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1.1 GENERALITA’ SULL’ACTINIDIA
1.1.1 CENNI STORICI
La pianta del frutto oggi conosciuto come kiwi è originaria della valle del fiume
Yangtze (fiume Azzurro) che attraversa numerose province della Cina Centrale.
Originariamente chiamato yáng táo, il frutto era conosciuto ed apprezzato per la sua
delicatezza e, da almeno 300 anni, veniva raccolto da piante spontanee o coltivato su
piccola scala in quel paese.
La pianta fu formalmente descritta e denominata Actinidia Chinensis nel 1847
(Planchon, 1847) sulle basi di materiale raccolto anni prima da Robert Fortune, un
agente inviato in Cina dalla Royal Horticultural Society di Londra (Cox et al., 1943).
Fortune inviò in Inghilterra materiale secco, costituito da foglie e fiori, ma non
menzionò il frutto (Ferguson, 1983).
Successivamente, nei primi anni del ‘900, il botanico inglese Ernest Henry
Wilson, che operava a Yichang, nella provincia di Hubei, inviò semi di Yang Tao
raccolti nella provincia di Hupeh alla ”Veitch and Sons Nursery”, allora considerato il
più importante vivaio d’Inghilterra. Nel 1904 la pianta del kiwi fece la sua prima
apparizione nel catalogo del vivaio Veitch, dove veniva descritta come molto bella, di
rapida crescita e in grado di produrre frutti commestibili, con le dimensioni di una
noce e dal sapore di uva spina matura. Principalmente a causa della sua caratteristica
dioica, la pianta non potè essere valorizzata per la produzione di frutti e venne
impiegata esclusivamente a scopo ornamentale (Ferguson, 1983).
Nel 1903, il Console Generale americano Levi S. Wilcox che risiedeva ad
Hankou (attuale Wuhan, capitale della provincia cinese di Hubei) ricevette alcuni frutti
di kiwi provenienti da Yichang e rimase favorevolmente impressionato dal loro sapore
che descrisse come una miscela tra uva spina, fico e cedro. Intuendone il potenziale
valore commerciale si operò e riuscì ad ottenere nel 1904 alcune piantine, provenienti
sempre da Yichang, da inviare allo United States Department of Agriculture. In
maniera fortunosa, dopo un lungo viaggio, quattro piantine imballate con muschio e
sabbia riuscirono a sopravvivere e raggiungere l’USDA Plant Introduction garden di
Chico in California, dove fiorirono per la prima volta nel 1907. Negli anni successivi,
da quelle quattro piante furono prodotte e distribuite lungo la costa del Pacifico oltre
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milletrecento giovani piante che sfortunatamente si rivelarono essere tutte staminifere
(maschi). Come già accaduto in Inghilterra, anche negli USA i frutticoltori non
compresero appieno le potenzialità della nuova pianta che rimase relegata ad un uso
esclusivamente ornamentale (Ferguson , 1983).
Le introduzioni in Inghilterra e negli USA che, hanno avuto uno scarso successo
commerciale, sono molto ben documentate mentre meno accurata storicamente è
l’introduzione avvenuta in Nuova Zelanda nello stesso periodo. La maggioranza delle
fonti è comunque concorde nell’attribuire ad una insegnante neozelandese di nome
Mary Isabel Fraser l’introduzione avvenuta nel 1904. Mentre visitava la città di
Yichang, sulla riva nord del fiume Yangtze, nella provincia di Hubei, la Freser ottenne
dei semi di Actinidia Deliciosa (molto probabilmente dallo stesso E.H. Wilson che
viveva in quella città) che portò in Nuova Zelanda e nel 1906 consegnò al vivaista
amatoriale Alexander Allison di Wanganui, sulla costa Ovest dell’isola Nord della
Nuova Zelanda. La prima produzione documentata di frutti provenienti da piante
allevate da quei semi risale al 1910 (Ferguson, 1983).
Mentre nei primi tre casi l’introduzione portò esclusivamente alla creazione di
piante per uso ornamentale, in Nuova Zelanda il tentativo di ottenere piante da frutto
andò a buon fine e negli anni ‘20 le piantine per la produzione di “Chinese
gooseberry”, come allora veniva chiamato il frutto dell’actinidia, erano già presenti nei
cataloghi ortofrutticoli neozelandesi.
Tra i numerosi vivaisti che iniziarono la selezione e la produzione di piantine da
frutto in quegli anni, il più famoso è certamente Hayward Wright, residente a
Auckland, sulla costa Est dell’isola nord della Nuova Zelanda. Già nel 1924, Wright
coltivava nuove varietà di sua produzione presso Avondale ed era in grado di produrre
separatamente maschi e femmine da utilizzare per l’innesto. Le sue tecniche di innesto
si diffusero tra i coltivatori e vivaisti e diedero avvio alla prima produzione
commerciale e un forte impulso nei processi di selezione condotti in quegli anni.
Nel 1937 il frutticoltore Jim MacLoughlin realizzò il primo frutteto da
produzione in Nuova Zelanda e nel 1940 i frutteti di “Chinese gooseberry” sulla costa
Est dell’isola del Nord erano già numerosi e i frutti cominciavano ad essere
commercializzati sul mercato interno.
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Nel 1952 lo stesso Jim MacLoughlin si accordò con la New Zealand Fruit
Federation per esportare “Chinese gooseberries” sul mercato dell’Inghilterra e nel
1953 la Nuova Zelanda, unico produttore al mondo, iniziò ad esportare in Giappone,
Nord America ed Europa.
Alla morte di Hayward Wright nel 1959, il ministero dell’agricoltura
neozelandese diede il nome Hayward alla varietà da lui inventata e nello stesso anno
le prime 100 casse di “Hayward Chinese Gooseberry” giunsero sul mercato americano
di San Francisco. Gli importatori di San Francisco ritenevano che il nome Chinese
gooseberries non fosse adatto per il mercato americano e così la società Turners &
Growers di Auckland, che esportava il frutto, propose inizialmente il nome
“Melonette” e successivamente, nel giugno del 1959, quello di “Kiwifruit” che è
l’attuale nome ormai universalmente riconosciuto. A metà degli anni ‘60 i nuovi
frutteti di kiwi in N.Z. erano quasi esclusivamente della varietà Hayward e dal 1975
solo tale varietà era accettata per l’esportazione. Il commercio mondiale è stato per
molti anni ristretto a questa unica cultivar e il nome Hayward poteva quasi essere
preso come sinonimo di kiwi (Ferguson, 1999).
1.1.2 DIFFUSIONE NEL MONDO
Per circa un ventennio, dai primi anni ‘60 ai primi anni ‘80, la produzione e la
commercializzazione del kiwi sono state monopolizzate dalla Nuova Zelanda. Alla
base della sorprendente diffusione del frutto in quegli anni, oltre alle indubbie
eccellenti caratteristiche organolettiche che vennero subito apprezzate dai consumatori
di tutto il mondo, c’è la straordinaria capacità di conservazione del frutto che rese
possibile l’esportazione via mare anche in paesi lontani. Negli anni ‘70 il kiwi era
ancora considerato un frutto esotico e alla moda e veniva venduto come prodotto di
nicchia principalmente negli USA ed in Europa. Spesso, la vendita al dettaglio era a
pezzo anziché a peso e i prezzi erano elevati e non concorrenziali con le altre tipologie
di frutta.
Sempre in quegli anni, altri paesi come Stati Uniti d’America, Italia, Francia,
Grecia, Giappone e Cile avevano iniziato ad investire nella realizzazione di frutteti
sperimentali di kiwi senza raggiungere produzioni significative. Il vero cambiamento
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del mercato avvenne nel corso degli anni ‘80, con l’entrata in scena di nuovi produttori,
tra cui l’Italia protagonista indiscussa per l’aumento esponenziale delle sue produzioni.
Secondo i dati ufficiali forniti dalla FAO, nel 1981 la produzione dell’Italia era
trascurabile, nel 1985 produceva 23.000 t annue contro le 105.000 t della N.Z. ma già
nel 1989 avveniva il sorpasso sulla N.Z. (240.000 contro 190.000 tonnellate).
Nel decennio 1990-1999, la crescita delle produzioni è continuata con regolarità
e si sono stabilite le seguenti posizioni relative alla produzione media nel decennio:
Italia (317.000 t), Nuova Zelanda (238.000 t), Cile (103.000 t), Francia (71.000 t),
Giappone (48.00 t) e a seguire Grecia, USA, Korea del Nord ed altri paesi con
produzioni decisamente inferiori.
Tra i grandi produttori deve essere menzionata anche la Cina che però in quel
periodo non rendeva noti ufficialmente i dati sulle sue produzioni. E’ comunque
realistico ipotizzare che alla tradizionale raccolta da piante spontanee, negli anni ‘80 e
‘90 si sia affiancato un crescente aumento della superficie coltivata ad actinidia. Infatti,
il primo dato ufficiale della FAO sulla produzione cinese è relativo all’anno 2000 e
vede l’esordio di quel paese con una produzione di 850.000 t che lo pone subito in
testa nella graduatoria dei maggiori produttori mondiali.
La crescita media delle produzioni è continuata anche nel decennio 2000-2009 e,
ingresso della Cina a parte, si sono confermate le cinque precedenti posizioni: Cina
(1.085.000 t), Italia (399.000 t), Nuova Zelanda (311.000 t), Cile (157.000 t), Francia
(76.000 t), Grecia (68.000 t) e Giappone (37.000 t).
Nell’ultimo quadriennio 2010-2013 la graduatoria dei maggiori produttori è
rimasta stabile, con la Cina che ha raggiunto la straordinaria cifra di 1.430.000
tonnellate di produzione media nel periodo. Da segnalare il Cile (240.000 t) e la Grecia
(145.000 t) che hanno aumentato la loro produzione rispettivamente del 53% e del
113% rispetto al decennio precedente e, infine, la presenza sul mercato di nuovi
produttori in forte espansione come l’Iran (48.000 t) e la Turchia (34.000 t).
In Italia la coltivazione è concentrata su quattro regioni produttrici: Lazio, con
oltre il 30% degli investimenti, Piemonte con il 20%, Emilia Romagna con il 16% e
Veneto con il 15%. Il rimanente 19% viene prodotto dalle altre regioni, tra cui
emergono Calabria, Campania e Friuli (fonte Centro Servizi Ortofrutticoli).
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1.1.3 CARATTERISTICHE BOTANICHE
Tutte le specie di Actinidia sono piante rampicanti-striscianti perenni con foglie
decidue, salvo alcune rare eccezioni di specie sempreverdi presenti nelle zone più
calde (Ferguson, 1999).
La pianta presenta un fusto legnoso con numerosi tralci di lunghezza variabile
che portano numerose gemme miste e un modesto numero di gemme a legno. Dalle
gemme miste portate dai tralci di un anno hanno origine i germogli che portano dei
corimbi fiorali all'ascella delle foglie nei primi 4 nodi. Generalmente, i corimbi fiorali
portano 1-3 fiori nelle piante femminili e 3-7 fiori nelle piante maschili (Testolin e
Crivello, 1987).
L’apparto fogliare è costituito da foglie semplici, decidue, cuoriformi e
lungamente picciolate, con caratteristiche leggermente differenti a seconda della
posizione occupata sulla pianta. L’ apparato radicale è superficiale.
L'actinidia è una pianta dioica. Le piante maschili (staminifere) hanno fiori con
numerosi stami e un ovario atrofizzato, praticamente privo di stili. Le piante femminili
(pistillifere) hanno stami apparentemente normali, che producono polline sterile e un
ovario ben sviluppato, dotato di numerosi stili ben sviluppati. L’ovario è
pluricarpellare e ogni carpello contiene numerosi ovuli. Complessivamente un fiore
femminile produce circa 1.500-2.000 ovuli, la cui percentuale di fecondazione
determina strettamente le dimensioni finali dei frutti (Testolin e Crivello, 1987).
L'impollinazione è di tipo entomofilo, sebbene i fiori non siano molto attrattivi
per i pronubi, e in misura minore anche anemofilo.
Botanicamente, i frutti delle varie specie di Actinidia sono bacche, caratterizzate
da una polpa carnosa e succosa, contenente numerosi semi di colore scuro, di piccole
dimensioni e disposti a raggera partendo dalla columella biancastra centrale. A seconda
della specie possono essere singoli o in grappoli e possono variare notevolmente in
dimensione, forma, peluria e colore, sia interno che esterno (Ferguson, 1999).
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1.1.4 CARATTERISTICHE AGRONOMICHE
Forme di allevamento e potatura
L'actinidia viene comunemente coltivata a tendone nel centro e sud Italia e a
doppia pergoletta o “T-Bar” nel settentrione.
I sesti d'impianto variano da circa 400-600 piante/ha per l'allevamento a
tendone, mentre negli impianti a pergoletta si adottano distanze di 4-5 m x 4-5 m
oppure più ravvicinate di 4-5 m x 3m e in questo modo è possibile arrivare ad una
densità di 700-1000 p/ha.
Negli impianti generalmente vengono disposti gli impollinatori con le piante
femminili in rapporto 1:7 (1 fila con sole femmine, 1 fila con femmine e impollinatore
in rapporto 3:1).
L'actinidia è una pianta che presenta difficoltà di impollinazione: questo è
dovuto ad una scarsa produzione di nettare, da una bassa attrattività degli insetti
pronubi verso i fiori, da una non contemporaneità di fioritura tra gli impollinatori
attualmente disponibili e da una breve durata della fioritura.
La pianta di kiwi richiede una potatura secca (invernale) e una verde (primaverile-
estiva).
La potatura al secco è eseguita dallo stadio di “caduta delle foglie” sino alla fine
di gennaio e consiste nell'eliminazione dei tralci che hanno prodotto, avendo cura di
eliminare quelli troppo vigorosi, che presentano, alla base, porzioni di rami di 2-3 anni
che hanno già fruttificato. Vengono quindi lasciati i tralci cosiddetti da rinnovo, di
media vigoria, selezionando se è possibile quelli che originano direttamente dal
cordone permanente o nelle sue vicinanze, lasciandone 8-9 per pianta.
È possibile quindi, con questa pratica, stabilire la produzione che si intende
ottenere, lasciando sulla pianta la carica di gemme desiderata, che non dovrebbe mai
eccedere 150000 gemme/ha.
La potatura verde viene eseguita nel periodo estivo e consiste nell'eliminazione
dei “succhioni” o tralci vigorosi, al fine di contenere la vegetazione, favorire
arieggiamento e facilitare i passaggi lungo i filari.
Gestione del terreno
L'actinidia è una coltura con un elevato fabbisogno idrico, dovuto alla forte