitalità dell'impresa locale al Sud, oltre alle misure di
politica industriale che vanno sotto il nome di finanziamenti agevolati,
sembra quella di assicurare una normalità di funzionamento dei
mercati. Solo così si otterrà l'importantissimo effetto indotto della
delocalizzazione verso il Sud di apparati e sistemi produttivi11.
9
Cfr. F. D'Antonio - M. D'Antonio, Il futuro del Mezzogiorno: tendenze, tesi e politiche a
confronto, in "Economia Italiana", n. 3/98, pag. 681.
10
L. Meldolesi afferma che la via maestra del problema occupazionale non risiede nel creare
direttamente, tramite il sostegno dello Stato, nuovi posti di lavoro, ma nel sostenere l'emersione
della realtà industriale esistente. La riprova é che, paradossalmente, i comuni più industrializzati
della Campania, come Marcianise, Grumo Nevano e San Giuseppe Vesuviano, dove il tasso
effettivo di disoccupazione é sicuramente vicino a zero, hanno un tasso ufficiale di disoccupazione
giovanile che si aggira intorno al 50-60%. Cfr. L. Meldolesi, Per una nuova politica
dell'occupazione, in "Le politiche per il Mezzogiorno e l'Unione europea", Roma, Camera dei
deputati, 1998. Si veda anche M. Franzini , Seminario degli economisti, in "Le politiche per il
Mezzogiorno e l'Unione europea", Roma, Camera dei deputati, 1998.
11
Cfr. A. Giannola, Considerazioni sulla centralità ed i problemi dell'impresa nel Mezzogiorno, in
"Le politiche per il Mezzogiorno e l'Unione europea", Camera dei deputati, Roma, 1998.
Introduzione
6
E' ovvio, e s'é detto, che esistono altri aspetti che fungono da
completamento essenziale per dare spessore e speranza alle azioni volte
a riequilibrare i divari economici e produttivi tra Nord e Sud
(infrastrutture, politiche di controllo del disagio sociale, Pubblica
Amministrazione, ecc.), ma tali aspetti resteranno in ombra nel
concentrare il lavoro sulle problematiche economico-finanziarie che
fanno capo all'impresa.
Sarebbe però un errore valutare l'economia del Mezzogiorno senza
considerare gli elementi di differenziazione territoriale. In un contesto
complessivamente non positivo, alcuni settori e talune aree geografiche
mostrano tassi di crescita molto elevati. Siamo di fronte ad uno
sviluppo cosiddetto a macchia di leopardo12, anche se le macchie sono
estremamente ridotte.
Allargando la visuale all'intera Europa, si nota come, di fronte ai nuovi
scenari venutisi a creare negli anni '90, alcuni paesi hanno risposto nel
breve termine mediante una severa lotta all'inflazione, pagando un
prezzo elevato in termini di disoccupazione. Le reazioni più importanti,
tuttavia, riguardano il medio e il lungo periodo13. Vi é il consenso
unanime sul fatto che, quando l'economia ristagna o cresce poco, si
12
Vedi, diffusamente, il capitolo 1, paragrafo 4.
13
Cfr. V. di Sabato Pachini - F.S. Leone, La ricerca e l'innovazione tecnologica nell'impresa
industriale, Padova, CEDAM, 1995, pagg. 2-9.
Introduzione
7
avverte la necessità di ristrutturare e riconvertire gli apparati industriali.
Questo é ciò che possono compiere i paesi più industrializzati, se
possiedono risorse monetarie elevate atte a finanziare la riconversione,
spostandosi verso settori ad alta tecnologia, che presentano tassi di
crescita molto elevati14. La velocità con cui i diversi paesi
industrializzati stanno procedendo non é uguale per tutti, generando dei
differenziali che devono essere fronteggiati in qualche modo.
Fattori decisivi che determinano la velocità di ristrutturazione e di
riconversione sono, dunque, la ricerca applicata e l'innovazione
tecnologica.
In Italia, la capacità di innovare appare come l'unica risposta vincente
per recuperare sui mercati internazionali una competitività non basata
esclusivamente sul meccanismo dei prezzi. Come ha evidenziato il
Governatore Fazio 15, l'introduzione e la maggior diffusione
dell'innovazione tecnologica, in Italia come in qualunque altro paese,
rappresenta oggi la via obbligata non solo per perseguire tassi di
14
I settori con i più forti tassi di crescita sono quelli dell'elettronica, dell'informatica, delle
telecomunicazioni e dell'aeronautica. In questi settori le barriere all'entrata sono molto forti e la
ricerca applicata e il processo tecnico giocano un ruolo strategico. Sul ruolo della ricerca e
dell'innovazione tecnologica nello sviluppo dell'impresa industriale, cfr., tra gli altri, G.M. Gros
Pietro, premessa alla ricerca su La politica industriale per l'innovazione e il trasferimento
tecnologico nei paesi europei, Milano, F. Angeli, 1992; N. Rosemberg, Scienza e Tecnologia nel
ventesimo secolo, in AA.VV.,"Innovazione, Impresa e Sviluppo economico", Bologna, Il Mulino,
1991.
15
Cfr. A. Fazio, intervento del Governatore della Banca d'Italia alla giornata nazionale del
risparmio, Roma, ottobre 1993.
Introduzione
8
crescita più elevati ma anche per innalzare il livello quantitativo e
qualitativo dei servizi e dei beni prodotti. Le politiche di stimolo
all'innovazione, oggi più che mai, hanno un ruolo centrale nell'ambito
delle politiche industriali nazionali.
Nel processo verso l'innovazione e la ricerca sono inserite sia le grandi
imprese che le PMI. La maggior parte di queste ultime operano
attraverso il riadattamento e la diffusione di tecnologie già note, non
potendo svolgere al proprio interno una vera e propria attività di ricerca
e sviluppo, incontrando notevoli difficoltà nel reperire capitali e
personale necessari per tale attività, e quindi non sfruttando il loro
rilevante potenziale innovativo. Le PMI sono state ulteriormente
penalizzate dal recupero del ruolo della grande impresa in termini
competitivi, dovuto ai processi di ristrutturazione in atto che hanno
portato ad un incremento di produttività16. Per le PMI esistono anche
vincoli di carattere finanziario e patrimoniale17, rilevati dalla necessità
di reperire capitali senza appesantire la propria struttura finanziaria,
sorti in conseguenza della crescente globalizzazione, della concreta
realizzazione della Unione Europea e della crescente concorrenza. La
ricerca di capitali da parte delle imprese può indirizzarsi verso una serie
16
Cfr. capitolo 1, paragrafo 3 del presente lavoro.
17
E' noto come la struttura patrimoniale della PMI sia cronicamente sottocapitalizzata e sbilanciata
verso l'indebitamento a breve. Per un'analisi della struttura finanziaria della PMI, vedi capitolo 1,
paragrafo 5.
Introduzione
9
di canali che, in maniera più o meno ampia, saranno analizzate in
seguito:
• Soggetti privati o altre imprese;
• Investitori istituzionali (venture capital, merchant bank, istituti di
credito);
• Mercato mobiliare (Borsa Valori);
• Settore pubblico (Leggi sui finanziamenti agevolati alle imprese).
Per ognuna di queste modalità si prospettano problematiche differenti,
non solo per i vantaggi/svantaggi che la caratterizzano, bensì anche per
le potenzialità che offre e per gli ostacoli che si possono incontrare in
corso di realizzazione. Risultato focale e centrale di tutte le ricerche18
sul tema é che, fermo restando che ci sono realtà imprenditoriali piccole
e medie fortemente orientate sull'export, la forte dipendenza produttiva
e la commercializzazione prevalentemente limitate al territorio
nazionale indicano che molte PMI operano in condizioni di scarsa
autonomia ed incontrano molte difficoltà nel processo di
internazionalizzazione. Anche per ciò che concerne i modelli gestionali,
18
Cfr. G. Usai , Le imprese minori ed il loro ambiente, Padova, CEDAM, 1991; G. Rossini - R.
Cellini , Virtù e vizi delle PMI, la struttura produttiva, il commercio con l'estero e la gestione
finanziaria, in "Il Risparmio", n. 2/92; A. Martinelli - N. Dalla Chiesa, Il piccolo imprenditore
nella società contemporanea, Milano, API, 1987; IRER , Sviluppo ed innovazione nella piccola
impresa , Milano, F. Angeli, 1983; A. Dell'Amore, Le caratteristiche economiche delle imprese
minori, in "Problemi e prospettive dell'impresa minore in Italia e nel mondo", Milano, Giuffrè, 1989;
M. Cattaneo, Le imprese di piccola e media dimensione, Milano, EPI, 1988.
Introduzione
10
il piccolo imprenditore incontra non poche difficoltà a trasformarsi in
manager capace di organizzare le risorse necessarie per lo sviluppo
dell'innovazione e per una più ampia commercializzazione del prodotto.
Ne risulta un quadro decisamente articolato e complesso. Il presente
lavoro vuole mettere in luce quei risvolti operativi che, specie per le
PMI, possono indubbiamente comportare positivi riverberi da un punto
di vista sia strategico che finanziario.
E' però consolidata l'opinione che nella politica industriale italiana non
si é riusciti ancora a superare la prassi degli investimenti frammentari
ed estemporanei che hanno utilizzato come strumento privilegiato, se
non esclusivo, quello erogatorio e che hanno avuto l'effetto di
perpetuare situazione di inefficienza e di spreco. La politica statale,
oltre che riservare a tutte le imprese contributi in c/capitale, sussidi,
sgravi, prestiti a tassi agevolati, tariffe ridotte per l'energia ed altri
benefici simili, dovrebbe individuare le funzioni aziendali che
presentano maggiori difficoltà per le PMI e promuovere lo sviluppo di
enti appropriati, privati e pubblici, che svolgano tali funzioni per una
pluralità di aziende, consentendo, così, alle PMI di concentrarsi sui
ruoli aziendali che risultano più congeniali alla loro cultura e alla loro
dimensione19.
19
Cfr. G. Fuà, Problemi dello sviluppo tardivo in Europa, Bologna, Il Mulino, 1987.
Introduzione
11
E' importante, in fine, analizzare l'efficacia delle politiche delle
agevolazioni creditizie che sono state introdotte, in modo completo e
concreto, contemporaneamente alla fine dell'intervento straordinario nel
Mezzogiorno nel 1992, e che si riferiscono tutte alla legge guida 488/92
che ha aperto la strada ad una nuova fase nel processo di sostegno alle
imprese. L'analisi in questione risulta di grande importanza poiché
esiste, non solo un rischio reale di scarsa efficacia delle politiche
industriali in atto, ma anche la possibilità di introdurre elementi di
distorsione del mercato derivanti dalla distribuzione di vantaggi
destinati ad essere utilizzati dai soggetti beneficiari in modi diversi da
quelli previsti.
A tal proposito, il presente lavoro focalizza l'attenzione su di un
elemento che é stato la più evidente innovazione, dalla fine
dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno, nel quadro delle
agevolazioni pubbliche agli investimenti. Questo strumento, il business
plan, é indispensabile sia ai neo-imprenditori sia alle istituzioni di
sviluppo industriale, al fine di poter convertire la business idea in una
realtà fattibile economicamente, finanziariamente e coerentemente con
gli obiettivi/vincoli sociali, politici e culturali.
Introduzione
12
In relazione all'area meridionale e, da un punto di vista di mercato, in
relazione al profittevole settore turistico, si procederà ad una
valutazione di un business plan inerente al settore turistico-alberghiero.