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Questo lavoro si prefigge l’obbiettivo di comprendere quali siano le dinamiche
competitive e le derivanti strategie all’interno di un settore maturo. Con particolare
attenzione alle possibili strategie da implementare al fine di introdurre un nuovo
marchio. Le ipotesi fornite si concretizzeranno attraverso lo studio di un caso aziendale.
Nel periodo storico in cui ci troviamo i mercati di massa stanno sempre più
raggiungendo la saturazione della domanda e trovano parecchie difficoltà a mantenere
la redditività ottenuta nei periodi precedenti.
Il percorso naturale di tali settori sembra essere quello di una progressiva
internazionalizzazione seguita da una conseguente concentrazione al fine di ridurre i
costi e sviluppare le economie di scala.
Con particolare enfasi nei mercati cosi detti di massa, le aziende hanno propeso sempre
più verso la razionalizzazione dei costi di produzione unitamente alla formazione di
gruppi strategici al fine da riuscire a sviluppare una spinta promozionale capace di
attirare a se il maggior numero di consumatori.
Questo lavoro cerca dunque di comprendere innanzi tutto quale è la situazione attuale
del sistema competitivo nel settore preso in esame. Mettendo particolare enfasi sul
percorso delle scelte strategiche che hanno portato alla formazione di tale situazione.
Conseguentemente alla elevata concentrazione dei settori maturi anche le barriere
all’ingresso risultano particolarmente elevate.
Da questo presupposto scaturisce la necessita di comprendere quale sia lo sforzo
necessario per riuscire a introdurre un nuovo prodotto o più semplicemente un nuovo
marchio.
Se si analizzata, in modo sommario, lo stadio evolutivo dei settori maturi si potrebbe
arrivare alla conclusione che il futuro sarà caratterizzato da pochi operatori con una
gamma limitata di prodotti, destinata a decrescere sempre più nel tempo.
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Si ha l’intenzione, invece, di sviluppare un’analisi più attenta e riuscire a individuare gli
elementi capaci di rivitalizzare i settori che sembrano destinati ad una fase di declino.
Esistono infatti aziende che riescono in un contesto ostile, determinato dalle elevate
barriere all’entrata, a dare apporti innovativi se pur con non poca difficoltà.
La scelta è dunque ricaduta sul mercato della birra che presenta le seguenti
caratteristiche: il settore è maturo, il consumo è di massa, i livelli di
internazionalizzazione sono elevati ed anche la concentrazione ha valori molto rilevanti.
Esso è un buon metro di valutazione per tutti i settori di massa globalizzati.
Sembra dunque una buona base di partenza per svolgere un analisi prima statica e poi
evolutiva sulle dinamiche competitive che caratterizzano quasi tutti i mercati in diretto
contatto con il consumatore.
In questo lavoro verranno utilizzati i modelli di analisi forniti dalla letteratura
economica di riferimento. In primo luogo, l’analisi del contesto competitivo verrà
sviluppata secondo lo schema delle cinque forze competitive sviluppato da Porter.
E quindi verranno prese in analisi nel settore della birra le determinanti di tale modello:
la rivalità tra le imprese concorrenti, le minacce portate dai prodotti sostitutivi, le
minacce derivanti da potenziali entranti e il potere contrattuale esercitato da fornitori e
da clienti.
Il lavoro sviluppa così un percorso che parte con il tracciare i confini del settore che è
oggetto si studio inquadrando la birra nel macro insieme merceologico delle bevande;
denominato a livello internazionale “beverage sector”. Viene dunque descritto il ruolo
che la birra occupa, venendo così a conoscenza di quelli che sono i prodotti sostitutivi:
Vino, Spirits e mix. Una volta venuti in possesso di una prima idea sulla composizione
degli operatori del settore, si procede con il fare qualche considerazione riguardo il
grado di concentrazione ed equilibrio del settore stesso.
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Il fine è quello di comprendere la struttura competitiva attuale attraverso l’analisi della
domanda e dell’offerta globale, della segmentazione geografica nonché dalle strategie
messe in atto dai maggiori operatori.
Dall’analisi svolta si possono distinguere tre diverse strategie di marchio: la strategia di
Heineken, caratterizzata dalla presenza globale con un unico marchio internazionale, la
strategia Interbrew, caratterizzata dalla presenza su tutti i mercati con marchi regionali
ed infine la strategia di Anheuser-Bush definita da una presenza solo regionale.
La prima strategia che andremo ad analizzare è quella messa in atto dal colosso
Heineken che consiste nell’avere una presenza in tutto il mercato globale con un unico
marchio globale che esprima elevata qualità e che vada a costituire la maggior parte
delle vendite del gruppo. La compagnia olandese Heineken produce il più forte marchio
mondiale di birra. Esso è commercializzato in tutto il mondo in più di 180 paesi. La
strategia aziendale mira a incrementare la propria quota di mercato acquistando le reti di
distribuzione locale. Dopo aver comprato alcuni dei produttori locali di ogni singolo
paese, la strategia si sviluppa nell’integrazione in un unica unità organica in modo da
sfruttare il più possibile le economie di scala.
Analizzando le strategie delle maggiori aziende operanti nel settore è facile
comprendere che non esistono altre aziende birrarie che utilizzano la stessa strategia.
La seconda strategia differisce dalla prima principalmente dal fatto che pur essendo le
aziende che la adottano presenti su tutto il territorio mondiale esse non utilizzano un
vero e proprio marchio globale. I marchi con buoni posizionamento a livello locale e
regionale sono la maggioranza di tutti i portafogli delle azienda birrarie.
L’azienda belga Interbrew ama definire stessa come “world’s local brewer”, questa
affermazione riflette in pieno la strategia aziendale attuata attraverso l’acquisizione di
birrerie con forti marchi locali.
Un largo numero di birrerie utilizza la medesima strategia, tra esse le più conosciute
sono SABMiller e Scottish & Newcastle.
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La terza strategia presa in analisi è quella usata dal colosso multinazionale Anheuser
Busch. Grazie a questa strategia la società domina il proprio mercato domestico, inoltre
vende i propri marchi con successo in tutto il mondo. Nonostante la posizione
dominante, che innalza forti barriere all’ingresso difficili da superare anche per grosse
industrie birrarie, questa strategia ha come punto di debolezza il fatto che comporti forti
rischi di attacco. L’azienda risulta, infatti, molto dipendente dalla situazione
demografica di un singolo mercato. Anche se l’americana Anheuser Busch è il secondo
più importante gruppo mondiale è considerata solo un operatore locale poiché concentra
l’ottanta percento delle sue vendite nel mercato domestico statunitense.
Una più particolareggiata analisi viene svolta nell’analizzare il mercato italiano dalla
birra.
In Italia si produce birra su scala industriale da oltre 160 anni, la birra del nostro Paese
si inserisce a pieno titolo nella filiera agro-alimentare fornendo le migliori garanzie di
sicurezza per il consumatore e di qualità elevata e costante nel tempo.
Con 16 unità produttive per oltre 120 marchi prodotti e distribuiti in Italia, quasi 21 mila
occupati diretti e indiretti e 12 milioni e mezzo di ettolitri di birra prodotti nel 2002,
l’Italia si colloca al settimo posto nella classifica dei Paesi UE produttori di birra.
La birra è diffusa, anche se con incidenze differenti nei vari segmenti della popolazione.
Recenti indagini hanno mostrato come la birra sia consumata da circa il 68 percento
della popolazione italiana e stia incontrando i gusti di nuovi consumatori moderati, quali
per esempio le donne, che cominciano ad apprezzare soprattutto la naturalezza e la
dimensione socializzante.
In Italia i modelli e le occasioni di consumo della birra sono sempre più saldamente
caratterizzate come consumi di gruppo, in occasioni di socialità e tra amici, piuttosto
che come consumi solitari. In tutti i casi sembra prevalente una scelta di moderazione e
autoregolazione responsabile, che conferma la specificità culturale e sociale dei
consumatori di casa nostra verso le bevande alcoliche e che ha contribuito ad una
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marcata riduzione dei consumi pro capite di alcol puro, in linea con gli obbiettivi
enunciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il nostro paese ha una elevata stagionalità nei consumi della birra. Questo fenomeno
risulta essere limitato nei paesi del nord Europa dove il consumo di birra acquista un
carattere socializzante indipendentemente dalle condizioni climatiche. Influisce
fortemente sulla stagionalità della birra il suo più grande rivale nel territorio nazionale:
il vino. Anche il vino detiene una elevata stagionalità dei consumi che risulta
compensare in modo perfetto quella della birra. Gli italiani infatti nei mesi invernali
preferiscono consumare vino trascurando la birra che viene per lo più considerata una
bevanda dissetante.
L’Italia è fanalino di coda a livello di consumi pro-capite di birra rispetto agli altri paesi
europei, ma è anche uno dei pochi paesi che riesce a mantenere un trend positivo di
crescita.
Anche nel mercato italiano gli operatori globali hanno fatto il loro ingresso da ormai
molti anni. Il mercato italiano, come del resto dell’area Eu, si sono susseguite serie di
acquisizioni da parte delle multinazionali nei confronti di quasi tutte le aziende birrerie
nazionali. Case come Heineken, SABMiller, Calsberg ed Interbrew non si sono fermate
ad acquisire, secondo le ormai affermate strategie internazionali, i marchi nazionali di
prestigio come Moretti e Peroni ma hanno anche iniziato un processo di integrazione a
valle cercando di crearsi una rete distributiva di proprietà. Oggi in Italia operano 6
gruppi industriali; i primi tre gruppi di elevate dimensioni detengono quote di mercato
per un totale del 68 percento. Il mercato è dunque molto concentrato, e si intravedono
ancora spiragli per nuovi assestamenti nel settore.
Un altro fenomeno rilevante che si è si sta ancora sviluppando nel sistema competitivo
italiano è rappresentato dalle birre di importazione.
In Italia l’importazione occupa il 25 percento del mercato, una quota pari a 4,4 milioni
di ettolitri.
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Ampio spazio è inoltre dedicato al sistema distributivo italiano che ha giocato un ruolo
fondamentale nella costituzione del complesso competitivo così come lo troviamo oggi.
La distribuzione italiana è rimasta strategicamente un po’ arretrata rispetto a molti paesi
della comunità europea; caratterizzata da un bassissimo grado di concentrazione e
dunque un elevato numero di concorrenti. I distributori di birra lavorano nel canale cosi
detto HoReCa, vale adire tutti i pubblici esercizi, pizzerie, hotel,insomma tutte le
strutture del settore alberghiero e della ristorazione. I grossisti e i distributori lavorano
su tutto il comparto Beverage all’interno di questo canale. Nella realtà italiana si
registrano elevati gradi di integrazione verticale nei confronti dei canali distributivi.
Dopo questo tipo di analisi è stato necessario comprendere le cause che hanno portato
al formarsi della sopra descritta situazione.
Si andranno dunque ad analizzare l’evoluzione del settore, nell’arco temporale di una
decina di anni, secondo variabili come: il ciclo vita, il processo di
internazionalizzazione, il processo di concentrazione e di frammentazione, il ciclo di
sostituzione, il processo di internalizzazione e di esternalizzazione.
In questa fase sarà di fondamentale importanza l’utilizzo del modello del ciclo vita.
Grazie a quest’ultimo sarà possibile comprendere e collocare i diversi mercati
geografici del settore della birra lungo la curva rappresentante i cicli evolutivi.
L’analisi svolta rileva come prima il settore della birra si colloca in diversi stadi del
ciclo vita a seconda dei paesi. In Europa e negli Stati Uniti il settore è all’apice della
maturità, ed in alcuni casi ormai nella fase di declino, mentre in Cina, Sud America ed
Africa esso si trova in una fase di sviluppo. E’ anche emerso che le imprese
multinazionali possono sfruttare tali differenze attraverso l’introduzione dei prodotti
prima nei paesi industrialmente avanzati, spostandoli poi gradualmente verso altri
mercati, via via che la maturità si afferma nei primi. E’ dunque esattamente questo
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processo che si cerca di descrivere in questa analisi supportando la tesi attraverso i dati
macroeconomici di settore. Procedendo con metodologia bisogna dunque partire da dati
statistici, al fine di identificare la fase in cui si trova il mercato preso in esame; per poi
confrontarlo con tutti gli altri a livello globale, al fine di comprendere le dinamiche
complessive.
Nel lavoro vengono dunque prese in esame e correlate tra di loro le seguenti variabili al
fine di definire la posizione sulla curva del ciclo vita: trand dei consumi, trand della
produzione nello stesso mercato e dunque bilancia commerciale ed non ultimo il grado
di concentrazione settoriale attraverso l’indice GR3.
Verrà poi svolta una analisi approfondita dei mercati/paese al fine di comprenderne le
loro peculiarità specifiche.
L’attenzione particolare è rivolta nei confronti dei particolari casi della Cina, paese in
via di sviluppo ma già primo produttore al mondo, e di quello tedesco.
Sono dunque analizzate le determinanti che fanno della Germania uno dei mercati più
maturi a mondo e allo stesso tempo uno dei più frammentati.
Dopo l’analisi dei singoli mercati/paesi viene ricostruita l’evoluzione del sistema
competitivo cercando di individuare quelle che sono le determinanti della
concentrazione
Il processo di concentrazione, a livello globale, inizia subito dopo la seconda guerra
mondiale, per poi avere il massimo grado di espansione durante gli anni sessanta e
settanta. In quegli anni ormai le realtà industriali erano largamente diffuse ed alto era
anche il livello di internazionalizzazione di questo settore. In quegli anni il numero di
operatori presenti sul mercato si ridusse drasticamente a fronte soprattutto di
acquisizioni da parte dei grossi gruppi nei confronti delle piccole birrerie che non
riuscivano a supportare l’ammodernamento tecnologico che, in quegli anni, volgeva
verso la produzione a ciclo continui completamente automatizzata. Le economie di scala
diventavano sempre più un fattore critico di successo e le grosse aziende sentivano la
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necessità di centralizzare la produzione. In quegli anni assistiamo alla formazione dei
dieci gruppi che poi riusciranno a competere a livello mondiale. Il processo di
internazionalizzazione avviene in modo frenetico e convulso, le aziende utilizzano le
acquisizioni, normalmente di aziende regionali e locali , per entrare sui mercati.
Negli anni ottanta abbiamo visto un periodo di assestamento dopo la formazione dei
grossi gruppi e la loro riorganizzazione. Dopo le centinaia e forse addirittura migliaia di
acquisizioni e fusioni attuate negli anni precedenti era venuto dunque il momento di
organizzare e implementare una strategia globale. Questo lavoro si pone però
l’obbiettivo di analizzare l’evoluzione settoriale nell’arco temporale ristretto di una
decina di anni.
La situazione agli inizi degli anni novanta era ormai definita: il mercato globale era
spartito da dieci grossi gruppi multinazionali i quali possedevano quanto meno l’uno per
cento del mercato globale fino ad arrivare addirittura al 12.
Infine, Le operazioni dell’ultimo decennio hanno rilevanza tale da stravolgere, in pochi
mesi, l’intero assetto competitivo. Una operazione come quella sopra descritta porta ad
una nuova e necessaria revisione delle strategie da parte di tutti gli operatori.
L’evoluzione del mercato italiano viene ripercorsa attraverso le sue fasi più stabilimenti
a partire dall’anno 1973.
Le fasi evolutivi del settore in Italia si possono così sintetizzare: 1973-1984 La
ristrutturazione del settore, le grandi trasformazioni degli anni 1984 – 1988, gli anni 90
Si assiste al duplice fenomeno da una parte capace di trasformare la birra in un prodotto
a diffusione di massa e dall’altra di concentrare il mercato attraverso un violento
processo di acquisizioni da parte delle multinazionali europee ed americane.
Viene inoltre analizzato anche il settore distributivo in Italia che ha giocato un ruolo
importante che a contribuito al formarsi della situazione competitiva attuale.
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Infine il caso aziendale preso in esame, ci permetterà di comprendere, attraverso una
esperienza concreta, quelle che sono le possibilità e soprattutto le difficoltà che una
azienda di nuova costituzione si trova ad affrontare davanti all’arduo compito di operare
in un settore maturo e globalizzato.
L’analisi del caso verrà affrontata attraverso l’utilizzo delle determinanti della formula
imprenditoriale quindi: il sistema di prodotto, la struttura organizzativa ed il sistema
competitivo.
Castello di Udine Spa - Fabbrica Friulana di Birra - nasce il 1/10/1997 a San Giorgio di
Nogaro, in provincia di Udine, rilevando il complesso industriale produttivo
appartenuto a Birra Moretti - azienda ceduta ad Heineken Italia Spa nel 1996. La
costruzione dello stabilimento, che si sviluppa su un´area di circa 96.000 mq., di cui
22.000 mq. coperti, risale al 1993, ed è, quindi, uno dei più moderni esistenti oggi in
Italia. La nuova Società nasce con l'intento di capitalizzare il know how produttivo
costruito tenacemente con l'attenzione per l'alta qualità e la genuinità della produzione,
affinata sulla scorta di oltre un secolo di tradizione birraria locale, felicemente coniugata
con le moderne tecniche di gestione e controllo, portate dalle multinazionali di cui
questa struttura ha fatto parte durante gli otto anni precedenti la gestione corrente.
Nel lavoro viene ripercorsa la giovane vita dell’azienda a partire dai periodi precedenti
della sua costituzione fino ai giorni nostri.
Molto rilevanti sono gli interventi della Autorità garante della concorrenza e del
mercato che sono alcune delle cause fondamentali che hanno portato alla nascita
dell’azienda.
La formula imprenditoriale riesce bene ad amalgamare le sue diverse componenti con il
fine di diffondere il nuovo marchio sul mercato.
Si è dunque riuscito a costruire un modello strategico atto alla penetrazione di un settore
maturo come quello della birra.
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E’ necessario sottolineare che non esiste una formula imprenditoriale migliore in
assoluto, così come non esiste una struttura aziendale ideale.
Le diverse componenti si legano in modo indissolubilmente. Nell’azienda si partiva da
una data struttura organizzativa preesistente, su questa base si è sviluppata una strategia
di mercato coerente con gli impianti produttivi presenti. La scelta di produrre birre
“private labels” è infatti presa in funzione della struttura organizzativa presente capace
di produrre grandi quantità dal primo giorno di attività. Allo stesso tempo è il mercato
che ha influenzato a sua volta la struttura organizzativa. Essa infatti era priva di unità
commerciali e amministrative che sono state inserite per fare fronte alle richieste del
mercato. D’altra parte gli stessi vertici aziendali hanno subito modifiche per dare un più
stretto contatto della azienda con il mercato. Le operazioni sopra descritte sono esempio
di come i diversi elementi della formula imprenditoriale sono interconnessi tra loro e
come essi sono riusciti a influenzarsi a vicenda. La strategia risulta infatti studiata
tenendo in considerazione sia il mercato, che la struttura organizzativa, che il sistema di
prodotto.
Parallelamente allo sviluppo di una struttura organizzativa adeguata si è provveduto a
studiare un nuovo sistema di prodotto che potesse portare l’azienda sul mercato con una
propria identità di marchio. Parallelamente dunque allo studio ed al lancio del nuovo
sistema prodotto a marchio birra castello, al rimodellamento della struttura
organizzativa, anche la composizione delle quote societarie si è aperta per accogliere la
svolta verso i mercato. È dunque entrato un nuovo socio a partecipazione del capitale di
rischio proveniente dal settore distributivo, rendendo l’azienda ancora più sensibile alle
richieste del marcato.
L’azienda ha inoltre cercato spazio e visibilità nel settore attraverso le associazioni di
categorie rilevanti come Assobirra che raccoglie la quasi totalità del gli operatori di
carattere nazionale.
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Birra Castello è stata dunque in grado di portare avanti la propria strategia di entrata nel
mercato, tenendo sempre ben presente le relazioni esistenti tra le componenti della
formula imprenditoriale.
L’azienda ha quindi seguito un processo circolare, partendo dalla struttura organizzativa
data, modificando così il sistema di prodotto in funzione delle esigenze di mercato,
quindi un nuovo adattamento della struttura organizzativa e così via.
Non sono mai vendute meno le interconnessioni tra le diverse compenti aziendali
presupposto fondamentale che ha permesso a Birra Castello di accrescere le proprie
quote di mercato rimanendo efficace ed efficiente e consentendogli di penetrare un
mercato che presenta elevate barriere all’ingresso.
Il sistema di prodotto e la struttura aziendale sono qui giudicati in modo positivo
secondo come essi si legano fra loro e soprattutto date le caratteristiche del settore nel
quale Birra Castello opera.
Particolare importanza avrà inoltre data alle relazioni che legano gli elementi della
formula imprenditoriale. Il sistema di prodotto e la struttura aziendale sono qui giudicati
in modo positivo secondo come essi si legano fra loro e soprattutto date le
caratteristiche del settore nel quale Birra Castello opera.
L’azienda presa in analisi è dunque la dimostrazione concreta della possibilità di
conquistare spazi di mercato al di fuori delle logiche della globalizzazione.
Si dimostra quindi come Birra Castello rappresenta la possibilità economica di sfuggire
alle logiche che spingono il settore alla eccessiva concentrazione ed al conseguente
declino. Una delle tesi sostenute è dunque come le aziende di nuova costituzione, se
pur normalmente ostacolate dagli operatori dominanti sul mercato, riescano a dotare di
nuova vitalità l’intero settore.