8
CAPITOLO - IL SETTORE PETROLIFERO
La storia del petrolio
La storia del petrolio è interessante, poiché ha origini molto antiche. I Greci lo utilizzavano
già come combustibile ma anche per produrre medicinali e per usi bellici. La vera e
propria industria petrolifera nacque però negli Stati Uniti nel 1859, per merito di Edwin
Drake, a Titusville, Pennsylvania, che costruì il primo pozzo petrolifero redditizio del
mondo.
Negli anni successivi vennero realizzati più di 340 pozzi e nel 1870 nacque la Standard Oil
di J. D. Rockefeller, ossia quella che poi diventò la prima grande compagnia petrolifera a
livello mondiale: la ESSO. L’uso del greggio crebbe lentamente negli anni, fino al 1970
quando prepotentemente scalzò il combustibile dell’epoca più utilizzato nel mondo, ossia
il carbone, sul cui uso si era fondata la rivoluzione industriale. Proprio durante questo
periodo si verificarono due importanti crisi energetiche, quella del 73 e quella del 79, che
sollevarono preoccupazioni per la natura esauribile di questa risorsa.
I paesi industrializzati, infatti, avevano basato la loro crescita economica esclusivamente
sull’uso di questa materia prima, dimenticando la sua natura non rinnovabile. Gli studiosi
furono così costretti a ricercare fonti energetiche alternative, come quella solare,
geotermica, eolica, idrica e nucleare, anche a causa del negativo impatto che il petrolio
causa sull’ambiente.
L’inquinamento da petrolio è molto temuto dagli ecologisti poiché il greggio, come tutti i
combustibili di origine fossile, durante la combustione produce sostanze pericolose sia
per la salute dell'uomo sia per l’ecosistema. A tutt’oggi però l’oro nero rimane la risorsa
energetica più diffusa al mondo, coprendo circa il 90% del fabbisogno di combustibile
mondiale. L’importanza di tale risorsa è talmente elevata da essere stata un fattore
rilevante nello scatenare conflitti militari, comprese le due Guerre mondiali, la guerra
Iran-Iraq degli anni '80 e la Guerra del Golfo.
I più importanti giacimenti di petrolio si trovano in America settentrionale, centrale e
meridionale, Paesi arabi, Sud-est asiatico e Russia. Per quanto riguarda l’Italia, invece, i
9
giacimenti risultano troppo piccoli per essere economicamente vantaggiosi. I paesi privi di
giacimenti, come il nostro, ricorrono all'importazione di petrolio mentre altri pur
disponendone preferiscono acquistare il greggio all'estero per conservare le proprie
risorse. E’ bene fare una distinzione tra riserve e risorse. Per riserve di petrolio si intende
la quantità di idrocarburi liquidi che si stima potranno essere estratti in futuro dai
giacimenti già scoperti mentre per risorse si indicano i volumi che potranno essere estratti
da giacimenti non ancora trovati. I principali consumatori di petrolio sono, invece, le
grandi economie mondiali come Stati Uniti, Giappone, Cina ed Europa.
L’Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC) è l’organizzazione dei paesi
produttori di petrolio, fondata nel 1960, ed attualmente composta da undici membri:
Algeria, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi
Uniti e Venezuela.
Queste nazioni coprono circa il 40% della produzione petrolifera mondiale e nel loro
sottosuolo è racchiuso quasi l'80% delle riserve di petrolio planetarie (un quarto lo
detiene la sola Arabia Saudita).
L’OPEC controlla e limita la produzione del petrolio da parte dei paesi membri, con
l’obiettivo di ottenere un mercato petrolifero stabile sulla base dell’equilibrio tra
domanda e offerta e quindi del prezzo.
I mercati finanziari adibiti al trading sul petrolio sono il NYMEX a New York, dove trattano
i derivati sul Light Crude ossia il petrolio del West Texas Intermediate, e l'ICE a Londra
dove quota il future sul Brent, ossia sul greggio del Mare del Nord. L'unità di misura del
petrolio è il barile (pari a 159 litri o 42 galloni USA), pertanto le quotazioni sono espresse
in dollari al barile.
Scenario energetico
Gli attori
Volendo schematizzare – in base alla tipologia di interesse - le forze in gioco nel
mercato del petrolio, possiamo raggrupparle principalmente in quattro attori:
10
imprese petrolifere, governi dei paesi produttori – esportatori, governi dei paesi
importatori, organismi internazionali. La struttura dell’industria petrolifera e le dinamiche
di mercato sono la risultante nel tempo della complessa interazione di queste forze, delle
ragioni di conflitto o di cooperazione di volta in volta prevalenti, delle relazioni–contro
reazioni a cui davano luogo. Rivalità tra produttori, interessi strategici e politici dei
governi, condizioni politico-economiche nelle aree petrolifere, sono solo alcuni degli
aspetti che hanno segnato l’evoluzione dei rapporti tra gli attori della scena petrolifera.
Una distinzione all'interno del raggruppamento delle imprese è tra le grandi imprese e
quelle di minore dimensione che si sono affacciate sul mercato negli anni Cinquanta e
Sessanta. Con grandi imprese internazionali (o international majors) si fa riferimento a
sette compagnie petrolifere (Mobil Oil, Texaco, British Petroleum) che erano associate
alle Compagnie francesi del petrolio (CFP) costituita dal governo francese nel 1924. Le
caratteristiche comuni di queste imprese erano: la lunga tradizione ed esperienza
professionale accumulate; la grande dimensione (assoluta e relativa); l'alto grado di
diversificazione geografica e produttiva; l'alto e bilanciato grado di integrazione verticale
a partire dall'essenziale e più remunerativa produzione di greggio. Da allora le cose sono
cambiate, così che quella percentuale si è ridotta da allora di circa cinque volte ad appena
il 14%. Al di là de loro ridotto ruolo nel mercato internazionale del greggio, le majors
petrolifere mantengono una dimensione assoluta e relativa dominante nell'intero
panorama industriale mondiale.
La seconda categoria di imprese sono le imprese indipendenti, perché estranee delle
majors. Esse manifestano in genere una dimensione relativamente molto più contenuta;
strategie di entrata sul mercato tipiche dei newcomers; una diversificazione geografica
più contenuta e con una vocazione d'insieme spesso tipicamente nazionale. In questa
categoria d'impresa rientra la più parte delle imprese americane, alcune imprese europee
e d'altri paesi.
La terza categoria è rappresentata dalle imprese di Stato, imprese petrolifere con capitale
azionario controllato dagli Stati consumatori e produttori. Queste imprese costituiscono
lo strumento con cui gli Stati mirano a conseguire finalità di interesse nazionale.
11
La categoria degli Stati non meriterebbe troppo conto se il loro ruolo si fosse limitato a
quello da essi normalmente svolto verso i settori produttivi che assumono rilevanza
particolare sulle sorti delle economie nazionali, sui costi di produzione, sulla dinamica dei
prezzi, ecc.. Le cose cambiano, invece, quando a queste ragioni di interesse economico se
ne aggiungono - come nel caso del petrolio - altre d'ordine politico che, sommate alle
prime, hanno spinto gli Stati ad adottare comportamenti e azioni tali da condizionare
strategie risultati delle imprese. Sul versante dei paesi produttori le politiche hanno inteso
di sostenere lo sviluppo di industrie nazionali; condizionare l'operato di quelle estere;
appropriarsi della più larga parte della rendita dei produttori. Sul versante dei paesi
consumatori c’è da fare una distinzione tra quelli costretti all'importazione di petrolio (o
di altre fonti di energia) perché sostanzialmente privi di produzioni interne (è il caso
dell'Italia e Giappone) e quelli che all'importazione ugualmente devono ricorrere,
potendo però ad essa affiancare ampie produzioni interne (è il caso degli Stati Uniti).
Vi è, infine, una terza categoria di attori, gli organismi internazionali che hanno assunto
maggiore rilievo vi è, dal lato dei paesi consumatori, la Comunità Economica Europea
(CEE). Un altro punto di riferimento dei paesi consumatori è rappresentato
dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico (OCSE) costituita nel
1961 tra i paesi industrializzati, specie da quando nel 1974 dopo la prima crisi petrolifera
è stata affiancata ad essa un'apposita Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE)
1
.
La disponibilità fisica delle fonti fossili
Attualmente la domanda mondiale di energia è pari a circa 12 miliardi di tonnellate
equivalenti di petrolio all’anno. La domanda futura di energia è certamente correlata alla
crescita della popolazione mondiale ed ai riallineamenti dei consumi pro capite nei vari
continenti. Il consumo medio pro capite di energia primaria oggi risulta attorno a 1,7
tonnellate equivalenti di petrolio/anno (TEP/anno), ma tale valore varia molto tra le
diverse aree del pianeta: la media OCSE è 4,7 (negli USA circa 8, in Europa circa 3) mentre
1
AIE – Agenzia Internazionale dell’energia, è un’organizzazione internazionale intergovernativa fondata nel
1974 dall’OCSE in seguito alla crisi energetica del 1973. Il suo scopo è quello di facilitare il coordinamento
delle politiche energetiche dei paesi membri per assicurare la stabilità degli approvvigionamenti energetici
(principalmente petrolio) al fine di sostenere la crescita economica.
12
quella dell’Asia e dell’Africa è vicina a 0,7. Anche mettendo in conto una robusta azione
di risparmio da parte dei paesi industrializzati, i consumi dovrebbero quindi aumentare
sia per l’incremento della popolazione sia per effetto dell’incremento dei consumi da
parte dei Paesi meno sviluppati (già oggi in crescita esponenziale)
2
. Si pone quindi il
problema di come fare fronte a questa necessità crescente di energia. Attualmente la
disponibilità dell’energia necessaria è rappresentata per la quota prevalente (80 %) dalle
fonti fossili: petrolio, gas e carbone. Un ruolo così accentuato di tali fonti pone quindi
innanzitutto il problema della loro disponibilità fisica.
Le riserve di petrolio
Per quanto riguarda il petrolio le riserve stimate risultano ancora considerevoli e non
fanno preludere ad una scarsità di risorse nel medio periodo.
L’IEA
3
(WEO 2008, IEA) stima che l’ammontare totale delle risorse recuperabili residue di
petrolio convenzionale e liquidi da gas naturale (NGL) sia pari a 2448 miliardi di barili,
valore simile a quello dei consumi cumulati fino ad oggi.
Tale ammontare complessivo è composto per circa la metà da riserve residue (1.241
miliardi di barili) e per il resto da risorse potenziali, ottenute dallo sviluppo dei
giacimenti già individuati e tramite la scoperta di nuovi giacimenti.
La Tabella 1 riporta, per le diverse aree del mondo, le stime di: riserve originarie dei
giacimenti già scoperti; produzione cumulata al 2007; riserve residue (calcolate come
differenza tra riserve originarie e produzione cumulativa); crescita potenziale delle
riserve; risorse recuperabili scopribili in nuovi giacimenti e risorse recuperabili
complessive residue.
2
Nel contesto determinato dalla recente crisi economico-finanziaria, la domanda mondiale di energia ha
evidenziato nel 2009, per la prima volta dal 1981, una considerevole riduzione rispetto ai valori dell’anno
precedente. La ripresa economica attesa nei prossimi anni dovrebbe tuttavia favorire una ripresa dei
consumi energetici mondiali. Secondo lo scenario di riferimento IEA (Reference Scenario, World Energy
Outlook 2009, IEA), la domanda mondiale di energia è prevista in crescita ad un tasso medio annuo
dell’1,5% durante il periodo 2007-2030, corrispondente ad un incremento complessivo di circa il 40%. Per
effetto dei diversi tassi di sviluppo tra Paesi, il maggiore contributo alla crescita dei consumi energetici
dovrebbe provenire dalle economie asiatiche, seguite dal Medio oriente. Nel periodo 2007-2030, è previsto
che i paesi non-OECD siano responsabili di oltre il 90% dell’incremento dei consumi energetici riscontrati a
livello globale e che incrementino la propria quota di domanda energetica dal 52% attuale a circa il 63% nel
2030.
3
Agenzia Internazionale dell’energia.
13
Tabella 1- Stima riserve e risorse potenzialmente recuperabili di olio convenzionale e NGL (fine 2007, miliardi di
barili). Fonte: WEO, 2008
Accanto alle riserve di petrolio convenzionale, si stima inoltre che un contributo alle
risorse complessivamente disponibili possa arrivare dagli oli extra-pesanti e dalle sabbie e
dagli scisti bituminosi.
Lo scenario del settore petrolifero potrebbe infine essere profondamente modificato nel
medio termine dalla produzione di idrocarburi liquidi prodotti da gas naturale (GtL); già
attualmente alcuni impianti di media dimensione di GtL sono in esercizio e consentono la
produzione di carburanti di qualità anche migliore di quelli derivanti dalla raffinazione del
petrolio.
Se venissero confermati gli scenari di ampia disponibilità di gas naturale, di cui si dirà più
avanti, e di conseguente disaccoppiamento dei prezzi del gas da quelli del petrolio, tale
tecnologia potrà rivestire un ruolo determinante.
Le riserve di metano
Per quanto riguarda il gas naturale la valutazione a livello mondiale delle riserve provate
è in fase di profonda evoluzione. Fino a pochissimi anni fa le riserve erano valutate pari a
circa 180.000 miliardi di metri cubi; tale valore, pari a circa 60 volte l’attuale consumo
annuale, era già in continua crescita: nel decennio 1999 – 2008 era infatti cresciuto di
oltre il 25% (circa 40.000 miliardi di m3).
Riserve
originarie
Produzione
cumulativa
Riserve
residue
%
Crescita
potenziale
riserve
Risorse
recuperabili
scopribili
%
Riserve
recuperabili
residue
%
(a) (b) (c.)= a-b (d) (e) (f)=c+d+e
PAESI OECD 458 363 95 8% 27 185 23% 307 13%
Nord america 368 300 68 5% 22 95 12% 185 8%
Europa 77 56 21 2% 3 80 10% 104 4%
Pacifico 13 7 6 1% 2 10 1% 18 1%
PAESI NON-OECD 1910 764 1146 93% 375 620 77% 2141 88%
Ex URSS 355 171 184 15% 67 140 17% 391 16%
Estremo Oriente 134 79 55 5% 20 30 4% 105 4%
Medio oriente 986 312 674 54% 204 257 32% 1335 46%
Africa 206 102 104 8% 40 85 11% 229 9%
America Latina 229 100 129 10% 44 108 13% 281 12%
Totale Mondo 2368 1127 1241 100% 402 805 100% 2448 100%
(dati in miliardi di
barili)
14
Da molti anni era tuttavia nota, oltre a tali riserve convenzionali, una disponibilità
potenziale di gas non convenzionale estremamente rilevante; si tratta di varie tipologie di
gas: dal gas da scisti argillose (shale gas) a quello da formazioni sabbiose a bassa
permeabilità (tight gas), da giacimenti di carbone (coal bed methane), da giacimenti
molto profondi (deep gas), fino alle enormi disponibilità di idrati di metano. Tuttavia i
costi di estrazione associati alle tecnologie disponibili facevano sì che queste disponibilità
non solo non dessero significativi contributi produttivi ma non fossero sostanzialmente
considerate, salvo modesti quantitativi e nemmeno tra le cosiddette riserve provate4.
Tuttavia le moderne tecniche della fratturazione idraulica e di perforazione orizzontale e
pluridirezionale (da un solo punto si perfora in molte direzioni) hanno drasticamente
ridotto i costi di produzione di almeno due tipologie di gas non convenzionale, ovvero
dello shale gas e del tight gas.
Il primo tangibile impatto di tale evoluzione nel mercato del gas si è registrato negli Stati
Uniti: in soli due anni (2008 – 2009) la produzione di gas è aumentata del 15%, con un
incremento in termini assoluti di oltre 80 miliardi di m
3
(equivalente al totale dei
consumi italiani). Questo incremento è in realtà solo la punta di un iceberg: già
attualmente la produzione di gas non convenzionale negli USA ha superato quella di gas
tradizionale; si tratta di quantitativi annuali pari a oltre 300 miliardi di m
3
(la produzione
statunitense nel 2009 è stata di circa 620 miliardi di m
3
) pari al 10% della produzione
mondiale (circa 3000 miliardi di m
3
).
Il gas non convenzionale sta inducendo una sostanziale riconsiderazione dei valori delle
riserve provate; ad esempio le riserve USA di gas erano stimate dall’AIE pari a 6730
miliardi di m
3
, con un rapporto riserve/produzione pari a soli 11 anni. Ma lo stesso World
Energy Outlook 2009 ammette che “il recente e rapido sviluppo delle risorse di gas non
convenzionale negli Stati Uniti e in Canada ha trasformato lo scenario del gas”. Secondo
altri Istituti di ricerca le riserve di gas degli Stati Uniti sarebbero ben superiori; ad
esempio il Potential Gas Committee, una organizzazione con sede presso la Colorado
School of Mines, afferma che le riserve complessive di gas economicamente recuperabili
4
La definizione applicata dalle principali agenzie per le riserve provate è quella di quantità che le
informazioni geologiche e ingegneristiche indicano con ragionevole certezza possano essere estratte nel
futuro nelle esistenti condizioni tecnico-economiche
15
degli Stati Uniti, inclusive del gas non convenzionale, ammonterebbero a oltre 58.000
miliardi di m
3
con un rapporto riserve/produzione pari quindi a circa 90 anni.
Questi dati, applicati al bilancio mondiale, implicherebbero un incremento delle riserve
mondiali di circa il 25%, con un rapporto riserve/produzione pari a oltre 75 anni, ed un
radicale ribilanciamento geopolitico delle riserve mondiali: gli USA avrebbero riserve
superiori ai Paesi dell’area dell’ex Unione Sovietica e pari a oltre l’80% di quelle
dell’intero Medio Oriente.
Ma in prospettiva il contributo aggiuntivo all’offerta mondiale di gas ottenibile grazie
alle nuove tecnologie potrebbe essere molto superiore alle cifre sopra menzionate: è ben
noto infatti che giacimenti di gas convenzionale sono ampiamente presenti in molte altre
aree del mondo, inclusa l’Europa occidentale e l’Italia. Nonostante le stime sulle
disponibilità di riserve mondiali siano ancora incomplete, l’IEA informa che, soltanto in
Europa, le risorse disponibili potrebbero soddisfare l’attuale fabbisogno di importazione
per oltre 40 anni.
Quello che è certo è che le riserve mondiali di gas, continueranno a crescere in misura
molto significativa, in uno scenario mondiale che vede il gas naturale rafforzare il suo
ruolo di fonte di transizione verso le fonti rinnovabili e lo sviluppo di quella nucleare.
Le riserve di carbone
Per quanto riguarda infine il carbone, la dimensione delle riserve, in termini di risorse
planetarie è, come noto, assai consistente e quindi, almeno nel medio termine, non si
pone il problema della sua disponibilità fisica.
Se ne può concludere che i problemi delle fonti fossili, almeno nel medio termine, non
sono dovuti alla loro disponibilità fisica, ma ad altri fattori, in primo luogo connessi
all’impatto sul clima del loro utilizzo ed all’impatto sull’economia mondiale del livello e
della volatilità dei loro prezzi.
16
I prezzi delle fonti fossili
I prezzi del petrolio
Negli ultimi anni il mercato petrolifero internazionale è stato caratterizzato da una
estrema liquidità e da forte volatilità dei prezzi, anche per effetto di un pronunciato
fenomeno di “finanziarizzazione” che ha riguardato più in generale tutte le commodity.
Dopo aver raggiunto la massima quotazione storica il 3 luglio 2008 (144,22 dollari al
barile), il prezzo del Brent è crollato a 35 dollari in pochi mesi, per poi tornare su valori
intorno agli 80 dollari.
Grafico 1 – Grafico storico del prezzo al barile aggiornato al 30 Settembre 2011, a partire dallo stesso mese del 2002.
L’elevata volatilità dei prezzi petroliferi ha determinato, in particolare, pesanti
ripercussioni negative sulle scelte di investimento del settore petrolifero e ha dato avvio
17
ad un intenso dibattito, sia nei paesi consumatori sia nei paesi produttori, sulle possibili
iniziative per dare soluzione a tale fenomeno, viste le rilevanti conseguenze economiche,
politiche e sociali di movimenti di prezzo così accentuati
5
. Diverse iniziative e proposte
sono state recentemente avanzate allo scopo di rimuovere gli ostacoli alla realizzazione
di mercati energetici efficienti, trasparenti e tali da evitare in futuro oscillazioni di prezzo
analoghe a quelle recentemente osservate.
Tuttavia, molte delle proposte finora avanzate, di riforma dei mercati fisici o di
regolazione dei mercati finanziari con sottostante il petrolio, presentano alcuni limiti che
potrebbero limitarne la praticabilità o l’efficacia
6
.
Al contempo, nei mercati del petrolio persiste il rischio che la speculazione rialzi la testa.
Infatti, non si vedono ancora all’orizzonte meccanismi capaci di contenere il proliferare
non regolato dei “barili di carta”
7
.
Proprio per questo motivo l’Autorità ha lanciato l’idea che si tentasse di promuovere,
almeno a livello europeo, una piattaforma regolamentata: per lo scambio di barili veri tra
operatori selezionati; per prodotti e contratti standardizzati di lungo o lunghissimo
termine, con consegna fisica in Europa; per transazioni garantite da affidabile
5
L’interpretazione del legame tra la dinamica del prezzo del petrolio e la congiuntura macroeconomica
non è unanime: da una parte c’è chi sostiene che una dinamica più contenuta del prezzo del petrolio
avrebbe consentito all’economia americana di evitare la recessione più profonda e prolungata del
dopoguerra, dall’altra chi sottolinea il ruolo giocato nella crisi da altri fattori come l’elevata propensione al
consumo dei cittadini americani, l’eccessivo ricorso alla leva finanziaria, l’insostenibilità del disavanzo
pubblico e di parte corrente, il funzionamento non efficiente del mercato dei derivati associato al
surriscaldamento del mercato immobiliare.
6
In particolare, le iniziative di riforma dei mercati finanziari, orientate a garantire un più corretto
andamento delle operazioni finanziarie, non intervengono direttamente sugli squilibri specifici dei mercati
petroliferi; le altre proposte di riforma dei mercati fisici, invece, presuppongono un accordo stabile tra
paesi produttori e paesi consumatori, fondato su di una condivisione duratura e non contingente sul prezzo
(o intervallo di prezzo) di medio-lungo termine del greggio e, di conseguenza, si basano sul presupposto
(per niente scontato) che le controparti partecipino, con impegno analogo, alla definizione di una nuova
architettura del mercato del petrolio. In mancanza di tale accordo, l’implementazione di queste iniziative
appare quantomeno problematica.
7
Uno degli aspetti principali del problema della volatilità riguarda il ruolo giocato dai fondamentali
piuttosto che dalla speculazione finanziaria. La duplice natura di commodity reale e asset finanziario del
petrolio è riflessa nelle complesse interrelazioni esistenti tra mercati fisici e mercati finanziari. Le
caratteristiche associate ai contratti futures hanno fatto in modo che allo scopo tipicamente di copertura
del contratto, si sia aggiunta nel tempo una funzione di tipo speculativo. Gli operatori in cerca di profitti
elevati (e disposti a tollerare perdite considerevoli) sono stati attratti dalla leva finanziaria consentita dai
derivati. Inoltre, la possibilità di chiudere le posizioni senza consegna fisica della merce, ha agevolato la
partecipazione alle negoziazioni di operatori, tipicamente finanziari, che perseguono strategie
completamente differenti da chi agisce su questi mercati con finalità di copertura del rischio commerciale.
18
controparte centrale europea. Un simile mercato dovrebbe contribuire a contenere la
volatilità delle quotazioni e a favorire gli investimenti di lungo termine.
In sostanza, si tratta di realizzare un nuovo mercato regolamentato gestito da
un’apposita Istituzione, delegata da parte della stessa Unione Europea a svolgere le
funzioni di controparte centrale e a fornire tutte le necessarie garanzie, al fine di
consentire l’incontro tra domanda e offerta per prodotti di lungo termine.
Lo sviluppo di tale nuovo mercato consentirebbe da un lato la raccolta delle risorse
necessarie per sostenere l’attività di investimento in nuova produzione di petrolio e
dall’altro invierebbe ai mercati segnali di prezzo di lungo termine, contribuendo quindi ad
una maggiore stabilità delle quotazioni del greggio.
I prezzi del gas naturale
Per quanto riguarda il gas naturale, si è già accennato al forte incremento di produzione
negli Stati Uniti; le conseguenze sono state una drastica riduzione delle importazioni di
Gas Naturale Liquefatto (GNL) e la creazione di un significativo eccesso di offerta sugli
altri mercati mondiali, causato anche dalla contestuale riduzione della domanda
connessa alla crisi economica.
I prezzi dei mercati spot sono quindi crollati a valori molto inferiori sia a quelli del
petrolio (meno della metà a parità di contenuto energetico) sia a quelli dei contratti di
lungo termine che hanno invece continuato a seguire, con il consueto sfasamento di
alcuni mesi , quelli del petrolio .
Nell’interpretazione data dai produttori e venditori europei di gas naturale la situazione
del mercato è transitoria in quanto prevalentemente indotta dalla congiuntura
economica; in realtà il fenomeno può essere interpretato come una prima significativa
evidenza di ciò che l’Autorità ha iniziato ha sostenere ormai da diversi anni, ovvero un
progressivo disaccoppiamento dei prezzi del gas da quelli del petrolio determinato da
una relativa abbondanza di gas naturale a basso costo
8
.
8
In effetti se la produzione di gas non convenzionale ha resistito anche a livello di prezzi molto bassi (la
produzione USA nel luglio 2009, con prezzi a
dell’anno) questo indica che i costi marginali di produzione sono molto bassi e che gli investimenti
19
Di tale situazione hanno preso gradualmente coscienza non solo le Agenzie internazionali
(il World Energy Outlook 2009 già ipotizzava che la caduta dei prezzi spot potesse far
aumentare la pressione sugli esportatori “convincendoli a rivedere o a prendere le
distanze dal legame formale che esiste tra petrolio e gas nei contratti di lungo termine”)
ma anche i grandi importatori europei e i tradizionali Paesi esportatori; da qui le prime
ricontrattazioni che stanno portando a legare una quota del prezzo del gas ai prezzi spot
del gas e non al petrolio.
Tuttavia di fronte a questo nuovo scenario queste prime ricontrattazioni non possono
essere sufficienti: i contratti di lungo termine con clausole take or pay, per continuare ad
essere strumenti utili sia ai Paesi acquirenti che ai Paesi venditori, dovranno essere
sempre più legati ai prezzi spot o ai costi di produzione e di trasporto.
C’è il tempo, peraltro, per adeguarsi alle nuove condizioni, posto che gli investimenti
produttivi, soprattutto fuori dal Nord America, richiederanno anni e non è immaginabile
che nel breve termine esistano le condizioni economiche perché si attivi un significativo
flusso di esportazioni dal Nord America verso l’Europa.
Il fabbisogno di investimenti
L’equilibrio futuro del mercato dipenderà in modo determinante dalla capacità dei paesi
produttori e delle principali major petrolifere internazionali di far fronte alla crescita
attesa dei consumi, attraverso un significativo incremento del flusso di investimenti.
prossimi 25 anni, il sistema petrolifero internazionale necessiterà di risorse per circa $
3.000 mld. Oltre il 75% del fabbisogno complessivo sarà indirizzato allo sviluppo
dell’upstream, che diventerà lo snodo fondamentale dell’intera filiera di produzione.
Doveroso un breve accenno alla composizione di quest’ultima: il petrolio viene estratto in
molte aree del mondo, spesso in condizioni climatiche e geografiche complesse o
proibitive, da società specializzate. Talvolta queste società sono di proprietà dei Governi
che possiedono i giacimenti, talaltra sono società quotate e indipendenti dai Governi, che
operano in varie aree del mondo corrispondendo una royalty al Paese ospitante. Una
dovrebbero trovare adeguata remunerazione anche a prezzi inferiori ai 0,15- tuisce, sui
mercati concorrenziali, un formidabile freno all’evoluzione dei prezzi del gas ed un ostacolo importante per
le formule contrattuali di ancoraggio al petrolio.
20
volta estratto, il petrolio viene raffinato per ottenere i prodotti finiti che siamo abituati ad
usare: benzina, gasolio, Gpl e anche bitume e olio combustibile. Le raffinerie sono spesso
legate a una struttura commerciale (cioè ad un marchio petrolifero), ma ve ne sono anche
di indipendenti che percepiscono un corrispettivo per il servizio di raffinazione svolto per
terzi (un po’ come i mulini facevano una volta con il grano). Il prodotto finito viene poi
portato (via nave, via treno o via tubo principalmente) a depositi vicini alle aree di
consumo. Da questi il prodotto giunge via autobotte alle stazioni di servizio sulle nostre
strade (il cosiddetto canale “rete”), o a rivenditori specializzati (il cosiddetto canale “extra
rete”). Depositi e trasportatori sono spesso fornitori di logistica indipendenti dalle società
petrolifere. Il mercato finale è in parte gestito dalle società petrolifere, e in parte da
operatori indipendenti che acquistano sul mercato i prodotti finiti.
La possibilità di incrementare in modo significativo il quantitativo di riserve disponibili,
reperendo risorse finanziare sul mercato dei capitali, rappresenterà il principale fattore di
successo del settore nel suo complesso. In questo contesto avranno un peso rilevante le
incertezze circa l’andamento atteso della congiuntura economica internazionale, le scelte
di politica energetica dei Governi, il grado di sviluppo e diffusione di nuove tecnologie
capaci di rendere vantaggiosa la messa a mercato di riserve oggi scarsamente accessibili,
nonché il livello presunto delle quotazioni del greggio. Anche il comparto della
raffinazione richiederà un ammontare significativo di investimenti per
adeguare/potenziare la capacità complessiva alla crescita della domanda di prodotti
petroliferi e ai mutamenti nella composizione dei consumi. Il settore, che ha sofferto per
oltre vent’anni una fase di stagnazione, beneficia oggi del netto miglioramento
sperimentato dai margini. Questa tendenza, che si traduce in un aumento della redditività
del business, contribuisce ad incrementare in modo sostanziale l’appeal del segmento,
anche per effetto di previsioni che si mantengono stabilmente positive. In questo
scenario, tuttavia, permangono alcuni elementi di criticità che riguardano in primo luogo
le politiche di investimento. Le carenze relative alla capacità di raffinazione, che
emergono non tanto rispetto alla distillazione primaria quanto in relazione alla
distillazione secondaria di alcuni prodotti specifici, impongono interventi significativi da
realizzare attraverso una programmazione particolarmente mirata, in ragione delle
21
caratteristiche stesse degli investimenti. La costruzione degli impianti di raffinazione
necessita, infatti, di un orizzonte temporale di medio periodo; tale circostanza rende il
timing degli interventi un nodo centrale per il successo economico-finanziario dei
progetti, tanto maggiore quanto più verranno sfruttate le opportunità legate alle fasi di
mercato caratterizzate da un minor grado di spare capacity e, quindi, da una profittabilità
più elevata.
L’evoluzione del mercato petrolifero internazionale
“Uno degli insegnamenti della storia del petrolio è attendersi l’imprevedibile, la sorpresa
che diventa perfettamente ovvia a posteriori”
9
. L’evoluzione sperimentata dal mercato
petrolifero internazionale nel corso degli ultimi anni fornisce una perfetta
esemplificazione di questa affermazione. Nel volgere di un decennio si è passati da un
quadro complessivo caratterizzato da tassi di crescita estremamente contenuti e
quotazioni del greggio prossime ai minimi storici, ad una fase di fortissima tensione, con
un progressivo incremento dei prezzi, ben oltre le previsioni formulate dalla maggior
parte degli operatori del settore. Questa situazione è riconducibile principalmente
all’improvvisa accelerazione dei consumi e a un profilo di offerta che stenta ad adeguarsi
ai fabbisogni espressi dalla domanda. A ciò, si aggiungono le difficoltà incontrate dal
settore della raffinazione, che sconta alcune carenze della dotazione impiantistica
rispetto all’evoluzione nella composizione dei consumi di prodotti finiti, sempre più
orientati ai distillati medi e leggeri. L’insieme di questi fattori, diversamente dalle crisi
alternatesi a partire dagli anni ottanta, sembrano configurare un nuovo mutamento
strutturale nell’assetto del settore. Tanto più rilevante quanto più si considerano gli
effetti ancora estremamente significativi che le dinamiche del mercato petrolifero hanno
sulle principali grandezze macroeconomiche, nonché sulle potenzialità di sviluppo di
intere aree geografiche.
9
Daniel Yergin, presidente del Cambridge Energy Research Associate