Strategie di internazionalizzazione delle imprese del prêt à porter di lusso italiane
2
Per dimostrare le ipotesi esposte, abbiamo intrapreso un percorso che ci ha
portato a dividere il lavoro in più parti: in un primo momento abbiamo cercato di
definire che cos’è il lusso e come si identifica un prodotto di lusso, in particolare un
prodotto di lusso alla moda, griffato.
Abbiamo accolto la definizione proposta da Daniélle Alléres di prodotto di lusso
alla moda come un prodotto che porta una firma riconosciuta, con un ciclo di vita
difficilmente prevedibile, segno distintivo di classi agiate, spesso di ricchezza recente,
moderne, amanti delle novità e aperte ai cambiamenti. MA era necessario disporre di
una definizione che fosse obiettiva e funzionale alla misurazione, che permettesse,
cioè, di ricostruire, dai dati quantitativi, i confini dell’industria del lusso e il suo peso
nell’economia.
Abbiamo allora accolto la definizione data dal Comitè Colbert. Il prodotto di
lusso deve innanzitutto avere due caratteristiche:
1. deve essere destinato al consumatore finale;
2. in esso deve essere incorporato del savoir-faire rilevante delle arti
applicate. A livello di offerta, ciò significa avere una forte componente umana nella
creazione. A livello di domanda, l’essere un prodotto che risponde a bisogni che
vanno al di là del necessario e dell’utile e fanno appello ai sensi.
Data questa prima definizione, è chiaro che il settore del prêt à porter rientra tra
le industrie che possono produrre oggetti di lusso.
La seconda fase di questa definizione implica la scelta di marchi/griffe che
possono giustificare nel tempo, almeno per cinque anni (arbitrariamente scelto), un
prezzo elevato, sensibilmente superiore ai prezzi di prodotti paragonabili, con pari
funzionalità tangibili (cioè non solo da attribuire ai sensi). Abbiamo fissato un livello di
prezzo così stabilito: il rapporto tra il prezzo medio del prodotto della marca
considerata e il prezzo riscontrato nella media dei prodotti con pari funzionalità
tangibili deve essere superiore a 1,5.
Per essere considerata di lusso, la griffe deve poi avere un prezzo elevato nel
paese d’origine.
Dopo aver definito che cosa si intende per prodotto di lusso, si è potuto
procedere all’analisi di settore, avendo così identificato, le imprese che possono essere
considerate di prêt à porter di lusso.
Riassunto
3
Le imprese che operano nel prêt à porter di lusso firmato, in Italia, non sono
moltissime, ma nel mondo hanno un peso notevole. Infatti, le nazioni che hanno
maggior peso sul mercato del lusso mondiale sono Francia, per prima, e Italia, per
seconda.
Queste imprese hanno diverse linee di produzione, alcune partono dall’alta
moda, altre dal prêt à porter di lusso, per arrivare alle seconde e terze linee, in più
molte firmano oggetti per la casa e articoli di profumeria, oltre agli accessori di
abbigliamento.
Per quanto riguarda la produzione di prêt à porter di lusso, però, tutte si
rivolgono a un unico segmento di mercato a livello mondiale, sul quale effettuano
strategie di differenziazione. La competizione in questo segmento si qualifica sempre
come non price, il prezzo è quindi scarsamente significativo a livello di competitività,
mentre diventa strategico come strumento di marketing.
Si può affermare che nel settore del prêt à porter di lusso firmato la concorrenza
assume la forma di una concorrenza monopolistica e, portando il discorso all’estremo,
che ogni azienda operante su queste produzioni ha una propria nicchia nella quale
opera in regime di monopolio assoluto. Il settore appare quindi composto come un
insieme di nicchie nelle quali opera un’unica azienda.
Ciò avviene in virtù della differenziazione messa in atto dagli stilisti: ogni linea
presenta una continuità di discorso stilistico lungo tutti i segmenti serviti e attraverso le
diverse collezioni. Lo stile è la costante inconfondibile che unifica l’immagine della
Maison e rende immediatamente riconoscibile il creatore. Ciò permette di applicare
un price premium : cioè l’eccesso di prezzo pagato dal consumatore rispetto al prezzo
giustificato dal valore intrinseco del prodotto, giustificato dai costi di differenziazione
sostenuti dagli stilisti per creare una percezione differenziata del proprio prodotto.
I clienti del prêt à porter di lusso sono decisamente più numerosi di quelli
dell’Alta Moda: per quest’ultima si contano circa 20.000 compratrici in tutto il mondo.
Per il pap, invece, si possono considerare potenziali clienti coloro che vengono
identificati come la fascia opulenta di ciascun paese: circa il 10% delle popolazione. La
percentuale, seppur con piccole differenze, rimane la stessa più o meno in tutti i paesi
del mondo. In questa fascia la popolazione è in grado di acquistare un capo di prêt à
porter di lusso di provenienza italiana. Nei paesi industrializzati, è comune l’acquisto di
questo genere di prodotto, anche se, per esempio, negli USA, rimane ancora una
buona parte di mercato da penetrare. Nei PVS e nei NIC, invece, il mercato è ancora
da stimolare e da sfruttare, dato che la fascia opulenta è ricchissima e che si sta
Strategie di internazionalizzazione delle imprese del prêt à porter di lusso italiane
4
aprendo a modelli di consumo occidentali. Questi paesi si identificano, soprattutto,
con i dragoni dell’Asia pacifica, che hanno tassi di sviluppo elevatissimi (Corea del Sud,
Taiwan, Hong Kong, Singapore), con 75 milioni di persone circa; con i paesi dell’ASEAN
(Tailandia, Malesia, Indonesia, filippine), con 310 milioni di persone circa; con i pesi
dell’America Latina in un futuro più lontano (soprattutto Messico, Cile, Argentina, dopo
le riforme dei rispettivi governi e la maggiore stabilità politica ed economica)con 120
milioni di persone; e con l’Est europeo.
I fornitori di materie prime sono in tutto il mondo, dato che le Maison si
riforniscono di filati e tessuti molto pregiati di provenienza varia: sete dall’oriente, lane
dai paesi in cui le produzioni sono le migliori, e così via.
Ma tra i fornitori non ci sono solo quelli di materie prime, bensì anche quelli di
prodotti finiti: le Maison, infatti raramente internalizzano la produzione. Solo in alcuni
casi esse hanno il controllo delle aziende di produzione con le quali collaborano (per
esempio, Versace con Alias e Armani con Simint), altrimenti hanno rapporti di
collaborazione esclusiva con aziende indipendenti. Il potere contrattuale degli stilisti
nei confronti di queste piccole aziende artigianali specializzate è piuttosto elevato. Se
si tratta invece di accordi di licenza che prevedono la corresponsione di royalties agli
stilisti da parte di aziende grandi, il potere contrattuale degli stilisti è sensibilmente
diminuito negli ultimi anni.
Per quanto riguarda la commercializzazione e vendita dei prodotti finiti, invece,
il ruolo svolto dalla Maison è spesso complementare: il marketing, la vendita e la
distribuzione sono affidati ad aziende specializzate esterne. Se lo stilista è invece molto
affermato e disponga di una struttura organizzativa più ampia, allora è probabile che si
trovi all’interno della stessa Maison un ufficio dedicato alle pubbliche relazioni e al
marketing. Tuttavia molto è affidato all’esterno, proprio per non appesantire la struttura
dell’impresa con l’aumento del numero delle persone impiegate.
Tabella 1 Strategie di internazionalizzazione per le varie linee di produzione
Strategie di internazionalizzazione
Linee di
produzione
nei mercati di
approvvigionamento
nei mercati di sbocco delle politiche di comunicazione
TRIADE PVS
adattamento del
prodotto ai singoli
mercati locali
Triade PVS Triade PVS
Haute Couture scarsa NO SI Scarsa Pubblicità istituzionale
negozi monomarca negozi
monomarca
mostre concessioni
esclusive di vendita
NO
Prêt à porter SI si con
attenzione alla
qualità
SI SI ι advertising affidato a terzi con ruolo di
capofila della Maison
ι negozi monomarca
ι concessioni di esclusiva per la
distribuzione
ι Fiere per la moda uomo
ι Sfilate
SI
Terze linee SI SI SI SI ι Advertising e distribuzione in licenza a terzi
ι Fiere
Scarsa
Strategie di internazionalizzazione delle imprese del prêt à porter di lusso italiane
6
La terza parte della tesi ha coinvolto lo studio della catena del valore delle
Maison di prêt à porter, per identificare quali fasi fossero internalizzate e quali
esternalizzate, nonchè le fasi coinvolte nel processo di internazionalizzazione.
CREAZIONE
Creazione dei modelli
Ideazione dei tessuti
PRODUZIONE
Tessitura e tintura dei tessuti
Realizzazione dei modelli
Taglio e confezione
Controllo qualità
COMMERCIALIZZAZIONE E
VENDITA
Marketing
Vendita
Distribuzione
Commercializzazione
Di queste fasi, possiamo distinguere quelle in cui la Maison svolge un ruolo
fondamentale: la creazione dei modelli e la realizzazione dei modelli.
Un ruolo complementare è svolto nel taglio e confezione, nel marketing, nella
vendita, nella distribuzione e nella commercializzazione. Un’azione leggermente più
limitata è svolta nell’ideazione dei tessuti e nel controllo qualità.
Le fasi che sono internazionalizzate sono quelle della tessitura e tintura dei
tessuti, talvolta, seppur raramente, del taglio e confezione (per esempio, Krizia in
Giappone con una linea solo per il Giappone); spesso il marketing, la distribuzione e
sempre la commercializzazione. Per esempio, in Giappone quasi tutte le imprese
entrano attraverso trading companies locali, che si occupano di distribuire e
commercializzare il prodotto.
L’attività che permette di creare qull’allure magica che permette agli stilisti di
applicare un price premium è quella delle politiche di comunicazione, nella quale
intervengono esperti di pubbliche relazioni, aziende di advertising, riviste con
Riassunto
7
redazionali esclusivi, società di consulenza e altri ancora. Attraverso le attività di tutti gli
attori citati, l’impresa crea una cultura di notorietà della griffe.
Tuttavia, i cambiamenti socio economici in atto e l’evolversi della mentalità del
consumatore, nonchè l’accentuarsi della competizione a livello globale, hanno
portato i fattori critici di successo a spostarsi dalla creatività ed esclusività del prodotto,
alla necessità di disporre di politiche di comunicazione sempre più agguerrite ma
raffinate, rivolte al target prescelto, e di disporre di adeguati punti vendita nelle città
più importanti del mondo e nelle zona di maggior prestigio al loro interno.
Il nuovo fattore critico di successo che sembra proporsi negli anni Novanta è il
controllo diretto delle commercializzazione, che permette di proiettare all’esterno
un’immagine coerente con quella desiderata dallo stilista, e di avere un immediato
feed back sui gusti della clientela e sull’andamento del mercato.
L’ingresso nel mercato estero, per quanto riguarda la commercializzazione,
avviene con differenti modalità:
1.esportazione diretta: offre il vantaggio del controllo totale o parziale sulle
politiche internazionali e la possibilità di definire politiche di vendita, di promozione, di
comunicazione, di prezzo e assistenza ai prodotti. Nel passato veniva raramente scelta,
oggi viene scelta per le linee di prêt à porter, destinata a rappresentare l’immagine
della griffe nel mondo, su tutti i mercati più interessanti, ovvero nelle città di maggior
prestigio, nelle vie più belle. La politica di boutique è stata di recente estesa, da parte
delle maggiori firme del prêt à porter italiano (Versace, Armani, Ferrè, Valentino, ecc..)
a mercati particolarmente interessanti dal punto di vista dello sviluppo, quali la Cina, il
Messico, l’ex URSS, l’Asia del Pacifico.
É una politica che garantisce il controllo sull’immagine e sul marchio, non solo a livello
pubblicitario e promozionale, ma anche in termini di qualità del servizio. L’ubicazione
delle boutique, l’arredamento e l’architettura esterne sono scelte in funzione delle
collezioni che sono destinate ad ospitare. La tendenza attuale è non solo quella di
aprire o rilevare boutique, precedentemente in franchising, di un lusso molto evidente
e sempre nei quartieri più eleganti e alla moda, ma anche di aprirne di enormi, rispetto
alle tradizionali dimensioni delle boutique più vecchie.
2. franchising: è una formula scelta per diversi motivi: scarsa conoscenza del
paese, della città, del mercato; difficoltà di gestire direttamente un numero di
boutique molto elevato; difficoltà di reperire personale specializzato e qualificato e
perfettamente integrato nell’ambiente di riferimento. Di solito si adotta una forma
“spuria” di franchising: la licenza di vendita in esclusiva. Si mantiene un certo
controllo sulla distribuzione, evitando però i rischi e i costi del canale diretto
Strategie di internazionalizzazione delle imprese del prêt à porter di lusso italiane
8
Negli anni Novanta appare critico il controllo della distribuzione, e ciò ha
portato molte imprede del settore ad adottare politiche di ingresso diretto nel mercato
estero, rivedendo le precedenti strategie al riguardo. Il canale breve, però, comporta il
sostenimento di enormi investimenti e costi di investimento, nonchè di altri costi di
immagine, per l’acquisto di immobili o di boutique, per la ristrutturazione, il design,
l’arredo, il lancio pubblicitario.
Se si considera poi che le nuove boutique hanno dimensioni impressionanti, si
capisce la necessità di reperire ingenti risorse finanziarie da parte delle imprese del prêt
à porter di lusso.
Inoltre, oggi appare critico il problema della istituzionalizzazione della griffe,
essendo gli stilisti italiani ormai tutti nella mezza età e oltre, e il problema della
successione stilistica all’interno della Maison. Il controllo diretto delladistribuzione finale
e l’istituzionalizzazione della griffe portano alla necessità di managerializzare le imprese
considerate, che, fino ad oggi, hanno avuto un assetto familiare, più che
imprenditoriale.
Molte aziende si stanno muovendo nella direzione di una ristrutturazione
organizzativa, con l’accorpamento di numerose società in poche società di proprietà
di un’unica holding; l’assunzione di manager prestigiosi ed esperti in mercati
internazionali; l’assunzione di personale specializzato e qualificato per l’uso dei sistemi
informativi richiesti per la gestione dei numerosi punti vendita di proprietà.
Alcune aziende poi, come la Gianni Versace S.p.A. e la Giorgio Armani S.p.A.,
controllano direttamente anche alcune aziende di produzione, o progettano di farlo.
Tutto questo viene fatto in vista di un consolidamento delle posizioni raggiunte
nei mercati internazionali e della conquista di buone posizioni, come first entrants, in
mercati in via di sviluppo, per conquistare la fedeltà dei ricchissimi consumatori di
questi paesi.
Attraverso il percorso intrapreso, abbiamo dimostrato le ipotesi iniziali di un
mutamento di paradigma delle imprese del prêt à porter di lusso, e ciò ci ha indotto a
proporre delle conclusioni circa le conseguenze che il processo di cambiamento avrà.
Il controllo della distribuzione e dell’immagine, la managerializzazione delle
imprese e l’assunzione di manager esperti e capaci, richiedono ingenti risorse
finanziarie, che le imprese del prêt à porter di lusso, nonostante le loro ottime capacità
di autofinanziamento e gli elevati margini di guadagno, non sono in grado di produrre
da sole.
Riassunto
9
Per ottenere i loro obiettivi esse dovranno ricorrere a fonti di finanziamento
esterne durature, escludendo quindi l’indebitamento bancario a breve e medio
termine. Le possibilità che si aprono loro sono di due tipi: la quotazione in Borsa
ol’acquisto di una partecipazione da parte di una grande holding, preferibilmente del
lusso.
L’ingresso in Borsa è valutato favorevolmente dai mercati finanziari, perchè le
imprese del lusso vendono anche in periodi di crisi e hanno margini di guadagno molto
elevati (fino al 70%). Inoltre, il mercato del lusso è previsto in crescita nei prossimi anni,
con l’esapndersi dei potenziali consumatori alle classi abbienti dei NIC e dei PVS. La
positiva valutazione è dimostrata dal fatto che le aziende già quotate hanno
performance rilevanti in Borsa: i loro prezzi per azione sono molto elevati rispetto agli
utili per azione, perchè scontano utili futuri attesi molto elevati.
L’alternativa che si pone è quella dell’acquisto totale o parziale dell’azienda
da parte di gruppi industriali o finanziari molto grandi, che dispongono delle risorse
finanziarie indispensabili per sostenere le polithce di crescita delle Maison del prêt à
porter di lusso, e che possono quindi far mantenere loro la competitivtà sui mercati
globali. (per esempio, LVMH in Francia e HPI con Valentino in Italia).