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Risulta facile quindi capire come molto spesso la funzione di Pace Maker
venga svolta empiricamente da Capi Reparto o Operatori che conoscendo il tempo
di consegna del job in lavorazione aumentano o diminuiscono la velocità di
produzione a seconda delle esigenze, delle risorse e dei guasti che si verificano.
Se invece pensassimo di avvicinare il controllo della produzione alla
produzione stessa vedremo come stando a contatto con i problemi quotidiani come
i guasti e le penurie nelle scorte risulterebbe più facile individuare e risolvere le
cause degli sprechi e dei colli di bottiglia.
Ritornando alla colonna di soldati se essi stessero marciando non per
allenamento ma per spostarsi da una caserma all’altra in tempo di guerra risulta
chiaro quanto la perfezione del trasferimento stesso importi poco infatti se
all’arrivo non trovassero la struttura pronta per il loro accasermamento oppure
fossero in ritardo le scorte di viveri e munizioni dovrebbero stare fermi ed inattivi
fino alla risoluzione di questi contrattempi.
Osservando allora il processo produttivo nella sua interezza si potrà riuscire
a capire quali e dove siano insite le cause degli sprechi e del non raggiungimento
di obbiettivi produttivi; solo così la nostra analisi sarà formalmente corretta
continuando infatti a ragionare per reparti le soluzioni risulteranno essere solo di
breve periodo lasciando all’interno del sistema le vere ragioni di un
funzionamento discontinuo e con molti sprechi di risorse e di procedure.
Si parla spesso di Value Chain (catena del valore) quale metodo per
ottimizzare logisticamente la produzione ma proviamo per un attimo a focalizzare
la nostra attenzione su chi sarà il fruitore del lavoro svolto a livello di Shop Floor
(livello produttivo ) e cioè il cliente.
Il Cliente esborsa una cifra di denaro e quindi capitale per ciò che viene
prodotto, sia articolo finito sia semilavorato, e ne ha bisogno nel momento in cui
lui decide.
Partendo da questa semplice riflessione ripercorriamo a ritroso tutto il
percorso fisico del prodotto dalla spedizione finale , all’ispezione fino ad arrivare
alle spedizioni di materia prima da parte del nostro fornitore.
Esattamente il materiale da grezzo o semilavorato attraverso dei processi
produttivi scorre lungo lo Shop Floor (Livello Produttivo) fino ad arrivare al
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cliente e allora perché non considerare questo flusso come un normale flusso fisico
di liquido o gas nel quale bisogna cercare di minimizzare le perdite di carico
distribuite e concentrate e massimizzare il rendimento dell’ organo motore.
Se poi affiniamo la nostra analisi cercando di capire in quale parte del corso
il flusso si accresca maggiormente di Valore Aggiunto ecco che siamo in grado di
avere una panoramica a trecentosessanta gradi del nostro universo Impresa così da
essere in grado di eliminare tutti i problemi e gli sprechi snellendo il sistema da
operazioni , procedure e quant’altro disturba il naturale decorso verso il cliente del
valore.
Concludendo appare chiaro, ritornando all’analogia iniziale, come tutti gli
eserciti mondiali cambiato lo scenario internazionale e i pericoli stessi per ogni
nazione stia eliminando il servizio di leva obbligatorio puntando non più su la
quantità ma sulla qualità dei propri uomini snellendo cioè le proprie strutture in
maniera da poter essere più pronti e flessibili alle esigenze del terzo millennio.
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Capitolo 1
TIPOLOLOGIE PRODUTTIVE
1.1 Le due Filosofie Produttive: Push e Pull
In teoria esistono due “ filosofie “ produttive una di tipo Push (spinta) e una di
tipo Pull (traino) la prima si differenzia dal fatto che ciò che si produce è
letteralmente spinto sul mercato mentre la seconda produce secondo ciò che il
mercato richiede.
A prima vista si intuisce subito che la seconda sia la più flessibile e adattabile a
realtà produttive di massa ripetitive e altamente automatizzate con un mix di prodotto
limitato (facili da calibrare in un range abbastanza ampio) ma è anche di difficile
attuazione in realtà come quella Italiana in cui la produzione avviene a lotti con un
mix elevato per la maggiorparte in aziende medie piccole con macchinari che
svolgono molteplici funzioni.
Nella realtà è molto facile trovare sistemi ibridi che lavorano in parte in maniera
pull e in parte in maniera push ma analizzando le differenze tra sistemi “puramente
push” e “puramente pull” si riesce a comprendere i fattori che rendono migliore i
secondi.
1.2 Sistemi di tipo Push
I sistemi di tipo push lavorano secondo previsioni e stime partendo dai dati
statistici e storici dell’azienda stessa e tenendo sempre in considerazione la capacità
produttiva dell’impianto.
Analizzando il meccanismo d’innesco che autorizza l’ingresso in lavorazione di
un job, si può notare come l’ordine arriva dall’esterno del sistema produttivo, infatti,
secondo le stime e soprattutto le date di consegna del lotto si rilascia l’autorizzazione
alla lavorazione.
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Teoricamente tale sistema non presenta problemi formali ma se approfondiamo
la nostra analisi introducendo variabili sempre presenti in un processo produttivo
come i guasti e le manutenzioni programmate dei macchinari, i ritardi dai fornitori
ecc ecc si capisce che per assurdo si può rilasciare un ordine per un job anche quando
il sistema è completamente fermo o intasato determinando inevitabilmente ritardi
nelle consegne e la non soddisfazione del cliente.
Se in un’azienda un operatore di una stazione a valle va a prendere un
componente dalla stazione a monte senza informare di quanti altri componenti
servono siamo di fronte ad un sistema di tipo push.
Tale sistema, infatti, essendo comandato da un innesco esogeno fa sì che ogni
operatore pensi al suo carico di lavoro senza interessarsi di ciò che avvenga a monte e
a valle come prescritto dalla Programmazione.
1.2.1 MRP
L’MRP (Material Requirement Plannig) è un sistema che controlla
l’approvvigionamento di ciò che serve all’azienda per produrre i propri prodotti e non
fa altro che scaglionare gli ordini ai fornitori conoscendo esattamente il numero ed il
tipo di componenti che servono.
Chiaramente l’MRP estrapola l’entità del volume della domanda prevista
dall’MPS (Master Production Schedule) che prevede l’andamento del mercato da
statistiche e dati storici tenendo sempre a mente la capacità produttiva dell’impianto.
Nel 1972 l’APICS (American Production and Invetory Society) incoraggiò
fortemente l’adozione di tale sistema per cercare di rafforzare l’industria
manifatturiera statunitense e la sua presenza nella competizione internazionale.
Con questa sponsorizzazione l’MRP divenne il sistema di controllo di
produzione più diffuso in America ma ben presto si scoprirono tutti i suoi limiti anche
grazie ai successi del Just in Time (JIT), sistema adottato dall’industria Nipponica.
Tale sistema , come vedremo più avanti, infatti regola la produzione tramite
cartellini (Kanban) che fungono da ordini di produzione e ripercorrendo a ritroso la
linea produttiva fanno produrre i componenti che servono nel momento in cui
servono.
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L’MRP pianifica i fabbisogni di materiali controllando nello stesso tempo le due
variabili di controllo di un sistema produttivo: le quantità e la tempificazione.
Il sistema riesce così a determinare le quantità idonee di tutti i tipi di prodotti
(Item) partendo a ritroso dai prodotti finali fino ai componenti utilizzati regolando
chiaramente l’afflusso di materie prime di cui il processo abbisogna.
Altra funzione dell’ MRP è la tempificazione della produzione del job in
lavorazione in maniera da facilitare il rispetto dei tempi di consegna.
Figura 1 Schema di generazione di un ordine MRP
I dati presenti nella distinta dei materiali (BOM:Bill of Materials) e cioè le
quantità ed il tipo di componenti che servono per produrre un determinato item,
assieme all’MPS , fonte della domanda prevista per il sistema MRP, in cui si trovano
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le quantità e le date di consegna per tutti i tipi di prodotti , vengono elaborati in vari
passaggi fino ad ottenere il rilascio pianificato e cadenzato degli ordini di lavorazione
con i relativi avvisi di variazione e scostamento.
Nella BOM sono anche riportati i tempi di fabbricazione per ogni componente
mentre nella PBOM (Planning Bill of Material) si trovano informazioni della
modalità di vendita del prodotto.
La programmazione MRP non può essere effettuata finchè non si arriva ai
livelli più bassi della distinta BOM (tecnica Low Level Coding).
Il fattore portante del sistema MRP e la distinzione fra scorte dipendenti dalla
domanda e scorte indipendenti. Le prime come dice il nome dipendono dalle
condizioni del mercato e cioè da condizioni esogene dal comportamento dell’azienda
come ad esempio i prodotti finiti, mentre le altre sono funzione della richiesta di pezzi
e componenti interni alla produzione.
Risulta chiaro come tale sistema sia adottato da aziende di ogni dimensione
grazie all’approccio logico del problema determinando esattamente il numero di pezzi
e componenti e materiali necessari alla produzione di ciascun item oltre alla
tempificazione degli stessi specificando quando ciascuno di questi materiali, pezzi e
componenti saranno ordinati o prodotti.
1.2.2 Funzionamento dell’MRP
Figura 2 Schema di funzionamento di un sistema gestito con MRP
L’ordine è rilasciato dal deposito delle materie prime (1) secondo quanto
pianificato con l’aiuto del piano principale di produzione. Poiché i materiali sono
inviati al buffer intermedio precedente la stazione di lavoro A indipendentemente
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dalla quantità già presente in esso, quest’ultimo non può essere limitato ad una
quantità determinata. A questo meccanismo si oppongono la maggior parte delle
restrizioni di natura spaziale presenti nella struttura dell’impianto.
Una volta completata la lavorazione alla stazione A, il materiale viene
mandato alla stazione successiva, B (2), quindi, svolta la lavorazione necessaria, a
quella immediatamente a valle fino ad arrivare al deposito dei prodotti finiti.
Figura 3 Organigramma controllo MRP
L’enorme complessità derivante dal coordinamento di migliaia di ordini con
centinaia di strumenti per migliaia di item finali composti da migliaia di componenti
aggiuntivi ha portato allo sviluppo del sistema MRP II (Manufacturing Resources
Planning) che fornisce una struttura di controllo generale in grado di suddividere il
problema del controllo della produzione in una scala gerarchica temporale e nel
cumulo del prodotto, considerando così primaria la capacità del sistema produttivo.
Il sistema MRP II riunisce in se molte funzioni generando un sistema
integrato di gestione inclusivo della gestione della domanda, della previsione, della
pianificazione e della stima della capacità produttiva.
Questo è stato possibile soprattutto grazie all’enorme aumento della potenza di
elaborazione dei computer.
Un programma completo con le funzionalità di MRP, spesso identificato con il
nome di ERP (Enterprise Resource Planning), include oltre venti moduli software
con i quali si riesce a controllare l’intero sistema: dalle attività ricordate prima fino
alle funzioni di controllo delle scorte, finanziarie, amministrative.
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1.2.3 Caratteristiche dell’MRP
Il Sistema MRP fornendo un metodo semplice per l’ordine dei materiali
basandosi sulle necessità decretate dall’MPS e dalle BOM dei differenti item risulta
adatto per l’acquisto dei componenti e delle materie prime ma mostra delle lacune nel
controllo della produzione.
Specialmente in sistemi produttivi complessi con elevati item (mix di prodotto)
che richiedono un utilizzo appropriato delle risorse di capacità produttiva in relazione
alla presenza di colli di bottiglia il sistema va in stallo creando accumuli eccessivi e
WIP (Work In Process).
Come molti autori riportano il vero motivo dell’inadeguatezza del sistema
MRP soggiace nel modello stesso.
I calcoli per determinare l’inizio dei lavori partendo dalle date di consegna si
basano sull’utilizzo dei Lead Time LT (periodo che intercorre tra l’avvio e il
completamento del processo produttivo , oppure la durata del ciclo di ricostituzione di
una scorta) che sono fissi e funzioni solo delle parti dell’articolo e non influenzati
dallo stato di occupazione dell’impianto.
Un sistema MRP ritiene implicitamente ,ma erroneamente, che il tempo
necessario ad un pezzo per compiere il proprio corso all’interno del processo
produttivo rimanga sempre lo stesso qualunque sia lo stato del sistema, vuoto o
saturo.
La costanza dei LT indipendentemente dallo stato del sistema si può verificare
solo se la capacità fosse infinita cosa che è impossibile.
Oltre a ritenere i LT fissi, i sistemi MRP tendono a sovrastimarli in modo da
poter formare buffer di protezione contro intralci, guasti e imprevisti assicurando così
una certa quantità di componenti in maniera da poter continuare la produzione anche
a impianto fermo.
Tuttavia sovrastimando i Lead Time si introduce più materiale nel sistema
congestionandolo ancora di più il processo produttivo aumentando così i Tempi di
Ciclo CT (periodo che intercorre tra l’uscita di un prodotto finito e il successivo) .
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La sovrastima dei LT e il conseguente aumento dei TC provoca come
facilmente si intuisce un molto probabile slittamento dei tempi di consegna con
conseguente disaffezione da parte del cliente.
Come anche l’APICS ha notato i problemi attuativi del sistema MRP risiedono
nell’imprecisione dei dati da cui dipende e cioè dal BOM e nelle registrazioni di
magazzino evidenziando così la necessità di un alto grado di integrità e accuratezza
delle previsioni cosa che risulta molto difficile e dispendiosa dal lato economico.
Riassumendo i Sistemi MRP presentano i seguenti inconvenienti:
ξ Lead Times elevati
ξ Prematuro ingresso dei job nel sistema produttivo
ξ Conseguente elevato livello di WIP
ξ Difficoltà di controllo dei jobs immessi nel sistema in rapporto allo
stato del sistema stesso
ξ Nervosismo eccessivo e flessibilità nulla; l’MRP infatti crea grossi
problemi di calibrazione ad ogni variazione dei parametri che lo
controllano
Gli inconvenienti dell’MRP però non precludono il suo utilizzo nelle imprese
con attività non ripetitive in cui il controllo della quantità dei lotti è critico , come ad
esempio nel settore farmaceutico.
E’ inoltre applicabile proficuamente in ambienti job Shop ed in particolare:
ξ Assemble to Stock: più componenti vengono uniti in un prodotto finito
che viene messo a magazzino per soddisfare la domanda dei clienti (es.
orologi).
ξ Assemble to Order : si effettua una assemblaggio finale da alternative
standard scelte dal cliente ( es. motori)
ξ Manufacture to Order : gli item vengono fabbricati ed assemblati
completamente in base alle specifiche del cliente.
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1.3 Sistemi di tipo Pull
I produttori e i luoghi di lavoro non possono continuare a basare la produzione soltanto
sulla pianificazione e successivamente sulla distribuzione, cioè spingendo (push) la stessa
sul mercato. E’ diventato logico per i clienti o utilizzatori , ciascuno con un diverso sistema
di valori, rimanere in prima fila sul mercato e ,per così dire, tirare a sé (pull) i beni di cui
hanno bisogno nella quantità e nei tempi di cui necessitano.
Questo affermava nel 1988 Taiichi Ohno padre del Just In Time il primo
sistema produttivo di tipo puramente Pull e non poteva essere più preciso nel
descrivere come oggi giorno i clienti siano attenti sia a come investono i loro soldi sia
alla qualità intrinseca e percepita di ciò che acquistano.
Hall (1983) descrivendo il JIT (Just In Time) è più concreto definendo i
sistemi di tipo Pull come quelli in cui “ il materiale è tirato o richiesto
dall’utilizzatore dello stesso quando gli è necessario “.
Molto spesso per descrivere il funzionamento di un sistema di tipo pull la
maggiorparte degli autori non riescono a scinderlo dal metodo produttivo JIT della
Toyota ma ritengo questa posizione riduttiva.
Figura 4 Organigramma di un sistema di tipo Pull
Infatti la filosofia Pull è la filosofia che mette in primo Piano il cliente come
utilizzatore di ciò che si produce e la Toyota in un lasso di tempo abbastanza ampio
tramite continui miglioramenti è riuscita a trovare il suo optimum.
D’altro canto il JIT si adatta benissimo solo a culture come quelle orientali e
Giapponese in particolare, strettamente legate ai doveri, visto che la velocità
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produttiva è molto variabile e alterna periodi di inattività con periodi di lavoro
sfrenato.
Chiaramente l’idea di un sistema Pull può essere utilizzata per trovare un
modello in grado di adattarsi meglio alla cultura “ Occidentale “ cercando di
stabilizzare la quantità di lavoro presente nella linea ma avremo modo di analizzare
tali sistemi in seguito.
1.3.1 Differenza Fondamentale tra Push e Pull.
Seppur teoricamente sia abbastanza difficoltoso capire appieno le differenze
tra i due sistemi, la differenza più importante è anche quella che spiega appieno le
doti di miglior flessibilità della filosofia pull.
Il meccanismo che da inizio ai lavori (job) e cioè l’innesco proviene da due
direzioni totalmente differenti nei sistemi di tipo push infatti proviene dall’esterno del
sistema mentre nei sistemi di tipo pull proviene dall’interno.
La differenza nell’innesco risulta fondamentale per i sistemi di tipo Pull per
non intasare lo shop floor infatti ogni job può essere iniziato o quando uno ne è finito
o quando le scorte vanno in penuria.
In sistemi di tipo pull infatti il Work in Process WIP (quantità di job in
lavorazione) è il parametro che determina la velocità di produzione ma per così dire
rimane costante una volta determinato mentre nei sistemi di tipo push seguendo le
operazioni pianificate dal Controllo di Produzione potrebbe partire l’ordine di
produrre vari job anche quando il processo produttivo è fermo per guasto.
Formalmente in un sistema di tipo push si programma l’inizio del lavoro
basandosi sulla domanda mentre in un sistema di tipo pull si permette l’ingresso
basandosi sulla stato del sistema stesso.
Appare quindi chiaro che quando l’innesco di un qualsiasi processo è esogeno
al sistema stesso risulta realmente difficile prevedere gli imprevisti a cui si andrà in
contro e rispettare il tempo di consegna quando vi sono accumuli di job per un guasto
o la penuria di un qualche componente.