4
Le novità più rilevanti, tuttavia, sono altre, e stanno soprattutto nelle forme di 
contaminazione radicalmente nuove che da un po’ di tempo in qua stanno 
rendendo questi due media sempre più interdipendenti. Bisogna sottolineare 
come entrambi continuano a mantenere, specie a livello di massa, fisionomie 
ben distinte e molto riconoscibili, ma esistono parti sempre meno circoscritte 
in cui i confini si confondono, rendendo sempre meno definibili le differenze e 
più ampie le zone di convergenza. Sul Web si moltiplicano non solo i 
contenuti multimediali, ma anche e soprattutto le Web Tv, vale a dire quei 
veri e propri canali televisivi che imitano i format della tv tradizionale, 
adattandoli alle esigenze e alle forme proprie della rete, mentre dall’altra 
parte si sviluppano strumenti e strategie che hanno già reso possibile, ad 
esempio, navigare su Internet direttamente dal televisore di casa e senza 
nessuna necessità di possedere o saper usare un Personal Computer, 
delineando quindi una trasformazione dell’apparecchio televisivo. In questo 
testo mi propongo di esplorare proprio queste zone di convergenza, 
azzardando anche qualche ipotesi su quali potrebbero essere gli sviluppi 
possibili di tale situazione, congiuntamente ad una analisi dei diversi modi di 
comunicare di tre televisioni sul web: my-tv, mediasetonline e rai.it. 
 5
CAP. I – LA CONVERGENZA TRA INTERNET E TV 
1.1 La comunicazione elettronica 
La comunicazione elettronica, fin dalla sua origine, è consistita soprattutto 
nel telefono, come strumento di comunicazione tra persone, e nella radio 
come mezzo di diffusione di informazione e spettacoli. Anche l’arrivo della 
televisione, del facsimile e, recentemente, dei telefoni cellulari non poteva 
generare competizioni né dilemmi: la distinzione tra strumenti di 
comunicazione e strumenti di diffusione era netta: da un lato il telefono, 
dall’altro la radio e la televisione. Reti separate e nessun tipo di mescolanza 
nei servizi. Se non ci sono stati contatti è perché troppo diverso era il 
paradigma dell’uno da quello delle altre. Soltanto in epoca recente le prime 
radio private, negli Stati Uniti negli anni Sessanta e poi anche in Italia negli 
anni Settanta, hanno sfruttato sinergicamente i due mezzi, usando il telefono 
per farsi contattare dall’ascoltatore e consentirgli di partecipare ai programmi. 
Visto con gli occhi di 30 anni dopo, il fatto si può definire, in qualche modo, il 
padre di nuovi paradigmi nei servizi di diffusione: il servizio interattivo e 
quello “su richiesta” (on demand), entrambi composti da un mix di 
comunicazione e di diffusione. I veri cambiamenti arriveranno però solo molti 
anni dopo. Non con l’arrivo del computer, che di per sé è soltanto un mezzo 
di calcolo, ma con l’arrivo delle reti: allora il computer dimostra di essere in 
grado di comunicare “in proprio”. La differenza è importante. Il telefono 
consentiva di comunicare, ma fra persone. Se si dovesse chiedere un 
servizio on demand a una stazione televisiva attraverso il telefono, si 
dovrebbe disporre di un centralino fornito di milioni di operatori che parlano 
 6
con tutti gli utenti. La rivoluzione operata dalle reti di computer consiste nel 
fatto che la comunicazione può ora avvenire tra computer e computer. E’ 
così che il fornitore del servizio può dialogare con tutti i suoi utenti. Un 
rapporto che, con l’ausilio degli uomini, era troppo costoso e perciò 
impossibile, diventa realizzabile grazie alle macchine. 
Una volta risolto il problema della comunicazione tra utente e fornitore del 
servizio, rimarrebbe comunque il problema più grave: nella televisione un 
programma deve essere diffuso contemporaneamente a tutti gli utenti. Il 
servizio quindi è comunque uguale per tutti, non sono possibili 
personalizzazioni, né per la natura dei contenuti, né per i tempi con cui questi 
vengono consegnati all’utente. Internet, invece, risolve anche questo 
problema; come tutte le reti di comunicazione è commutata: l’informazione 
richiesta da un terminale può venire instradata anche solo verso quest’ultimo 
dandogli quello che vuole e quando lo vuole. Le conseguenze di questa 
rivoluzione sono enormi, sul piano non solo tecnico ma anche sociologico. 
Viene capovolto il paradigma del servizio tradizionale, quello diffusivo, cioè lo 
spettacolo pubblico. In questo caso, lo spettatore deve rispettare esigenze di 
orario per poter assistere all’evento. A sconvolgere l’assetto tradizionale, 
entra ora in scena il paradigma on demand. Per la verità, esisteva fin dai 
primordi della comunicazione: il modello era la carta stampata. Il giornale o il 
libro sono sempre stati un servizio on demand. Il lettore che si reca in edicola 
o in libreria, trova tutto esposto e prende ciò che vuole, lo legge quando 
vuole e non ha bisogno di leggerlo in sequenza (non è costretto a scorrere il 
giornale dalla prima all’ultima pagina). Si può quindi affermare che il 
 7
paradigma broadcast è quello del teatro o dello spettacolo pubblico mentre Il 
paradigma on demand è quello dell’edicola o della libreria
1
. La gente è stata 
sempre abituata a entrambi i modelli, però lo spettacolo elettronico è sempre 
stato broadcast, cioè diffusivo. La barriera da abbattere per realizzare in 
pieno la filosofia dell’on demand è la disponibilità in rete (finora l’on demand 
era disponibile solo su supporto fisico, pertanto con una modalità costosa e 
che esclude il tempo reale, vero punto di forza del servizio diffusivo). Il 
pubblico conosce già gli oggetti on demand: il giornale, il libro, il disco, le 
videocassette, ma la disponibilità in rete rompe un tabù: finalmente è 
possibile acquisire quando si vuole dal terminale di casa, senza essere 
costretti a cenare col video acceso per non perdere lo spettacolo. 
Quindi il miracolo di Internet, libreria digitale in cui ognuno va, guarda gli 
scaffali, sceglie il prodotto che vuole e lo prende, diventa fattibile. In un 
servizio on demand e interattivo, infatti, la comunicazione e la diffusione sono 
quasi indistinguibili; l’interattività diventa contenuto e il contenuto interattività.  
Internet, concepita come rete multiservizio, dalla sua nascita supporta vari 
servizi di comunicazione (diversi dal telefono) e, unitamente a questi, servizi 
multimediali. Ora Internet si candida prepotentemente come rete globale, 
avendo già i mezzi tecnici (la cosiddetta “banda larga”) per inglobare sia tutti i 
tradizionali servizi di comunicazione (telefonia compresa) sia i servizi di 
diffusione (radio e televisione), nonché per creare nuovi servizi che 
miscelino, a piacimento, comunicazione e diffusione. Tutto questo in un 
periodo in cui la tv broadcast è in crisi e nel quale il pubblico televisivo 
                                                 
1
 P. Talone (2001) 
 8
necessita di personalizzazione e interazione
2
 fa si che si ponga quindi, in 
termini perentori, il problema della convergenza, che altro non è se non 
l’avvicinamento tra loro dei servizi di comunicazione e di diffusione.  
 
1.2 La nuova televisione 
Sono in molti a chiedersi oggi quali siano gli scenari della televisione del XXI 
secolo e quali le linee di conservazione e di innovazione di questo medium 
che, con la sua sempre maggiore pervasività, sembra ormai dominare l’intero 
panorama planetario. Tre fattori concorrono a rendere quest’ultimo scorcio di 
secolo la fase forse più rivoluzionaria nella storia della televisione mondiale: 
sono fattori tendenziali, che presentano al loro interno anche una serie di 
contrasti, ma che sembrano comunque destinati a segnare, in qualche modo, 
l’evoluzione della tv.  
Innanzitutto un fattore socioculturale: il bisogno di personalizzazione del 
consumo, che si affianca alla tradizionale tipologia di fruizione di massa della 
tv. C’è poi un fattore economico: la globalizzazione dei mercati della 
comunicazione, che sta modificando la tradizionale struttura 
nazionale/multinazionale che ha caratterizzato tutta la lunga fase postbellica 
dello sviluppo televisivo. Infine un fattore tecnologico: la costituzione di un 
“ambiente digitale”, con conseguente moltiplicazione dei canali distributivi 
(grazie ai fattori di compressione del segnale) e abbattimento dei costi unitari 
di diffusione; ma anche con una sempre maggiore permeabilità della 
televisione verso ogni altra forma di comunicazione. Cerchiamo ora di 
                                                 
2
 E. Pulcini (1999) 
 9
comprendere meglio le radici di questi fenomeni e quali possano essere i loro 
sbocchi. 
La televisione, insieme con la radio, è il mezzo di comunicazione più diffuso 
al mondo: oggi circa sette case su dieci dell’intero pianeta sono dotate di 
almeno un apparecchio televisivo. Rimane più diffusa del telefono (vi è infatti 
in media, nel mondo, una sola linea telefonica ogni dieci abitanti) e del 
personal computer (uno ogni cento persone). 
Se dal piano dell’hardware televisivo si passa ad analizzare quello delle 
diverse tipologie di strutture organizzative presenti nel pianeta, la situazione 
appare analogamente in evoluzione profonda. Sino a pochi anni fa i soggetti 
che operavano nel settore televisivo erano due: i servizi pubblici (su un 
modello essenzialmente europeo) finanziati dal canone annuale e, salvo 
alcune eccezioni, anche dal mercato pubblicitario; e le emittenti commerciali 
sviluppatesi inizialmente in Nord America, (“la tv strumento pubblicitario 
dell’industria”)
3
 , il cui principale provento è la vendita di spazi pubblicitari.  
Negli anni ‘80 è poi sorta una terza tipologia, la tv a pagamento diretto (pay 
tv), nella quale sono confluiti capitali sia di soggetti estranei al settore 
audiovisivo, sia di soggetti che già operavano in esso (tra cui i network 
americani e alcuni grandi broadcaster) o in campi contigui (ad esempio 
numerosi organi di stampa). 
E’ opportuno chiedersi quali siano i motori economici di questo sistema 
televisivo in via di trasformazione, analizzando il problema della distribuzione 
                                                 
3
 M. Barberio-C. Macchitella (1992) 
 10
delle risorse. Le più significative tendenze in atto evidenziano come il 
finanziamento pubblico sia ormai stagnante, l’incidenza della pubblicità 
scenda sul totale delle risorse tv (dal 65% al 59% nei primi anni ‘90 a livello 
mondiale) e aumentino invece in modo vertiginoso le risorse da abbonamenti 
alla pay tv (dal 15% a oltre il 25% sempre nei primi anni ‘90, con prospettive 
di crescita fino al 50% nei prossimi 8-10 anni). Le risorse derivanti dal 
pagamento diretto dell’utente emergono quindi come la tipologia di 
finanziamento che ha e avrà un’incidenza sempre maggiore sul totale delle 
risorse televisive mondiali e quindi sul finanziamento dello sviluppo di tale 
sistema nel suo complesso. 
Su questo quadro generale del settore televisivo influisce in maniera sempre 
crescente il processo di globalizzazione economica e culturale in atto: un 
processo variegato nelle sue dimensioni e nelle sue linee di tendenza. E’ 
innegabile intanto che vi siano, ormai, veri e propri vettori televisivi globali. 
4
 
Sono dieci, oggi, i soggetti che coprono almeno tre grandi aree continentali. 
Sette di essi provengono dagli Stati Uniti (Time Warner/Turner, Disney/Abc, 
Nbc, Hughes/Direct Tv, Viacom, Discovery, Tci), uno dall’Australia (la News 
Corporation di Murdoch) e due dall’Europa (Canal Plus e Bbc). La loro 
globalità non è però di per se stessa sinonimo di “colonizzazione” , poiché 
(tipici i casi di Murdoch e di Turner) essi si espandono anche attraverso una 
sorta di “ibridazione” con quei popoli, con quelle visioni del mondo e con 
quelle culture nelle quali operano e si sviluppano
5
. A questo punto, si può 
meglio comprendere come interagiscano i tre fattori di cambiamento del 
                                                 
4
 C. Sartori (1997) 
5
 P. Barwise – K. Hammond (1999) 
 11
mezzo televisivo (socioculturale, economico-industriale e tecnologico) che ho 
già citato. Resta ora da trasferirli su un piano di prospettiva che tenga più 
specificatamente conto delle realtà operative della televisione, e in 
particolare dei cambiamenti concreti che essi stanno portando nella 
produzione e nell’offerta di televisione. 
Come punto di partenza in questo caso prendiamo il fattore tecnologico. E 
cominciamo col dire che la transizione della tv dall’analogico al digitale è 
certamente un fenomeno irreversibile a livello mondiale. Digitale significa 
molte cose. Significa una tv tecnicamente sempre più perfetta, una tv sempre 
meno costosa nei suoi prezzi unitari di distribuzione e con una capacità 
diffusiva praticamente illimitata. Con queste caratteristiche, nella prima 
ondata, la tv digitale, accelera e ingigantisce due processi avviatisi ancora 
prima del suo avvento:  
1) la tendenza alla specializzazione sempre più spinta dell’offerta attraverso i 
cosiddetti canali tematici (collegata a quel fenomeno socioculturale di 
personalizzazione del consumo che ho citato); dalla televisione “broadcast” si 
passa quindi a quella “narrowcast”
6
  
2) il deciso spostamento della scarsità dalla capacità distributiva alla capacità 
produttiva, con un rialzo generalizzato dei prezzi degli stessi contenuti (si 
pensi, per esempio, all’incredibile lievitazione dei diritti pagati per i 
campionati mondiali di calcio o per i pacchetti di grandi film hollywoodiani). 
Recentemente anche l’Italia si è data una scadenza per questo salto: il primo 
gennaio 2006.  
                                                 
6
 E. Pulcini (1999) 
 12
Con l’avvento della Tv digitale potremo ricevere, attraverso una normale 
antenna (quindi né via satellite né via cavo) circa cinquanta canali nazionali 
al posto degli attuali undici
7
. Il televisore digitale, ricevendo nient’altro che bit, 
non dovrà più sottostare agli attuali standard (NTSC, PAL e Secam) e 
trasmetterà immagini di qualità superiore. Ma Il grosso cambiamento è che la 
Tv digitale sarà un medium bidirezionale: l’utente potrà dialogare con 
l’emittente, crearsi il proprio palinsesto ed accedere a numerose altre 
funzioni, ad esempio controllare la posta elettronica o sfogliare il sito del 
proprio quotidiano preferito
8
. 
L’avvento del digitale significa anche permeabilità della televisione agli altri 
settori della convergenza, e cioè le telecomunicazioni e l’informatica, in un 
processo di “ibridazione” verso la web-tv (il televisore come terminale 
semplificato per la navigazione in Internet), l’intercast (le reti diffusive 
televisive via etere o via cavo/satellite come canale per la distribuzione di 
Internet)
9
 e il webcasting (in cui Internet passa dalla logica “pull” a una logica 
“push”, cioè si organizza per canali che raccolgono e inviano l’informazione 
all’utente personalizzandola secondo le sue scelte). 
Solo allora, quando Internet e la Tv parleranno lo stesso linguaggio (quello 
dei bit), potrà realizzarsi l’effettiva convergenza tra questi due sistemi. 
                                                 
7
 F. Ciotti – G. Roncaglia (2000) 
8
 www.comunicazionivisive.com/comunicazione/itv.htm 
9
 J. Beverly (1998) 
 13
1.3 Internet e il web 
La parola Internet, coniata nel 1982
10
, indica la rete delle reti, cioè una 
moltitudine di computer interconnessi tra loro tramite linee telefoniche. 
Ideata in un primo momento sotto il nome di Arpanet, fu attuata dal Ministero 
della Difesa nel 1969 nell’ambito del progetto Darpa, con lo scopo di 
collegare i computer di quattro centri di ricerca militari e far si che i 
collegamenti tra di essi non saltassero in caso di attacco nucleare. Negli anni 
successivi, precisamente nel 1972, venne Introdotta la posta elettronica via 
Arpanet e più tardi si svilupparono sistemi di collegamento ad alta velocità, 
chiamati dorsali, per collegare computer posti in 5 luoghi diversi. Quando 
parliamo di velocità nella rete intendiamo la rapidità con la quale può 
viaggiare il singolo bit, mentre per larghezza di banda il numero di segnali 
che una linea permette di far viaggiare parallelamente. 
Internet usa la trasmissione di pacchetti digitali, cioè gruppi di dati ognuno 
contenente una piccola informazione, che attraversano la rete 
indipendentemente gli uni dagli altri per poi arrivare alla stessa destinazione 
e ricreare l’informazione completa.  
Ogni pacchetto è formato da tre parti: 
o un frammento di informazione  
o un involucro chiamato “header” 
o i dati che correggono gli errori durante il percorso.  
                                                 
10
 D. Serafini (1999) 
 14
Un pacchetto ha l’abilità di scegliere la rete per il percorso più veloce ed è 
codificato tramite il protocollo Tcp/Ip (Transmission control protocol/Internet 
Protocol) che è l’insieme di regole che permette ai computer di comunicare 
fra loro. La natura dei protocolli Tcp/ip è tale da consentire l'interconnessione 
dei network più eterogenei: dalle lan convenzionali (come Ethernet) alle reti 
geografiche che si spargono sul territorio attraverso l'impiego di linee 
telefoniche più o meno veloci, governate coi metodi trasmissivi più 
disparati.
11
 
Una volta che la richiesta arriva al server del sito web in questione, 
quest’ultimo risponde con le informazioni richieste e codificate con il 
protocollo Internet (la modalità di dialogo tra i computer). Questa codifica 
permette di non far interrompere la comunicazione anche nel caso si 
perdessero dei dati e fa si che il computer dell’utente confermi la ricezione 
evitando inutili ritrasmissioni 
La storia del World Wide Web inizia nel 1989, quando Tim Berners Lee, un 
fisico inglese del Cern di Ginevra, mise in circolazione una proposta per 
sviluppare un sistema di “ipertesti” per far condividere tramite Internet le 
informazioni tra studiosi. 
Nel 1990 Lee sviluppa il primo software chiamato “browser”, cioè un 
programma che permetteva di leggere ipertesti e quello definì World Wide 
Web nacque nel 1991 con il collegamento di un computer della CERN ed 
uno dell’università di Pisa. 
                                                 
11
 www.dia.uniroma3.it 
 15
I maggiori browser a noi conosciuti, come Netscape e Internet Explorer, 
nacquero solo qualche anno dopo. 
Ritornando al discorso Web, bisogna specificare che quest’ultimo non è 
Internet, ma solo uno dei quattro tipi di contenuti su Internet. 
Il Web può essere definito come una collezione di documenti immagazzinati 
in un computer (server)
12
. Questi documenti possono includere testi, disegni, 
foto e immagini in movimento. 
Per creare una pagina web si impiega un programma chiamato Hypertext 
Markup Language (Html) e per far arrivare quest’ultima via Internet si 
impiega un sistema ideato nel 1984, chiamato Universal Resource Locator 
(URL) , che consente di reindirizzare i dati. 
Sintetizzando, in Internet troviamo quattro distinte forme di comunicazione: 
o La posta elettronica: un tipo di comunicazione asincrona, bidirezionale 
o I newsgroup: comunicazione asincrona, bidirezionale 
o Le chat: comunicazione sincrona, bidirezionale 
o Il World Wide Web: comunicazione asincrona e monodirezionale. 
Il WWW, la forma comunicazione Internet più popolare, è come si vede 
anche quella che più si avvicina ai modelli comunicativi tradizionali. Quel che 
caratterizza il WWW rispetto alla televisione e alla stampa sono 
l’ipertestualità e l’interattività, ovvero la possibilità per l’utente di navigare un 
testo in profondità, saltando da un link all’altro. Ciò considerato, appare 
                                                 
12
 D. Serafini (1999) 
 16
piuttosto naturale il tentativo portato avanti in questi anni per amalgamare il 
Web e la Tv, seguendo due direzioni: portare la rete sul televisore, e portare 
la tv sul computer.
13
 
 
1.4 Il Web in Tv e i Set Top Box 
I dispositivi per accedere al WWW tramite il televisore sono chiamati Set Top 
Box. Si è ritenuto che questi apparecchi potessero conquistare quell’utenza 
che esprime timore e/o diffidenza nei confronti dei computer permettendole di 
accedere ad Internet tramite un elettrodomestico familiare come il televisore.  
Il Set Top Box non è altro che una scatola capace di ricevere segnali digitali 
e trasformarli in segnali analogici, rendendoli così leggibili per il tubo 
catodico. Altra funzione fondamentale è quella di decoder: La “scatola” è 
anche capace di decodificare i programmi criptati. Solo così l’utente, dopo 
averli pagati, potrà visionarli. È invalso l’uso di chiamare Set Top Box, inoltre, 
le “scatole” che oltre a permettere la fruizione di programmi televisivi digitali 
consentono pure di connettersi alla rete, navigando in Internet direttamente 
dal proprio televisore di casa. L’obiettivo di questi apparecchi è quello di 
“allargare la base di mercato accessibile di Internet, superando la strozzatura 
della diffusione dei computer”.
14
 La nascita del primo Set top box ebbe luogo, 
neanche a dirlo, negli Stati Uniti, dove Bruce Leak e Phil Godman nel 1995 
idearono un dispositivo adatto alla tv che comprendeva un abbonamento a 
Internet e un browser in grado di adattare la pagine web alle dimensioni e 
                                                 
13
 F. Giannotti (2001) 
14
 E. Ciancico (1997) 
 17
alla definizione dello schermo televisivo. Successivamente tale strumento fu 
commercializzato da Sony e Philips con il nome di Magnavox. Da allora, 
com’è ovvio, di strada ne è stata fatta parecchia, e oggi, seguendo 
l’eccellente rapporto sulla competitività digitale pubblicato da Federcomin nel 
dicembre 2000, possiamo distinguere tra almeno due tipologie di Set Top 
Box (o meglio, volendo essere più precisi: Retail Set Top Net Tv):  
STB di prima generazione, collegabili alla TV e dotati di modem, che 
permettono di navigare su Web o su rete privata, ma non prevede alcuna 
capacità d’integrazione tra programmazione televisiva e contenuti web.  
STB di seconda generazione, che aprono la strada a una vera e propria 
convergenza tra Internet e TV, permettendo una visualizzazione simultanea 
di immagini e schermate web.  
In Italia, la società più nota fra quante offrono l’accesso a Internet attraverso 
la televisione è senza dubbio Freedomland-ITN. 
 
 
Immagine 1 tratta da www.freedomland.net