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CAPITOLO I: IL RILANCIO AZIENDALE
1.1 Il rilancio aziendale: un miracolo?
Vi sono piø modi per descrivere e analizzare l evolvere di una impresa, soprattutto
se si tratta di una impresa grande e complessa come la Fiat. In questo caso si
propone all attenzione del lettore una impostazione che privilegia lo sforzo di
interpretare le modalit con le quali il settore au tomobili di Fiat, denominato Fiat
Auto dal 1979, e recentemente ridefinito come Fiat Group Automobiles (Fga)1 sia
riuscito a superare una fase di estrema criticit .
Il primo punto che va chiarito Ł rappresentato dalla tesi che il risanamento
dell impresa non va considerato una specie di mira colo . Il ritorno alla
profittabilit del Gruppo Fiat e in particolare di Fiat Auto, la divisione che nel
recente passato versava in una situazione estremamente critica, non deve essere
vista come qualcosa di miracoloso in quanto questo termine finisce inevitabilmente
per associarsi a qualcosa di esoterico e misterioso e di conseguenza si tende a
credere che il superamento della crisi sia il frutto dell applicazione di qualche
formula segreta, quasi che nell impresa vi sia un deus ex machina in grado di
applicare la propria ricetta e di trasformare piø o meno d incanto una societ che
perdeva due milioni di euro al giorno in una societ che capitalizza in Borsa un
valore superiore di due colossi come la General Motors e la Ford messe assieme.
Per molti aspetti il turnaround Ł stato soprattutto quello che la cultura
anglosassone, e Marchionne stesso, chiamerebbero back to basic: vale a dire un
ritorno del complesso dell azienda alla applicazione di fondamentali principi
manageriali che per tanto tempo erano stati disattesi. Il rilancio della Fiat, e in
particolare di Fga, Ł una grande impresa collettiva, non un miracolo.
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A partire dal 1 febbraio 2007, Fiat Auto Spa ha c ambiato denominazione in Fiat Group
Automobiles (Fga). Successivamente sono state costituite cinque societ , interamente controllate
dalla nuova holding Fiat Group Automobiles Spa, denominate Fiat, Alfa Romeo, Lancia
Automobiles Spa, Abarth & C. e Fiat Light Commercial Vehicles Spa che opera con il marchio Fiat
Professional. L. Buzzavo, Fiat Autocambia nome e i brand diventano quattro Spa, Il sole 24 ore.
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Fiat ha conosciuto numerose fasi di crisi per eccessivo centralismo burocratico, ma in passato era
riuscita a uscirne grazie all irrompere di un centralismo napoleonico , come ad esempio quello di
Valletta, dopo la II guerra mondiale, o quello che ha caratterizzato la conduzione di Vittorio
Ghidella negli anni dal 1983 al 1988.
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Non si trattava tanto di individuare la strada, quanto di creare le condizioni perchØ
la strada indicata fosse percorsa a passo di carica da migliaia di dipendenti,
fornitori, concessionari, suscitando entusiasmo in una azienda in fase agonica e
mettendo mano a un vero e proprio rovesciamento culturale delle precedenti
abitudini manageriali dell azienda, tanto indifendibili sul piano della coerenza e
della logica manageriale quanto ormai radicate e apparentemente inamovibili dal
costume organizzativo e gestionale della societ to rinese.
La vera difficolt che Sergio Marchionne ha affront ato e superato non consisteva
nel tracciare un lucido percorso di rilancio, peraltro necessario, ma piuttosto nel
rompere l accentramento burocratico2, che ha sempre trovato vita facile nel top
management di Fiat, ma che aveva raggiunto livelli progressivamente asfissianti a
partire dalla seconda met degli anni 90.
Oggi sembra che l aspetto piø caratterizzante dell azione di Marchionne stia
proprio nella trasformazione culturale dell azienda: nel suo svecchiamento
burocratico; nella chiara individuazione dei compiti di ciascun dirigente di alto
livello e nella responsabilizzazione di ognuno su obiettivi precisati nell ampiezza e
nei tempi; nella capacit di guardare con umilt ai risultati conseguiti da altre
imprese, e da quelle giapponesi in particolare, senza per questo sminuire l alto
livello di competenza presente all interno della struttura in tante aree: tecniche,
commerciali e gestionali; nell apertura dell aziend a verso l esterno per superare la
cappa di autoreferenzialit che aveva invaso gli al ti livelli della struttura
manageriale; nella capacit di trasformare le carat teristiche della piemontesit
dell azienda non in una barriera verso la circolazione di idee nuove, ma al contrario
nella pacata consapevolezza di doversi misurare con la concorrenza allargata del
mondo globalizzato.
Il back to basic realizzato da Marchionne Ł stato difficilissimo proprio perchØ ha
dovuto, da un lato, superare lo scetticismo attorno a sØ, non solo e non tanto quello
esterno, ma soprattutto quello interno all azienda e, dall altro perchØ questo
superamento ha richiesto la capacit da parte di Ma rchionne di rovesciare gli
schemi culturali e manageriali cos a lungo stratificatisi nel tempo in tutti gli uffici
di vertice del Lingotto e di Mirafiori. L Ad ha saputo realizzare questo
ribaltamento grazie soprattutto alle sua capacit n el valutare gli uomini e
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selezionare all interno dell azienda quelli che era no pronti a contribuire a questo
disegno, anche in settori diversi da quello dell auto, e a cercare altrove, anche in
aziende concorrenti della Fiat, soggetti interessati a entrare in questo disegno tanto
difficile quanto coinvolgente.
1.2 L occorrente per un complessivo riequilibrio aziendale
Il risanamento Ł completato? Il recupero di produttivit Ł duraturo?
La risposta va articolata. Gli obiettivi posti da Marchionne per il 2007 sono stati
certamente raggiunti. Quindi se diamo al termine di turnaround il significato di
ritorno alla redditivit Ł stato raggiunto in modo chiaro e in tempi veramente celeri.
Ora ci sono da acquisire gli obiettivi previsti per il 2010 che sono indubbiamente
ambiziosi e forse piø difficili da raggiungere perchØ inevitabilmente la
riorganizzazione attuata finora si basa su una sorta di management by stress e
perchØ il cambiamento culturale si Ł manifestato ai piani alti della struttura
organizzativa, ma non altrettanto tra i quadri, per i quali si richieder anche un
ricambio generazionale.
Tutta la struttura deve far propri i valori che Marchionne ha indicato e ci richiede
un lungo periodo: considerando un orizzonte temporale di 5-7 anni, che
corrisponde al tempo necessario per rinnovare l intera gamma di modelli dei tre
marchi, la questione si pone nei termini della ricerca di un maggior equilibrio
complessivo di Fiat Group Automobiles.
Un azienda per poter fronteggiare efficacemente la sfida competitiva,
particolarmente in un settore come quello automobilistico, nel quale il confronto
competitivo assume toni esasperati, deve raggiungere una sorta di equilibrio
dinamico su una pluralit di fronti. Se un impresa non si Ł assicurata un buon
equilibrio dinamico su tutti i principali fronti competitivi significa che essa
presenta rilevanti punti di debolezza che possono causare significative perdite di
quota di mercato e danni economico-finanziari non trascurabili.
Gli equilibri dinamici piø importanti per una casa automobilistica riguardano:
- i mercati;
- la gamma dei prodotti;
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- le tecnologie.
Rispetto ai mercati si deve considerare che vi sono mercati molto importanti come
quelli della triade3 per i grandi volumi di vendita complessivamente assorbiti, ma
ormai con modeste possibilit di espansione, visto il livello di motorizzazione
ormai raggiunto, superiore ai 700 veicoli circolanti per 1000 abitanti (vedi tabella
3.1). Se una impresa non si Ł assicurata un buon equilibrio dinamico nella
ripartizione delle vendite tra i diversi mercati, Ł evidente che resta ancora molto da
fare per assicurare la sopravvivenza dell impresa. Questo Ł certamente il fronte piø
delicato di Fga che dipende ancora troppo dal proprio mercato domestico ed Ł
assente da quello americano, assai importante non solo per la sua dimensione, ma
anche per il fatto di rappresentare una sorta di attestato di qualit , confermato da
giudici indipendenti come le associazioni dei consumatori4 e le societ di
rilevazione della customer satisfaction degli automobilisti5.
Oggi tornare6 a vendere con profitto le vetture prodotte dalla casa, a cominciare da
qualche modello Alfa e da prodotti sfiziosi come la 500, avrebbe un alto significato
economico, ma anche simbolico e di marketing. Rappresenterebbe l attestazione di
una raggiunta eccellenza: Ł evidente che su questo fronte il Gruppo Fiat debba
ancora lavorare duramente.
Il secondo importante equilibrio riguarda il mix dei prodotti. A tutti Ł noto che i tre
principali marchi di autovetture del gruppo: Fiat, Lancia e Alfa, vantano posizioni
di eccellenza nei segmenti delle autovetture piccole e medio-piccole. In passato
questo genere di specializzazione non sarebbe parsa molto grave, oggi per ci
rappresenta uno squilibrio da sanare: sia perchØ bisogna essere presenti nei
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Tradizionalmente la triade, seguendo la dizione coniata da Omahe (1985), Ł composta dai paesi
del Nord America, dell Europa occidentale e dal Giappone.
4
Si consideri ad esempio il loro bollettino Consum ers Digest sulla difettosit registrata per i
diversi modelli automobilistici in circolazione nel paese.
5
Come ad esempio la societ J. D. Powers & Associat es che effettua sistematiche misurazioni del
gradimento manifestato dagli automobilisti su marchi e singoli modelli.
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Negli anni 70 gli automobilisti americani dicevano che le Fiat fosse l acronimo di Fix It Again
Tony, a sottolineare come le vetture del marchio torinese avessero un frequente bisogno del servizio
assistenza della casa. E infatti le esportazioni negli Usa di modelli come la 131, cessarono nel 1982
(non per Ferrari e Maserati) per tutti i modelli, anche per quelli che avrebbero avuto ancora un
mercato (come la 124 coupØ e spider), sia per i problemi posti da una normativa antinquinamento,
sia perchØ la riduzione delle vendite complessive, erose da una concorrenza giapponese sempre piø
robusta e organizzata, non consentiva una adeguata remunerazione della rete dei concessionari.
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segmenti delle vetture piø grandi per sperimentare su di esse le innovazioni
tecnologiche e di servizio piø importanti e costose, sia perchØ Ł prossima l entrata
in forze in tutti i mercati, anche in quelli della triade, di concorrenti radicati in
paesi low cost e fermamente determinati a ritagliarsi una significativa fetta del
mercato dell industria automotive.
Pertanto il Gruppo Fiat si trover esposto a questa minaccia competitiva sul suo
mercato di riferimento e dovr indi iniziare a spos tarsi sempre piø verso i prodotti
qualificati come premium all interno di ciascun segmento.
Il terzo importante riequilibrio riguarda il mix delle tecnologie controllate. Qui Fiat
Group Automobiles vanta posizioni di eccellenza nelle motorizzazioni tradizionali
benzina/gasolio dei piccoli motori e nelle motorizzazioni bipower benzina/metano.
Servirebbe per una maggior presenza anche nelle mo torizzazioni medio-grandi,
magari da acquisire attraverso accordi con altri costruttori come ad esempio Bmw o
Mercedes per uno scambio di tipo complementare, anche e soprattutto per
motorizzazioni a bassa emissione di CO2 nelle quali Fiat vanta posizioni di
primato: questo terzo equilibrio appare come tecnicamente il piø semplice, proprio
perchØ pu essere realizzato attraverso accordi di tipo industriale con l apporto di
altri partner.
Resta comunque un passaggio necessario e anche urgente in quanto funzionale
anche al completamento dei due riequilibri gi menz ionati.
Fintanto che questi tre riequilibri non potranno dirsi conclusi Fiat Group
Automobiles presenter dei mercati punti di debolez za a fronte di una concorrenza
che si far sempre piø aggressiva e che potr conta re nei prossimi anni del
vantaggio di disporre di mercati domestici in forte espansione, come Ł stato per
Fiat negli appena successivi al secondo conflitto mondiale.
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CAPITOLO II: IL MERCATO AUTOMOTIVE MONDIALE
2.1 Sintesi della storia e dello sviluppo del mercato dell auto per
macroregioni
Le origini del settore possono ricondursi ad attivit artigiane di fine ottocento.
Localizzate principalmente nei Paesi dell Europa occidentale, esse avevano quale
principale fine quello di creare esemplari unici soprattutto in vista di competizioni
sportive. Il concetto dell auto quale bene di mass a lo si deve completamente al
pioniere Henry Ford1, il quale da una sorprendente (per l epoca) visione di mercato
mise in pratica una rivoluzionaria filosofia organizzativa soddisfacendo una latente
necessit di mobilit insita nella domanda statunit ense. Il fordismo e il management
scientifico di Taylor non solo hanno contraddistinto la formazione della «catena del
valore»2 delle imprese dell automotive industry, ma tuttora influenzano anche la
condotta delle imprese di tutto il settore manifatturiero mondiale tanto da avere
incarnato, per gran parte del secolo scorso, la on e best way organizzativa per
eccellenza.
La formula imprenditoriale escogitata da Ford (vedi anche p. 59) era molto chiara
ma allo stesso tempo insita di un estrema difficolt gestionale. Si trattava di porre
in essere una politica di marketing «indifferenziato» a un mercato in fase di
introduzione portando il concetto economico-produttivo di economia di scala a
una sperimentazione mai riscontrata prima. Ford piø di chiunque altro anticip le
tendenze del mercato statunitense bruciando sul tempo una miriade di piccole
iniziative imprenditoriali statunitensi che videro la luce a cavallo tra il XIX e XX
secolo.
La genialit imprenditoriale di Ford trov ben pres to sulla sua strada l eccezionale
capacit di analisi di un altro pilastro della stor ia d impresa: Alfred Sloan.
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1
Henry Ford Ł colui che ha inventato non l automobile, ma il grande business dell auto, la
produzione e il consumo di massa. Non solo un genio industriale, ma anche un pioniere culturale,
lui che ammise nel 1916, di leggere poco essendo i libri portatori spesso di confusione mentale ,
M. Margiocco, Il colpo di genio e quattro ruote per tutti, archivio www.ilsole24ore.com,
21/12/2006.
2
M. Porter, Competitive strategy, 1980.
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Fu Sloan a intercettare, proprio nella fase di maturit del ciclo d impresa della Ford
del primo quarto di secolo, il cambiamento della domanda di autovetture che da
una necessit di prima motorizzazione pian piano manifestava la necessit di
sostituzione del veicolo.
Fig 2.1
Tipologie di
domanda nel
mercato
automobilistico
W. Scott 1991.
Grazie alla General Motors Corporation, diretta da Sloan, e al gruppo di marchi da
essa gestito, si assistette all applicazione su larga scala di politiche di marketing
differenziato che furono riassunte nella killer application: «a car for every purse
and purpose». Questa logica di marketing, distante anni luce dal detto fordista
riferito al modello T: «You can have them any color you want boys, as long as they
are black», consent alla Gm di recuperare inesorabilmente quote di mercato
sull avversaria Ford, poichØ meglio rispondente a un cambiamento sostanziale dal
punto di vista qualitativo della domanda.
Alla Ford e alla Gm si aggiunse poco dopo la Chrysler Corporation (anch essa
come Gm formatasi dall unione di piø case costruttrici) che approfittando della
vastit del mercato statunitense si cre il proprio spazio nell arena competitiva
formando assieme alle prime due un oligopolio che caratterizzer il mercato
statunitense dagli anni 20 fino agli anni 80 del secolo scorso.
Il mercato automobilistico europeo invece non ebbe un percorso di crescita
altrettanto lineare come quello americano. I nasc enti gruppi europei ebbero a che
fare in modo piø incisivo con le dinamiche di conversione-riconversione dei propri
impianti produttivi per esigenze belliche3.
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3
A differenza dei produttori americani che, in alcuni casi, essendo palesemente contrari all entrata
in guerra degli Usa si preoccuparono dall inizio delle ostilit ad approntare piani di riconversione i l
piø efficaci possibile.
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Molti impianti infatti vennero completamente distrutti dai bombardamenti del
fuoco nemico, ma fu soprattutto lo stato successivo di crisi delle economie
nazionali, e quindi lo scarso reddito procapite disponibile, a determinare una lenta
ripresa dei livelli di domanda antecedenti allo scoppio del secondo conflitto
mondiale.
A condizionare lo sviluppo della domanda europea di automobili non fu solo il
fatto che a distanza di poco piø di un ventennio le economie nazionali dovettero
affrontare nuovamente la fase di ricostruzione postbellica, bens uno strutturale
isolamento dei mercati nazionali (dovuto principalmente: alla presenza di
asfissianti barriere doganali protezionistiche, a differenti politiche fiscali e a cambi
diversi) che comprometteva una fedele ricostruzione del modello fordista . I costi
industriali, vista la limitatezza dei mercati interni, erano troppo elevati per poterli
trasmettere sui prezzi di vendita; di conseguenza non fu immediato il lancio di
prodotti davvero rispondenti alle capacit di spesa delle popolazioni tanto da far
decollare un vero e proprio mercato di massa. Tale situazione era presente in tutti e
quattro i piø importanti mercati europei: Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia.
In queste condizioni, in ogni Paese, vi fu uno sviluppo diverso delle traiettorie
strategiche dei grandi gruppi dell auto a testimonianza che non esiste una ricetta
definitiva nella conduzione d impresa.
In Italia, negli anni 60, Valletta e il Gruppo Fiat si posero da subito quale unico
gruppo industriale in grado di competere almeno in alcuni segmenti di mercato nel
nascente mercato internazionale4. La Fiat inizi definitivamente il cammino di
azienda cos detta generalista proponendo tanto l e autovetture di piccola
cilindrata quanto quelle di medio-alta rappresentanza.
Le prime con indubbio successo, le seconde con un riscontro nei gusti dei
consumatori alquanto altalenante fatte salve quelle commercializzate nel mercato
nazionale.
Nell allora Germania Ovest, si confermarono le ant enne europee dei giganti
General Motors (con il marchio Opel) e Ford, mentre prese definitivamente avvio,
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4 «Durante gli anni sessanta la Fiat si configura come la piø dinamica casa automobilistica europea.
Nel 1960 la produzione di autovetture con il marchio Fiat sfiora le 501.000 unit collocandosi al
secondo posto nel ranking europeo, preceduta dalla Volkswagen con 877.000 vetture, e davanti alla
Renault (485.000) e Austin (240.000).
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grazie alla perseveranza dell ing. Ferdinand Porsche, lo sviluppo della Volkswagen
che soprattutto grazie al lancio del modello Maggiolino, riusc a imporsi quale
unico produttore generalista di origine nazionale. Un caso a parte sono da
considerarsi le esperienze di produttori specialis ti quali Bmw e Daimler-Benz,
che consolidarono non solo in campo nazionale la loro vocazione a soddisfare una
fascia di mercato assolutamente elitaria.
In Francia la situazione mostra sin dall inizio quanto siano elevate anche qui le
barriere all entrata per i produttori generalisti, in quanto alla formazione di un
produttore controllato principalmente dallo Stato quale la Renault si affianca il
Gruppo Psa formato dai marchi Peugeot e Citroºn (qu est ultimo oggetto durante gli
anni 60 di un tentativo di acquisizione da parte della stessa Fiat) di propriet
dell omonima famiglia Peugeot. Nel corso dei decenni la coppia francese ha
avuto indubbiamente l abilit , sostenuta ovviamente dai governi nazionali, di far
sentire il suo peso anche sul mercato internazionale. Nello specifico, mentre il
Gruppo Psa si Ł concentrato nei decenni prevalentemente su di una penetrazione
del mercato prettamente continentale, la Renault ha espanso la sua presenza su
tutto il globo attraverso l acquisizione e il successivo brillante rilancio del colosso
nipponica Nissan5. Tra i quattro piø grandi mercati europei quello che soffrir di
piø la competizione internazionale sar la Gran Bre tagna che vedr a poco a poco
vedersi sottrarre i proprio marchi nazionali dagli altri gruppi europei e americani.
Le cause di un declino cos netto dei produttori nazionali che ha sentenziato la
scomparsa di aziende quali: la Morris (grazie alla quale dobbiamo la nascita dello
storico modello Mini), l Austin, la Rootes, la Vauxall (marchio acquisito nel 25
dal Gruppo Gm), la Standard-Triumph, la Rolls Royce (acquisita dalla Bmw), la
Bentley (acquisita dal Gruppo Volkswagen), e quella piø drammatica in termini
occupazionali della Rover (acquistata e poi subito rivenduta dalla Bmw), ha origini
essenzialmente in due fattori: una scarsa concentrazione nell offerta viste le
dimensioni del mercato nazionale e una conseguente mancanza nelle aziende della
dimensione ottima minima6 in grado di permettere una politica di investimenti di
pari grado ai competitors internazionali.
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5
D. Magee, Turnaround, How Carlos Ghosn rescued Nissan, Harper Collins Publisher, 2003.
6
Sul significato di dimensione ottima minima torneremo in seguito.