1
INTRODUZIONE
Nel presente lavoro è stato affrontato il tema delle offerte pubbliche di
acquisto e delle misure difensive che possono essere adottate per contrastarle;
l’obiettivo è spiegare le differenze nel ruolo e nel funzionamento che esse
presentano negli Stati Uniti e in Italia, alla luce dei diversi fattori storici
economici e giuridici che caratterizzano questi due Paesi. A tal fine la tesi è
organizzata in quattro capitoli.
Il primo è di carattere introduttivo: si sono presentate le OPA con
particolare riferimento alle motivazioni che ne stanno alla base ed i diversi sistemi
paese; inoltre, si è introdotto il problema del conflitto d'interessi, intrinseco a tutte
le società, al quale l’OPA può collegarsi in senso funzionale; infine, si è proposto
un confronto tra contrapposte posizioni teoriche sugli effetti più o meno positivi
che l'OPA può produrre in un sistema economico e, conseguentemente, più o
meno favorevoli all'adozione di misure difensive;
Il secondo e il terzo sono dedicati specificatamente agli Stati Uniti. Nel
secondo si è proceduto ad una analisi del sistema paese, considerando: le
caratteristiche delle imprese e del mercato, compresa l'evoluzione storica che ha
condotto alla situazione attuale; il problematico rapporto di agenzia tra azionisti e
manager ed il ruolo delle OPA al riguardo; la regolamentazione delle OPA e delle
connesse misure di contrasto. Nel terzo è illustrata la grande varietà di strumenti e
tecniche di difesa adottate negli Stati Uniti, distinte, rispetto al lancio dell'offerta,
in preventive e successive.
Il quarto, infine, è dedicato all'Italia: sono descritte le caratteristiche delle
imprese e del mercato dei capitali, ancora una volta proponendo un'analisi storica
e dando risalto alle differenze rispetto agli Stati Uniti; quindi, è affrontato il
problema del conflitto d'interessi tra azionisti di maggioranza e di minoranza,
anche qui per individuare un’eventuale relazione funzionale con le OPA. Sono
considerati, poi, alcuni aspetti della normativa in materia di OPA e di misure
difensive. Il capitolo si chiude con un’analisi del caso Parmalat.
2
Si può concludere che l’OPA in generale, in quanto strumento del mercato
per il controllo societario, e le OPA ostili in particolare, in quanto meccanismo
attraverso il quale si trasferisce il controllo di una società anche senza
l'approvazione degli amministratori, possono in determinati sistemi giuridico
economici assumere un ruolo che va al di là del semplice passaggio proprietario:
in particolare, negli Stati Uniti, in cui prevalgono le public company, il mercato
finanziario è efficiente e la protezione degli azionisti è elevata esse possono
svolgere anche un'importante funzione di contenimento del conflitto d'interesse
manager-azionisti e dei connessi costi di agenzia. Il timore che il prezzo delle
azioni scenda e che la società diventi possibile preda di un’OPA costituisce
sicuramente uno stimolo per gli amministratori ad agire nell’interesse degli
azionisti.
Tuttavia, questo meccanismo non sempre riesce ad operare con successo in
quanto, oltreoceano, agli amministratori è lasciata la possibilità di adottare
un’ampia gamma di misure difensive. Ciò può destare stupore data la natura
liberista del diritto societario americano. Ma si può spiegare con due ordini di
ragioni: innanzitutto, con l’approccio anche contrattualista del diritto societario, in
base al quale le società godono di grande autonomia organizzativa e operativa; in
secondo luogo, con la tendenza del legislatore dei singoli stati, in caso di scalate, a
favorire amministratori e comunità locali piuttosto che azionisti sparpagliati.
Comunque, il fatto che le OPA non sempre siano effettuate nella logica di far
emergere potenzialità inespresse in società che si ritengono mal gestite avvalora
questo orientamento. Per evitare pericolose distorsioni del principio della libertà
di difesa dovrebbe realizzarsi, però, una effettiva ma complessa valutazione
preventiva, caso per caso, della convenienza economica di ogni OPA
1
e,
comunque, dovrebbero senza dubbio essere poste sotto una severa disciplina
alcune misure che, pur di rendere la società meno appetibile, rischiano di
danneggiarla anche gravemente.
1
Evitando ai giudici di dover risolvere contenziosi su valutazioni economiche che esulano dalle
loro competenze.
3
Marginale è, invece, il ruolo che le OPA svolgono in Italia
2
, sia dal punto di
vista quantitativo, sia con riferimento alla soluzione del conflitto di interessi che,
peraltro, nel nostro Paese non vede contrapposti manager e azionisti, ma azionisti
di maggioranza e azionisti di minoranza. Alla base di ciò vi è un insufficiente
sviluppo del mercato borsistico, l’elevata concentrazione degli assetti proprietari
ed un’inefficace normativa in materia.
In generale la regolamentazione dei trasferimenti del controllo dovrebbe
contemperare le opposte esigenze di tutelare gli azionisti di minoranza e di
favorire la contendibilità. Nel particolare sistema economico e societario che
contraddistingue il nostro Paese, però, il legislatore non ha potuto fare altro che
porsi come obiettivo primario la tutela delle minoranze e solo come second best la
vivacizzazione del mercato per il controllo societario.
Così, con l’obbligo di OPA al superamento di determinate soglie di
controllo e con la limitazione delle possibilità di difesa, volta a mitigare la
riduzione della contendibilità, ma che di fatto rafforza la chiusura degli assetti
proprietari, è scoraggiata la promozione di OPA ostili.
Non solo, quando un’OPA è effettivamente lanciata, come mostra il caso
Parmalat, la normativa in questione, pur per certi aspetti necessaria, risulta
insufficiente e inefficace.
Un miglioramento delle regole in materia di OPA che ricerchi un più
efficace equilibrio tra i diversi interessi coinvolti nell’allocazione statica e
dinamica del controllo è sicuramente auspicabile e, in questo senso, un
ampliamento delle possibilità di difesa delle società quotate è una strada
immediatamente percorribile.
Comunque, un avvicinamento agli aspetti positivi dei paesi capitalistici più
avanzati può derivare solo da cambiamenti strutturali che devono scaturire da
sostanziali modifiche nella cultura imprenditoriale.
2
anche se paradossalmente l’opa di dimensioni quantitative maggiori è avvenuta proprio nel
nostro paese: Ci si riferisce all’OPA lanciata da Olivetti nei confronti di Telecom nel 1999.
4
CAPITOLO I: OPA E MERCATO DEL CONTROLLO
SOCIETARIO CONSIDERAZIONI GENERALI E RUOLO NEI
DIVERSI SISTEMI PAESE
1. Le OPA: definizione, motivazioni e ruolo nei diversi sistemi paese
L‟offerta pubblica di acquisto è una tecnica per comperare in maniera
coordinata ingenti quantitativi di azioni, o di altri valori mobiliari, di una stessa
specie ed emessi da un medesimo soggetto, quando questi titoli si trovano in
possesso di un numero elevato di investitori. L‟offerente invita gli azionisti a
vendere le loro azioni al prezzo annunciato. L‟offerta potrebbe essere la stessa per
tutte le azioni, oppure una frazione delle azioni potrebbe essere acquistata ad un
prezzo e la restante ad un prezzo inferiore (in alcuni ordinamenti come quello
statunitense ciò è possibile, in altri, come quello italiano, come vedremo, no).
L‟offerente suole apporre alla sua proposta la condizione che gli vengano
comunicate tante accettazioni da raggiungere complessivamente una determinata
percentuale dei titoli in circolazione: di qui l‟espressione anglosassone di tender
offer, contrazione di offer to buy, conditioned on receipt of sufficient tenders. Più
spesso si parla di takeover bid o semplicemente di takeover
1
.
L‟offerente si propone così di acquistare una partecipazione rilevante del
capitale di una società, evitando di provocare un rialzo eccessivo dei prezzi
correnti sul mercato. Infatti, un eccesso di domanda potrebbe provocare
un‟impennata delle quotazioni, di un‟entità difficilmente prevedibile.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, chi lancia una offerta pubblica di
acquisizione non intende limitarsi a realizzare un cospicuo investimento di
portafoglio. Piuttosto, l‟offerente aspira, il più delle volte, a conquistare il
controllo della società presa di mira (target)
2
, anche senza l‟accordo con gli
amministratori della stessa: si parla in questo caso di OPA ostile, per quanto il
carattere di ostilità possa essere desunto, oltre che dall‟atteggiamento degli
1
Weigmann R. (1993), Le offerte pubbliche di acquisto, in Colombo G.E. e Portale G.B.,
Trattato delle società per azioni, Torino , UTET, p. 318
2
Weigmann R. (1993), p.319
5
amministratori, dalla relazione tra valori offerti e valori di mercato: la prossimità
tra questi due valori starebbe a significare che l‟operazione è giudicata con favore
e quindi appare amichevole, mentre corsi divergenti saranno sintomatici del
dissenso e vi attribuirebbero un carattere ostile
3
.
L‟ OPA rappresenta, quindi, uno strumento del mercato del controllo
societario.
Le motivazioni per cui un soggetto può voler acquisire il controllo di una
società sono molteplici
4
: possiamo individuarne tre categorie, la prima con
valenza globale, le altre due molto rilevanti negli Stati Uniti, ma che mal si
adattano al contesto italiano.
Nella prima rientrano motivazioni di tipo strategico-economico. In
particolare, la realizzazione di sinergie operative, quali economie di scala,
economie di varietà, aumento del potere di mercato (attraverso, per esempio, la
formazione di monopoli e oligopoli), acquisto del controllo della catena
distributiva e produttiva, nonché di sinergie finanziarie, riconducibili ad una
migliore gestione dei flussi di cassa, allo sfruttamento di benefici fiscali
inutilizzati ed alla possibilità di ottenere migliori condizioni di accesso al credito.
Inoltre, le acquisizioni rappresentano il modo più rapido per entrate in nuovi
mercati e in nuove industrie. Per un‟impresa in espansione entrare in aree nelle
quali non si dispone di appropriato know how, o di un adeguato sistema di
distribuzione, può essere rischioso e costoso. La crescita attraverso acquisizioni è
immediata e può fornire abbastanza rapidamente le dimensioni necessarie per
diventare un concorrente effettivo
5
. Peraltro, le acquisizioni sembrano spesso
verificarsi come reazioni a shock inattesi nella struttura dei diversi settori, quali
deregolamentazioni, cambiamenti delle tecnologie o delle caratteristiche della
3
Bianchi T. (1999), Opa, difficile dire se è ostile o no, in “Il sole 24 ore”, 23 aprile
4
per tutte Andrade G., Mitchell M., Stafford E. (2001), New Evidence and Perspectives on
Mergers, “The Journal of Economics Perspectives”, vol.15, n. 2, p. 103 <<theory has provided
many possible reasons for why mergers might occur: efficiency-related reasons that often involve
economies of scale or other synergies; attempts to create market power, perhaps by forming
monopolies or oligopolies; market discipline, as in the case of the removal of incompetent target
management; self-serving attempts by acquirer management to over-expand and other agency
costs; and to take advantage of opportunities for diversification, like by exploiting internal capital
markets and by managing risk for undiversified managers.>> e Jenkinson T., Mayer C., (1994),
Hostile takeovers : defence attack and corporate governance, London, McGraw-Hill, p.13
5
Samuels J.M., Wilkes F.M. and Brayshaw R.E. (1999), Financial Management &
Decision Making, London, International Thomson Business Press, p.509
6
domanda; è stato dimostrato che, in particolare la deregolamentazione, creando
nuove opportunità di investimento e rimuovendo barriere di vecchia data alle
concentrazioni, pur essendo sempre stato un elemento importante, è diventato un
fattore determinante nelle attività di fusione e acquisizione a partire dalla fine
degli anni Ottanta
6
.
Nella seconda categoria troviamo le motivazioni private dei manager: essi
potrebbero essere indotti ad effettuare acquisizioni per massimizzare la propria
funzione di utilità, che non è composta solo da elementi economici, ma anche da
fattori psicologici e sociologici
7
: entrano in gioco i concetti di “prestigio” e di
“potere”, direttamente legati alla dimensione del gruppo gestito e al valore delle
vendite
8
, per cui le acquisizioni potrebbero essere attuate al mero fine della
crescita, nel rispetto di una redditività minima
9
. I manager hanno, quindi,
interesse a far crescere le imprese al di sopra delle dimensioni ottimali, perché la
crescita, ampliando la gamma delle risorse gestite, incrementa il loro potere;
inoltre, migliorando la performance aziendale e aumentando il volume delle
vendite, incrementa anche la loro retribuzione
10
. D‟altro canto, in base alla stessa
logica, spesso i manager, una volta esauriti i progetti con rendimenti maggiori del
costo del capitale, potrebbero non distribuire dividendi agli azionisti, riducendo
così le risorse sotto il loro controllo, come farebbero se fossero strettamente
controllati; tenderebbero, invece, ad indirizzare le risorse in eccesso anche verso
attività con rendimenti minori del costo del capitale. Le acquisizioni sarebbero
allora un modo, non necessariamente profittevole per gli azionisti, per investire i
free cash flow
11
.
6
Andrade G., Mitchell M., Stafford E. (2001), p. 104 e 108
7
Marris R. (1964), The Economic Theory of Managerial Capitalism, London, Macmillan
8
Baumol W. J. (1959), Business Behavior, Value and Growth, New York, Macmillan
9
Williamson O. (1974), The Economics of Discretionary Behavior: Managerial Objectives
in a Theory of the Firm, London, Kershaw
10
Murphy K.J. (1985), Corporate Performance and Managerial Remuneration: An
Empirical Analysis, “Journal of Accounting and Economics”, vol. 7, p.40 <<firm performance, as
measured by the shareholder's realized return, is strongly and positively related to managerial
remuneration. Moreover, growth of firm sales – another measure of performance - is also strongly
related to executive compensation.>>
11
Jensen M. (1986), Agency Cost of Free Cash Flow, Corporate Finance and Takeovers,
American Economic Review”, vol. 76, n. 2, p. 323 <<Free cash flow is cash flow in excess of that
required to fund all projects that have positive net present values when discounted at the relevant
cost of capital.>>
7
Inoltre, possono rappresentare agli occhi dei manager uno strumento per la
diversificazione del rischio: essi, d‟altronde, a differenza degli azionisti, che
possono diversificare i loro portafogli, non possono diversificare il loro rischio di
perdere la posizione
12
; pertanto, effettuano delle acquisizioni in settori non
correlati (c.d. acquisizioni conglomerali) al fine di rendere meno variabili le
performance delle imprese da loro gestite e ridurre in tal modo la probabilità di
essere sostituiti.
Le due categorie di motivazioni appena descritte non sono però alla base
esclusivamente di operazioni di acquisizione, ma anche di fusioni. Invece, la
decisione di procedere specificatamente al lancio di un‟offerta pubblica di
acquisto e la convenienza a procedervi, derivano da una terza categoria di ragioni
riconducibili ad un valore di mercato basso: basso rispetto al valore effettivo, se si
ritiene che, in quel momento, il mercato non sia in grado di rappresentarlo
efficacemente; oppure, se si ritiene che il prezzo di listino sia rappresentativo del
valore della società, basso rispetto al valore che un management più capace
sarebbe in grado di estrarre
13
.
Nel primo caso l‟acquisizione è effettuata in una logica speculativa, ovvero
per conseguire un capital gain non appena l‟imperfezione del mercato svanisce:
allorché il divario tra le quotazioni e la sostanza economica si accentua, conviene
impadronirsi di una società per possederla o anche per smembrarla e venderne i
singoli rami a prezzi che, cumulati insieme, generano una plusvalenza rispetto alla
somma sborsata per comprare i titoli (bust-up o break-up acquisition)
14
.
Nel secondo caso, quando si ritiene che vi sia una stretta correlazione tra il
valore di mercato delle azioni di una società e la sua efficienza amministrativa
15
,
l‟acquisizione è effettuata, invece, con l‟intenzione di far emergere le potenzialità
inespresse a causa di una cattiva gestione, attraverso ristrutturazioni, eliminazione
12
Amihud Y. e Lev B. (1981), Risk Reduction as a Managerial Motive for Conglomerate
Mergers, “Bell Journal of Economics”, vol. 12, n. 2, , pp. 605-617
13
Manne H.G. (1965), Mergers and the Market for Corporate Control, “The Journal of
Political Economy”, vol. 73, n. 2, p. 112 <<The lower the stock price, relative to what it could be
with more efficient management, the more attractive the take-over becomes to those who believe
that they can manage the company more efficiently>>
14
Lowenstein L. (1983), Pruning Deadwood in Hostile Takeovers: A Proposal for
Legislation, “Columbia Law Review”, vol. 83, n. 2, pp. 249-334
15
Manne H.G. (1965), pp. 112, 113 <<A fundamental premise underlying the market for
corporate control is the existence of a high positive correlation between corporate managerial
efficiency and the market price of shares of that company.>>
8
di inefficienze e nuovi progetti: l‟OPA, specialmente quella ostile, si configura
così come meccanismo di disciplina che il mercato può esercitare sulle imprese al
fine di garantire un efficace sistema di corporate governance, in tutti i casi in cui
le azioni della società sono ampiamente diffuse fra il pubblico e possono essere
scambiate facilmente, rapidamente ed economicamente. In altre parole, il takeover
esprime e materializza la contendibilità del governo d‟impresa, rappresentando lo
strumento di realizzazione del market for corporate control nei confronti di valori,
interessi e obiettivi nella stessa confluenti
16
.
Il ruolo delle OPA e del mercato del controllo societario assume valenze
diverse nei diversi contesti: ciò accade perché differenti sono le caratteristiche dei
mercati finanziari dove si realizzano, differenti sono le strutture proprietarie e i
sistemi di governance delle società che ne sono oggetto, differenti sono gli assetti
istituzionali e gli ordinamenti giuridici dei diversi paesi in cui avvengono.
Le prime OPA, come metodo per acquisire il controllo di una società, fecero
la loro comparsa all‟incirca negli anni Cinquanta in Gran Bretagna, e da qui
successivamente si diffusero con successo negli Stati Uniti
17
, dove ebbero,
soprattutto negli anni Ottanta, anche un forte impatto mediatico. Solo più tardi
attecchirono, ma in misura molto ridotta rispetto ai paesi anglosassoni, anche in
alcuni stati dell‟Europa continentale, tra cui l‟Italia, che ne ospitò un primo
tentativo, peraltro fallito, negli anni Settanta
18
.
Il fatto che le OPA presero piede prima nei paesi anglosassoni, e solo
successivamente altrove, e che tuttora siano più diffuse negli Stati Uniti e in Gran
Bretagna, dipende, come anticipato, dalla configurazione dei diversi sistemi
paese.
Pur non essendo possibile identificare due paesi che presentino le medesime
caratteristiche, si possono individuare tre modelli di capitalismo: il modello
anglosassone tipico degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, quello renano-
nipponico tipico della Germania e del Giappone e quello latino, che caratterizza la
16
Fortuna F. (2001), Corporate governance: soggetti, modelli e sistemi, Milano, F.Angeli,
p.76
17
Gower L.C.B., Prentice D.D. e Pettet B.G. (1992), Gower's Principles of Modern
Company Law, London, Sweet and Maxwell, , p.703
18
Marchetti P. (1971), L‟offerta pubblica di acquisto in Italia, “ Rivista delle Società”,
p.1155 ss
9
Francia, la Spagna, il Belgio, il Portogallo, la Grecia e anche il nostro Paese. Fra i
primi due si riscontrano sostanziali differenze; il terzo, invece, pur presentando
analogie con quello renano-nipponico, per molti aspetti risulta peculiare (Tabella
1)
19
.
Il modello anglosassone è definito market oriented e si caratterizza per il
ruolo preminente della public company, la cui proprietà, frazionata fra un elevato
numero di azionisti, rappresentati soprattutto da famiglie e investitori istituzionali,
è inevitabilmente separata dal controllo, che viene invece affidato ad un team di
manager professionisti. Il mercato finanziario svolge in esso un ruolo essenziale
per il finanziamento delle imprese
20
ed è ritenuto in grado di incorporare nel
prezzo delle azioni, le performance attuali o future della società e, quindi, le sue
potenzialità di crescita nel tempo
21
. I paesi in cui il modello si è sviluppato sono
caratterizzati da sistemi giuridici di common law, in cui il livello di protezione
offerto ad azionisti di minoranza e creditori è ampio: in questi paesi gli azionisti di
controllo hanno meno paura di essere espropriati nel caso in cui si dovesse
verificare un‟acquisizione e, quindi, sono maggiormente disposti a perdere parte
dei propri diritti di voto, attraverso la vendita di azioni, per raccogliere fondi o per
diversificare
22
. È proprio in contesti di questo tipo, contraddistinti dalla possibilità
da parte di soggetti esterni di estromettere gli attuali detentori del controllo
acquistando sul mercato i titoli, che il mercato del controllo societario, attraverso
strumenti quali l‟OPA ostile, svolge il più importante e attivo ruolo di
monitoraggio sull‟attività del managemet. Il modello in questione viene anche
definito outsider system proprio in quanto il monitoraggio dell‟operato del
management e l‟allocazione efficiente del controllo sono affidate per lo più a
meccanismi esterni all‟impresa.
19
Forestieri G. (1998), La corporate governance negli schemi interpretativi della
letteratura, in Airoldi G., Forestieri G., Corporate governance: analisi e prospettive del caso
italiano, Milano, Etas libri, p.4
20
Zattoni A. (2006), Assetti proprietari e corporate governance, Milano, Egea, p. 168 e
213
21
Fortuna F. (2001), p.91
22
La Porta R., Lopez-de-Silanes F., Shleifer A. (1999), Corporate Ownership Around the
World, “Journal of Finance”, vol.54, n.2, p.473