settoriale e le possibili affinità che questo poteva avere con il settore
alcolico.
Grazie a questo lavoro preliminare, ho potuto valutare le motivazioni, che
hanno spinto il management di F.lli Averna ad effettuare le scelte
strategiche che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni di attività di
questa azienda.
Questi mesi hanno rappresentato per me il coronamento del processo
formativo e di crescita, maturati in questi anni di università. Grazie a
quest’esperienza, infatti, ho potuto toccare con mano la realtà
competitiva in cui le aziende si confrontano tutti i giorni.
Per questo motivo, un grosso ringraziamento devo renderlo a tutte le
persone che in questi mesi mi sono state vicine e mi hanno seguito
donandomi parte del loro tempo prezioso.
Profonda gratitudine, va innanzitutto ai signori Averna che mi hanno
permesso di poter vivere questa avventura, ed in particolare alla Sig.ra
Luisa Averna che dal punto di vista dell’imprenditore, mi ha narrato e
motivato, alcune scelte strategiche che in più di un secolo di storia, F.lli
Averna ha messo in atto.
Un grosso “grazie”, va al Dott. La Spada che mi ha consentito di
continuare la mia esperienza anche nella sede commerciale di Milano.
Altrettanta riconoscenza va al Direttore Marketing di F.lli Averna, Dott.
Vavassori che mi ha seguito con molta pazienza, fornendomi indicazioni
preziose per lo svolgimento della tesi.
Sentiti ringraziamenti, vanno al Dott. Gringoli, Direttore Generale di
Pernigotti, che mi ha illustrato, gentilmente, la storia della società e le
linee strategiche dell’azienda prima e dopo la fusione con F.lli Averna.
Tanta gratitudine, va anche al Responsabile per le Relazioni con il
Personale, Dott. Vitali, che mi ha fornito tutte le informazioni necessarie
al fine di conoscere l’assetto organizzativo del gruppo e mi ha coordinato
tra le varie aree funzionali.
Un grazie, va anche al Direttore Marketing di Pernigotti, Dott. Serafini,
che mi ha fornito delle informazioni molto interessanti sul mercato
dolciario e sulle strategie di marketing dell’azienda.
PARTE PRIMA
1 ANALISI DI SETTORE
1.1 Introduzione
La formulazione di una strategia competitiva è diretta a collegare
un’impresa con il proprio ambiente di riferimento.
Le variabili ambientali che influenzano la vita dell’impresa, sono
molteplici e comprendono sia le forze economiche sia quelle sociali,
intese in senso ampio. In questo contesto, il ruolo maggiore,
nell’influenzare le scelte strategiche di un’impresa è dato dal settore o dai
settori industriali in cui essa opera.
Nell’ambiente competitivo in cui l’azienda è immersa, infatti, sono
presenti dei fattori (concorrenti esistenti, potenziali entranti, prodotti
sostitutivi, potere contrattuale dei clienti e dei fornitori), la cui azione
congiunta, secondo Porter, determina il potenziale profitto finale del
settore industriale.
1
Il mio obiettivo sarà, quello di identificare i principali aspetti strutturali
che determinano l’intensità dei fattori competitivi all'interno del settore
dei superalcolici e di quello dolciario e quindi valutarne la profittabilità.
1
Porter M. La strategia competitiva, Bologna, Compositori, 1982, p. 11.
Il primo passo di questa analisi sarà quello di segmentare i due settori
(quello dei superalcolici e quello dolciario), in base alla tecnologia
utilizzata, ai bisogni del consumatore da soddisfare e alle modalità di
utilizzo.
Dopo aver effettuato l’analisi di ogni singolo segmento di mercato
passerò all’analisi competitiva complessiva di ognuno dei due settori.
Prima di iniziare, però, ritengo opportuno definire cosa s’intende per
“settore”.
1.2 Definizione di un settore
Le definizioni di settore sono molteplici all’interno della letteratura
aziendale ed ognuna di queste può essere opinabile.
Nella lingua italiana, la parola “settore” significa: “parte”, “porzione”.
Trasportato nella terminologia economica, infatti, questa parola, si
riferisce ad una porzione funzionalmente divisibile del sistema
economico generale.
Il problema principale, però, è quello di come stabilire la porzione del
sistema produttivo complessivo che deve essere studiata in relativo
isolamento rispetto a tutto il resto.
Il primo a dare rilevanza scientifica allo studio di questo argomento è
stato Marshall, che definì per la prima volta un settore come “un insieme
di imprese similari”.
Da allora molte definizioni sono state date sull’argomento, e tutte
osservate sotto diversi punti di vista (Tabella 1).
Autore Definizione di settore
Marshall Insieme di imprese similari
Chamberlain Insieme delle imprese in concorrenza diretta tra loro
Robinson Gruppo di imprese che producono una stessa merce o merci
sostituibili rispetto al loro uso
Abbott Collezione di prodotti che assolvono una stessa funzione
Scherer Insieme di imprese che offrono prodotti, agli occhi dei
consumatori, considerati validi sostituti gli uni con gli altri
Edwards Insieme delle imprese che soddisfano lo stesso bisogno dei
consumatori
Andrews Insieme di imprese che adottano processi produttivi simili
Tabella 1: Definizione di settore
Sebbene alcuni studiosi definiscono il settore come l’insieme d’imprese
che producono beni identici, altri lo vedono come l’insieme dei beni che
soddisfano il medesimo bisogno del consumatore.
2
Ancora oggi il dibattito su come definire un settore è aperto. Noi, nel
corso di questo lavoro di tesi, intenderemo come settore, l’insieme delle
aziende che presentano analoghe combinazioni di processi produttivi
caratteristici che operano all'interno degli stessi mercati o in mercati
strettamente correlati.
2
Ferrucci L., L’impresa nel sistema competitivo, Dispense A.A. 1997-98.
1.3 Analisi di un settore
L’ambiente che influenza maggiormente la performance di un’azienda è
quello settoriale. Lo scopo della strategia, infatti, è quello di aiutare
l’impresa a sopravvivere e realizzare profitti. Di conseguenza, il punto di
partenza per l’analisi di settore è dato dalla comprensione dei fattori che
determinano il relativo livello di redditività.
Gli studi di economia industriale indicano come la struttura del settore
orienti il comportamento e ne determini la redditività. Quindi l’esame
delle caratteristiche strutturali principali di ogni particolare settore e delle
loro interazioni consente di prevedere i comportamenti competitivi
probabili e i conseguenti livelli di redditività.
3
Porter, al fine di analizzare un settore, identifica una molteplicità di
fattori che possono influenzarne le caratteristiche e di conseguenza i
comportamenti delle imprese che vi operano.
Egli individua, come si può notare dal grafico seguente (Figura 1), cinque
tipologie di forze competitive che particolarmente, possono influenzare la
redditività di un settore.
Le forze competitive dei concorrenti del settore, dei potenziali entranti e
dei prodotti sostitutivi, possono essere classificate come forze di tipo
orizzontale.
Quelle derivanti dal potere contrattuale dei fornitori e degli acquirenti,
sono di tipo verticale.
4
3
Grant R., L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, Bologna, 1998, p.73-113.
4
Grant R., L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Il Mulino, Bologna, 1998, p.73-113.
Figura 1: Modello di Porter sulle cinque forze competitive.
1.3.1 Concetto di concorrenza allargata
L’esistenza di questi fattori dimostra, che la concorrenza, in un settore va
ben oltre il comportamento degli attori consolidati. Secondo questa nuova
visione, i clienti, i fornitori, i prodotti sostitutivi ed i potenziali entranti
sono tutti concorrenti per le imprese di un determinato settore. Secondo
questa concezione la concorrenza va intesa in senso più ampio e può
essere definita come “concorrenza allargata”.
5
La sommatoria di queste forze, quindi, determina la performance del
settore misurata in potenzialità di profitto.
L’obiettivo che l’impresa deve porsi, è di ricercare nel settore la
posizione in cui meglio si può difendere da tali forze o volgerle
addirittura a suo vantaggio.
6
La conoscenza, perciò, dei fattori fondamentali da cui si genera la
tensione concorrenziale permette di valutare il grado di attrattività di un
settore e fornisce alle imprese la base per lo sviluppo di programmi di
azioni più coerenti e meglio focalizzati rispetto al resto del contesto
ambientale.
5
Porter M., La strategia competitiva, Bologna, Compositori, 1982, p. 13.
6
Valdani E., Marketing strategico. Una impresa proattiva per sviluppare capacità market driving e
valore, Etas Libri, Milano, 1998, p. 215.
2 IL SETTORE DEI SUPERALCOLICI
2.1 Introduzione al settore dei superalcolici
Occorre precisare che in Italia, si definisce superalcolico, un prodotto il
cui volume è composto per almeno il 22% da alcol.
7
Pertanto, allo scopo di definire il settore dei superalcolici, faremo
riferimento all’insieme di imprese produttrici di bevande con un
contenuto alcolico superiore od uguale alla percentuale sopra ricordata e
caratterizzate da combinazioni di processi produttivi simili.
La struttura del settore è quella propria di un mercato in concorrenza
monopolistica. Infatti, lo scenario competitivo, è dominato da poche
grandi imprese che nella maggior parte dei casi fanno capo a
multinazionali e dalla contemporanea presenza di numerose imprese di
dimensioni minori.
Esistono barriere all’ingresso che sono, almeno nella fase iniziale,
relativamente basse. In particolare quello dei superalcolici è un settore
caratterizzato da una produzione ipersegmentata e dalla presenza, in ogni
segmento, di una molteplicità di prodotti con caratteristiche simili. Ogni
grande produttore tende, infatti, ad implementare in ogni direzione la
gamma, anche per sfruttare le eventuali sinergie distributive.
Le imprese del settore utilizzano le strategie di marketing per enfatizzare
o consolidare la propria quota di mercato e attuano una no-price policy,
7
Meno alcol nei superalcolici, Bargiornale gennaio 2000.
puntando sulla marca e sulla differenziazione del prodotto, facendo un
intenso uso della comunicazione pubblicitaria e della promozione.
8
Quello degli alcolici è un mercato maturo, in una fase declinante dei
consumi che dura da diversi anni e le cui prospettive future non sono
certamente ottimistiche. A conferma di ciò, infatti, lo scorso anno, il
mercato nazionale degli alcolici ha subito una flessione del 2% rispetto
l’anno precedente.
9
Questa situazione sta determinando un aumento della competitività tra le
imprese che sta spingendo verso una riformulazione dei loro assetti
societari e sta portando al consolidamento delle grandi imprese attraverso
fusioni ed acquisizioni.
La crisi che ha colpito il mercato in esame, non riguarda solo l’Italia, ma
anche la gran parte dei Paesi occidentali più ricchi, compresi quelli
dell’U.E. e del Nord America.
Spiragli di crescita, invece, si registrano nei Paesi dell’Est Europeo,
dell’America Latina e dell’Asia Orientale (come Cina, Giappone,
Malesia, Taiwan, Tailandia e Vietnam)
10
Il mercato mondiale è, oggi, controllato da nove grandi gruppi ed è
quindi fortemente concentrato. I movimenti di selezione e di
ristrutturazione dell’apparato aziendale e di razionalizzazione dei
processi produttivi hanno comportato un netto calo degli addetti
produttivi e un corrispondente aumento degli addetti alla distribuzione.
8
Valdani E., Marketing strategico, Etas Libri, Milano, 1998, p. 160.
9
Bilancio di esercizio al 31/12/1999 di F.lli Averna S.p.A.
10
Kwiatkowski A., Alcolici in crisi: la colpa è del vino?, Bargiornale, Giugno 1999, p. 75.
Il consumo di superalcolici in Italia nei dieci anni dal 1989 al 1998 è
diminuito complessivamente del 16% in volume, cioè, è passato da 203
milioni di litri a 170,5 milioni, con un calo medio annuo dell’1,8%.
Solo nella prima metà del periodo, tra l’89 e il ‘93, si rileva un calo del
14% pari al -3,4% annuo. Questo trend, ha poi rallentato, attestandosi
intorno ad un -0,7% l’anno.
11
Ad oggi il mercato sembra essersi stabilizzato su questi livelli, ma è in
ogni caso un settore in calo.
Quest’evoluzione del mercato ha portato a sensibili modificazioni della
struttura del settore. Tali modificazioni si sarebbero accentuate negli anni
recenti per effetto di movimenti di capitali, di concentrazioni aziendali e
finanziarie, di integrazioni verticali con buoni risultati in termini di
economie di scala.
L’apparato produttivo continua però ad essere caratterizzato da una
miriade d’imprese e da una netta diversificazione aziendale quanto a
dimensione, produzione ed organizzazione.
Nella miriade dei produttori, si è formato un gruppo di imprese
importanti che dispongono di un efficiente organizzazione, di una
capillare distribuzione, di impianti moderni e di un complesso apparato di
servizi complementari come ad esempio, laboratori di ricerca, studi di
mercato, pubblicità.
Parecchi dei complessi maggiori hanno anche esteso la loro attività
produttiva all’estero con l’acquisizione parziale o totale di aziende già
esistenti oppure con la costituzione di filiazioni.
11
Kwiatkowski A., Il made in Italy salva i consumi, Bargiornale, Novembre 1999, p. 130.
In una situazione competitiva non facile come quella delineata, le grandi
aziende puntano ad una politica di marca volta a fidelizzare il
consumatore, facendo leva su certi contenuti simbolici propri del
prodotto.
Le imprese di piccole dimensioni, invece, che non possono affrontare
ingenti spese di comunicazione, attuano una strategia di nicchia.
2.2 Segmentazione del settore
L’estrema articolazione del mercato per tipo di prodotto e per tipologia di
consumo, toglie significatività ad una valutazione unitaria del mercato
stesso.
Pertanto si opera in una segmentazione del mercato in funzione sia delle
caratteristiche dei prodotti, sia del momento e dell’occasione di consumo.
Il settore si divide in due macro-segmenti: liquori e acquaviti. Nel primo
sono compresi il segmento amari-chine-fernet e quello dei liquori dolci.
Il secondo si può invece suddividere in: brown spirit
12
e White spirit
13
(Figura 2).
La segmentazione è effettuata in base a:
• Tecnologie e materie prime utilizzate, Know-how specifici;
• Funzioni d’uso servite;
• Gruppi di clienti.
12
Possono essere classificabili tra i brown spirit, superalcolici come whisky, brandy, cognac e
armagnac.
13
Possono essere classificabili tra i white spirit, superalcolici come vodka, gin, rum, tequila, grappa,
acquavite d’uva e di frutta.
Il regolamento comunitario n. 1576/89, definisce bevande spiritose, “il
liquido alcolico destinato al consumo umano ottenuto o mediante
distillazione di prodotti fermentati naturali o attraverso l’infusione di
sostanze vegetali nell’alcol etilico”.
Figura 2: Segmentazione del settore dei superalcolici.
I liquori comprendono tutte quelle bevande spiritose ottenute per
infusione e miscelazione.
Le acquaviti, invece, sono bevande ottenute mediante distillazione. La
differenza tra brown e white spirit, sta nel fatto che i primi richiedono
necessariamente un periodo minimo d’invecchiamento.
14
I white spirit, infatti, sono solo le bevande spiritose ottenute mediante
distillazione e non soggette alla fase di invecchiamento.
Per quanto riguarda le funzioni d’uso principali dei diversi segmenti, i
liquori, sono fondamentalmente utilizzati come digestivi al termine dei
pasti.
I brown spirit, sono consumati per soddisfare i bisogni di tipo edonistico
per un’autogratificazione personale.
I white spirit sono consumati come elemento di aggregazione sociale,
infatti, sono bevuti sia “lisci” sia “miscelati” come basi o correttivi per
cocktail e long drinks.
14
Il loro colore ambrato e tendente al marrone è dovuto, appunto, all’invecchiamento del distillato in
botti di legno.