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CAP. 1
LA SOCIETÀ DEI SERVIZI
1.1 Nascita e sviluppo di un’economia dei servizi
Al giorno d‟oggi siamo abituati a considerare i cambiamenti come un qualcosa di inevitabile e
endogeno alla società in cui viviamo. La crescente innovazione tecnologica, in particolar modo
l‟avvento di internet, ha accentuato ancor di più questa percezione di un mondo che cambia ad una
velocità fino a poco tempo fa impensabile. Quotidianamente siamo messi di fronte a giornali,
televisioni, articoli di giornale, pagine web che parlano di questa o di quella innovazione o scoperta,
sia essa nel campo della medicina, dell‟informatica, delle scienze naturali o della meccanica. Ma
quali tra queste innovazioni sono quelle che veramente segneranno un cambiamento duraturo e
significativo nella nostra società? Come fare ad identificare quelle che veramente incideranno sul
modo di vivere nostro e delle generazioni future? Paul Valéry, studioso e sociologo francese
vissuto a cavallo tra IX e XX secolo, afferma:
“Non c’è niente di più facile che evidenziare l’assenza, nei libri di storia, di quei fenomeni di
grande interesse che tuttavia risultano impercettibili a causa della lentezza del loro evolversi.
Sfuggono all’attenzione degli storici perché nessun documento ufficiale li nomina […]. Un
evento che si sviluppa attraverso un secolo non sarà ricordato in nessun documento o
memoriale […].”1
L‟affermazione risale ai primi anni del secolo scorso, per cui può risultare di non facile applicazione
nella società contemporanea. La tecnologia ha infatti fortemente ridotto l‟intervallo tra l‟impeto
iniziale del cambiamento e il suo verificarsi - ovvero tra l‟innovazione tecnologica e il
riconoscimento del suo potenziale commerciale - intervallo che è diminuito dai 30 anni per il
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Paul Valéry, “The Outlook for Intelligence”, Collected works of Paul Valéry, 1989, p. 24-25.
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periodo 1880-1919 ai 9 anni nel secondo dopoguerra fino ad arrivare ad oggi quando l‟introduzione
di una nuova scoperta può avere un impatto pressoché immediato ed allo stesso tempo esaurirsi nel
giro di un decennio.
Se quanto detto finora può tuttavia avere rilevanza quando andiamo a considerare le singole
innovazioni tecnologiche, tale ragionamento può non valere nel caso in cui ci occupiamo di quei
processi che colpiscono e modificano più profondamente la nostra società, processi che non si
realizzano né nel giro di un anno, né nel giro di un decennio, ma che necessitano di un maggior arco
temporale per manifestare i propri effetti. E‟ in questo senso che probabilmente l‟asserzione di
Valéry ha valore ancora ai giorni nostri, perché va a considerare tutta quella serie di cambiamenti
che impattano sul nostro modo di vivere in maniera non brusca e non immediata ma piuttosto
attraverso una serie di piccole modificazioni del nostro stile di vita, del nostro modo di relazionarsi
con gli altri, del nostro modo di relazionarsi con il mondo del lavoro e con il mondo che ci circonda.
Ed è proprio questa serie di piccoli e all‟apparenza insignificanti cambiamenti che lentamente
entrano a far parte della routine e fanno si che la nostra società si trasformi, attraverso un processo
che non può essere rilevato nei libri di storia ma che risulterà evidente solamente nel momento in
cui la società si renderà davvero conto che i suoi valori e i suoi principi di base si sono modificati.
E‟ proprio attraverso un processo di questo tipo, un cambiamento all‟apparenza impercettibile ma
costante e continuo, contraddistinto da un numero sempre maggiore di innovazioni tecnologiche,
che si è passati da una società tipicamente industriale come quella sviluppatasi dalla famosa
rivoluzione inglese del XVII secolo ad una “società dei servizi” come quella in cui viviamo.
Varie sono le definizioni date al tipo di società in cui stiamo vivendo, da “economia dei servizi” a
“società post-industriale” a “società post-fordista” fino ad arrivare a “società della conoscenza”.
Modi diversi di definire un unico concetto, ovvero quello di una società non più fondata sul lavoro
manuale, ma su di una serie di attività complementari a quella strettamente manifatturiera, dove la
maggior parte del lavoro standardizzato e ripetitivo è ormai svolto da macchine. Come conseguenza
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cambia perciò anche la fisionomia della società, una società il cui cardine non è più rappresentato
solamente dalla proprietà o dal potere politico, ma principalmente dalla conoscenza (Millard, 2004).
Senza banalizzare, perché la conoscenza è sempre stata uno dei caratteri fondamentali di ogni tipo
di società; piuttosto, quello che cambia con l‟avvento della service economy, è il carattere della
conoscenza, il modo in cui l‟intera società si relaziona ad essa. Ciò che adesso è diventato
fondamentale, è la conoscenza teorica, il primato della teoria rispetto all‟empirismo, la codifica
della conoscenza in un sistema astratto di simboli che all‟occorrenza può essere riprodotto in varie e
diverse circostanze.
Al giorno d‟oggi ogni società vive grazie all‟innovazione ed allo sviluppo, e la conoscenza teorica
sta alla base di ogni tipo di innovazione. E ciò è ancora più evidente nel rapporto tra scienza e
tecnologia. Nel 1800 e nei primi anni del 1900, le invenzioni più importanti e le attività industriali
derivanti da queste – acciaio, elettricità, luce, telegrafo, telefono, automobile – erano il frutto di
pensatori ispirati e talentuosi, o semplicemente “geni”, la maggior parte dei quali erano tuttavia
indifferenti alle leggi fondamentali che sottostavano alle loro invenzioni. D‟altro canto invece, nei
casi in cui i principi e le teorie fondamentali venivano scoperte, la loro applicazione industriale si
realizzava solamente con anni di ritardo, principalmente attraverso una metodologia empirica per
tentativi ed errori (Millard, 2004). Da questo punto di vista, la chimica può essere considerata come
la prima delle industrie moderne, ovvero di quelle basate realmente su una conoscenza di tipo
teorico e non pratico. All‟inizio del secolo scorso, i nuovi materiali sintetici introdotti nel mercato
erano frutto delle conoscenze teoriche sulle macromolecole, attraverso la cui manipolazione si
riusciva a produrre quei materiali che si intendeva realizzare. Allo scoppio della prima guerra
mondiale, gli alleati occidentali erano sicuri del fatto che l‟embargo nei confronti della Germania
avrebbe messo in crisi il paese. Fu proprio però sotto questa spinta che i chimici tedeschi Bosch e
Haber, dando fondo alle loro conoscenze teoriche sulle molecole, inventarono l‟ammoniaca
sintetica, che si rivelò fondamentale non solo per il prosieguo della guerra, ma fece registrare un
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gran successo commerciale, tanto da avere un enorme diffusione in tutto il resto del mondo alla fine
del conflitto mondiale.
E‟ tuttavia solamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale che nella società si comincia ad
intravedere una significativa trasformazione. Daniel Bell, importante studioso e sociologo
statunitense, afferma che il “turning point”, il momento nel quale si è veramente passati da una
società di tipo prevalentemente industriale ad una maggiormente concentrata sui servizi, è il 1956
(Bell, 1974). In quell‟anno, per la prima volta nella storia non solo degli Stati Uniti ma di tutta la
civiltà industrializzata, il numero dei “colletti bianchi” – ovvero professionisti, manager, addetti alle
vendite, etc. - è risultato superiore al numero dei “colletti blu” - artigiani, operai, manovali, etc. -
nelle statistiche americane sull‟occupazione. E così, mentre nel 1900 solamente il 15% della
popolazione americana era impiegato nel settore terziario, e la maggior parte di questi era
rappresentata da piccoli imprenditori, nel 1940 tale soglia era giunta al 25% per poi crescere ancora
fino al 40% del 1970. Oggi la percentuale di impiegati nel settore terziario è ben oltre la soglia del
60%.
1.1.1 Le fasi dello sviluppo dell’economia dei servizi
Ma in che modo è avvenuto il cambiamento? In che modo è giunti a tale tipo di società? Quali sono
stati gli stadi intermedi di tale sviluppo? Quali le forze trainanti che hanno portato allo nascita di
una società dei servizi?
In primo luogo è possibile introdurre il termine di “rivoluzione dei servizi”, poiché - così come già
successo ai tempi della più famosa e sicuramente anche più rilevante in termini storici “rivoluzione
industriale” - il fenomeno da noi preso in esame ha prodotto, e sta ancora producendo, dei
cambiamenti fondamentali all‟interno della nostra società, introducendo un nuovo modo sia di
vivere che di lavorare. E all‟interno di tale fenomeno, ovvero del processo di trasformazione che
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sta alla base della nascita dell‟economia dei servizi, possono essere individuate almeno due fasi
distinte e separate l‟una dall‟altra (Barras, 1990).
La prima fase da noi individuata può esser fatta risalire alla metà degli anni ‟50, quando i primi
elaboratori elettronici di dati – gli antenati dei futuri computer – hanno cominciato a fare la propria
comparsa. Così come le macchine a vapore erano state la forza trainante della rivoluzione
industriale del XVIII secolo, l‟informatica e l‟elettronica possono essere considerate allo stesso
modo le forze che hanno permesso la rivoluzione dei servizi. E‟ l‟informazione che rappresenta la
novità principale di tale rivoluzione, perciò tutti quegli strumenti che consentono di poter processare
e utilizzare nel modo più semplice e veloce possibile le informazioni, costituiscono la base della
nascente economia dei servizi. La traiettoria di tale fase della nostra storia ha visto un ricorso
sempre maggiore alla miniaturizzazione ed una riduzione dei costi dell‟equipaggiamento elettronico
ed informatico oltre che un‟espansione accelerata di applicazioni basate sulla processione di testi e
dati. Durante questo primo periodo, che si è protratto fino a circa la metà degli anni ‟80, si è
completamente trasformata la struttura delle imprese di servizi già esistenti sul mercato, oltre ad
essere aumentato in modo esponenziale il numero di tali imprese. Se infatti prima del 1950, i
maggiori investimenti delle imprese di servizi erano destinati ad uffici, negozi o magazzini, adesso
un componente sempre più rilevante degli investimenti cade sulle nuove tecnologie informatiche ed
elettroniche. E come conseguenza, anche l‟industria manifatturiera vedrà una parte crescente delle
proprie spese rivolta a tali nuove tecnologie. Questo cambiamento può essere facilmente comparato
con l‟installazione dei telai a motore che contraddistinse la rivoluzione industriale a partire dal
1700; difatti, allo stesso modo in cui i telai motorizzati crebbero dai 2.000 del 1813 ai 200.000 del
1850, agli inizi degli anni ‟60 esistevano solo poche centinaia di computer mentre poco più di venti
anni dopo tale numero si era già spinto oltre i 200.000 (Barras, 1990).
I crescenti investimenti nelle nuove tecnologie fanno inoltre registrare ripercussioni anche
sull‟output totale del settore terziario, nonché sul numero totale di lavoratori di tale settore; sono
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dati questi ultimi, che, come sottolineeremo in seguito, rappresentano una delle caratteristiche
fondamentali proprio della rivoluzione dei servizi. Per di più, si assiste anche ad un cambiamento
del ciclo produttivo normalmente osservabile nell‟industria manifatturiera. Normalmente,
l‟introduzione di una nuova tecnologia porta all‟emergere di nuovi settori dell‟industria, creando
nuovi mercati in cui saranno diffusi prodotti completamente nuovi; tutto ciò a sua volta spingerà ad
un aumento dell‟occupazione nei settori considerati, dovuta in parte all‟ingresso di nuova forza
lavoro sul mercato, in parte allo spostamento della forza lavoro dai settori obsoleti a quelli nuovi.
Quello che si registra in linea generale con la rivoluzione dei servizi è invece un “ciclo di
produzione inverso”, nel quale le prime applicazioni della nuova tecnologia si concentrano in primo
luogo nel migliorare l‟efficienza dei servizi e delle attività già esistenti; in seguito si passa alla
ricerca di un miglioramento dal punto di vista qualitativo e soltanto alla fine la nuova tecnologia
porterà allo sviluppo di un nuovo prodotto e perciò di un nuovo mercato. Le principali conseguenze
di questa prima fase saranno perciò non tanto quelle della creazione di nuovi posti di lavoro, quanto
soprattutto quelle di un cambiamento nella struttura della forza lavoro, con un forte spostamento dai
settori classici dell‟agricoltura e dell‟industria verso il settore terziario, mentre al contrario non si
registrerà una crescita troppo accentuata della produttività nei servizi.
Allo stesso modo in cui nella prima parte della rivoluzione industriale sono stati gli investimenti
effettuati dai privati in macchine a vapore la forza trainante del cambiamento, così nella prima fase
della rivoluzione dei servizi sono stati gli imprenditori e le imprese private ad investire in computer
e sistemi informatici spingendo così verso la modernità. Utilizzando un ragionamento simile, è
possibile individuare una seconda fase della rivoluzione industriale che ebbe origine dai grandi
investimenti pubblici, perlomeno in Inghilterra e negli Stati Uniti, nel settore ferroviario; in maniera
analoga, si può definire anche una seconda fase della rivoluzione dei servizi, fase che ha richiesto
l‟intervento pubblico per lo sviluppo di infrastrutture necessarie alla diffusione tra la popolazione
delle nuove tecnologie informatiche (Barras, 1990). In particolare, fondamentali sono stati gli
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investimenti, sia pubblici che privati in settori con grande rilevanza strategica e perciò sempre sotto
il controllo dello stato, in settori come quello delle telecomunicazioni; ciò, a partire dalla fine degli
anni ‟80, ha permesso di rendere sempre più popolari, fino ad arrivare al definitivo boom, tutta
quella serie di attività legate al mondo dell‟informatica ed in particolare di internet. C‟è stato perciò
bisogno di questa convergenza tra infrastrutture e tecnologie per far si che le innovazioni si
rendessero disponibili e potessero essere diffuse a livello tale da poter parlare di rivoluzione. Cosa
sarebbe stato della espansione di internet senza il miglioramento delle reti telefoniche che
consentono comunicazioni sempre più rapide? E cosa sarebbe stato della diffusione dei cellulari
senza la costruzione di ripetitori in grado di diffonderne il segnale in ogni parte del mondo? Ed è
così proprio grazie a tutto ciò che la tecnologia di internet ha potuto trovare le basi sulle quali
gettare le proprie fondamenta per poi cominciare ad espandersi a livello mondiale. Portandosi dietro
tutta quella serie di servizi e attività ad esso complementari o comunque ad esso strettamente legate;
attività che poi sono quelle che contraddistinguono la seconda fase della rivoluzione dei servizi,
un‟era nella quale la diffusione dell‟informatica è ormai talmente ampia che non se ne può più fare
a meno.
Sono i cosiddetti e-services, i servizi internet, che oramai la fanno da padroni e che hanno generato,
e stanno ancora generando, una vera e propria rivoluzione nei modi di vivere e di lavorare nella
nostra società. Servizi come quello dell‟home banking o dell‟home shopping, sono, come dice la
parola stessa, non più strettamente legati al contatto fisico tra venditore e cliente, ma identificano la
caratteristica nuova di questo tipo di servizi, ovvero il fatto che possano essere realizzati anche a
milioni di chilometri di distanza. E così si osserverà anche una maggiore dispersione dell‟attività
lavorativa, con una riduzione del bisogno di installare necessariamente la propria attività in
prossimità di grandi città o di grandi vie di comunicazione, se non per particolare tipi di servizi
come quello della consulenza finanziaria, ed al contrario il fiorire di molte e piccole attività che non
richiedono l‟utilizzo di grandi masse di capitali e che possono essere portate avanti anche a grande
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distanza dai centri economici principali. Una delle conseguenze più rilevanti di questa seconda fase
dell‟economia è che si riduce l‟importanza degli investimenti in capitale, e così, mentre la prima
fase era caratterizzata da labour-saving o labour-displacement, il periodo attuale si contraddistingue
per un fenomeno di capital-saving, in cui può bastare un semplice computer ed una semplice
connessione internet per intraprendere un‟attività imprenditoriale (Gershuny, 1998). Le nuove
imprese di servizi si concentreranno perciò sulla ricerca di capitale umano, con la necessità che
questo presenti conoscenze e capacità sempre più evolute ed avanzate. La previsione di strutture
aziendali flessibili ed adatte ad accogliere il cambiamento rappresenta la base per il successo, con
una sempre maggior parte delle risorse aziendali che dovrà essere destinata ad investimenti in
ricerca e sviluppo, in modo da riuscire a rimanere protagonisti in un mondo che sta cambiando ad
una velocità sempre maggiore.
1.1.2 Caratteristiche ed evidenze del passaggio ad una società post-fordista
Lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita nelle economie occidentali può
sicuramente essere considerato come una delle cause trainanti di tale cambiamento. Ernst Engel,
famoso statistico e economista tedesco del diciannovesimo secolo, affermava che la percentuale di
spesa familiare destinata all’alimentazione è decrescente al crescere del reddito familiare
disponibile2. Considerazione questa che può benissimo trovare applicazione all‟interno della nostra
analisi, in quanto, come sottolineato anche da Bell, più le società si arricchiscono, più gli orizzonti
si allargano e più si sviluppano nuovi bisogni e si sentono nuove necessità. E‟ così che una volta
soddisfatti i bisogni materiali di base, la popolazione sposta le sue preferenze verso quei beni
immateriali ed astratti come divertimenti e salute, beni che vanno a soddisfare i cosiddetti “bisogni
post-industriali” che non saranno più appagati tramite i normali beni di consumo, ma bensì
attraverso l‟offerta di servizi. Perciò, l‟indicatore principale dell‟emergere di una società di servizi è
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Conosciuta come “Legge di Engel”.
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proprio, come già sottolineato in precedenza, quello della comparsa di un settore terziario evoluto e
ben sviluppato; caratteristica quest‟ultima che ha riscontro ovviamente soltanto in quelle nazioni
che presentino un economia avanzata e moderna.
Se la presenza di un settore terziario adeguatamente sviluppato è un buon punto di partenza per
individuare la nascita di un‟economia dei servizi, un‟analisi più approfondita può permettere di
evidenziare quelli che sono i caratteri principali del cambiamento che la nostra società ha dovuto
affrontare negli ultimi cinquant‟anni. In particolare può essere utile andare ad investigare cosa è
successo nel periodo compreso tra gli anni „70 ed ‟80 del secolo scorso, ovvero quando si è
veramente registrata un‟esplosione del mondo dei servizi rispetto agli altri settori dell‟economia.
Tali caratteristiche si evincono andando a considerare i dati aggregati per quanto riguarda i
cambiamenti, nelle maggiori economie mondiali, nel campo dell‟occupazione, della spesa
domestica, del livello e della struttura dell‟output, del livello dei prezzi e della produttività. E se
quelli appena presentati sono i fattori chiave da studiare al fine di un‟analisi adeguata del fenomeno
in questione, vi sono altri aspetti, ad essi strettamente correlati, che sottostanno e servono ad
investigare ogni variazione nelle variabili precedentemente considerate. Tra questi possiamo
senz‟altro inserire il reddito pro-capite, il cambiamento nei gusti e nelle preferenze dei consumatori,
il tasso di crescita e la direzione del progresso tecnologico, il livello degli investimenti,
l‟incremento delle spese governative per i servizi e il livello di apertura e di integrazione
dell‟economia nel suo insieme (Elfring, 1989). Non è certamente difficile osservare, pur senza
ricorrere all‟aiuto di analisi statistiche di tipo regressivo, come i fattori appena elencati siano
strettamente correlati ed interdipendenti tra di loro.
Come già sottolineato con la legge di Engel, è intuitivo affermare che il generale aumento del
reddito pro-capite nelle maggiori economie mondiali influisce in modo significativo sulle scelte e
sui gusti dei consumatori, portando ad una sostituzione nel paniere dei prodotti ideali tra i beni di
base e quelli un tempo considerati accessori ma che con l‟accrescere della ricchezza di una paese