UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE AMBIENTALI
Strategie e metodologie per lo studio e la mitigazione del rischio desertificazione
Leonardi Alessia
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RELATORE: Prof. V. PICCIONE CORRELATORI: A. DURO, R. CASTRO
Anno Accademico 2012-2013
1.0 PREMESSA
La desertificazione costituisce una minaccia per le regioni aride, semi aride e sub-umide
secche presenti in tutti i continenti, ed è una minaccia per circa un miliardo di abitanti degli
oltre cento paesi a rischio.
Anche se la desertificazione è un processo naturale, le attività antropiche sono in grado di
influenzare fortemente le dinamiche di quest’ultimo, condizionandolo negativamente e
causando di conseguenza vere e proprie accelerazioni nei processi di degrado del territorio.
Nonostante non esistano soluzioni universali, o spesso non possano esistere soluzioni
(vedasi, ad esempio, i casi di totale e irreversibile compromissione delle matrici in un dato
luogo) le scienze e le tecniche, improntate sulla commistione di elementi artificiali ed
elementi naturali ingegnerizzati, pare stiano permettendo un lento ma graduale recupero di
aree degradate e a rischio desertificazione. Ad oggi però è mancata la possibilità di
strutturare modelli previsionali di facile accesso, finalizzati a comprendere gli effetti degli
interventi di recupero prima di agire sul territorio, nonché sistemi di monitoraggio nel breve-
medio termine volti a fornire un utile supporto nella valutazione delle strategie applicate.
Grazie all’evoluzione degli strumenti tecnologici, oggi è possibile caratterizzare e, quindi,
effettuare indagini ambientali e territoriali estremamente precise ed accurate. L’utilizzo di
sistemi complessi ed integrati, capaci di fondere le potenzialità del telerilevamento con
quelle del GIS e delle reti neurali artificiali, è sempre più di uso comune e si configura
sempre più come quell’insieme di strumenti in grado di dare risposte predittive nonché di
indirizzo riferite sia al recupero del territorio sia alla valutazione dell’efficacia degli
interventi.
L’obiettivo di questa tesi è verificare se esiste la possibilità di recuperare le zone
desertiche, identificate mediante strumenti di analisi del degrado territoriale - ad esempio, la
Metodologia MEDALUS per l’individuazione di aree degradate e l’applicazione delle reti
neurali artificiali per comprenderne le dinamiche evolutive nonché per realizzare simulazioni
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capaci di dare indirizzi specifici di intervento - mediante l’applicazione di tecniche di
Ingegneria Naturalistica, in linea con le esperienze di recupero internazionale di aree
desertificate o desertizzate.
Si vuole quindi fornire una indicazione di approccio metodologico integrato e complesso
capace di:
- dare risposte qualitative sullo stato dell’ambiente e sulla sensibilità ai processi di
desertificazione;
- dare indicazioni sull’evoluzione delle caratteristiche territoriali sia in aree non
interessate da interventi sia in aree dove sono state attuate delle strategie di recupero (per
verificarne quindi gli effetti);
- fornire indicazioni utili per poter applicare l’approccio metodologico anche in altri
settori afferenti la pianificazione territoriale ed il recupero di aree degradate o a rischio
desertificazione.
In sintesi, l’imitazione del funzionamento – anche in termini di equilibrio dei processi –
del sistema naturale nella progettazione di interventi volti al recupero di aree degradate o
nella progettazione di strumenti di gestione del territorio si configura sempre più come
l’unica risposta possibile alle esigenze di sostenibilità ambientale, tutela della biodiversità e
possibilità di sopravvivenza di intere nazioni; in tale ottica, se da una parte è fondamentale
conoscere bene le caratteristiche di un territorio nonché essere a conoscenza di tutti i
possibili protocolli di intervento per il recupero dello stesso (inclusa l’applicazione delle
tecniche di Ingegneria Naturalistica), dall’altra è fondamentale riuscire a verificare
l’efficacia delle azioni intraprese nel breve-medio periodo. Da questo punto di vista,
l’applicazione delle reti neurali artificiali al monitoraggio nonché alla pianificazione
territoriale si stanno configurando sempre più come strumenti validi e in grado di dare
risposte coerenti e non diversamente riscontrabili mediante l’utilizzo di altri strumenti.
In base alle indagini di letteratura è stato possibile strutturare – in linea teorica - alcune
proposte metodologiche di applicazione delle reti neurali artificiali alle immagini satellitari
MODIS contemplando, come variabili, alcuni strati tematici alla base degli indici di
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desertificazione contemplati nella metodologia MEDALUS.
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2.0 INTRODUZIONE
2.1 Desertificazione un problema globale
Tra i fenomeni di degrado ambientale quello maggiormente preoccupante, che coinvolge
molte zone del globo terrestre, è sicuramente la desertificazione. Il concetto di
desertificazione è comunemente associato nell’immaginario collettivo all’immagine di un
deserto sabbioso. I deserti, così come li conosciamo noi oggi, si sono formati da processi
naturali in intervalli di tempo molto lunghi; questi ecosistemi naturali, nel corso di anni o
secoli, si espandono o retrocedono per cause naturali, anche se negli ultimi anni la
componente antropica ha avuto un rilievo determinante.
Quando si parla di desertificazione, quindi, non ci si riferisce alla espansione naturale dei
deserti ("desertizzazione"), ma a quei processi sociali ed economici attraverso i quali le
risorse naturali e il potenziale produttivo dei terreni vengono degradati in modo irreversibile,
per le pratiche (agricole e non solo) insostenibili, per la pressione demografica, per la cattiva
gestione del territorio da parte dell’uomo, per l'impiego di sistemi di coltivazione non
adeguati alle condizioni climatiche e alle caratteristiche del suolo, per lo sfruttamento delle
risorse idriche, per l'abbattimento della vegetazione e l'eccessiva pressione del pascolo. È
importante sottolineare che a causa di questi fattori il suolo si impoverisce progressivamente
delle sue proprietà chimico-fisiche che lo rendono fertile e lavorabile, fino al punto da non
riuscire a sostenere l'insediamento di comunità animali e vegetali; l'equilibrio dell'ecosistema
non è in grado di sostenere la realizzazione di pratiche agronomiche per la sopravvivenza
delle persone che ne dipendono.
Quando si parla del fenomeno di desertificazione bisogna innanzitutto sottolineare come
questo termine non abbia una definizione univoca; nel tempo ne sono state date varie
interpretazioni. Quella ufficiale, elaborata durante la Convenzione per la lotta contro la
Desertificazione, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, ha definito la desertificazione come “il
degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie
cause, fra le quali le variazioni climatiche ed attività antropiche”. Il concetto fondamentale
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che sta alla base della desertificazione, è rappresentato dal degrado delle terre. Al riguardo è
opportuno riferirsi alla definizione di “degrado delle terre”, sempre secondo l’UNCCD,
dove l’espressione indica la “diminuzione o scomparsa della produttività biologica o
economica della complessità delle terre coltivate non irrigate, delle terre coltivate irrigate,
dei percorsi, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive in seguito all’utilizzazione
delle terre o di uno o più fenomeni, segnatamente di fenomeni dovuti all’attività dell’uomo e
ai suoi modi di insediamento, tra i quali:
- l’erosione del suolo provocata dal vento e dall’acqua;
- il deterioramento delle proprietà chimico, fisiche, biologiche o
economiche dei suoli;
- la scomparsa a lungo termine della vegetazione naturale.”
Fig. 1 - Le aree degradate nel mondo.
I territori potenzialmente più esposti alla desertificazione sono quelli costituiti dalle terre
aride e semiaride, e non solo limitati alle zone confinanti alle cinque aree desertiche naturali
(i deserti veri e propri rappresentano il 7% delle terre emerse); la desertificazione interessa
circa il 40% delle terre emerse a livello planetario e coinvolge indirettamente un miliardo di
persone, in oltre 110 Paesi coinvolti. I processi di desertificazione si stanno sviluppando su
scala globale e a un ritmo accelerato, rendendo ogni anno inutilizzabili nel mondo circa
60mila chilometri quadrati di terreni, mentre su 5,2 miliardi di ettari di terre secche utili per
l’agricoltura circa 3,6 miliardi soffrono di erosione e di degrado avanzato.
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La situazione è certamente drammatica in Africa, dove il 66% dei terreni è arido o semi-
arido e ogni anno 12mila chilometri quadrati di terraferma vanno persi a causa della
desertificazione, che minaccia in particolar modo l’Etiopia, la regione dei Grandi Laghi
(principalmente Ruanda e Burundi), i sistemi aridi e semiaridi del Sahel come quelli del
Niger meridionale e del Ciad, infine la maggior parte delle zone aride dell’Africa
meridionale. Se in breve non si corre ai ripari, si stima che entro il 2020 circa 60 milioni di
persone saranno costrette a migrare verso l’Africa del Nord e l’Europa.
Un’altra zona nevralgica è il bacino del fiume Congo che, con oltre 200 milioni di ettari,
è considerato il secondo “polmone verde” del mondo dopo l’Amazzonia. La vasta area, pari
a poco meno del 20 delle foreste dell’intero pianeta, perde ogni anno un milione di ettari, a
causa soprattutto dei diversi fenomeni, tra cui gli incendi, appiccati con scopi diversi e non
sempre gestiti, ed è stato inoltre rilevato che la fertilità del suolo ha già iniziato a diminuire a
causa della desertificazione.
Tuttavia, anche le regioni a clima temperato come l’Europa, in particolare i Paesi del
Bacino del Mediterraneo, sono interessate dai fenomeni di desertificazione. Le aree
maggiormente a rischio comprendono la penisola Iberica, l’Italia meridionale e la Grecia, ma
dal fenomeno sono coinvolti anche Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Lettonia, Romania,
Malta, Cipro e Slovenia.
Secondo la Carta dei Suoli d’Europa, il 6% della superficie dell’Europa è costituito da
terre aride; il 2% invece è la percentuale delle terre già desertificate nel continente europeo;
tra il 1900 e il 1970, le aree degradate in Europa sono cresciute del 40%.
Ogni anno in Italia 30mila ettari di suoli ad alta fertilità sono sottoposti, a cambio d’uso
da agricolo a urbanistico; 3,7 milioni di ettari di suolo nell’Italia meridionale risultano
degradati; 50mila ettari di bosco nel nostro paese sono, in media, percorsi da incendi. Un
altro aspetto della desertificazione nell’area mediterranea è rappresentato dall’inevitabile
pressione sugli ecosistemi naturali derivante dall’esplosione demografica che c’è stata negli
ultimi decenni e che ci si aspetta nel prossimo futuro: nei paesi che si affacciano sul
Mediterraneo si è passati dai 90 milioni di abitanti (all’inizio del secolo passato) agli attuali
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300 milioni (secondo le stime più ottimistiche, si prevede di raggiungere quota 850 milioni
entro il 2050). In Italia, in particolare, la desertificazione è evidente in maniera
significativa nelle regioni meridionali ed insulari (Basilicata, Puglia, Calabria, Sardegna
e Sicilia) dove, oltre allo stress di natura climatica, la pressione spesso non sostenibile
delle attività umane sull’ambiente sta determinando una riduzione della produttività
biologica ed agricola ed una progressiva perdita di biodiversità degli ecosistemi naturali.
Anche le regioni del centro nord, in particolare Toscana, Emilia Romagna, e la Pianura
Padana in generale, manifestano un peggioramento della situazione idrometeorologica e
sono sempre più vulnerabili all’irregolarità delle precipitazioni, alla siccità ed
all’inaridimento. Circa il 70% della superfice della Sicilia presenta un grado medio- alto
di fragilità ambientale; seguono Molise (58%), Puglia (57%) e Basilicata (55%); nonché
sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania) con una
percentuale di territorio compresa fra il 30 e il 50.
Fig.2 - Mappa delle aree sensibili alla desertificazione (Perini. et al. 2008).