5
La tesi è divisa in due parti: una parte teorica e una parte empirica.
Il punto di partenza della prima parte è la relazione biunivoca tra ambiente, strategia e
struttura (Mottura, 2007). Partendo da questo approccio possiamo arrivare a definire la
strategia di un operatore finanziario come una scelta che dipenda sia dall’evoluzione
dell’ambiente, sia dalla struttura della banca.
Il primo capitolo della tesi si occupa della definizione della relazione ambiente, strategia
e struttura, della descrizione dell’evoluzione della struttura della banca e della
definizione delle Aree Strategiche d’Affari (ASA).
Sono descritte le cause che hanno portato all’evoluzione della struttura bancaria dagli
anni Trenta agli anni precedenti la crisi economica. Si analizzano le variazioni
ambientali sia da un punto di vista normativo (variazione della normativa sulle banche)
sia da un punto di vista ambientale (variazione dei mercati, della domanda, dei bisogni
dei consumatori, innovazione finanziaria, ecc.).
Si propone un inquadramento teorico della struttura che gli operatori finanziari hanno
adottato nel periodo precedente la crisi economica. Definiamo le principali Aree
Strategiche d’Affari (ASA) in cui i Gruppi bancari operano e le strutture organizzative
utilizzate dagli operatori per sfruttare al meglio le conoscenze, l’esperienza, il know-
how e le sinergie presenti all’interno della banca. Le ASA considerate sono: retail
banking, private banking, corporate banking, investment banking, asset management e
assicurazioni.
L’attenzione è posta, principalmente, nella definizione dell’ASA investment banking,
sia perchØ si ritiene di cruciale importanza nell’analisi di una strategia di
diversificazione e sia perchØ la definizione che verrà proposta non è condivisa in pieno
dalla letteratura. Infatti, questa attività permette alla banca di passare da un ruolo di
intermediario passivo tra le parti (servizi bancari tradizionali) a un ruolo di protagonista
nel mercato (maggiore orientamento al mercato). Questa è l’area in cui gli operatori
attuano le loro strategie di diversificazione per aumentare i propri ricavi ed è anche
l’area che ha contribuito a causare l’inizio della crisi economica.
Nel secondo capitolo affrontiamo il problema delle scelte strategiche confrontando la
scelta di diversificazione con la scelta di specializzazione.
Gli intermediari, di fronte alla possibilità di diversificare, stabiliscono se hanno
sufficienti risorse o se sono in grado di acquisirle per fornire al cliente una gamma di
prodotti completi e un servizio di alto valore; oppure, si specializzano in un'unica ASA
o in un’area di affari e offrono un servizio seguendo strategie di leadership di costo o di
6
differenziazione. In entrambe le strategie, l’obiettivo è sempre di aumentare il valore per
gli azionisti.
Entrambe le strategie hanno vantaggi e svantaggi e la letteratura non propone una
valutazione condivisa su quale delle due strategie è maggiormente performante e su
quale ha superato con danni minori la crisi economica. Una certezza sul fatto che la
diversificazione porti benefici non esiste. Una migliore performance dipende dalle
risorse, dalle capacità manageriali e dalle conoscenze di ciascun intermediario.
Il terzo capitolo analizza le cause della crisi economica soffermandosi maggiormente
sul modello di intermediazione Originate-to-Distribute. Questo modello ha dato alle
banche la possibilità di:
1. diversificare il rischio di credito;
2. smobilizzare il portafoglio crediti del proprio attivo;
3. ricostruire nuova liquidità disponibile;
4. ridurre i costi sostenuti dalla banca;
5. raggiungere mercati che con strumenti normali non si potrebbero raggiungere.
Questi vantaggi sono raggiungibili eseguendo un’operazione di cartolarizzazione.
¨ un’operazione che consiste nella possibilità, per l’originator, di trasferire attività non
liquide e non negoziabili a un veicolo costituito appositamente (Special Purpose
Vehicle), il quale ha il compito di emettere titoli sul mercato e collocarli presso gli
investitori. I titoli emessi sono divisi in classi a seconda del rating, con un merito
creditizio che è maggiore tanto è piø alta la priorità nella distribuzione dei cash flow
degli asset.
L’operazione in sØ non può essere causa della crisi economica, infatti la possibilità di
smobilizzare il proprio attivo non costituisce nessun problema per il mercato
finanziario.
A causare la crisi economica sono stati i comportamenti opportunistici degli operatori
finanziari, così riassumibili in:
1. utilizzo di asset con merito creditizio sempre piø basso (mutui sub-prime);
2. ripetizione dell’operazione per emettere successivi livelli di titoli con una forte
opacità.
Queste operazioni sono una delle cause principali della crisi economica e molte banche
hanno dovuto richiedere aiuti agli Stati e alle banche centrali.
7
Successivamente, nel capitolo, vengono presentate le soluzioni che la letteratura
propone per il superamento della crisi economica, per il miglioramento della vigilanza
internazionale e per aumentare la solidità bancaria. Tutto questo considerando l’attuale
instabilità dei mercati e il recente problema del debito pubblico per alcuni Stati europei.
Nella seconda parte della tesi vengono effettuate due analisi empiriche.
La prima riguarda la struttura organizzativa delle banche del campione nel 2009 e nel
2010. Il campione è composto dalle maggiori 18 banche europee per totale attivo.
Nella prima analisi vengono stabilite 5 Aree Strategiche d’Affari standard e le banche
vengono classificate in base ai rapporti dei ricavi netti dell’ASA sui ricavi netti totali
della banca. Le banche sono classificate all’interno di quattro modelli di business:
banche retail focused, banche retail e corporate & investment banking focused, banche
global, bancassurance & global, piø un insieme di banche non riconducibili ai modelli.
In seguito viene definita la struttura organizzativa di ciascun gruppo bancario del
campione.
L’analisi ci permette di determinare il livello di diversificazione e la struttura
organizzativa che ciascuna banca del campione adotta.
La seconda analisi ha l’obiettivo di esaminare i cambiamenti organizzativi e strutturali
che le istituzioni finanziarie del campione hanno avuto negli anni successivi alla crisi
economica utilizzando alcuni indicatori di performance.
Il periodo considerato è 2006-2010 e il campione è formato dalle 13 banche che
nell’analisi precedente abbiamo inserito nei primi tre modelli di business: banche retail
focused, banche retail e corporate & investment banking focused e banche global.
Gli indicatori utilizzati ci permettono di valutare l’impatto della crisi economica sulle
banche del campione e la loro reazione negli anni successivi.
¨ possibile confrontare le performance degli indicatori delle banche retail con quelli
delle banche global in modo da valutare se le banche che hanno attuato strategie di
diversificazione piø forti (banche global) abbiano ottenuto o no maggiori performance
rispetto alle banche meno diversificate (banche retail) e come queste performance sono
mutate nel periodo successivo alla crisi economica.
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PARTE I
STRUTTURA ORGANIZZATIVA E STRATEGIE DI
DIVERSIFICAZIONE
12
1. La struttura organizzativa
In questo capitolo analizziamo l’evoluzione della struttura bancaria e l’influenza delle
variazioni dell’ambiente e della strategia sulla stessa.
L’approccio utilizzato fa riferimento alle relazioni biunivoche tra ambiente, strategia e
struttura (Mottura, 2007), dove la strategia dipende sia dagli aspetti endogeni e
macroeconomici esterni, sia dall’organizzazione e dalle risorse intangibili della banca.
Questo paradigma si focalizza sulla forte dinamica ambientale e sullo sviluppo
strategico della banca.
Per dinamica ambientale si intendono tutti gli eventi esterni alla banca che possono
influenzare le scelte strategiche della stessa: le crisi finanziarie, la domanda dei
consumatori, l’intensità della concorrenza, l’innovazione finanziaria, la variazione della
normativa, ecc.
L’ambiente si può analizzare secondo due punti di vista:
1. Prospettiva normativa. Riguarda le variazione delle norme e le scelte delle
autorità di vigilanza che impongono dei vincoli alle scelte strategico-
organizzative delle banche.
2. Prospettiva ambientale. Fa riferimento alle variazione e all’evoluzione del
mercato e degli strumenti utilizzati che portano a un continuo mutamento delle
banche.
La strategia riguarda tutte le scelte rilevanti fatte in base all’analisi dell’ambiente e delle
risorse interne disponibili; in particolare comprende tutte le scelte delle combinazioni
prodotto/segmento di clientela/area geografica. L’obiettivo è di pianificare una gestione
che produca valore per gli azionisti e che porti un vantaggio competitivo rispetto ai
concorrenti.
La letteratura presenta due principali strategie che è possibile adottare:
1. strategia di specializzazione;
2. strategia di diversificazione.
Queste strategie fanno riferimento alla possibilità di operare solamente in un’Area
Strategica d’Affari (ASA), la prima, o in piø ASA, la seconda. Per ASA si intende la
combinazione distintiva di segmenti, prodotti e tecnologia.
13
La struttura è l’insieme delle risorse tangibili e intangibili a disposizione della banca e
dei modelli organizzativi utilizzati per sfruttare le risorse al fine di implementare al
meglio la strategia. Uno degli errori piø comuni in questo campo è l’affermazione: “La
struttura dipende dalla strategia”. Questa affermazione è errata perchØ il rapporto tra
strategia e struttura è biunivoco; infatti, la strategia viene determinata in base alle risorse
a disposizione e all’organizzazione aziendale che si è consolidata nel tempo, la quale
allo stesso modo, può variare al modificarsi della strategia.
Nei paragrafi successivi viene fatta una rassegna dei mutamenti dell’attività bancaria
dovuti sia alla variazione della normativa, sia alla variazione ambientale. L’obiettivo di
questo primo capitolo è di inquadrare la struttura attuale delle banche analizzando le
Aree Strategiche d’Affari in cui possono operare e i modelli organizzativi che hanno
utilizzato per cercare di sviluppare la propria strategia.
1.1 L’evoluzione della struttura organizzativa della banca
L’attività bancaria in Europa
1
, prima degli anni Ottanta, coincideva quasi totalmente
con l’attività di intermediazione creditizia, dove i servizi offerti dalla banca erano:
servizi di incasso e pagamento, raccolta del risparmio presso il pubblico (depositi e
obbligazioni) e concessioni di finanziamenti. Gli Stati imponevano alle banche di
svolgere solamente queste attività attraverso leggi approvate dopo la grande crisi degli
anni Trenta.
In Italia, per esempio, prima della Legge Bancaria del 1936
2
, le banche avevano elevate
partecipazioni nelle imprese industriali (banche miste) che costrinsero lo Stato e la
Banca Centrale a compiere salvataggi in seguito alle perdite dei bilanci delle imprese; in
quanto causarono la svalutazione delle partecipazioni e il conseguente rischio di
fallimento delle banche. Per evitare altre situazioni simili venne approvata la Legge
Bancaria del 1936, che imponeva la separazione fra banca e industria, la separazione fra
credito a breve termine e credito a lungo termine e definiva l’attività bancaria come una
funzione di interesse pubblico.
1
Si veda Mottura P., Paci S. (2009), “Banca. Economia e gestione”, Milano, Egea.
2
RDL 375/1936, modificato con il RDL 1400/1937, e convertito nella Legge 141/1938 e poi L.
636/1938.
14
Mottura e Paci (2009) definiscono questo “modello di intermediazione” deposit-funded.
¨ un modello che si basa sul margine di interesse, cioè la redditività della banca dipende
dalla sua capacità di raccogliere capitale a un tasso di interesse piø basso e di concedere
capitale a un tasso di interesse piø alto.
Dal 1986 al 1992 la Comunità Economica Europea (Unione Europea dall’1 gennaio del
1993) ha approvato i regolamenti e le direttive, recepiti negli anni successivi dai singoli
Stati, che portarono una deregolamentazione a livello geografico, a livello di
prodotto/servizio e alla conseguente possibilità per le banche di ampliare la loro attività
anche nel settore mobiliare. I principali passaggi normativi sono stati:
1. l’unificazione del mercato europeo dei servizi finanziari (Single European Act
del 1986);
2. la liberalizzazione dei movimenti internazionale dei capitali (Capital
Liberalization Directive del 1987);
3. la vigilanza prudenziale sugli intermediari bancari con focalizzazione
sull’adeguatezza patrimoniale (Primo Accordo di Basilea sul Capitale);
4. l’armonizzazione degli ordinamenti bancari in campo comunitario (Second
Banking Coordination Directive del 1988);
5. la regolamentazione comunitaria dei servizi di investimento (Investment
Services Directive del 1992).
Parallelamente all’evoluzione regolamentare, si è verificato lo sviluppo e il progresso
del mercato mobiliare (negoziazione e conclusione di contratti finanziari nei circuiti di
scambio diretti), dovuto a una domanda sempre maggiore rispetto ai servizi bancari
tradizionali. La crescita ha portato alla formazione e allo sviluppo di fondi comuni di
investimento (molti risparmiatori hanno potuto investire in titoli azionari e
obbligazionari grazie al meccanismo della gestione collettiva del risparmio che
permetteva loro di diversificare il rischio), ha favorito l’emissione da parte delle
imprese di titoli obbligazionari come forma alternativa di finanziamento e ha portato
alla formazione di un mercato mobiliare internazionale.
Si assiste così a una maggiore sofisticazione della domanda: lo sviluppo del mercato
mobiliare e la crescente domanda di investimenti alternativi rispetto a quelli tradizionali
ha ridotto i volumi di intermediazione creditizia e ha portato a una riduzione dei margini
di interesse per le banche, peggiorando la loro redditività. Le banche per compensare
l’indebolimento delle loro performance, sfruttando la deregolamentazione, hanno potuto
15
modificare la propria struttura e ampliare le proprie attività. I cambiamenti principali
sono stati:
1. la privatizzazione delle strutture proprietarie delle banche;
2. la possibilità per le banche di diversificare la loro attività in settori diversi da
quelli dell’intermediazione creditizia (ampliamento dei prodotti/servizi);
3. la possibilità per operatori non bancari di entrare nell’area dell’attività bancaria,
pur con il divieto di effettuare raccolta del risparmio ed esercizio del credito
congiuntamente (ampliamento del numero degli operatori);
4. la possibilità di operare in tutti i mercati dell’Unione Europea (ampliamento
dell’estensione geografica dei mercati).
Privatizzazione delle strutture proprietarie delle banche. La banca, pur avendo ancora
rilevanza di interesse pubblico
3
, diventa privata e quindi soggetta alle dinamiche del
mercato come qualsiasi altra impresa. L’obiettivo per le banche diventa la produzione di
valore per gli azionisti e quindi lo sfruttamento di tutte le leve possibili per aumentare il
ROE (Return On Equity). Il maggiore riguardo nei confronti degli azionisti favorisce
l’informazione e la comunicazione esterna.
Questo porta alla formulazione di strategie di sviluppo, di diversificazione e di
posizionamento per avere vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti.
In Italia la legge Amato del 1990
4
avvia la trasformazione delle banche in S.p.A.
5
. Gli
obiettivi del nuovo modello societario sono quelli di consentire alle banche di
raccogliere capitali anche sul mercato e di operare con maggiore efficienza, economicità
e trasparenza.
Ampliamento dei servizi. Le banche entrano in mercati diversi da quelli in cui operano
tradizionalmente con i vantaggi di ampliare la propria gamma di servizi, di sviluppare
economie di scopo e di scala
6
(in caso di aumento dimensionale). Le difficoltà principali
3
Questo è dimostrato dal salvataggio delle banche in difficoltà effettuato dai governi dopo il fallimento di
Lehman Brothers avvenuto il 15 settembre 2008.
4
L. 218/1990 e DLgs 356/1990 (“Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo
creditizio”).
5
Si concluse con l. 474 del 1994 che portò alla dismissione delle partecipazioni da parte delle Fondazioni.
6
Non tutti gli autori concordano sulla possibilità di avere economie di scala nell’attività bancaria; si veda
Mottura P. (2007), “Banche. Strategie, organizzazione e concentrazioni”, Milano, Egea, p.85-94.
16
sono quelle di sviluppare prodotti che prima non conoscevano, operare in mercati nuovi
e concorrere con operatori specializzati in quella attività.
L’ampliamento della gamma di servizi è la causa dell’evoluzione nel modello “banca
universale”.
Per questi nuovi servizi offerti, la banca non assume posizioni di debito o di credito per
conto del cliente (non si interpone come controparte del prenditore e del datore di
fondi), ma effettua operazioni finanziarie in nome e per conto del cliente (attività
mobiliare).
Nascono opportunità di diversificazione dell’attività, di innovazione finanziaria e
tecnologica e di offrire ai clienti servizi che sono la combinazione di diversi prodotti.
Muta il contesto competitivo di riferimento che si sposta dall’attività di intermediazione
creditizia ad attività piø redditizie come: asset management, investment banking, private
banking, ecc.
Ampliamento del numero degli operatori. Si riducono le barriere all’entrata, la
complessità del mercato bancario aumenta e cresce il numero di operatori finanziari. I
concorrenti non sono piø solamente intermediari creditizi ma sono banche, che oltre a
svolgere l’attività bancaria tradizionale operano anche nel mercato mobiliare, e
operatori come società specializzate (soprattutto nel credito al consumo), gruppi
assicurativi, fondi di investimento, SGR, ecc.
L’aumento della concorrenza ha costretto gli operatori bancari a perseguire strategie di
aumento dimensionale per mantenere o aumentare la propria quota di mercato, sia
attraverso una crescita interna, sia attraverso una crescita esterna.
Ampliamento dell’estensione geografica dei mercati. Il mercato in cui è possibile
operare si espande e aumenta la concorrenza dovuta all’ingresso di operatori bancari
stranieri nel mercato interno. Questo, insieme all’aumento dei servizi e della
concorrenza, porta la maggior parte delle banche ad adottare strategie di aumento
dimensionale attraverso fusioni e incorporazioni per competere con gli intermediari di
piø grandi dimensioni e per ingrandire il proprio mercato di riferimento.
L’elevata ondata di fusioni e incorporazioni, avvenuta dai primi anni Novanta, è favorita
da tassi di interesse bassi, da un elevato credito disponibile, dalla forte crescita degli
indici azionari e da flussi di cassa abbondanti.