INTRODUZIONE
Il presente lavoro, prende le mosse dall'interesse per una problematica che,
soprattutto nella realtà del 2016, caratterizzata da una importante crisi economica,
risulta trasversale a varie realtà socio-culturali: lo stress lavorativo.La crescente
attenzione dei legislatori rispetto a questo fenomeno, è uno degli indicatori della
sempre maggiore importanza che le forme di disagio psico-sociale sull'ambiente di
lavoro, stanno assumendo nella società odierna.I rischi inerenti a tali disagi, vanno
infatti a ricadere non solo sulla salute psicologica e fisica dell'individuo che li
esperisce, ma anche sulla sua produttività.Lo scopo del presente lavoro è quello di
analizzare lo stress lavoro correlato da una prospettiva prevalentemente psicologica,
tenendo presente che il lavoratore è soprattutto una persona, e non solo "forza-
lavoro", e che quindi, oltre a situazioni legate all'ambito lavorativo, si può trovare a
fronteggiare lo stress anche in altri ambiti.L'ottica adottata nella presente tesi vuole
essere positiva, presentando lo stress come una componente della vita in generale, e
della vita lavorativa in particolare, ma nel tentativo di identificare, nelle strategie di
coping, se non una soluzione al problema, almeno un modo per poterlo gestire
efficacemente.Il primo capitolo parte da una definizione del termine stress, per
andare ad esaminare le diverse prospettive ed i diversi modelli di riferimento che si
sono susseguiti nel corso del tempo per identificarlo e spiegarlo. Negli anni '30,
Hans Selye ha definito la Sindrome Generale di Adattamento, un modello ancora
oggi valido per capire le reazioni fisiologiche allo stress: però è solo con gli studi di
John W. Mason, negli anni '70, che l'attenzione va a spostarsi sull'aspetto psicologico,
per spiegare come mai persone diverse possono avere reazioni molto diverse nei
confronti dello stress. Saranno Lazarus e Folkman, negli anni '80, a sviluppare
questa tematica, parlando di "appraisal", quindi della importanza della valutazione
soggettiva. Lo stress è causa, o concausa, di una serie di problematiche fisiche e
psicologiche, che verranno esaminate nel corso del primo capitolo.Il secondo
capitolo va a focalizzarsi sullo stress lavorativo, dandone una definizione, e
inquadrandolo nella normativa di riferimento. Vengono esaminati i principali modelli
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teorici, mirati a spiegare le dinamiche dello stress lavorativo, soprattutto nel contesto
organizzativo: il modello job-demand-control di Karazek, in cui il concetto di
controllo assume una grande importanza; il modello Effort-Reward-Imbalance di
Siegrist, che vede un equilibrio tra sforzo e ricompensa, ed il modello di Cooper,
con una forte attenzione alle caratteristiche personali e temperamentali del lvoratore.
Al di là delle differenti interpretazioni, tutti questi modelli sono mirati ad individuare
i principali stressors, cioè i principali agenti stressanti. Se è vero che,
potenzialmente, qualsiasi situazione può essere stressante, in quanto tutto dipende
dalla valutazione della persona, è anche vero che esistono dei fattori che sono
generalmente riconosciuti come stressors. Questo lavoro va in particolare a
focalizzarsi sul work-family conflict, come forma di conflitto tra ruoli diversi che il
lavoratore va ad assumere nella sua vita, sul sovraccarico lavorativo, come
appesantimento delle mansioni svolte, sulla precarietà lavorativa, che comporta un
forte carico emotivo di insicurezza per il futuro, e sulla conflittualità lavorativa,
fenomeno trasversale a molte differenti realta'.L'azione degli stressors va a
determinare una serie di manifestazioni comportamentali, e di sintomi fisici. Rispetto
a quanto già indicato nel primo capitolo, come conseguenza dello stress in forma
generale, lo stress lavorativo puo' produrre delle sintomatologie più specifiche: ad
esempio, a livello comportmentale assistiamo al fenomeno del counter-productive
work behaviour, legato all'assenteismo e a condotte di distacco emotivo dal proprio
lavoro; a livello di salute, possiamo avere problematiche come l'insonnia, la difficoltà
a prendere decisioni, e patologie coronariche e cardiache, oltre che gastroenteriche.
Le conseguenze dello stess vengono misurate con l'ausilio di strumenti, quali il Job
Content Questionnaire, legato al modello dello stress lavorativo di Karazek e quindi
mirato a valutare l'eventuale delta tra impegno e controllo, l'Occupational Stress
Indicator, legato al modello dello stress di Cooper e quindi al rapporto con i tratti di
personalità, e il General Health Questionnaire, strumento di misurazione delle
variazioni comportamentali, psicologiche ed emotive legate allo stress.
La situazione di stress, rilevata da questi strumenti e percepita dal soggetto, non è
però una sorta di condanna senza appello: esiste infatti tutta una serie di elementi
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moderatori, come le strategie e gli stili di coping, che possono andare a modificare e
arginare gli effetti degli stressors sull'individuo.
Il terzo capitolo, vuole definire, in termini generali, il concetto di coping, inteso
come l'insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali compiuti dal soggetto per
fronteggiare gli stressors. La teorizzazione del coping deriva dagli studi di Lazarus
e Folkman, i quali, negli anni '80, legano il coping al "secondary appraisal", la
valutazione secondaria compiuta da un soggetto il quale, di fronte ad una situazione,
va a compiere innanzitutto una valutazione primaria, che gli conferma se si trova in
presenza di uno stressor o no, e poi una valutazione secondaria, intesa come
ragionamento sulle sue eventuali possibilità di saperla fronteggiare. Partendo da tale
iniziale concetto, sono poi stati distinte tre tipologie di coping: il coping centrato sul
compito (task coping), come ricerca di soluzioni concrete e, a volte, pratiche, per
affrontare il problema; il coping centrato sulle emozioni (emotion coping), come
insieme di strategie mirate a ridurre il sovraccarico emotivo; il coping centrato
sull'evitamento (avoidance coping), come forma di distacco dalla situazione
stressante.
L'utilizzo di una o dell'altra tipologia di coping può essere legato alla situazione,
oppure può dipendere dai tratti di personalita'. Si parla di stili di coping, intendendo
delle modalità di fronteggiamento coerenti con i valori, le aspettative e le credenze
personali. La letteratura più recente mira a considerare sia la variabile situazionale (la
persona utilizza una o l'altra modalità, a seconda della situazione in cui si trova) che
quella disposizionale (la persona tende ad utilizzare la modalità che risponde
maggiormente ai suoi tratti di personalità).
Gli studi sul coping, hanno avuto inizio in relazione a quelli sullo stress, ma nel
corso degli anni si sono maggiormente avvicinati a quelli sulla psicologia positiva ed
il benessere. In questo senso, è necessario parlare anche della resilienza, che è
oggetto del quarto capitolo.
La resilienza è intesa come la capacità non solo di saper reagire di fronte alle
difficoltà,ma addirittura di utilizzare la esperienza e la competenza acquisite, per una
crescita personale. Si tratta di una capacità insita nella natura umana, e lo scopo della
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ricerca è di delineare i fattori costitutivi di questa capacità. Si parla quindi di un
insieme di caratteristiche, tra le quali troviamo l'ottimismo, il supporto sociale, e
l'hardiness, un tratto di personalità che comprende controllo, impegno e sfida. La
resilienza viene misurata con l'ausilio di alcuni strumenti, tra cui la Resilience Scale,
che va a misurare quattro componenti della resilienza: serenità, significatività intesa
come percezione di avere uno scopo nella vita, perseveranza, unicità esistenziale
intesa come riconoscimento della propria unicità come persona e conseguente
capacità di accettazione di se stessi.
Il quinto capitolo vuole andare a sottolineare l'importanza delle strategie di coping e
della resilienza nell'ambito dello stress lavorativo, per cercare di capire quale ruolo
coping e resilienza possono giocare nel tamponare e diminuire lo stress lavorativo
percepito dal soggetto.
La letteratura riconosce la necessità di valutare ogni situazione e ogni contesto
lavorativo in maniera differente, in quanto le casistiche sono numerose. Diventa
importante quindi valutare la appropriatezza di un intervento a livello organizzativo,
oltre che a livello di strategie individuali. Stressors lavorativi diversi, richiedono
approcci diversi.
Possiamo quindi andare a distinguere iniziative di tipo primario, quali gli interventi a
livello organizzativo, e le iniziative di job design; iniziative di tipo secondario, come
quelle somatiche, cognitive e multimodali; iniziative di tipo terziario, che
coincidono con il trattamento delle sintomatologie psicofisiche legate allo stress.
Il controllo, inteso nella accezione data da Karazek di possibilità del lavoratore di
gestire il proprio lavoro, assume un ruolo importante, tra le strategie di coping attivo,
così come il supporto sociale.
Adottando una prospettiva temporale, parleremo di coping proattivo, intendendo
quelle strategie orientate al futuro, e basate sulla valutazione di un potenziale stressor
come una sfida, piuttosto che come una minaccia. Il coping proattivo è caratteristico,
ad esempio, degli imprenditori, una categoria rimasta ai margini della letteratura
sullo stress lavorativo, e che si trova a fronteggiare problemi, e tipologie di stressors,
differenti rispetto ai soggetti inseriti in contesti organizzativi.
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