320th Century Fox, la Fox Searchlight Pictures, e dall’altra un mainstream per definizione, a
budget elevato e sequel di un blockbuster di grande successo della passata stagione
cinematografica. È qui doveroso precisare però che oltre alla motivazione scientifica la
scelta di questi due titoli è stata dettata anche da motivazioni di gusto e affezione personale
di chi scrive.
Nella conclusione del presente lavoro saranno quindi presentati dei modesti commenti che
prenderanno spunto dall’esperienza svolta all’interno della società.
41 - IL SETTORE CREATIVO
Lo scopo di questo capitolo è quello di fornire al lettore alcuni strumenti utili
nell’analisi del settore creativo, dei suoi prodotti e dei suoi servizi. Partendo dal concetto di
bene creativo come bene di esperienza, sarà anzitutto presentato un breve
approfondimento sulle più importanti proprietà economiche del settore della creatività.
Dopo aver operato una distinzione tra prodotti creativi semplici e prodotti creativi
complessi, sarà svolta un’analisi sul consumo culturale, tentando di delineare le
caratteristiche del consumatore culturale. L’ultima parte del capitolo sarà invece dedicata ad
un aspetto del settore creativo, quello dell’entertainment. Dal momento che in seguito
parleremo dell’industria cinematografica, che è sicuramente una delle principali forme
dell’industria dell’intrattenimento. Prima di iniziare è bene ricordare che in questo capitolo,
e nell’intera trattazione, per motivi di praticità, si è scelto di attribuire lo stesso significato a
termini come bene culturale o prodotto creativo, cultura ed entertainment.
1. I BENI CREATIVI COME BENI ESPERIENZIALI
Due sono i contributi teorici che gli economisti hanno adottato per poter indicare i
beni culturali. Da una parte la definizione di P. Hirsch, secondo cui i beni culturali
sarebbero
«non material goods directed at a public of consumers for whom they generally serve as an aesthetic or
expressive, rather than clearly utilitarian function.»
1
Dall’altra parte il binomio proposto da P. Nelson distingue i search goods, la cui qualità è
valutabile prima dell’acquisto, dagli experience goods, in cui la valutazione può avvenire solo
dopo il consumo. In quest’ultima categoria rientrano i beni creativi, caratterizzati da una
componente esperienziale e da una natura soggettiva tale da non permettere di determinare
ex-ante l’utilità che saranno in grado di creare. Gli individui possono infatti stabilire il
livello di qualità e di soddisfazione solamente dopo aver compiuto l’operazione di acquisto,
o meglio di consumo, del bene in questione. Questo aspetto è proprio non solo dei
prodotti dell’industria creativa (cinema, musica, teatro, televisione) ma anche di quelli
dell’arte visiva, dal momento che molte opere manifestano le loro qualità estetiche solo
1
P. Hirsch, “ Processing fads and fashions: An organization-set analysis of cultural industry system ”, Amer. J. Soc. n.77,
1972
5dopo che un individuo le ha “fatte proprie”. Questa peculiarità, combinandosi alle
caratteristiche principali del settore creativo di cui si dirà successivamente, fa sì che il
mercato del bene culturale sia contraddistinto da un elevato grado di incertezza ed
aleatorietà che non permette di stabilire in anticipo il valore effettivo del bene stesso. Per
superare questo “limite”, quindi, sia dal punto di vista dell’offerta che della domanda viene
fatto ricorso a meccanismi, per la maggior parte informativi, in grado di aumentare il livello
di conoscenza del bene in questione. In ogni caso, è grazie al suo scopo non utilitaristico
ma anzi al suo fine estetico ed esperienziale che il settore culturale ha acquisito importanza
grazie alla sua capacità di influenzare gli stili di vita dei consumatori, i loro modi di pensare
e i loro stessi valori.
2. PROPRIETÀ ECONOMICHE DEL SETTORE DELLA CREATIVITÀ
Il settore della creatività, così diverso da tutti gli altri settori dell’economia, presenta
delle proprietà caratteristiche uniche e di fondamentale importanza. Di seguito, sulla base
della classificazione proposta da R. E. Caves
2
, si propone una breve schematizzazione degli
attributi principali.
Incertezza della domanda (Nobody Knows): Questa proprietà si riferisce all’incertezza
associata alla previsione di successo dei prodotti creativi. Non è infatti possibile, o è
comunque molto difficile, prevedere la domanda, cioè stabilire a priori se il nuovo prodotto
incontrerà l’interesse e il gusto del pubblico. Inoltre, dato che i metodi di valutazione ex-
ante del valore presso il pubblico sono spesso inefficaci, il rischio associato alla produzione
di un qualunque prodotto creativo è elevato. È importante anche notare che, a differenza di
altri contesti in cui è presente un’asimmetria informativa, il settore creativo presenta invece
una “simmetrica ignoranza”, ovvero una mancanza di informazioni simmetrica, per la quale
né il produttore né il consumatore sono in grado di valutare la soddisfazione prima
dell’acquisto.
Dualismo (Art for Art’s Sake): differentemente da ciò che accade in altri settori
dell’economia, nel settore creativo i “lavoratori” (cioè gli artisti, gli autori…) prestano
grande attenzione al processo produttivo e all’originalità della creazione perché interessati
ad un buon risultato artistico. Spesso però la passione artistica che questi ultimi riversano
2
R. E. Caves, “Creative industries: contracts between art and commerce”, Harvard University Press, 2000
6nelle fasi di lavorazione implica la realizzazione di un output creativo superiore rispetto
all’effettiva remunerazione o alla valutazione che il pubblico è in grado di attribuirgli.
Un’ulteriore situazione problematica viene a crearsi nel momento in cui input creativi
devono essere associati inevitabilmente ad input non creativi, portando la componente
artistica a scendere a compromessi che allontanano la produzione dall’artisticità pura. In tali
situazioni gli artisti decidono piuttosto di rinunciare a lavorare. Nonostante queste
premesse, comunque, i lavoratori del settore creativo riversano nelle loro opere un’enorme
passione artistica, che influenza la qualità e la quantità del loro sforzo creativo, secondo la
proprietà dell’ “arte per l’arte”.
Competenze eterogenee (Motley Crew): La maggior parte degli output creativi necessitano, per
la loro realizzazione, dell’impiego di competenze professionali numerose e differenti. Come
prevede la proprietà del “processo eterogeneo”, dal momento che l’attività creativa implica
una funzione di produzione moltiplicativa, è necessario che la scelta dell’insieme degli input
sia effettuata accuratamente affinché tutti gli elementi siano ad un elevato livello di
conformità e abilità e soprattutto siano in grado di mantenere la cooperazione una volta
avviato il processo produttivo.
Differenziazione dei prodotti: Partendo dal presupposto che non esiste un prodotto creativo
identico ad un altro è possibile individuare due modalità attraverso cui si manifesta il loro
grado di differenziazione. Si parla di differenziazione verticale quando è possibile stabilire
una gerarchia di qualità tra i due prodotti, ovvero è possibile definire chi è migliore
dell’altro. Ma i prodotti culturali possono differire anche in base alle loro caratteristiche
estetiche pur mantenendo lo stesso livello qualitativo. Per questi prodotti si parla di
differenziazione orizzontale (Infinite Variety) perché non è possibile stabilire un ordine di
preferenza tra di essi se non a seconda del gusto personale del consumatore e perché vi è la
possibilità di creare un numero teoricamente infinito di opere artistiche sempre diverse tra
loro. I prodotti culturali generalmente presentano una combinazione dei due tipi di
differenziazione.
Differenziazione verticale delle competenze (A List/B List): Il talento, l’originalità, la bravura e la
tecnica differenziano certi artisti da altri, identificando una “serie A” ed una “serie B” di
7professionisti. Queste differenze si rendono bene evidenti al pubblico, che può quindi
classificare in base alla qualità i diversi input e prodotti creativi.
Variabile temporale (Time Flies): Il fattore temporale è rilevante per diverse motivazioni.
Anzitutto il problema del coordinamento e della disponibilità degli input. In un processo
creativo è infatti necessario che le risorse selezionate per la creazione del prodotto possano
essere utilizzate nel momento richiesto e soprattutto siano in grado di coordinarsi tra di
loro. Inoltre la questione del timing interagisce con la profittabilità dei progetti, i ritardi
infatti possono provocare ingenti danni in termini di valore e flussi monetari, ed è cruciale
nella sfida concorrenziale, dal momento che l’individuazione del momento più adatto di
lavorazione o di uscita può creare una vantaggio rispetto ai competitors.
Durevolezza (Ars Longa): L’aspetto di durevolezza si riferisce sia ai prodotti che alle rendite.
Molti output creativi sono infatti durevoli ovvero la loro performance non si esaurisce nel
momento della fine della stessa, ma è invece in grado di continuare a esistere, a volte
sottoforma di altri prodotti, e di generare profitti di lungo periodo (come royalty).
3. PRODOTTI CREATIVI SEMPLICI E PRODOTTI CREATIVI COMPLESSI
Alcune attività creative sono di semplice realizzazione perché richiedono l’impegno di
una sola persona, l’artista, che gestisce autonomamente le proprie relazioni al fine di vedere
promosso e distribuito il suo prodotto. Questo è il caso del pittore o dello scultore che,
nella maggior parte dei casi, deve relazionarsi solo ad un mercante o ad un gallerista, aventi
la funzione di gatekeeper, ovvero figure di intermediari ai quali è affidato il ruolo di
permettere o meno l’entrata dell’artista sul mercato. Esistono però attività che invece
richiedono l’impiego di numerosi input creativi combinati tra loro e molto spesso
coordinati anche ad input non creativi. È questo il caso dell’industria cinematografica, del
settore teatrale, dell’editoria e della discografia. La gestione di questo tipo di attività è
sicuramente più complessa a causa dell’elevato numero di partecipanti, che devono essere
organizzati e coordinati in maniera elaborata.
4. IL CONSUMO E I CONSUMATORI CULTURALI
Nel settore creativo, più che in ogni altro settore dell’economia, il consumo dipende
strettamente dalle preferenze individuali. E il gusto personale è la variabile principale
8d’incidenza sul grado di impegno e investimento che i consumatori decidono di compiere
per la conoscenza e per l’esperienza di determinati prodotti creativi. Una delle
caratteristiche principali del consumo culturale è definita “dipendenza razionale”. Si
afferma che consumare beni creativi presenti infatti degli effetti positivi dati dall’esperienza
stessa di consumo e che questo genere di attività siano in grado di migliorare la conoscenza
e la capacità di consumo culturale individuale per il futuro. A seguito del consumo si
costruisce infatti uno stock di capitale di esperienza artistica che aumenta la produttività del
tempo dedicato all’esperienza e ne accresce la capacità di apprendimento e di
apprezzamento. Il consumatore ha così sempre più capacità di lettura del prodotto culturale
ed interesse ad impegnare tempo e reddito in esperienze di quel genere. Questo concetto è
stato incisivamente descritto nella teoria della cultural addiction di G. J. Stigler e G. S.
Becker
3
. I due studiosi affermano che non sia possibile presupporre che le preferenze
culturali individuali non siano modificabili dall’esperienza di fruizione culturale, ma anzi il
consumo di questi prodotti dia vita ad un interessante circolo virtuoso grazie al quale, tanto
maggiore è questo consumo tanto maggiore risulta essere l’apprezzamento e la propensione
ad altro consumo culturale. In questo senso si può così parlare di “dipendenza” culturale.
Altra peculiarità del consumo culturale si riferisce al fatto che i prodotti creativi vengono
consumati non da individui isolati bensì nell’ambito di un contesto sociale. Così, a causa del
fenomeno del comportamento imitativo, gli acquisti di un individuo, o comunque le
reazioni ad una nuova offerta, dipendono largamente dalle scelte effettuate dalle altre
persone all’interno del contesto sociale di riferimento. Questo meccanismo è ancora più
accentuato nel momento in cui, come accade nel settore creativo, esiste un elevato grado di
“ignoranza” nei confronti del prodotto offerto. Anziché investire nell’acquisto di
informazioni, che spesso non sono né esaustive né perfettamente veritiere, il consumatore
preferisce affidarsi al giudizio di chi ha già compiuto l’esperienza di consumo, a quello dei
certificatori, o basarsi sui messaggi ricevuti tramite canali pubblicitari.
I singoli consumatori si distinguono in base alle scelte creative che li attraggono e al grado
di interesse che riversano su di esse. È possibile compiere una distinzione tra due tipi di
pubblico, sulla base del loro coinvolgimento nell’attività creativa: gli “esperti”, i più
coinvolti, hanno una sensibilità artistica e una conoscenza della materia molto vicina a
quella degli stessi artisti e per questo sono disposti a pagare un prezzo più alto per
consumare il prodotto, e il “pubblico generico”, che è sicuramente meno impegnato e
3
In Stigler G. J., Becker G. S., “De gustibus non est disputandum”, American Economic Review, 1977
9meno specializzato e che può anche decidere di posporre l’acquisto, ripiegando sui mercati
secondari in cui troverà lo stesso prodotto ad un prezzo inferiore. Da questa distinzione di
consumatori è possibile sviluppare un’ulteriore differenziazione tra cultura popolare e
cultura colta, non con la presunzione di stabilire una gerarchia di valore e di qualità tra le
differenti espressioni creative, bensì con lo scopo di indagare quale tipo di cultura è
normalmente preferita da un pubblico piuttosto che da un altro. Ne risulta che la cultura
popolare, essendo di più facile comprensione e indugiando su un piacere immediato, è
preferita da un consumatore con un minore livello di conoscenza e di formazione artistica.
Viceversa, un consumatore esperto e meno distratto preferirà un tipo di cultura più colta.
Questo tipo di differenziazione verticale è riscontrabile in tutti i campi creativi.
5. L’ENTERTAINMENT
Molti prodotti creativi rientrano nella sfera più ampia dell’entertainment. Per questo
motivo è sembrato necessario cercare di capire cosa esso sia, quali siano le sue forme e
perché abbia rilevanza all’interno dell’industria culturale. L’industria dell’intrattenimento si
è sviluppata in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento. I fattori che ne hanno determinato la nascita sono molteplici, ma tra questi si
deve ricordare principalmente la crescita in termini reali dei redditi di parte della
popolazione e la maggiore disponibilità di tempo libero di queste stesse persone. Il
concetto di entertainment è infatti strettamente legato a quello di tempo libero, che ha
perso il significato di tempo “non lavorativo” per indicare piuttosto il tempo in cui un
individuo sceglie di fare cose o di visitare posti. Si può quindi parlare di attività di
ricreazione (recreation) come un insieme di attività differenti, da svolgere nel tempo libero (la
presenza di tempo disponibile è la precondizione necessaria), in grado di procurare alla
persona un benessere indifferentemente fisico o mentale. Ad una prima analisi si potrebbe
pensare che anche l’entertainment si riferisca ad un modo, più o meno piacevole, di passare
il tempo che si ha a disposizione. In realtà è qualcosa di più. Si riferisce a ciò che le persone
non vedono l’ora di fare, che sono contente di vedere o di sentire perché, principalmente,
l’azione che andranno a svolgere ha delle connessioni con la sfera emozionale personale. È
per questo motivo, riferendosi solo all’aspetto psicologico ed emozionale e non a quello
fisico, che l’entertainment può essere considerato come un concetto subordinato a quello di
ricreazione. È utile notare che si può parlare di entertainment sia che l’individuo partecipi
ad una attività in modo attivo (suonare uno strumento) sia in modo passivo (ascoltare
10
musica registrata), dal momento che la caratteristica necessaria è esclusivamente la capacità
di questa attività di divertire ed emozionare.
Nel campo dell’entertainment i tentativi dell’individuo razionale di massimizzare la propria
utilità falliscono in parte. Infatti l’utilità derivante dal consumo di un prodotto creativo, o di
entertainment, dipende dal grado di soddisfazione che ne deriva, ovvero principalmente da
fattori non monetari (inutile la comparazione del costo per minuto del consumo di
differenti prodotti culturali). Ma, come si è già detto, i beni creativi sono beni esperienziali,
per i quali non è possibile stabilire prima del consumo il livello di apprezzamento o di
soddisfazione (utilità) che ne deriverà. Per queste ragioni, nella decisione di consumo,
l’individuo può basarsi esclusivamente sulla misurazione dell’utilità prevista.
Come dimostrano i dati nella seguente tabella, il tempo libero, e di conseguenza quello
dedicato ad attività di piacere sta aumentando negli ultimi anni. Questo indica che
l’entertainment sta acquistando sempre più spazio e deve quindi poter avere l’importanza
già attribuita ad altri settori dell’economia.
Tempo speso da individui adulti in attività di piacere tra il 1970 e il 2000
4
Ore annuali per persona % sul totale delle attività
ATTIVITA' 1970 2000 1970 2000
Televisione 1.226 1.603 46,5 46,1
Radio 872 1.065 33,1 30,6
Quotidiani 218 151 8,3 4,3
Musica Registrata 68 317 2,6 9,1
Periodici 170 80 6,5 2,3
Libri 65 93 2,5 2,7
Cinema 10 69 0,4 1,9
Eventi Sportivi 3 15 0,1 0,4
Video Games 76 2,2
Eventi Culturali 3 7 0,1 0,2
Totale 2.635 3.476 100 100
Ore per adulto a settimana 50.7 66.8
Ore per adulto al giorno 7.2 9.5
4
Dati in H. L. Vogel “Entertainment Industry Economics”, Cambridge University Press, 2001
11
6. CONCLUSIONI
È ora possibile concludere l’analisi mettendo in evidenza quelle che, a parere di chi
scrive, sono gli spunti di analisi del settore creativo emersi con maggiore forza. Anzitutto è
bene ricordare l’importanza dell’aspetto esperienziale di ciascun prodotto creativo, a causa
del quale è praticamente impossibile effettuare una previsione di successo. Da questa
caratteristica scaturisce una sostanziale aleatorietà ed incertezza del mercato che influenza
di conseguenza le proprietà economiche del settore e la natura stessa dei prodotti e dei
servizi. Come vedremo in seguito, infatti, gli operatori del settore si attivano con varie
iniziative al fine aumentare la conoscenza del proprio prodotto in modo da ridurre la
probabilità di insuccesso dello stesso. Prima di concludere è importante ricordare che molti
prodotti dell’industria creativa e culturale rientrano nel più vasto ambito dell’entertainment.
La definizione di industria dell’intrattenimento, intesa come attività di svago legata alla sfera
emozionale personale, che può essere esercitata nel tempo libero, racchiude all’interno varie
forme di entertainement, dallo sport ai video-games. Naturalmente, anche il cinema,
oggetto d’analisi dei prossimi capitoli, rientra in questo insieme di attività ed è per questo
che si è scelto di fornirne una spiegazione.
12
2 - IL SETTORE CINEMATOGRAFICO
Nel capitolo sarà svolta un’analisi delle caratteristiche principali del settore
cinematografico. Dopo un breve excursus sull’evoluzione della struttura del settore nel
mercato europeo e in quello americano, saranno esaminati i cicli di vita del settore e la
filiera cinematografica. Nello specifico, per quanto riguarda la parte relativa ai cicli di vita, si
parlerà della longevità del settore, ma anche di quella della stagione cinematografica e del
film, sia in sala che oltre. Nell’analisi della filiera saranno invece approfondite le varie fasi
del settore: la produzione, la distribuzione, l’esercizio e i mercati ancillari. In fase conclusiva
saranno delineate le principali caratteristiche del consumatore cinematografico.
1. CARATTERISTICHE GENERALI
Sebbene molti credano che il settore cinematografico sia il settore più divertente in cui
operare e potenzialmente più profittevole, la realtà è purtroppo differente. Su dieci film
prodotti, solo un paio di essi raggiungono traguardi economici soddisfacenti, mentre per
molti l’unico risultato ottenuto è esclusivamente in termini di gratificazione. Inoltre,
l’industria cinematografica conserva ormai ben poco della magia e dell’immaginazione che
ne avevano caratterizzato le origini, somigliando sempre più ad un qualsiasi altro business
influenzato principalmente da leggi e principi economici.
Ma c’è un aspetto, che è bene ricordare anche in questa sede, che differenzia questo settore
da tutti gli altri: l’incertezza del mercato. L’industria cinematografica non può avvalersi di
indagini previsionali e questo rende il processo produttivo e distributivo molto aleatorio.
«Non esistono formule per il successo e, sebbene produttori e distributori compiano delle scelte
strategiche non irrilevanti in merito all’impiego di fattori produttivi creativi che possiedono una reputazione
di passato successo, o all’allocazione bilanciata di budget di produzione ai diversi progetti, oppure al numero
di schermi su cui lanciare i prodotti, tutto ciò che possono fare è solamente ridurre la probabilità di un evento
molto probabile, l’insuccesso al botteghino.»
5
Un’ulteriore distinzione rispetto a business più tradizionali risiede nell’importanza
dell’apporto creativo in ogni fase del processo produttivo, fondamentale specialmente per il
successo di mercato. Il prodotto filmico è definito dagli economisti anche come “prodotto
con ciclo di vita breve”, ovvero un prodotto a rapida obsolescenza il cui periodo di vendita
5
F. Perretti, G. Negro, “ Economia del cinema. Principi economici e variabili strategiche del settore cinematografico ”, Etas,
2003
13
(nel mercato primario) è molto breve, la cui domanda subisce gli effetti della stagionalità
cinematografica e il cui picco delle vendite generalmente può essere previsto. Questo
genere di prodotti impone all’industria un tasso di sostituzione molto elevato, costringendo
l’offerta, caratterizzata da costi di produzione ingenti e non recuperabili, a rinnovarsi
costantemente. È utile qui ricordare le affinità che il prodotto cinematografico presenta con
i beni artistici e i prodotti dell’industria culturale
6
. Queste proprietà in comune possono
essere brevemente ricordate: il concetto di spettacolo inteso come prodotto a consumo non
rivale ma escludibile (mediante l’acquisto di un biglietto che ne consente la fruizione),
l’importanza degli elementi segnaletici nella determinazione del valore del prodotto presso
il pubblico (il ruolo del prezzo, dei certificatori, delle star) e il valore sociale del consumo di
questo genere di prodotti e la funzione imitativa nelle scelte di acquisto.
Nonostante il pubblico accolga sempre volentieri politiche di sconto associate solitamente a
periodi di bassa attrattività, in generale nell’industria cinematografica la domanda di
spettacoli è anelastica al prezzo. Come in molti altri settori dell’economia, l’elemento
fondamentale è il capitale. Ma trovare il capitale iniziale necessario non è facile, dal
momento che spesso le fonti di finanziamento preferiscono investire in attività meno
rischiose e più profittevoli. Inoltre i costi associati a questa industria tendono a crescere
molto più rapidamente rispetto ad altri settori soprattutto perché è impossibile realizzare
delle economie di scala nella produzione
7
e perché è molto difficile riuscire a tenere sotto
controllo il budget di produzione a causa di imprevisti e ritardi. In quest’ottica, solo alcuni
progetti riescono a trovare un supporto e a prendere forma, ma la maggior parte
rimangono solo delle idee su carta. Dal punto di vista della profittabilità, negli anni la
situazione è cambiata. Inizialmente l’industria raggiungeva margini di profitto molto elevati
grazie alla giusta combinazione di alcuni fattori: l’integrazione verticale consentiva un
controllo totale su tutte le fasi della filiera, il mercato di sbocco per il prodotto era
assicurato e il potere contrattuale degli Studio era maggiore, permettendo di mantenere
bassi i costi delle risorse necessarie. Oggi il livello di profittabilità è notevolmente
ridimensionato, il tempo necessario per ricoprire i costi degli investimenti è aumentato ed è
6
Secondo la distinzione proposta da F. Perretti e G. Negro in “ Economia del cinema. Principi economici e variabili
strategiche del settore cinematografico”, cit., per “beni artistici” si intende quei beni appartenenti alle arti visive o
rappresentate, il cui prodotto è un’opera unica e autentica, mentre per “prodotti dell’industria culturale” ci si
riferisce a opere riproducibili e concepite per essere riprodotte.
7
Si ricorda che stiamo presentando le caratteristiche del settore in modo generale. Ci sono infatti alcune
situazioni, che vedremo in seguito, in cui le efficienze di scala sono ottenibili (il caso delle multisale, ad
esempio).