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gli accordi di collaborazione fra imprese indipendenti, dando luogo a
fenomeni di integrazione orizzontale e verticale.
Il presente lavoro è suddiviso in quattro capitoli ciascuno dei quali
concentra l’attenzione su aspetti strettamente correlati tra loro. Nel primo
capitolo l’attenzione è posta sulle principali vie di sviluppo delle imprese
commerciali concentrando l’analisi soprattutto sullo sviluppo associato; nel
secondo capitolo, dopo un’iniziale osservazione del panorama distributivo
mondiale, europeo ed italiano l’analisi si sposta sulle “tappe” del processo
di internazionalizzazione, sulle difficoltà incontrate dagli operatori
commerciali e quindi sulle strategie adottate per affrontare le
problematiche emergenti. Infine, l’attenzione si sposta sul fenomeno
dell’internazionalizzazione passiva del trade italiano. Le modalità di
entrata nei mercati esteri sono trattate nel terzo capitolo mentre nel quarto
è stato lasciato ampio spazio alla trattazione delle trading companies quali
vera e propria espressione della globalizzazione, non solo del trade, ma di
tutta l’economia mondiale.
9
CAP. 1 - SVILUPPO DELL’IMPRESA COMMERCIALE
1.1 Premessa
In un’impresa commerciale la scelta relativa al prodotto concerne l’area
dei servizi elementari e quella dei servizi accessori. Le decisioni
riguardanti il prodotto da offrire comportano delle decisioni strategiche, in
quanto attinenti “alla determinazione delle alternative di sviluppo
dell’impresa ed alle conseguenti decisioni di fondo, generalmente valide
per lunghi periodi e difficilmente reversibili, che ne conseguono” [Vicari
1980]. Tali scelte strategiche, dipendono sostanzialmente dalla definizione
dei modi di espansione collegati ai punti vendita, alle forme distributive ed
ai mercati in cui operare.
Sono proprio questi gli aspetti che verranno analizzati in questo primo
capitolo schematizzando in: sviluppo orizzontale, sviluppo integrato e
sviluppo associato; quest’ultimo risulta essere più rilevante in tema di
internazionalizzazione del trade.
1.2 Evoluzione e ruolo della distribuzione
Il settore della distribuzione commerciale (al dettaglio e all’ingrosso)
svolge una funzione di interfaccia tra produzione e consumo le cui
caratteristiche e il cui valore economico dipendono dal maggiore o minore
grado di integrazione che i due insiemi di soggetti posti in contatto,
(produttori e consumatori) esercitano sulla funzione distributiva. Quindi, a
diversi livelli di sviluppo ed in relazione ai diversi tipi di prodotto,
10
corrisponde una diversa ripartizione di tutto quell’insieme di attività che si
svolgono tra la produzione in senso stretto ed il consumo.
Ai fini di una breve ricostruzione storica del settore distributivo, sarà utile
pensare al processo economico come costituito da tre principali insiemi di
attività: un insieme di cui fanno parte le attività di produzione in senso
stretto; un insieme di attività in cui beni e servizi acquistati sono utilizzati
dalle unità di consumo per soddisfare i propri bisogni; un insieme di attività
intermedie tra le prime due, finalizzate al collegamento di produzione e
consumo nello spazio, nel tempo e con le modalità desiderate dalla
domanda.
Approssimativamente, è possibile schematizzare l’evoluzione della
distribuzione in tre grandi fasi [Pellegrini 1990]:
1. Nascita di intermediari specializzati;
2. Rivoluzione commerciale;
3. Sviluppi recenti.
1.2.1 Nascita di intermediari specializzati
Si è avuta quando c’è stato il passaggio da un’economia di sussistenza ad
un’economia di mercato, con la progressiva sostituzione
dell’autoproduzione con lo scambio di beni e servizi sul mercato. In effetti,
lo sviluppo del settore commerciale ha seguito lo sviluppo del settore
industriale poiché è frutto di un processo di specializzazione che è alla
base della Rivoluzione Industriale: la specializzazione produttiva ha fatto
allontanare il singolo produttore dai suoi potenziali compratori e di
11
conseguenza sono diventati evidenti i vantaggi di affidare ad imprese
indipendenti la vendita al consumo dei beni prodotti dall’industria
1
. Alla
loro origine i servizi commerciali avevano sono una funzione “logistica” in
quanto l’inserimento di un intermediario tra produttori e consumatori
demoltiplica il numero di spostamenti necessari a rendere possibili gli
scambi, così come mostrato dalle figure seguenti:
Figura 1: Relazioni di scambio in assenza di intermediari commerciali;
Fonte: Pellegrini L. Economia della distribuzione commerciale pag. 9
1
In Inghilterra questa fase può essere fatta risalire all’inizio del seicento dove però il ruolo
dell’intermediazione più rilevante era in realtà svolto dall’ingrosso e non dal dettaglio.
12
Figura 2: Relazioni di scambio in presenza di intermediari commerciali;
Fonte: Pellegrini L. Economia della distribuzione commerciale pag. 9
Queste figure, a confronto, spiegano anche perché l’attività distributiva
diventi quella tipica di imprese indipendenti e non rimanga invece integrata
nell’impresa industriale: il vantaggio fondamentale della presenza di un
intermediario specializzato sta, infatti, nel raccogliere i beni di diversi
produttori per proporli ad un universo di compratori molto più vasto di
quanto riuscirebbe a fare il singolo produttore ed in modo
economicamente più efficiente.
Successivamente però, la funzione della distribuzione cessa di essere
solo logistica, per assumere una dimensione informativa che ne fa non più
soltanto un mezzo per mettere in contatto consumatori e produttori ad un
costo più basso, ma anche un “filtro” di informazione/conoscenza tra i due
sistemi da un lato, selezionando un assortimento e proponendo proprie
politiche di marketing (il c.d. retailing mix
2
) e dall’altro, fornendo
2
L’insieme di variabili che vengono combinate dal dettaglio in funzione del
soddisfacimento delle attese dei potenziali clienti. Rappresenta la combinazione ottimale
di tali variabili.
13
all’industria importanti feedback sui comportamenti d’acquisto dei
consumatori. Il distributore commerciale diviene da anello subordinato
della catena mercantile soggetto imprenditoriale autonomo e con un
proprio (seppur ancora limitato) potere contrattuale.
1.2.2 La rivoluzione commerciale
Con tale termine si individua il passaggio del settore da condizioni in cui
prevalgono modalità di produzione uniformi, fondate sulla piccola impresa
famigliare che opera sulla base di comportamenti consuetudinari e con
una scarsa integrazione nel mercato, a condizioni in cui l’offerta di servizi
si differenzia e nascono imprese commerciali che operano con una “logica
industriale”
3
interamente integrate nel mercato. L’ipotesi che sembra più
fondata è quella che pone alla base di questa rivoluzione le trasformazioni
della domanda di servizi da parte delle unità di consumo; infatti, lo
sviluppo della concorrenza nel settore e la progressiva assimilazione alle
logiche del mercato, non sono altro che delle risposte alle modificazioni
intervenute sul lato della domanda e dunque avviene come processo di
ridefinizione delle modalità con cui la distribuzione interagisce con la
funzione di approvvigionamento dei consumatori. Ciò ovviamente finisce
per influenzare anche le relazioni industria-distribuzione ma si tratta
principalmente di un effetto e non della causa delle trasformazioni nel
commercio.
3
Infatti si parla di produzione di servizi commerciali.
14
Le principali tappe del processo di innovazione delle modalità con cui si
presenta l’offerta commerciale possono essere individuate in modo ben
chiaro:
• Innovazioni nelle tecniche di vendita introdotte in Francia e in USA
nei primi decenni dell’800, le quali porteranno alla nascita del
grande magazzino, la prima forma distributiva moderna
4
;
• Negli anni ’30 con la nascita del supermercato
5
sotto la pressione
delle difficili condizioni economiche del periodo della “Grande
depressione” ancora una volta le nuove formule distributive si
configurano come una risposta alle mutate condizioni della
domanda;
• Gli anni ’50 aprono un ventennio di crescita economica di
dimensioni mai conosciute in precedenza, le quali consentono ad
una parte crescente della popolazione di accedere a nuovi
consumi. Così, il magazzino popolare diventa lo stereotipo dei ceti
sociali con minori capacità di spesa, ma è anche una sorta di
supermercato per i beni di largo e generale consumo non
alimentari.
In tutto questo processo evolutivo le spinte da parte dell’industria per la
ricerca di formule distributive più efficaci, sono assai modeste. Se è vero
che il magazzino popolare costituisce un’interfaccia distributiva ideale per
un’industria che nel dopoguerra spinge al massimo la standardizzazione
4
I grandi magazzini (come Bon Marchè e Louvre) offrivano all’attività di acquisto una
dimensione di gratificazione che non la rendeva più solo un’inevitabile tributo per il
reperimento dei beni necessari a soddisfare i propri bisogni.
5
La data di nascita del supermercato è fatta coincidere con l’apertura del primo punto
vendita della King Kullen nel 1930, la catena fondata da M. J. Cullen.
15
del prodotto come mezzo per sfruttare economie di scala sempre
maggiori, l’innovazione distributiva sembra in tutti i casi menzionati in
precedenza sopravanzare i mutamenti della produzione e in alcuni casi
esserne addirittura una causa. Contrariamente a quanto comunemente
assunto, partendo da un presupposto “funzionalista” secondo cui è la
produzione che sceglie i propri canali di distribuzione, la storia
dell’innovazione commerciale ci fa sospettare che nel caso di molte delle
fondamentali nuove formule distributive apparse nel corso del tempo, sia
avvenuto l’opposto e che siano state queste ultime a scegliersi i produttori
di cui avevano bisogno
6
[Cattaneo 2005].
In definitiva, è possibile sintetizzare che la rivoluzione commerciale si
caratterizza perché l’evoluzione del settore, pare poco legata a quanto
avviene nell’industria, poiché questa raramente esercita uno stimolo
diretto alla crescente articolazione dell’offerta distributiva. Gli intermediari
acquisiscono sempre più maggiore indipendenza nei confronti delle
logiche dei loro fornitori con una mission ben definita, ovvero cercare di
soddisfare la domanda di nuovi servizi commerciali.
Con la rivoluzione commerciale nasce così progressivamente un nuovo
problema, quello dei rapporti industria-distribuzione. Un problema che
trova le sue radici nei diversi obiettivi dei due operatori economici e che
quindi conduce al conflitto oppure ai tentativi dell’ industria di riprendere il
controllo della fase di commercializzazione. È su questi temi che si apre il
terzo periodo di evoluzione, quello odierno, dove il principale problema sta
6
Basti pensare al caso estremo della catena inglese Marks & Spencer di grandi
magazzini in grado di esercitare un’influenza determinante sui propri fornitori.
16
nel definire la ripartizione delle funzioni di marketing tra industria e
distribuzione.
1.2.3 Gli sviluppi recenti
L’articolazione dell’offerta commerciale in diverse forme distributive, ha
come conseguenza anche una sempre più netta distinzione tra
distribuzione di beni alimentari e ad essi assimilabili (comparto grocery) e
quella di beni durevoli e semi-durevoli (comparto non grocery). Questa
distinzione è dovuta alle diverse caratteristiche che i servizi commerciali
assumono nei confronti delle due categorie di beni. Nel primo caso i
servizi commerciali hanno un contenuto quasi esclusivamente logistico,
nel secondo caso invece hanno un ruolo sempre più legato all’offerta di
informazioni ai consumatori.
Questa distinzione tra i due principali comparti della distribuzione al
dettaglio rende necessario considerare la loro ultima evoluzione in modo
distinto.
Per il comparto grocery, si manifesta la tendenza a fornire assortimenti
despecializzati che vanno incontro alla volontà dei consumatori di svolgere
la loro funzione di approvvigionamento con la concentrazione degli
acquisti. Di conseguenza l’ampiezza dell’assortimento rende difficile per
l’industria integrare la distribuzione poiché ciò vorrebbe dire offrire non
solo i propri beni, ma anche quelli di imprese concorrenti sugli stessi
segmenti di mercato. Questa indipendenza, unita ad un forte processo di
concentrazione del dettaglio alimentare (integrazione orizzontale) che ne
17
ha fatto crescere il potere contrattuale, ha condotto a condizioni di conflitto
tra industria e distribuzione che sono diventate stabili caratteristiche dei
canali di mercato di queste merceologie. All’origine di questo conflitto, vi è
la non coincidenza degli obiettivi di produzione e distribuzione. L’industria
non vende più “attraverso” la distribuzione ma “alla” distribuzione e quindi
le politiche di marketing che essa attua verso il consumatore si trovano
nella realtà ad essere “filtrate” dalla distribuzione la quale, anch’essa, ha
proprie politiche di marketing che molto spesso non coincidono con quelle
dell’industria. In riferimento a ciò basti pensare al rapido sviluppo che
hanno avuto e che stanno avendo le marche commerciali (private label) le
quali rientrano proprio nelle politiche di marketing delle imprese
commerciali.
Nel caso dei beni durevoli e semi-durevoli (che non abbiano subito
processi di banalizzazione) la situazione è radicalmente diversa. Infatti
l’accentuarsi del processo di differenziazione della produzione rende
difficile all’intermediario fornire assortimenti despecializzati. La
moltiplicazione delle varietà di beni, il continuo ricambio dell’offerta, la
crescente segmentazione del mercato, sono solo alcuni di questi aspetti.
Di conseguenza la distribuzione specializzata, sia indipendente che
organizzata su basi succursaliste, è necessaria per poter concentrare
l’offerta commerciale su un determinato segmento di mercato. In tal senso
la distribuzione in questi settori può orientare, attraverso le proprie scelte
di acquisto, di prezzo e di informazione offerta al consumatore, le scelte di
quest’ultimo. La distribuzione specializzata ha un ruolo informativo
18
cruciale nei confronti del consumatore, ma anche nei confronti del
produttore: nel contatto diretto con la domanda è infatti possibile
raccogliere informazioni essenziali per riuscire ad adattare la produzione
ai mutamenti del mercato, ma in mancanza di un controllo dell’industria
sulla fase di commercializzazione, questo feedback informativo potrebbe
andare perso o potrebbe arrivare all’industria ma solo in via indiretta e
mediata.
Tuttavia, è necessario osservare attentamente che la specializzazione
distributiva espone gli intermediari a tentativi di integrazione da parte della
produzione, cosa che non può accadere nell’alimentare e in generale nel
grocery. La specializzazione, infatti, abbassa la soglia che rende possibile
al produttore di far coincidere la propria produzione con un assortimento
proponibile a livello commerciale (in generale punti vendita monomarca).
Proprio per queste ragioni sempre più frequentemente si assiste ad
accordi contrattuali che tentano di vincolare i comportamenti degli
operatori commerciali agli obiettivi del produttore. Ed è in questa ottica che
bisogna guardare il rapido sviluppo di formule quali il franchising, i contratti
di distribuzione esclusiva e selettiva più o meno vincolanti per i partner
commerciali.
1.3 La concorrenza nel commercio
Valutare il processo competitivo significa stabilire quale sia l’ambito di
attività dell’azienda, cioè il mercato in cui si manifesta ed agisce la
concorrenza. Per definire quest’ambito, bisogna comprendere quali
19
organizzazioni producono ed offrono “prodotti” sostituibili a quelli offerti
dall’azienda distributrice. Per “prodotto dell’azienda commerciale” si
intende quell’insieme di servizi che soddisfano il bisogno di disponibilità
della merce. L’azienda quindi è in competizione con tutte le altre
organizzazioni che producono servizi in qualche modo sostituibili con il
suo prodotto ed in particolare [Vicari 1980]:
• Le altre aziende commerciali: la concorrenza con le imprese
commerciali è quella più importante, essendo l’interesse
dell’azienda distributrice incentrato sui servizi commerciali e dunque
sulla “conquista” dell’acquirente di tali servizi.
• Le imprese produttrici: nel caso in cui l’azienda produttrice operi a
livello del dettaglio utilizzando canali di vendita diretti oppure brevi
saltando così l’intermediazione commerciale.
Elemento fondamentale nei meccanismi concorrenziali è sicuramente lo
spazio geografico di riferimento. L’azienda commerciale vende servizi tra i
quali il più importante è quello di “prossimità” rendendo disponibili le merci
in luoghi facilmente accessibili ai consumatori. Se dunque la limitata
mobilità del cliente è la condizione che rende possibile l’offerta
dell’impresa commerciale, è evidente che è l’elemento che più di ogni altro
influenza direttamente il suo comportamento competitivo.
Ciascun punto vendita copre un’area di mercato delimitata dal grado di
mobilità che il consumatore è disposto ad avere per acquistare le merci
vendute e sarà in competizione con tutti gli altri punti vendita che coprono
la stessa area geografica offrendo lo stesso servizio commerciale.
20
In presenza di più forme distributive, l’impresa commerciale può decidere
di entrare nel mercato con un punto vendita simile a quelli già esistenti
sovrapponendosi ad essi e suddividendosi il mercato in parti più o meno
uguali, oppure può decidere di entrare con un punto vendita appartenente
ad una diversa forma distributiva e dunque offrendo servizi diversi. In
quest’ultima ipotesi, l’impresa entrante non si sovrappone a quelle già
presenti ma la sua quota di mercato dipenderà dalla rispondenza della
forma distributiva alle esigenze della clientela locale [Vicari 1980].
Figura 3: Localizzazione in ipotesi di differenziazione dell’offerta;
Fonte: Vicari S. Le strategie di sviluppo dell’impresa commerciale pag.43
Dunque, attraverso l’innovazione, come comparsa di nuove forme
distributive, è possibile limitare la concorrenza poiché la nuova impresa
commerciale offre dei servizi che la distinguono da quelle esistenti.
L’innovazione può presentarsi a qualunque livello della scala merce-
servizio e, non necessariamente, al livello più basso; questo perché la
nascita di una nuova forma distributiva è da imputare ai c.d. “vuoti