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Introduzione
Il mio interesse verso lo sviluppo di un packaging sostenibile è maturato dopo gli episodi Campani
dell‟estate scorsa, in merito all‟ingovernabile gestione dei rifiuti. Senza dubbio le cause sottostanti
tale situazione sono da ricercarsi nelle sbagliate politiche di gestione che la regione ha attuato.
Ma.
Quelle immagini, mi hanno fatto riflettere sull‟enorme quantità di prodotti, confezioni e quindi
rifiuti che ogni giorno produciamo senza rendercene conto, proprio perché tendiamo a considerarli
una non-merce. L‟adozione di un packaging sostenibile da parte delle imprese faciliterebbe di certo
la riduzione dei rifiuti da un lato e la diminuzione di sostanze inquinanti e nocive per l‟ambiente e
l‟uomo dall‟altro. Decisioni di questo tipo fanno parte di una più ampia visione di “marketing
verde”, un nuovo modo di fare business che allarga il concetto di profitto, migliora la reputazione e
l‟immagine delle imprese e soprattutto rispetta l‟ambiente.
Il primo capitolo è incentrato sull‟identità di marca delle aziende, sull‟importanza di una
comunicazione integrata ben articolata e descrive brevemente come il consumatore di oggi è più
esigente e in base a quali criteri effettua le sue scelte di acquisto.
Nel secondo capitolo si affrontano le tematiche legate al packaging, da semplice strumento della
comunicazione integrata a vera e propria scelta d‟acquisto. L‟evoluzione storica, l‟importanza
acquisita nel corso degli anni e la sua degenerazione.
Nel terzo capitolo viene analizzata la problematica dei rifiuti e i diversi sistemi di smaltimento
prendendo in considerazione anche le nuove prospettive nascenti come il cradle to cradle (un
sistema di progettazione dei prodotti che prevede il riutilizzo sotto altra forma una volta finita la
primaria funzione d‟uso, appunto dalla culla alla culla)
Nel quarto capitolo si fa riferimento alla legislazione vigente in materia di rifiuti, con uno sguardo
dettagliato sui simboli adottati per indicare la composizione del materiale e per facilitare un corretto
smaltimento dei packaging, cercando di capire qual‟é la vera consapevolezza su questi argomenti da
parte dei consumatori.
Il quinto capitolo fotografa il cambiamento che la domanda da una parte e l‟offerta dall‟altra stanno
intraprendendo riguardo ai “prodotti verdi”, in particolar modo si presenteranno quattro casi di
aziende che hanno adottato packaging eco sostenibili.
Il sesto capitolo descrive quali sono i “comportamenti green” che ogni impresa può intraprendere a
piccoli passi e in particolare nell‟adozione di packaging sostenibili. Si sottolinea l‟importanza di
un‟inversione di rotta da parte di governi e aziende, presentando una nuova concezione di business
e ribadendo le differenze sostanziali tra “green marketing” e responsabilità sociale d‟impresa.
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Ringraziamenti
Ringrazio Gianluca Buzzegoli maketing communication manager di Fonti di Vinadio S.p.a., Paolo
Manfredi responsabile marketing del Gruppo Realco Sigma di Reggio Emilia e Vanni Codeluppi
docente presso l‟Università di Modena e Reggio Emilia, per la disponibilità accordatami, Marcello
Tedeschi per aver accettato la proposta di questa tesi e per i suggerimenti durante la stesura.
Federico e Sara per l‟insostituibile appoggio di sempre.
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Strategie di eco marketing:
quando il packaging
diventa sostenibile
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I
La brand identity
“Il branding è una specie di palloncino, che si gonfia
con estrema facilità, ma che in fondo è pieno di aria.
Non deve quindi stupire il fatto che questo sistema
abbia generato dei veri e propri eserciti di critici armati
di spilloni che non vedono l’ora di far scoppiare i palloncini
aziendali e contemplare i brandelli che cadono al suolo”
N.Klein , No logo
1.1 L’impresa che comunica
“….l‟impresa come organizzazione si esprime sia verso l‟interno che verso l‟esterno. All‟interno le
strategie di comunicazione contribuiscono a rinforzare l‟identità collettiva dei membri. All‟esterno,
esse rappresentano l‟azienda, delineando le sue credenze, preferenze, opinioni e ricercano
l‟accreditamento dell‟ambiente, inducendo i suoi interlocutori a condividere i suoi obiettivi o
perlomeno a considerarli legittimi”.
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C‟è stato un tempo quando le imprese, ignorando l‟assioma che afferma l‟impossibilità della “non-
comunicazione”, preferivano il silenzio. E‟ il caso delle prime grandi imprese industriali americane
(Big Business) del XIX secolo. Negli ultimi anni le imprese sono diventate sempre più dei sistemi
aperti con crescenti esigenze di comunicazione con un ambiente sempre più ampio. Le strutture si
sono fatte meno gerarchiche, ed hanno ampliato il loro contesto di riferimento, c‟è stato un forte
impulso all‟esternalizzazione delle attività che ha portato lo sviluppo di numerose dimensioni locali
e periferiche, le caratteristiche e specificazioni immateriali e intangibili dei prodotti hanno
acquisito un rilievo sempre maggiore, attribuendo forti responsabilità etiche e sociali alle imprese.
<<La condizione di eccesso di offerta in particolare impone alle aziende di perseguire linee di
sviluppo caratterizzate da un predominio di fattori immateriali di prodotto e di impresa, senza i
quali risulta impossibile migliorare i risultati raggiunti. Nell‟ambito dei fattori immateriali di
prodotto, ecco quindi che la marca, intesa come “specifica relazione istituita con un dato mercato
per l‟affermazione di una particolare offerta” , assume una criticità fondamentale per il successo
delle attività aziendali; dal momento che ad ogni brand viene associato un insieme di attributi,
altrettanto essenziale diviene l‟analisi, secondo modelli predefiniti, del valore competitivo di tali
attributi, al fine di valutare il patrimonio di marca (brand equity) di cui gli stessi attributi sono
espressione funzionale. Questa particolare attenzione rappresenta un‟esigenza imprescindibile
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Alberto Martinelli, La comunicazione d'impresa e il sistema dei media 1986
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anche per definire e circoscrivere, in modo compiuto i caratteri distintivi di una specifica identità di
marca, quale elemento di legame con il consumatore.>>
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L‟identità di marca coincide con il sistema di valori, di principi, di scelte che essa compie
nell‟ambito della realizzazione delle proprie attività istituzionali. Il rapporto impresa \ immagine è
fondato su quattro assiomi fondamentali:
ogni impresa ha una propria identità e immagine (Brand vision- come l‟impresa intende
operare, identifica cioè i suoi obiettivi; brand culture- identifica quali sono i suoi valori, la
sua cultura; brand relationship- come si relaziona all‟esterno; brand positioning- identifica
qual è il suo posizionamento rispetto ai competitors; brand presentations- identifica quali
sono i suoi codici grafici; brand personality- identifica la personalità della marca);
qualunque componente dell‟attività, del modo di essere, del modo di porsi nel contesto in
cui l‟impresa opera contribuisce in positivo o negativo alla sua identità e quindi alla sua
immagine;
l‟azienda non è in grado di controllare l‟immagine nella sua totalità, come invece è in grado
di fa re per la propria identità;
il proporre un‟identità corrispondente al vero è condizione necessaria per contribuire al
miglioramento dell‟immagine dell‟impresa.
L‟immagine aziendale può essere definita in tre modi diversi:
L‟immagine attesa, che raffigura l‟identità, i valori che sono posti alla base della
comunicazione imprenditoriale e che si vorrebbero veder riconosciuti dai pubblici
destinatari, ossia il modo in cui la leadership d‟impresa spera che vengano interpretati tutti i
messaggi attraverso i quali l‟impresa comunica la propria identità.
L‟immagine riscontrata definisce l‟identità che i destinatari percepiscono, rilevata da
ricerche quali-quantitative, ossia come i comportamenti e le comunicazioni dell‟impresa
sono interpretati dai diversi segmenti di pubblico. Questa percezione è determinata: da
quanto l‟impresa ha comunicato su se stessa, dalle conoscenze dirette dei consumatori, da
considerazioni sulle decisioni dell‟impresa, dai giudizi di altri, considerati influenti, dalle
aspettative che l‟impresa aveva generato e così via.
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F.Gnecchi, P.Ricotti La rigenerazione del portafoglio di marca. 2000-2001
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L‟immagine diffusa o veicolata, ossia quella rintracciata dai ricercatori specializzati,
proveniente sia dalla comunicazione dell‟impresa, sia da ciò che le altre organizzazioni
(associazioni di consumatori, mass media) affermano su quest‟ultima. L‟immagine diffusa è
costituita dall‟insieme di testi che in qualche maniera parlano dell‟impresa: da ciò che
l‟impresa produce direttamente (pubblicità, brochure, stand fieristico) per promuovere se
stessa a ciò che i mezzi di comunicazione di massa scrivono e mostrano su di lei, da ciò che
i concorrenti promuovendo se stessi, implicitamente o esplicitamente dicono sull‟impresa a
ciò che i consumatori asseriscono.
L‟immagine d‟impresa è il risultato delle relazioni tra questi tre concetti di immagine: è la
percezione che i pubblici di riferimento hanno di una impresa, tenendo conto sia delle intenzioni
comunicative dell‟impresa che di tutte le comunicazioni che in maniera implicita o esplicita
circolano sull‟impresa stessa. Nella realtà di solito avviene una mancata coincidenza tra l‟immagine
attesa e l‟immagine percepita. Attraverso ricerche che adottano tecniche di indagine sia quantitative
che qualitative è possibile monitorare come i diversi pubblici percepiscono, nel tempo, l‟immagine
dell‟impresa e verificare come tale immagine si sovrappone all‟identità veicolata, in particolare è
interessante capire le ragioni di eventuali divergenze tra l‟immagine attesa e quella riscontrata, allo
scopo di correggere le strategie comunicative attuate.
L‟identità di marca è pertanto un risultato tra ciò che l‟azienda vuole affermare di sé (il messaggio
che emette) e l‟elaborazione (l‟interpretazione) di questo messaggio da parte dei consumatori che
possono ad esempio non credere ad alcuni messaggi emessi dalla marca, o al contrario utilizzare
alcuni degli elementi contenuti nei messaggi e aggiungerne altri propri, derivati dall‟esperienza,
dalla conoscenza della marca e dei suoi prodotti, costruendosi così una percezione soggettiva.
Una marca si costruisce attorno a un benefit funzionale o simbolico, perché è un elemento per
affermare un prodotto, è ciò che un prodotto deve promettere per interessare il consumatore, per
soddisfare un suo bisogno-latente, espresso, materiale o immateriale; è un‟entità immateriale, che
non necessariamente deve fare qualcosa su un piano materiale (valore funzionale), mentre deve
necessariamente dare qualcosa sul piano immateriale (valore simbolico).
La marca svolge alcune funzioni fondamentali verso il consumatore:
Identificazione-motore semiotico: è un collettore di segnali come nomi, colori, percezioni,
aspettative ecc. E‟ una sintesi di aspetti materiali e immateriali legati all‟immaginario
evocato dal prodotto. Fa riferimento alla creazione di quel valore specifico, ossia di quel
mondo possibile, che, attribuito alla marca, permette di moltiplicare il suo valore più
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oggettivo e materiale e di creare la differenza tra la propria identità e immagine e quelle dei
concorrenti.
Orientamento-rappresenta un segnale conosciuto e chiaro che evita di dover pensare la scelta
ogni volta. Deriva anch‟essa dal processo di costruzione del valore e dalla creazione di
aspettative.
Garanzia-si caratterizza per un vissuto consolidato e quindi offre rassicurazione. Costruzione
di un rapporto di fiducia e credibilità con i propri consumatori.
Gratificazione-il consumatore compra un sistema di offerta che è fonte di gratificazione
perché soddisfa aspettative profonde e complesse.
Auto-espressione-esprime il bisogno di prodotti adatti al singolo soggetto quali espressione
di equilibrio tra vita naturale ed edonistica.
Affettivo-emotiva-fa riferimento alla capacità di creare una relazione affettiva ed emotiva
con i propri consumatori. E‟ in grado di predisporre i destinatari a una maggiore
cooperazione interpretativa con la conseguenza che il punto di vista dell‟impresa emittente
sarà probabilmente più condiviso.
Estensiva-possibilità di attuare più efficacemente operazioni di estensione della marca. A
partire dagli anni ottanta la marca, pensata per prodotti con un preciso uso all‟interno di uno
specifico settore merceologico, allarga i propri confini ampliando gli usi e i settori in cui è
presente. Questa estensione della marca ad altri prodotti appartenenti a settori, all‟inizio
limitrofi (extension) e poi sempre più lontani (stretching) ed estranei è un modo per
capitalizzare la cedibilità e fiducia acquisite nel settore d‟origine. I rischi di una tale
operazione sono relativi a un‟eventuale dispersione del capitale valoriale della marca che
avviene quando il mondo possibile originario diviene non credibile all‟interno del nuovo
settore.
Per gestire una marca bisogna: tenere sotto controllo le tendenze in atto attraverso una verifica
periodica della relazione marca-consumatore, sintonizzando la marca sui valori della società perché
i prodotti sono spesso un veicolo di auto espressione del consumatore verso gli atri; innovare in
modo intelligente perché qualsiasi marca, anche leader e dotata di un‟immagine prestigiosa è
destinata a perdere incisività e pregnanza se si limita ad una visone conservatrice; evitare l‟eccesso
di promozioni in quanto troppa enfasi alle politiche di promozione rischia di destrutturare il
patrimonio simbolico della marca. Bisogna poi tenere presente che la storia e la reputazione