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la vera competizione ormai non è sugli oggetti, ma sull’intelligenza che essi
contengono. E questo potrebbe spiegare perchè alcuni paesi ricchi (nonostante lo
sproloquiare, che si va facendo ai vari livelli, sugli alti costi del lavoro) continuino
a primeggiare in molti settori, sebbene oggi il loro costo del lavoro sia molto
aumentato. Perciò, se si accetta questa tipologia di sviluppo io penso, chi è più
bravo vince sugli altri. Tecnologia ed educazione, a mio avviso, diventano due
potenti catalizzatori del sistema economico che, in chiave di teoria dei sistemi
(Bertalanffy, 1971; Emery, 1980), mantengono il sistema economico in stato
neghentropico e cioè: aperto alle influenze dei cambiamenti che sopravvengono,
ma che attraverso uno strutturato sistema di interrelazioni interne e con l’esterno,
riesce continuamente ad autoristrutturarsi, sanando il gap tra l’aumentata
complessità esterna e la capacità flesso-adattiva interna di dominare e capitalizzare
la complessità stessa, attraverso l’apprendimento continuo. Sistemi questi, direi
addirittura, capaci di prevedere e simulare i cambiamenti, capaci di apprendere. Un
sistema aperto, in analogia per esempio ad un sistema vivente, è in grado di
accogliere l’informazione che entra dall’esterno (dall’ambiente) e può così
cambiare ed adattarsi, in modo da sopravvivere anche in condizioni difficili
rapportandosi efficacemente con tutto ciò che gli è esterno. A proposito, una
definizione di organizzazione: [Tagliagambe/Usai –1999-] «Luogo privilegiato
dove gli individui si rapportano e apprendono per la formazione di un’intelligenza
collettiva».
Quello che a me disorienta, invece, è come nel nostro paese il dibattito
politico e culturale, quasi ignori questo meccanismo fondamentale (per esempio
non investendo in ricerca). E’ come se si volesse viaggiare sempre più veloce
senza preoccuparsi di progettare e realizzare mezzi adeguati ai propri desideri.
L’esiguo investimento, infatti, destinato dall’Italia alla ricerca, sarà funzionale
appena al livello elettrodomestico (almeno così denunciano gli esperti). L’Italia,
nei confronti degli altri paesi avanzati, è atrofizzata nello sviluppo di tecnologie ad
alto contenuto di conoscenza. Il rimedio (siccome la legge della giungla è spietata)
7
per chi non investe abbastanza in ricerca, sarebbe di diminuire i costi di
produzione, e quindi i salari; ma oggi purtroppo abbiamo il fenomeno Cina con cui
confrontarci, un paese in via di sviluppo la cui concorrenza, in questo campo,
sarebbe difficilissima da sostenere, oltre che improponibile. Dobbiamo considerare
inoltre, da indagini mediali di dominio pubblico, che gli investimenti italiani sulla
ricerca sono effettuati con finanziamenti a pioggia e in totale mancanza di
controllo e di sistemi di monitoraggio dei risultati ottenuti.
Tornando all’aspetto Insegnamento, appare evidente che in questo contesto
storico occorrono tessiture culturali meglio adatte ai cambiamenti rapidi, se è vero
che alla fine rimane l’essenziale, il quadro di riferimento, il modo in cui si
evolvono le cose; sarà proprio questo, probabilmente, che ci darà la capacità di
interpretare e forse anche di giudicare il nostro tempo, e di muoverci nelle società.
I cambiamenti però sono rapidissimi, e dobbiamo scegliere quali insegnamenti
impressionare nella mente, per affrontare intelligentemente il mondo di domani.
Allenandoci, magari, a cogliere le nuove opportunità, a mettere insieme nuove
combinazioni e a costruirsi dei percorsi personalizzati, «non solo la dimensione
cooperativa, ma anche l’autenticità e l’autonomia personale postulano la socialità».
Ma al di là dei contenuti, il nocciolo del problema rimane soprattutto quello dei
metodi, della capacità di apprendere. Cioè la capacità mentale di adattarsi e di
riciclarsi. Le aziende, dal loro canto, propongono di collegarsi direttamente col
mondo della scuola, per aiutare l’innovazione. Effettivamente un tale bisogno di
interscambio si riscontra a tutti i livelli, anche a quelli più alti come l’università.
Ma il problema non si limita alle singole imprese ma si devono fare i conti anche a
livello di intero paese, e non è soltanto di denaro, perchè la ricerca deve essere
collegata con il paese, deve essere una sorgente a flusso costante che pervade e
fertilizza la società.
L’evoluzione tecnologica, dall’inizio del ventesimo secolo, è stata così
rapida ed attualmente in pieno sviluppo, da creare e distruggere in continuazione:
posti di lavoro, prodotti, organizzazioni e tipi di imprese; trovando anche soluzioni
8
migliori delle precedenti. L’economia moderna, infatti, riesce a combinare insieme
tutti gli elementi presenti nel sistema, creando innovazioni (oltre che tecnologiche)
organizzative, finanziarie, manageriali, che corrispondano sia all’obiettivo del
massimo rendimento col minimo costo, sia alle esigenze di un mondo in continuo
progresso. Oggi, a mio avviso, per un’impresa è necessario acquisire flessibilità in
tutte le sue parti, compresa quella umana, dei cervelli che si trovano al suo interno.
Perchè le aziende sono solo edifici e ciò che conta sono le persone che vi lavorano
e che prendono le decisioni, in particolare coloro che sono responsabili della
direzione e degli orientamenti generali. Le risorse, quindi, vengono create dagli
uomini, con il loro cervello, con la loro capacità di organizzarle, di trasformarle,
ma anche di abbandonarle. Viviamo in una società dominata da cambiamenti
rapidissimi, in ogni campo. La vita media si allunga, ma non si può vivere fino a
80 anni con il solo bagaglio scolastico dei primi 20. L’aggiornamento continuo,
infatti, avviene attraverso vari tipi di comunicazione (sul luogo di lavoro, riguardo
la professione), come i cosiddetti mass media, con cui si possono trasmettere
incredibili quantità di informazioni e conoscenze. Personalmente registro grossi
dibattiti sulla distribuzione del reddito, ma scarsissimi su quello culturale, come
fosse semplicemente un optional personale.
Alcuni studiosi dicono (ed io aderisco, soprattutto per il mantenimento di un livello
equilibrato di tutti gli elementi che contribuiscono alla qualità della vita) che il
fattore più destabilizzante per il prossimo futuro delle società umane è la forbice
che si sta creando fra tecnologia e cultura, nella loro diversa velocità di crescita. La
ricerca, anche solo quella che si è potuta sviluppare in tempi brevi, ha prodotto un
arsenale immenso di tecnologie, che si vanno diffondendo ovunque senza che vi
sia stata una parallela crescita culturale per gestirle in modo adeguato.
Probabilmente, solo una rivoluzione educativa potrà permettere, già
nell’immediato futuro, all’umanità di avere uno sviluppo equilibrato, in modo che
la cultura e la tecnologia possano fertilizzarsi a vicenda in modo proficuo.
9
PRESENTAZIONE
Assetti istituzionali ed organizzativi, Federalismo, Trasferimenti di potere,
Politiche di orientamento al cliente:
Al di là del significato o valore intrinseco delle parole e delle varie accezioni
terminologiche a noi, io penso, interessa la loro estrinsecazione, nel divenire dei
rapporti concreti, con i vissuti quotidiani del cittadino.
Prendo spunto e mi ricollego ad un mio precedente lavoro (oggetto di tesi di
laurea –primo livello-, presso l’Università degli studi “G. d’Annunzio” di Chieti –
Facoltà di Scienze Sociali; Corso di Sociologia) dal titolo: EVOLUZIONI DELLE
RELAZIONI INDUSTRIALI E GESTIONE DELLE RISORSE UMANE NELLE
PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI: IL CASO GIUNTA REGIONALE ABRUZZO.
Una ricerca che, in altra veste, ha già trattato alcuni aspetti caratterizzanti del
presente lavoro, che a sua volta si focalizzerà sul processo di realizzazione
dell’Assetto costituzionale del Governo regionale, in special modo per quanto
riguarda aspetti Organizzativi, che le acquisite nuove autonomie (volute dalla
Riforma della Costituzione, in particolare da quella del Titolo quinto), impongono
a tutti quei Sistemi di governo territoriale Regionale che vogliono darsi un assetto
Organizzativo innovativo, (riuscendo ad adeguarsi e competere con la pervasività
dei numerosi elementi “decisionali” sopravvenuti dal livello macro) per
raggiungere obiettivi di efficacia e di produttività, anche per realizzare e mantenere
il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di ambienti
e relazioni di lavoro che contribuiscono al miglioramento della qualità della vita
dei lavoratori e delle prestazioni. Secondo l’orientamento sulle teorie
dell’organizzazione e sviluppo dei modelli organizzativi [Cocozza, 2006 – pag.
21], possiamo sintetizzare con sue parole: «“le diverse tipologie di organizzazioni
di lavoro sono costituite da un insieme di risorse umane che interagiscono tra di
10
loro secondo obiettivi prescritti, sulla base di una divisioni di ruoli e di compiti per
il raggiungimento di risultati predefiniti”. Tale definizione si riferisce
all’organizzazione formalmente costruita, la cui rappresentazione principale è data
dalla struttura dell’organigramma. In questa logica, l’organigramma rappresenta
l’immagine schematica dell’organizzazione, articolate in una serie di strutture
gerarchiche, dove responsabilità e ruoli sono correlati ad obiettivi e funzioni. Ma
oltre all’universo formale esiste un universo informale in cui regole e
comportamenti non sono prescritti, ma sono il risultato di una serie di interazioni e
scambi, che partono, o, talvolta prescindono, dalla struttura formale
strategicamente pre-definita»
1
.
“La sussistenza di un clima organizzativo che stimoli la creatività e
l’apprendimento e che sviluppi una cultura organizzativa”.
La priorità, è porre l’avvio a dei modelli gestionali delle Risorse umane, diretti a
favorire il miglioramento dei livelli di produttività, nel contesto delle relazioni
sindacali.
Un progetto, organizzativo e relazionale, dove la “Priorità” si focalizzi sulla
gestione delle risorse umane:
a) nel diffondere, con ogni mezzo idoneo, il senso di urgenza dell’innovazione;
b) nella necessità di valutare l’impatto organizzativo delle riforme legislative
degli ultimi anni e delle trasformazioni legate all’utilizzo delle nuove
tecnologie sul personale delle Amministrazioni pubbliche;
c) nel responsabilizzare la dirigenza sulla efficace gestione delle risorse umane
(rilevando anche, magari, le opinioni dei dipendenti su tutto ciò possa
determinare la qualità della vita e delle relazioni nei luoghi di lavoro, così da
accrescere il senso di appartenenza e di soddisfazione dei lavoratori per la
propria Amministrazione).
1
A. Cocozza,Direzione risorse umane – Politiche e strumenti per l’organizzazione e la gestione delle relazioni di
lavoro, F. Angeli. Milano. 2006.
11
Strategia
«La strategia è sempre meno un piano razionale e astratto, implementato attraverso
l’organizzazione, e sempre più un “fenomeno emergente”» [Henry Mintzberg]
Il conseguimento di razionali e soddisfacenti condizioni di efficacia e di
efficienza dei servizi pubblici rappresenta il principale obiettivo del processo di
riforma delle amministrazioni pubbliche avviato dal legislatore all’inizio degli anni
90. In quest’ambito, una posizione sicuramente centrale assume il miglioramento,
da parte delle amministrazioni pubbliche, delle proprie capacità di individuare e
soddisfare i bisogni dei cittadini amministrati. A tal fine, tra i molteplici metodi e
strumenti utilizzabili, possono risultare particolarmente utili le analisi del grado di
qualità percepita da parte dei cittadini (e degli altri destinatari dei servizi pubblici)
attraverso le analisi di customer satisfaction, le quali consentono di coniugare il
punto di vista degli amministratori con quello dei destinatari dei servizi prodotti
diventando, inoltre, importanti strumenti per l’acquisizione delle informazioni
necessarie a rendere razionali i processi decisionali strategici e operativi degli
organi di governo e di direzione (le quali direzioni, in assenza di elementi
informativi riferiti all’ambiente di riferimento, rischiano di operare scelte
autoreferenziali o casuali e, comunque, scarsamente razionali).
Questo tema, a mio avviso, si connota di particolare interesse (alla luce del nuovo
processo legislativo che sta investendo tutte le Regioni italiane nella stesura dei
rispettivi nuovi Statuti) perché: già quasi trentacinque anni fa, dal suo inizio (è
durata venti anni), e più di dieci dalla sua pubblicazione Robert D. Putnam,
professore all’Università di Harvard, comincia una ricerca sociologica sul campo
nel 1970, anno dell’istituzione delle Regioni a statuto ordinario. Uno studio che ha
lo scopo di vedere come cambia, da regione a regione, il rapporto tra governanti e
governati
2
.
2
Robert De. Putnam, La tradizione civica nelle Regioni italiane, Mondadori-Collana: “Frecce”, Milano, 1993 (Ed.
originale)
12
L’attivazione di questo processo di monitoraggio del grado di soddisfazione, oltre
a catalizzare dinamiche e strategie atte a migliorare l’organizzazione delle aziende
pubbliche, innesca un feed Bach tra gli attori: Direzione del personale, personale
interno e cittadini che (anche attraverso le varie e rispettive rappresentanze)
attraverso le relazioni sociali sviluppa quel Capitale sociale (un concetto
complesso, che sempre più riscuote successo, tra gli studi economici e quelli
sociologici) che, al di la di tutti i tentativi di definizione che ne hanno allargato il
campo semantico, è sempre produttivo, in quanto fa riferimento alle risorse che
vengono utilizzate dall’attore al fine di realizzare i propri obiettivi, che possono
dipendere anche dalle particolari risorse che vengono attivate nelle relazioni
sociali. Relazione che io sintetizzo nella seguente affermazione: «processo di
negoziazione in sistema di autonomia»
Personalmente sono riuscito ad identificare due tipologie di approccio al capitale
sociale, una di tipo micro ed una di tipo macro. L’approccio micro deriva dalla
teoria della scelta razionale e dalla teoria dello scambio e considera il capitale
sociale dal punto di vista individuale, quale insieme di risorse che l’attore è in
grado di ottenere dalla sua rete di relazioni sociali. L’approccio macro trae invece
origine dalla teoria funzionalista, e concepisce il capitale sociale come un bene
collettivo, che consiste in valori condivisi, coesione sociale, fiducia. Qualche
autore rileva che i due livelli del capitale sociale (micro e macro) non possono
essere disgiunti a livello analitico, perchè «esistono dei meccanismi di
rafforzamento del capitale sociale a livello macro attraverso le pratiche perseguite
a livello individuale ma può essere anche vero il contrario poichè un tessuto
culturale caratterizzato da fiducia nelle istituzioni locali e buona reputazione può
incoraggiare gli scambi e gli accordi tra singoli soggetti».
Il concetto di capitale sociale viene introdotto verso la fine degli anni ’70, e le
prime elaborazioni risalgono a studi di sociologia economica volti a indagare le
dinamiche del mercato del lavoro. Esso diventa parte integrante del dibattito
sociologico soprattutto grazie alle teorizzazioni di Putnam e di Coleman. Nella
13
visione relazionale di Coleman, il capitale sociale è costituito dalle risorse che
derivano dal tessuto di relazioni sociali in cui una persona è inserita. Secondo
Coleman, la specificità del capitale sociale rispetto agli altri due tipi di capitale –
fisico e umano – risiede nel fatto di essere incardinato nelle relazioni che l’attore
intrattiene nella società. Secondo me, “La relazione”, può anche essere definita:
«quell’interazione che riesce a mantenere strategicamente collegato “l’Essere” con
“la Rappresentazione”». Il capitale sociale non è una proprietà individuale, bensì si
va a innestare nella struttura sociale, e costituisce una risorsa che permette
all’attore sociale di raggiungere obiettivi non raggiungibili in sua assenza, ed
essendo presente nelle maglie della rete di relazioni, il capitale sociale non è
tangibile.
L’intangibilità diventa dunque l’aspetto distintivo delle nuove forme di capitale
(definite “capitale emergente”), che comprende: il sociale, l’intellettuale e il
culturale. E’ intangibile perchè formato da elementi invisibili quali: fiducia,
interazioni, norme di reciprocità; e il cui valore costituisce un input per lo sviluppo
economico e sociale.
Si deve allo studio di Putnam sulla tradizione civica delle regioni italiane il
rinnovato interesse nei confronti del concetto di capitale sociale (Putnam, 1993).
Nella sua analisi, il politologo americano mette in relazione il rendimento
istituzionale delle regioni con la dotazione di capitale sociale. Nella sua visione,
infatti, il capitale sociale consiste di quegli aspetti della vita sociale – reti, norme e
fiducia – che, permettendo agli individui di agire insieme in modo più efficace per
il raggiungimento di obiettivi condivisi, incrementano l’efficienza della società. In
questo senso inteso, diventa una variabile in grado di favorire lo sviluppo politico
ed economico di un sistema sociale perchè facilita l’identificazione di identità ed
interessi individuali con quelli della comunità di appartenenza.
La fiducia poi, può essere riscontrata come un problema centrale nella riflessione
di Putnam. Alcuni studiosi, infatti, l’hanno definita come «un’aspettativa di
esperienze con valenza positiva per l’attore, maturata sotto condizione di
14
incertezza, ma in presenza di un carico cognitivo e/o emotivo tale da permettere di
superare la soglia della mera speranza». La fiducia viene individuata come un
tratto distintivo della modernità, quale risorsa messa in campo dall’attore al fine di
fronteggiare la crescente complessità, instabilità ed incertezza che pervade la
società odierna.
In particolare, in Putnam, il concetto di fiducia generalizzata viene utilizzato per
spiegare il differente rendimento istituzionale tra le regioni settentrionali, dotate di
istituzioni politiche più efficienti, e quelle meridionali, scarsamente efficienti, che
impediscono lo sviluppo economico e politico di tali territori.
Stiamo parlando, quindi, di un Capitale sociale, inteso sia come risorsa
personale in dotazione agli attori politici, sia come risorsa organizzativa di
una struttura di governo. Il rilevare la sua duplice valenza, permette di delineare
un’interazione tra la dimensione soggettiva e quella strutturale, tra una prospettiva
micro (risorsa individuale), ed una visione macro (bene collettivo); tale tensione
dialettica, a mio avviso, porta a definirlo come concetto situazionale e dinamico,
che deve essere analizzato ed interpretato facendo riferimento agli attori sociali
coinvolti, e al contesto entro il quale si svolge l’azione sociale.
La “rilevazione della qualità percepita dai cittadini”, quindi, diventa l’obiettivo
principale della recente Direttiva 24 marzo 2004, Misure finalizzate al
miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni,
emanata dal Ministro per la Funzione pubblica, sostenuta dal Dipartimento.
Obiettivo che consiste nel sensibilizzare le amministrazioni pubbliche (in
particolare gli Enti locali, per la loro vicinanza ai cittadini amministrati) all’utilizzo
sistematico di metodi di rilevazione della qualità percepita dagli utenti, basati
sull’ascolto e sulla partecipazione e finalizzati a supportare la progettazione di
sistemi di erogazione dei servizi che siano corrispondenti agli effettivi bisogni dei
cittadini e che consentano un impiego razionale delle risorse disponibili. Perciò, la
parte politica deve produrre uno sforzo di volontà, epurato di ogni interesse
particolare, a fare il punto della situazione attuale attraverso un lucido ed
15
imparziale monitoraggio; ridefinendo le strategie di ciascun ente. Serve, infatti, una
minore frammentazione delle iniziative, non solo a livello nazionale, ma anche
nell’ambito di ciascun territorio regionale o provinciale. Il problema, secondo i
risultati contenuti nella relazione del CNIPA, come tendenza dell’intero settore
pubblico, è che «nelle amministrazioni permane ancora una cultura poco incline ai
cambiamenti e alle novità, che tende a frenare quelle iniziative che abbiano forti
inclinazioni organizzative».
Questo, secondo me, costituirà la sfida dei prossimi anni, mentre la priorità,
tra gli impegni prioritari, sarà quella di investire nella creazione e nella crescita
delle competenze professionali necessarie alla progettazione e gestione delle
analisi di customer satisfaction . Nella governance locale, entrano in gioco due
dimensioni da conciliare e far quadrare: quella costituzionale, che delinea
l’ossatura giuridica-istituzionale dell’Ente (che attraverso l’azione politica e il
principio di sussidiarietà, particolarmente quella orizzontale, diffonda l’humus
della partecipazione, dal basso, ad un’amministrazione condivisa); quella
organizzativa, invece, che riesca a strutturare modelli flessibili, da sovrapporre di
volta in volta, compatibilmente alle esigenze operative che si andranno ad
individuare, a quella classica burocratica (zoccolo duro dell’attuale clima culturale
aziendale pubblico dell’amministrazione regionale abruzzese). Intersecando,
magari, schemi Matriciali e/o per progetto all’impianto Funzionale di base, e alla
luce del nuovo riorientamento culturale e Socio-economico del mercato del lavoro,
lo strumento contrattuale diventa il mezzo più potente, attraverso il mercato dei
contratti, per realizzare ed ottimizzare (oltre quello politico-giuridico) l’assetto
organizzativo amministrativo dell’Ente, adattandolo a seconda dei casi alle varie
strategie aziendali. Chiaramente il tutto condito dall’elemento relazionale. La
dimensione relazionale interseca e permea i due aspetti legislativo ed
amministrativo con una capillare e diffusa informazione (stante, ancora, l’attuale
situazione di nascondere le decisioni prese ai livelli alti), così da portare i vari
livelli (dirigenti, quadri, istruttori, esecutori) a interagire su uno stesso piano
16
burocratico. In tutte le Amministrazioni pubbliche la complessità dei problemi da
affrontare è in costante aumento, e l’insoddisfazione per i tradizionali strumenti di
gestione del personale è palese, al punto tale da accrescere notevolmente le
esigenze di individuare nuove pratiche di sviluppo e di intervento.
Coordinamento – mutuo adattamento –
«Il meccanismo del mutuo adattamento si basa sulla comunicazione informale e
diretta tra le diverse risorse umane che popolano l’organizzazione. Non vi sono
regole formali che mediano le interrelazioni. Gli individui comunicano tra loro in
tempo reale, attraverso questo meccanismo, riescono a dare continuità al loro agire
ma, soprattutto, riescono a modificare i propri corsi di azioni in modo
reciprocamente sincronico. E’ tipico di organizzazioni di professionisti con elevate
competenze specialistiche, dove vi sono numerosi Know-ledge workers (un
termine coniato da P. Drucker –1996-. “I lavoratori della conoscenza”, sono
manager che non hanno responsabilità gerarchiche, esperti, professionisti
d’impresa, tecnici. Sono tutte figure caratterizzate dall’intreccio fra competenze di
management, capacità di relazione e di cooperazione, competenze tecnico-
professionali specifiche)» [Cocozza, 2006 – pag. 88 -]
17
INTRODUZIONE
L’impianto del presente lavoro è stato reso possibile grazie all’assistenza tecnica,
al sostegno e alla collaborazione del Dott. F. Ferzetti e alla supervisione del Prof.
Cocozza. Il principale riferimento teorico e spunto per la trattazione delle varie
tematiche, è stato l’ultimo lavoro (un vero e proprio manuale)
3
del Prof. A.
Cocozza, “Direzione risorse umane – Politiche e strumenti per l’organizzazione e
la gestione delle relazioni di lavoro”, F. Angeli, Milano 2006. Un manuale, quindi,
che con una serie di schemi teorico interpretativi e attraverso un approccio
interdisciplinare mi ha permesso di osservare adeguatamente il complesso mondo
organizzativo e relazionale delle organizzazioni di lavoro e del loro rapportarsi con
il pubblico di riferimento (cittadino-utente/cliente). Sono parole dello stesso autore,
perciò, quelle che recitano: «...In quest’ambito un’efficace gestione delle relazioni
di lavoro assume un ruolo fondamentale nelle politiche aziendali, perchè a seguito
del mutamento in atto, la risorsa umana ha smesso di essere considerata
esclusivamente un “costo” e, è diventata una “risorsa strategica” indispensabile, sia
ai fini dell’incremento del valore per il cliente, sia per un efficace perseguimento
degli obiettivi connessi con la mission istituzionale». La stesura della ricerca, in
segno di sobrietà, ha solo qualche nota a piè di pagina, ma più che manifestazione
di pigrizia è stato lo sforzo di dare allo scritto una forma il più possibile
colloquiale. Grazie, inoltre, al taglio essenziale e squisitamente specialistico che
qualche insegnante è riuscito a dare alle materie di propria pertinenza; a tutti i
professori e assistenti che, attraverso i loro corsi, hanno contribuito a illuminare il
cammino della presente disamina; al Preside di facoltà, esempio concreto di
3
Una raccolta integrata di aspetti, già trattati separatamente in sue precedenti pubblicazioni, ampliati, aggiornati,
approfonditi e interconnessi tra di loro.
18
manager e di leader
4
allo stesso tempo, orientato a perseguire lo sviluppo di una
nuova cultura organizzativa e delle “relazioni” rivolta al servizio dell’utente.
Certamente, tutti coloro che conoscono la letteratura sul tema riconosceranno
l’influenza di innumerevoli studiosi nelle speculazioni e nelle affermazioni che ho
fatto.
In questa Tesi, le variabili osservate si propongono di prendere in esame
quelle realtà amministrative (empiricamente indagate) che, in questi ultimi anni,
hanno maggiormente operato in una logica di innovazione strategica, organizzativa
e gestionale. Sulla base di questi assunti, ho quindi proceduto all’individuazione di
quattro tipologie di Amministrazioni, che rispondessero ad alcuni criteri strutturali
(anche sul modello del Reinventing government) abbastanza significativi ed
esplicativi per questo tipo di ricerca; come la necessità, sempre più percepita, di
cominciare a considerare un “Bilancio sociale” che finalizzi le scelte politiche, i
processi amministrativi e il “benessere organizzativo” nella gestione della P.A.; in
un “Governo” orientato al cittadino/utente e verso un’implementazione sistemico-
processuale del concetto di Customer satisfaction.
In base a questa logica sono state scelte, ai fini della realizzazione dell’indagine, le
seguenti Amministrazioni: Provincia di Chieti; Comune di Casoli (con popolazione
di circa 6000 abitanti –tipico Comune “medio”); Regione Abruzzo; Università G.
D’Annunzio di Chieti. Nella realizzazione dell’indagine sono state adottate due
tipologie investigative: la ricerca documentale, di sfondo e di contesto; la ricerca
empirica, basata sulla realizzazione di interviste a testimoni privilegiati e sullo
svolgimento di un’attività di osservazione partecipante.
La delineazione del quadro teorico di riferimento è stata realizzata (nel
periodo 2005/2006) con l’intento di produrre un approccio critico -ai vari livelli:
Sociologico,Economico, Politico e Giuridico- verso la letteratura corrente
sull’argomento in esame, coerentemente con le ipotesi di lavoro formulate. La
ricerca empirica, invece, è stata condotta nel periodo –Aprile/Giugno 2006-, in
4
(Nell’ottica della learning organizzation il leader gestionale assume anche le vesti del “Maestro”) -
19
alcune “situazioni campione” individuate nell’ambito delle quattro amministrazioni
interessate.
Riguardo Metodologia e Strumenti di indagine utilizzati, posso dire che ho
effettuato: interviste semi-strutturate a dirigenti e testimoni privilegiati, posti in
posizioni organizzative “chiave” nelle Amministrazioni esaminate; ed alcune
sessioni di osservazione partecipante.
Spesso un’indagine, a mio modesto parere, non è facilmente inquadrata da
ben definite e specifiche metodologie, ma può utilizzare, in vario grado, diversi
metodi. La presente ricerca utilizza prevalentemente metodologie Descrittive non
disdegnando, ove possibile, qualcuna Sperimentale. La ricerca sul campo, per
esempio, può riguardare un solo individuo ma anche gruppi. L’elettronica e
l’informatica rende possibile la registrazione delle attività di un gran numero di
persone e di dati. L’osservazione sistemica, invece, presenta il vantaggio di
concentrare l’attenzione dell’osservatore sull’essenziale, evitando di perdersi in
dettagli collaterali o aneddotici.
Infine l’approccio, ai temi trattati, è centrato su una visione globale e
multidimensionale delle varie organizzazioni che contraddistinguono l’assetto
governativo regionale
Perché “Governance”? …Perché con questo termine viene accademicamente
inteso «la struttura che assume un sistema politico a seguito dello sforzo e degli
interventi effettuati dai diversi attori in esso presenti. Una configurazione nuova,
quindi, in cui nessun attore (in particolare) svolge un ruolo primario, ma vi sono
numerosi interazioni, tra una pluralità di attori». Perciò, la delineazione di questa
nuova tipologia di Governo regionale, preso tra i due processi di riassetto
Istituzionale e Organizzativo (già e ancora in atto), dovrebbe riuscire a governare
in modo tale che gli interventi pubblici e non, siano in grado di far fronte alle
esigenze di complessità, differenziazione e dinamicità del contesto territoriale di
pertinenza.