vari aspetti; nella prima area si analizza la domanda, nella seconda le dinamiche del
mercato e le strategie dell’offerta, nella terza le politiche di marketing mix ed infine,
nella quarta, viene trattato il caso aziendale.
Ogni capitolo poi, si suddivide in paragrafi in cui vengono trattate tematiche
omogenee da un punto di vista concettuale, o, in altre parole, secondo lo schema
consolidato nella letteratura di marketing: per esempio, il capitolo riguardante il
marketing mix (macro-area) è stato scisso in quattro paragrafi che rispettano la
consueta suddivisione prodotto, prezzo, comunicazione e distribuzione.
Successivamente ogni paragrafo si articola in diversi sottoparagrafi (in certi casi,
quando l’argomento è estremamente complesso, il sottoparagrafo è stato scisso in
ulteriori punti di analisi) per consentire una maggiore chiarezza ed efficacia
espositiva.
La struttura del quarto capitolo, il caso Vodafone Omnitel, infine, ricalca a grandi
linee il percorso generale seguito lungo l’analisi del settore: il primo paragrafo parte,
infatti, da una ricostruzione storica degli eventi che hanno condotto Omnitel dal
lancio sul mercato sino all’acquisizione da parte di Vodafone ai giorni nostri.
Successivamente, nel secondo paragrafo, viene affrontata la tematica della
segmentazione del mercato e della base-clienti realizzata dalla compagnia nata ad
Ivrea, mentre il terzo paragrafo tratta dell’evoluzione delle strategie aziendali prima e
dopo “l’era Vodafone”. L’ultimo paragrafo è dedicato agli aspetti salienti del
marketing mix, sempre all’interno di una prospettiva dinamica, osservando le
impostazioni delle politiche di marketing in relazione al periodo “pre-Vodafone” e al
dopo acquisizione da parte di quest’ultima.
La scelta di trattare questo specifico caso aziendale e non altri deriva dalla grande
varietà di tematiche che si raccolgono attorno ad esso, cominciando dalla capacità di
competere in Italia contro un rivale assai solido ed agguerrito, quale è Tim,
rompendo per prima la tradizionale chiusura del mercato delle telecomunicazioni alla
concorrenza sull’onda delle liberalizzazioni che nel 1995 stavano coinvolgendo
diversi paesi europei, sino alle strategie di globalizzazione che necessariamente la
stanno interessando in quanto consociata di Vodafone, leader al mondo nelle
telecomunicazioni mobili.
CAPITOLO PRIMO: L’ANALISI
DELLA DOMANDA DI SERVIZI DI
COMUNICAZIONE
1.1 ANALISI DEL RAPPORTO FRA DOMANDA E
COMUNICAZIONE MOBILE
1.1.1 LA CRESCITA E IL SUCCESSO DELLA TELEFONIA MOBILE
La comunicazione e le nuove tecnologie ad essa collegata rappresentano senza alcun
dubbio un aspetto cruciale ed uno degli elementi di trasformazione dirompente delle
società contemporanee che, in progressione rapidissima, stanno pervadendo ogni
aspetto della vita quotidiana dei cittadini. Infatti il decennio appena trascorso è stato
dominato dall’avvento e dallo straordinario sviluppo delle società legate al business
dell’informazione, della telematica, delle telecomunicazioni e le incessanti
trasformazioni intervenute in quel periodo in questo ampio settore hanno modificato
e innovato profondamente il modo di comunicare. Sono stati generati servizi che
permettono di accedere a nuovi “portali multimediali e multiservizio”, permettono di
fruire di una quantità di informazioni notevolmente superiore rispetto al passato e in
tempi decisamente più ridotti.
Questo processo evolutivo dei mezzi di comunicazione ha interessato ed interessa
tuttora gran parte dei paesi avanzati, portando tuttavia ad esiti differenti sul piano
socioeconomico in ragione dei vari contesti normativi ed ambientali di riferimento.
Tra le regioni che meglio rappresentano il successo del cambiamento del settore delle
TLC dobbiamo annoverare i paesi scandinavi, il Giappone e l’Italia. La nazione del
sol levante in particolare vanta una rapidissima diffusione nel mercato di massa
dell’utilizzo della telefonia cellulare non solo per il traffico voce, ma anche per
l’accesso ad internet ed ai servizi ad esso connesso. Per farsi un’idea del fenomeno
può essere utile citare una relazione del MERI, istituto di Ricerca Economica della
Mitsubishi, esaminata in un articolo del periodico “Media 2000”, in cui viene
esaminato il mercato della telefonia mobile nella regione nipponica:
<<Vent’anni sono passati da quando il servizio di telefonia
cellulare cominciò nei 23 distretti di Tokio nel 1979.(…) Il numero
di abbonati ai telefoni cellulari, che è aumentato di circa 400000
unità all’anno durante gli anni Novanta, improvvisamente ha
accelerato nel 1994. L’incremento netto annuale, che è stato di
440000 nel 1993, è arrivato a 2202000 nel1994, 7377000 nel 1995
e 15197000 nel 1996, il picco degli ultimi anni.
L’alto ritmo ha avuto in seguito una temporanea battuta d’arresto,
ma nei tre anni fino al1999, il numero di abbonati è aumentato di
circa 10 milioni all’anno. Considerando l’improvvisa salita dei
nuovi abbonati, il totale cumulativo ha superato i 10 milioni nel
1995 e si è mantenuto sui 56 milioni alla fine del 1999. Nei cinque
anni precedenti, il numero di abbonati era aumentato con un ritmo
annuale del 67%.>>. (Sellitri, J., 2000, “Non solo voce sui
cellulari in Giappone”, Media 2000, pagg. 53-54)
A riprova del fatto che il tumultuoso sviluppo avvenuto nell’area nipponica non è un
caso isolato, basti pensare che i sistemi mobili e il GSM (Global System for Mobile
Communications) in particolare, la tecnologia più diffusa a livello mondiale, hanno
raggiunto un numero di utenti pari a 450 milioni in tutto il mondo. Un numero così
elevato che, però, secondo gli analisti del settore, è ancora ben lontano dall’aver
toccato l’apice. Si prevede infatti, che entro il 2003 ci saranno in circolazione
qualcosa come 1 miliardo di terminali portatili. (Ravasi, R., 2001, “Il cellulare
allarga le reti”, Largo Consumo, pagg. 88-89).
Se spostiamo la nostra indagine a livello di mercato europeo, emerge chiaramente
come il settore della comunicazione mobile in Italia presenti dimensioni davvero
eccezionali, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Con oltre 40 milioni di
linee attive e circa 35 milioni di clienti, fra utilizzatori del sistema ETACS (Extended
Total Access Communications System) e di quello Gsm, l’Italia detiene il primato
europeo per dimensione del mercato ed è uno dei primi nel mondo per penetrazione
sulla popolazione residente: più precisamente il 66% di penetrazione di mercato nel
nostro paese contro il 40% in media nei paesi occidentali, considerando che questi
dati sono stimati includendo anche i clienti “multisim”, ossia coloro che possiedono e
utilizzano più di una linea telefonica mobile (Bona, F., Costabile, M., 2001, “Il
marketing della base-clienti: la gestione delle relazioni di mercato in Omnitel”,
Economia & Management, pag. 100).
Nello “stivale” il fenomeno ha avuto una tale manifestazione da assumere spesso una
connotazione quasi folcloristica: il cellulare di fatto è entrato prepotentemente nella
vita di tutti i giorni di ogni individuo modificando non solo le modalità di
comunicazione e di interazione fra le persone, ma anche trasformandosi in un vero e
proprio fenomeno di costume, con la conseguente creazione distruttrice
schumpeteriana di nuove consuetudini sociali.
Ritornando ad un esame del caso di tipo economico e quantitativo, può essere utile
citare alcuni passi di un articolo tratto dal periodico “Economia & Management” nei
quali si evidenziano molto chiaramente alcuni degli aspetti precedentemente
affrontati:
<<Volendo ricondurre la forma della funzione alla tradizionale
curva del ciclo di vita del prodotto, è evidente come l’ultimo
quinquennio descriva una fase di tumultuoso sviluppo.
Proprio a partire dal 1995, infatti, la telefonia mobile, in Italia
prima che in molti altri paesi del mondo, diviene un mercato di
massa, fino a superare la telefonia fissa quanto a “linee” attive (40
milioni di “numeri” mobili contro 26 di linee fisse).>> (Bona, F.,
Costabile, M., 2001, “Il marketing della base-clienti: la gestione
delle relazioni di mercato in Omnitel”, Economia & Management,
pagg. 100-101).
I due grafici e la tabella della pagina seguente tratti dal sito web dell’Istat
ribadiscono visivamente quanto appena sostenuto, adottando però in questo caso
come metro di misurazione, la composizione del fatturato a prezzi correnti.
Nel primo grafico si nota che la quota assorbita dalla telefonia mobile è passata
dall’8% del 1995 al 37% del 1999, a danno della telefonia fissa che, in quest'ultimo
anno, presentava una quota del 58% (meno 32 punti percentuali rispetto al 1995). Gli
altri segmenti compresi nel settore delle telecomunicazioni, pur presentando un basso
peso sul mercato, hanno aumentato la propria quota di 3 punti percentuali, per effetto
soprattutto delle reti satellitari. In termini dinamici (grafico 2), tra il 1995 e il 1999 le
vendite della telefonia mobile sono cresciute di oltre otto volte, soprattutto per effetto
della forte accelerazione avvenuta tra il 1995 ed il 1996 (tabella 1). Dal 1996 al 1999
il tasso di crescita annuo si è notevolmente ridotto, pur rimanendo elevato (circa il
40% annuo). L’eccezionale crescita del fatturato degli altri servizi di
telecomunicazione nel 1999 (pari al 93,7%) rafforza le posizioni già conseguite negli
anni precedenti, mentre il segmento della telefonia fissa, pur registrando un
incremento del 19,2% dal 1995 al 1999, sembra avviato verso una fase di maturità.
Figura 1: incremento di fatturato del settore delle telecomunicazioni mobili (fonte dati Istat)
Figura 2: incremento di fatturato del settore delle telecomunicazioni mobili (fonte dati Istat)
Tabella 1: incremento di fatturato del settore delle telecomunicazioni mobili (fonte dati Istat)
I dati fin qui proposti hanno lo scopo di documentare la trasformazione che ha
interessato in maniera esponenziale i comportamenti e le esigenze degli individui di
diversi paesi, tanto che milioni di cittadini stanno sperimentando una vera e propria
rivoluzione per quel che riguarda la comunicazione nei tempi e negli spazi della vita
quotidiana.
Può essere utile in conclusione, citare un passo tratto dal “Rapporto Annuale 2000”
dell’Istat che analizza in cifre l’evoluzione del rapporto fra la telefonia fissa e la
telefonia mobile nel periodo 1997-2000:
<<Le famiglie con telefono fisso in casa sono in diminuzione dal
91% del 1993 all’85,1% del 2000, ma diminuiscono anche le
famiglie, completamente isolate,che non possiedono cioè né
telefono in casa, né telefono cellulare (passando dal 7,7% del 1997
al 4,9% del 2000).
Sta crescendo infatti in modo sostenuto la quota di famiglie che ha
scelto il cellulare come unico mezzo di comunicazione. In soli due
anni la sostituzione completa della telefonia fissa con quella
mobile è quadruplicata. Le famiglie senza telefono ma con
cellulare nel 2000 sono circa 1 milione 792 mila (l’8,3% del totale
delle famiglie), il 62,5% delle famiglie senza telefono fisso. Nel
1997 tali famiglie erano pari all’1,8% del totale delle famiglie e al
19,3% delle famiglie senza telefono. A livello territoriale, il
fenomeno risulta più marcato nel Mezzogiorno, dove le famiglie
senza telefono ma con cellulare arrivano ad essere il 9,6% nel Sud
e il 12,3% nelle Isole. Le famiglie che si trovano in questa
situazione sono generalmente formate da single giovani, occupati.
La crescita dell'utilizzo del cellulare è stata dunque molto elevata.
Le famiglie italiane che nel 1997 possedevano almeno un cellulare
erano il 27,3% mentre, nel 2000, raggiungono una proporzione del
64,9%, con un aumento, quindi, di 37,6 punti percentuali.
Cresce anche la quota di famiglie che hanno sia il telefono fisso
che il cellulare (passate dal 25,3% del 1997 al 56,4% del 2000) e
quelle con più di un cellulare. Basti pensare che le famiglie con 2
cellulari sono passate dal 16,9% al 31,1%, quelle con 3 cellulari
dal 2,4% all’8,5% e quelle con 4 o più cellulari dallo 0,4% al 3%.
Territorialmente il Centro è la ripartizione geografica con il
maggior numero di famiglie in possesso di telefono cellulare negli
anni considerati. In particolare, si passa dal 33,1% nel 1997 al
69,7% nel 2000. Tuttavia, anche nelle altre ripartizioni si osserva
una crescita consistente: nel Nord le famiglie che nel 1997 erano
in possesso di almeno un telefono cellulare erano poco più di un
quarto, mentre nel 2000 sono i due terzi. Nel Mezzogiorno, da poco
meno di un quarto si passa al 59,6%.>> (Istat, 2000, “Rapporto
Annuale: la situazione nel paese nel 2000”, pagg. 262-263).
1.1.2 LA NOZIONE DI BISOGNO E LA SUA CLASSIFICAZIONE
E’ quantomeno inutile chiedersi come distinguere i veri bisogni da quelli falsi,
ovvero quelli di origine indotta, quelli fatti sorgere artificiosamente dalle azioni di
marketing con il solo scopo di indurre determinati comportamenti d’acquisto; porsi
questa domanda equivale in termini speculari all’indagare se una determinata
innovazione è di tipo demand pull oppure technology push, ossia discriminare se
questa nasca in quanto risposta ad una richiesta comune delle persone o
semplicemente come frutto di una certa disponibilità tecnologica. Infatti ogni
innovazione risponde sempre ad una necessità avvertita dalla comunità tramite un
particolare bene in cui è inserita una data tecnologia: in questo senso ogni
innovazione è sempre sia demand pull che technoly push.
Sembra invece molto più utile distinguere fra bisogni generici e bisogni derivati. I
primi consistono in quelle esigenze innate, naturali e che sono intrinseche alle
caratteristiche di ogni individuo. I secondi corrispondono ai bisogni acquisiti e sono
la conseguenza di una dialettica costante delle necessità causata dall’ambiente
sociale, dal contesto culturale e dall’evoluzione tecnologica. In particolare il bisogno
derivato può essere considerato come la risposta tecnologica specifica data al
bisogno generico e che si sostanzia in un determinato bene.
Un’interessante conseguenza che discende da questa classificazione è l’applicazione
del concetto di saturazione alle categoria sopra delineate. Ne deriva infatti che il
bisogno generico non può essere saturato in quanto esso si evolve verso livelli
superiori in rapporto alla comparsa di prodotti migliorati o di nuove tecnologie. Al
contrario è perfettamente plausibile l’esistenza di saturazioni settoriali in quanto
queste interessano esclusivamente il bisogno derivato: in altri termini l’utilità
marginale del bisogno derivato tende quindi a diminuire. Conseguenza di tutto ciò è
che la produzione di beni destinati a soddisfare il bisogno generico sarà dunque
sottomessa senza soluzione di continuità allo stimolo della sua stessa evoluzione.
Uno studio più approfondito di questa tematica ci porta ad esaminare la suddivisione
operata da H. Maslow nel 1943 con l’articolo “A Theory of Human Motivation”
tratto dalla rivista “The Psychological Review”. In questo lavoro egli classifica i
bisogni fondamentali in cinque categorie: i bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali,
di stima e di autorealizzazione. I primi rappresentano le necessità fondamentali
dell’individuo, che una volta soddisfatte, cessano di essere fattori importanti della
motivazione e non influenzano più il comportamento. I bisogni di sicurezza
comprendono la preservazione della struttura fisica dell’organismo, la sicurezza
psicologica e la conservazione della personalità, il bisogno di identità propria e di
sentirsi padrone del proprio destino. Tra i cosiddetti bisogni sociali sono annoverati
l’aiuto reciproco, il senso di appartenenza, il senso della comunità così come il
bisogno di integrazione in un gruppo e di associarsi ai propri simili per trovare
protezione. Il bisogno di stima include la dignità personale, la fiducia in sé e nelle
proprie capacità, il rispetto verso la propria persona, il desiderio di ottenere
considerazione e di avere un proprio status sociale. Infine nei bisogni di realizzazione
figurano la crescita personale, il superamento di se stessi, di utilizzare in modo
completo le proprie capacità e di ampliare i limiti che si incontrano.
Tuttavia questa analisi non si limita a fornire una mera classificazione delle diverse
tipologie di bisogni, ma tenta di costruire una gerarchia delle necessità in funzione
dell’evoluzione dell’individuo; perciò lo studioso sostiene che vi è un ordine di
priorità nella soddisfazione delle proprie esigenze che guida il soggetto ad ottenere
l’appagamento dei bisogni elementari in via prioritaria e solo in seguito di passare
alle classi successive.
Si può quindi distinguere fra bisogni inferiori che, una volta soddisfatti, farebbero
sorgere bisogni di ordine superiore e che andrebbero ad influenzare il
comportamento nelle scelte di acquisto; questa dinamica implica quindi
un’evoluzione della struttura dei bisogni in funzione dell’evoluzione dell’individuo
che partendo da un obiettivo di sopravvivenza, andrebbe a selezionare obiettivi che
comportano una maggiore qualità della vita.
Questo tipo di analisi risulta essere di grande importanza poiché permette di
riconoscere nei prodotti non solo un valore funzionale, ma anche una dimensione
simbolica: infatti le ragioni per cui un individuo acquista un bene sono legate anche
al suo bisogno di comunicare con il proprio ambiente ed interagire con esso. Tutto
ciò riveste grande importanza per il marketing poiché la comprensione della struttura
multidimensionale dei bisogni individua l’orientamento da assegnare alle politiche di
prodotto; una riflessione di questo genere assume grande rilevanza nel campo delle
TLC mobili, dove per definizione le esigenze e le motivazioni che hanno portato al
boom del settore sono molteplici ed eterogenee fra loro.
1.1.3 IL QUADRO DELLE MOTIVAZIONI E DEI VALORI: IL MODELLO
MEANS-END CHAIN
Per comprendere le motivazioni individuali è bene dapprima conoscere i valori
coltivati dagli individui: valori che rappresentano gli obiettivi generali ed ultimi che
ogni uomo tenta di raggiungere.
Questi variano sostanzialmente a seconda del contesto sociale di riferimento; tuttavia
anche all’interno di uno stesso scenario vi sono innumerevoli, anche se meno
marcate, differenze nella misura in cui questi valori sono assimilati.
Ad ogni modo, ciò che conta, è che i consumatori conoscono esattamente i personali
e simbolici valori che i prodotti e i brand permettono di raggiungere: il cliente infatti,
spesso acquista un servizio sulla base di quanto rappresenta per lui o per il proprio
gruppo sociale di riferimento e non sempre tiene conto delle prestazioni effettive del
servizio. Sulla base di queste valutazioni un’impresa deve cercare dunque di
interpretare le simbologie espressione di certi valori per poi modificarle, rafforzarle
od incorporarle nei propri prodotti. Un interessante suddivisione dei valori è senza
dubbio la seguente:
<<One useful scheme identifies two types or levels of values-
instrumental and terminal. Instrumental values are preferred
modes of conduct. They are ways of behaving that have positive
value for a person (having a good time, acting independent,
showing self reliance). Terminal values, on the other hand, are
preferred states of being or brad psychological states (happy, at
peace, successful). Both instrumental and terminal values (goals or
needs) represent the most personal consequences people are trying
to achieve in their lives.>> (Peter, J.P., Olson, J.C., 1999,
“Consumer behaviour and marketing strategy”, McGraw Hill, pag.
72).
In sostanza la classificazione pone una differenziazione fra quei valori che si
riflettono immediatamente in determinati modelli di comportamento e quelli che
attengono agli obiettivi ultimi dell’individuo.
Infine troviamo i core values, che sono gli elementi chiave di
un’autorappresentazione, ovvero una rete associativa di interrelate conoscenze circa
se stessi. Questi core values risultano essere molto importanti poiché influenzano
pesantemente il processo cognitivo e la scelta dei comportamenti.
Strettamente correlato a questi argomenti è il concetto di means-end chain of product
knowledge. Si tratta di un interessante punto di vista strategico che consente di
conoscere il nesso fra valori e comportamenti: in effetti questo modello cerca di
spiegare in che modo la scelta di un prodotto o di un servizio contribuisce a
raggiungere una condizione desiderata. In sostanza la sequenza alla base del costrutto
teorico collega tre tipologie di conoscenza: una riguardante il paniere di attributi di
un dato prodotto, una riguardante i benefici e rischi derivanti dall’acquisto di quello
stesso bene ed infine i valori che vengono soddisfatti. Una raffigurazione piuttosto
elementare della sequenza può essere la seguente:
Figura 3: caso generico di means-end chain (adattto da “Consumer Behavior”)
Certamente questa catena assume connotazioni differenti per ogni consumatore in
conseguenza del background e degli interessi personali che questi vivono. Tuttavia il
fulcro di questo modello risiede nel fatto che il compratore pensa in termini di
Attributi
Conseguenze
funzionali
Valori
Conseguenze
psicologiche
conseguenze personali creando strutture che legano gli attributi tangibili dei prodotti
a conseguenze funzionali e psicologiche che a loro volta si ricollegano a più astratti e
personali fini e valori:
<<To summarize, the means-end chain model proposes that the
meaning of a product attribute is given by its perceived
consequences.>> (Peter, J.P., Olson, J.C., 1999, “Consumer
behaviour and marketing strategy”, McGraw Hill, pag. 72).
La formula della means-end chain assume rilievo anche in riferimento allo studio del
cosiddetto involvement, che in altri termini indica il grado di coinvolgimento ed
interessamento che il consumatore manifesta nei propri comportamenti d’acquisto.
Questa dimensione emozionale e psicologica è cruciale poiché si riferisce alla
percezione dell’individuo circa l’importanza o la rilevanza personale per un oggetto,
evento o attività: in altre parole si può dire che l’involvement riguarda la particolare
ed intima relazione o percezione che lega un consumatore ad un determinato bene.
In questo senso, il livello di coinvolgimento nei confronti del prodotto è strettamente
dipendente dalla tipologia di means-end chain che il potenziale acquirente attiva
nella situazione considerata.
Figura 4: relazione fra means-end chain e coinvolgimento psicologico (adattato da “Consumer
Behaviour”)
Questo diagramma illustra chiaramente come il costrutto teorico mezzi-fini possa
spiegare la relazione fra la conoscenza del prodotto e la conoscenza di sé: rapporto
dal quale dipende strettamente il grado di coinvolgimento del consumatore. In
particolare questo rapporto si configura diversamente con riferimento a due aspetti:
Attributi
Conseguenze
funzionali
Conseguenze
psicologiche
Valori
Conoscenza
del prodotto
Conoscenza
di se stessi
<<(…)(1) the importance or self-relevance of the ends and (2) the
strength of connections between the product knowledge level and
the self knowledge level.>> (Peter, J.P., Olson, J.C., 1999,
“Consumer behaviour and marketing strategy”, McGraw Hill, pag.
72).
Per queste ragioni, i consumatori convinti che gli attributi del prodotto siano
strettamente collegati ai loro valori più importanti, proveranno un intenso livello di
involvement nei confronti del bene stesso. Al contrario, nel caso in cui il potenziale
cliente trova una debole relazione fra le conseguenze funzionali, i benefici, derivanti
dagli attributi del prodotto e gli obiettivi finali, allora l’intensità del coinvolgimento
sarà certamente modesta; in questa situazione, il processo sottostante all’acquisto del
prodotto è caratterizzato da una struttura particolarmente semplificata: il
consumatore infatti utilizza la sperimentazione diretta del bene quale fondamentale
fonte informativa, procedendo alla valutazione dello stesso soltanto dopo avere
completato l’esperienza di consumo. La principale conseguenza che ne deriva è che
difficilmente il potenziale compratore formulerà dei sistemi di preferenza stabili,
quanto piuttosto si verificherà un’ effettiva provvisorietà del proprio ordine di
convincimenti.
Gli elementi analizzati precedentemente giocano un ruolo determinante nel definire
la forza delle motivazioni che soggiacciono al comportamento d’acquisto. Per
esempio l’elementare dicotomia fra bisogni di tipo funzionale e bisogni socio-
psicologici, dove i primi sono strettamente connessi alle prestazioni del prodotto
mentre i secondi assumono significato sul piano della considerazione sociale e
dell’autogratificazione, incide fortemente sulla natura del processo d’acquisto.
Infatti, come principale conseguenza di questa dicotomia, si constata che l’individuo
attribuisce diversa importanza alle fondamentali tipologie di canali e stimoli
informativi che intervengono nella formazione delle sue preferenze: a tal punto che
nel caso in cui l’esigenza sia quella di attestare tramite un certo bene l’appartenenza
ad un certo gruppo sociale, il soggetto si disinteressa dell’aspetto razionale nel
quadro del processo di valutazione delle informazioni, privilegiando nettamente
quella comunicazione che entusiasma il suo lato emotivo.
Per questo le motivazioni diventano il fattore cruciale che orienta l’individuo nel
processo di scelta qualificando le aspettative della domanda nei confronti del
prodotto ed indirizzando la ricerca delle informazioni e la valutazione delle
alternative dell’offerta. Tutti questi concetti sono chiaramente espressi ed ampliati da
Busacca in questo passo:
<<Qualora le componenti motivazionali di natura psicologico-
emotiva prevalgano su quelle di natura funzionale è infatti evidente
la necessità di enfatizzare i valori attributivi dell’oggetto di
consumo, conferendo allo stesso un preciso significato simbolico
attraverso opportune azioni sul piano connotativo.>> (Busacca,
B., 1990, “L’analisi del consumatore”, EGEA, pag. 141).
Se si presta attenzione a tutta la comunicazione trasmessa dai media con riferimento
ai servizi e ai prodotti (cellulare) della telefonia mobile, ci si rende conto che il
modello sopra esposto non ha un valore puramente teorico, ma che esprime la reale
dinamica dell’interazione fra domanda ed offerta: infatti, nel contesto dei messaggi
pubblicitari dei principali provider di servizi di comunicazione mobile, il continuo
appello al lato emozionale del pubblico evidenzia l’esigenza delle imprese di settore
di creare una forte differenziazione nell’immagine del prodotto per appagare le
motivazioni di origine psicologica che orientano la scelta del consumatore. Un chiaro
esempio di questo tipo di politica aziendale è il leit motiv che dall’inizio ha
contrassegnato tutta la produzione pubblicitaria di una nota impresa italiana con
queste parole: “Omnitel, persone in grado di cambiare il mondo”. E’ evidente che lo
scopo del messaggio è quello di evocare una serie di valori largamente condivisi ed
appetibili dalla maggior parte dei potenziali acquirenti, come l’idea di successo,
forza, carattere, determinazione e di “vincente”. Ne consegue che questa azienda non
vende solamente un servizio di comunicazione mobile, ma anche un insieme di valori
distintivi che ne determinano l’immagine ed il posizionamento nell’intero mercato.