2
Grafico 1
Crescita nell’orientamento al commercio della produzione mondiale di vino (in
volume)
Fonte: Anderson and Norman, University of Adelaide, 2001
Come si può notare dal grafico, questa tendenza all’esportazione è stata molto positiva
per i Paesi del cosiddetto Nuovo Mondo (NWWG), ovvero i Paesi nei quali l’industria
del vino si è diffusa solo da pochi decenni con ottimi risultati, come Usa, Cile,
Argentina, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda.
3
Grafico 2
New World and Old World
I Paesi del Vecchio Mondo, intendendo con tale termine i Paesi Europei
tradizionalmente e storicamente produttori di vino, (indicati nel grafico con la sigla EU-
15), invece, hanno affrontato e dovranno affrontare sempre più in futuro alcune
importanti e serie sfide. Infatti, la concorrenza internazionale continuerà a crescere a
causa del continuo aumento da parte dei nuovi Paesi produttori delle superfici vitate. Gli
enormi quantitativi di vino annualmente prodotti andranno ad aggiungersi agli stock di
vino vendibile a livello globale, provocando alterazioni degli equilibri esistenti nella
domanda e offerta e generando un aumento della competizione del settore. La situazione
non positiva e preoccupante per i Paesi del Vecchio Mondo è ancora più chiara se si
considera il grafico seguente, in cui si nota come tali Paesi stiano ormai perdendo da
anni valore nelle esportazioni a livello mondiale, a tutto vantaggio dei Paesi del Nuovo
Mondo.
4
Grafico 3
Quote delle esportazioni mondiali in valore del Vecchio e Nuovo Mondo
Fonte: Anderson and Norman, University of Adelaide, 2001
5
2. BREVE STORIA DELLA DIFFUSIONE DEL VINO NEL MONDO
Gli economisti pensano alla globalizzazione come semplicemente alla diminuzione dei
costi di transazione facendo business in tutte le parti del mondo e la considerano,
quindi, un fenomeno positivo in grado di conservare e preservare risorse. Per una parte
consistente dell’opinione pubblica mondiale, però, la globalizzazione è considerata uno
dei peggiori mali dell’economia mondiale, guardando principalmente, o esclusivamente,
alle conseguenze negative causate dalla globalizzazione soprattutto nelle aree povere del
mondo. Alcune delle critiche dei cosiddetti gruppi “no global” si articolano nella
denuncia delle conseguenze negative indotte dalla globalizzazione, come
l’omogeneizzazione dei bisogni e dei prodotti offerti, la crescita e lo sviluppo delle
multinazionali e la scomparsa delle piccole aziende con i loro prodotti in grado di
soddisfare una domanda più individualistica.
Per quanto riguarda il vino, l’opinione pubblica anti-globalizzazione teme che una realtà
economica caratterizzata da centinaia di anni da un’industria contadina, con i suoi
coloriti elementi distintivi e con l’ampia varietà di vini che differisce da anno ad anno a
seconda della condizioni climatiche o della sperimentazione dei coltivatori, possa presto
essere difficile da distinguere da ogni altra industria high-tech, con un ridotto numero di
grandi imprese che offre prodotti standardizzati per tutti i mercati. Ma l’industria del
vino è stata fin dalle sue origini caratterizzata dal fenomeno della globalizzazione, nel
senso più letterario del termine, a prescindere dalle conseguenze negative attribuitagli
dai gruppi anti-global.
Un importante aspetto della globalizzazione consiste nel movimento di cruciali input e
know-how da un area sviluppata ad una nuova area di applicazione. La prima
coltivazione di uva da vino probabilmente venne piantata nella zona estesa tra il Mar
Nero e il Mare Caspio circa 6000 anni fa. Le conoscenze relative alla coltivazione delle
migliori specie di uva da vino, “Vitis Vinifera
3
”, gradualmente si diffusero verso
Occidente attraverso l’Egitto, la Grecia e forse vennero introdotte nella Spagna
meridionale, a partire dal 2.500 AC. Gli etruschi cominciarono la coltivazione di uva da
vino nel Centro Italia, usando varietà originarie del posto, a partire dal 8° secolo AC. La
produzione di vino venne introdotta nella Francia meridionale dai Romani intorno al
600 AC e venne diffusa nel nord del Paese nel primo e secondo secolo. Solo intorno al
3
Anderson Kym, Norman David and Wittwe Glyn. 2001. Globalization and the World’s Wine Markets:
Overview. Adelaide University Press.
6
400 DC la coltivazione di uva da vino e la produzione di vino si diffusero e si
affermarono in quello che noi oggi chiamiamo Vecchio Mondo e nel Nord Africa. Il
Medio Oriente e il mondo arabo non furono mai particolarmente toccati da questo
fenomeno per i motivi religiosi legati al Corano. I primi esploratori del Nuovo Mondo
introdussero la coltivazione delle viti da vino per la prima volta in Sud America e in
Messico intorno al 15° secolo e in Sud Africa a partire dal 1655. Durante il 19° secolo i
gesuiti ispano-messicani cominciarono ad esportare le tecniche di coltivazione dell’uva
e le varietà di viti da Baja California, in Messico, verso Nord, e iniziarono a coltivare
una terra da cui si ottenevano ottimi raccolti, l’attuale Stato americano della California.
Le prime uve coltivate in Australia vennero importate dai colonizzatori inglesi nel 1788,
mentre in Nuova Zelanda ciò avvenne trenta anni più avanti. Intorno al 19° secolo in
Australia quasi tutta la produzione di uva e vino era esclusivamente per uso interno e
nazionale.
Dopo questa breve storia della diffusione del vino nel tempo, si può osservare come il
vino sia stato, fin dalle proprie origini, un prodotto particolarmente incline alla
globalizzazione.
7
3. EFFETTI DELLA GLOBALIZZAZIONE SUL SETTORE
VITIVINICOLO
Uno degli effetti della globalizzazione nel settore del vino è indubbiamente la “crescita
del livello di concentrazione del settore
4
”, se considerato a livello globale. La
concentrazione nell’industria del vino è stata elevata fin dai più remoti tempi passati.
Certamente, comunque, quella del vino è la meno concentrata rispetto alle industrie del
tabacco e delle bevande. Infatti, secondo i dati di Radobank, la quota di mercato
mondiale delle prime tre più grandi aziende vinicole alla fine degli anni novanta era
appena del 6% nell’industria del vino, in confronto al 35% per l’industria della birra, al
42% per l’industria dei superalcolici, e del 78% per l’industria dei soft drinks.
Fusioni e acquisizioni all’interno del settore sono ormai quasi all’ordine del giorno, dal
momento che solo così le aziende credono di potersi rafforzare in un business sempre
più competitivo. Un altro effetto importante della globalizzazione nel settore del vino è
che le aziende vitivinicole, per resistere alla crescente concorrenza, stanno assumendo
sempre più gli aspetti di multinazionali sia in termini di produzione sia in termini di
distribuzione, formando alleanze con società straniere per raggiungere le economie di
scala e di scopo, soprattutto nei confronti dei distributori e delle catene della
distribuzione.
L’aumento degli investimenti diretti all’estero (Ide) nel settore del vino non dovrebbe
sorprendere, data l’enorme crescita che altri settore del consumo hanno vissuto
attraverso mergers and acquisitions internazionali. Secondo i dati forniti dall’ UNCTAD
nel 2001, il valore delle operazioni di fusione ed acquisizione internazionali è cresciuto
ad un ritmo del 25% all’anno dal 1987 al 1995 e dal 1995 al 2001 m&a internazionali
sono aumentate ad una media del 50%. I cambiamenti del settore vitivinicolo verso una
maggiore concentrazione stanno interessando maggiormente i Paesi del Nuovo Mondo
piuttosto che quelli del Vecchio Mondo, come è dimostrato dai dati relativi al grado di
concentrazione delle imprese nei diversi Paesi.
4
Wine business monthly. Globalization of the wine industry. Volume 9° Number 4. Maggio 2000.
www.winebusiness.com
8
Tabella 1
Grado di concentrazione dei principali Paesi produttori di vino
Fonte: Radobank
Probabilmente la spiegazione di questa differenza tra i Paesi del Vecchio e Nuovo
Mondo potrebbe essere spiegata dal fatto che nei Paesi europei è molto forte la presenza
delle organizzazioni cooperative, di medio-piccola dimensione.
9
Tabella 2
Prevalenza delle cooperative vitivinicole nei Paesi dell’Europa
Fonte: Radobank
Un altro aspetto della globalizzazione dell’industria del vino riguarda “il trasferimento
della tecnologia a livello internazionale
5
”. Tale flusso di tecnologia enologica è
accelerato non solo dallo sviluppo delle multinazionali ma anche dall’opera dei tecnici
dell’industria e dai produttori di vino che esportano le proprie tecniche vinicole in tutto
il mondo attraverso viaggi e permanenze tra un paese e l’altro operando come
consulenti del settore. Ciò permette che le idee e le tecniche di un Paese si sviluppino in
un altro Paese, determinando un continuo feedback di tecnologie e conoscenze tra
un’area del mondo e un’altra.
… … …
5
Wine business monthly. Globalization of the wine industry. Volume 9° Number 4. Maggio 2000.
www.winebusiness.com
10
Questo appena descritto è l’ambiente di riferimento in cui si articolerà il mio lavoro di
tesi. Dopo una generica descrizione della struttura del settore vitivinicolo, passerò ad
analizzare nello specifico, attraverso dati congiunturali, il settore internazionale,
mostrando quantitativamente e qualitativamente la crescita che sta interessando i Paesi
del Nuovo Mondo, ed individuando le principali opportunità e minacce che si stanno
presentando ai Paesi del Vecchio Mondo. Il lavoro continuerà con l’analisi del settore
vitivinicolo italiano, anche in questo caso studiando i principali indicatori congiunturali
economici e riflettendo su quale sia la posizione e il ruolo dell’Italia all’interno del
mondo ormai globalizzato del vino. Analizzerò, quindi, quali sono le principali
problematiche e sfide che le imprese vinicole italiane si trovano a dover affrontare nella
crescente competizione internazionale e quali sono i punti di debolezza e di forza dei
modelli di business dell’industria italiana.
La parte centrale del lavoro verterà sullo studio delle strategie competitive che stanno
interessando il settore internazionale, soprattutto in termini di crescita aziendale.
Cercherò, così, di capire perché proprio la crescita dimensionale per vie esterne, e in
particolare attraverso fusioni ed acquisizioni, sia il modello di business dominante nel
settore vitivinicolo internazionale.
La parte conclusiva del mio lavoro di ricerca si concentrerà sullo studio di un caso
aziendale specifico, in cui l’analisi del settore fin qui fatta rappresenta l’ambiente
economico di riferimento e lo scenario considerato dall’azienda nell’implementare le
proprie decisioni strategiche. Il caso è quello di un’azienda leader in Italia e nel mondo
nel settore delle bevande alcoliche, il gruppo Illva Saronno Holding Spa, che da qualche
anno è presente anche nel settore vitivinicolo nazionale attraverso un’intensa attività di
acquisizioni.
11
1. LE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DEL
SETTORE VITIVINICOLO
1.1. INTRODUZIONE
Il settore vitivinicolo italiano compete in un mercato internazionale nel quale quasi tutti
i Paesi del mondo sono presenti in qualità di produttori e/o consumatori. Il valore reale
della produzione e degli scambi internazionali e il grado di interesse dell’attività
vitivinicola hanno subito forti oscillazioni negli ultimi decenni. Dopo l’espansione del
settore negli anni settanta, dovuta soprattutto all’aumento della produzione europea e la
successiva grave crisi degli anni ottanta, si è giunti negli anni novanta alla ricostruzione
di un mercato con buone prospettive e con un soddisfacente equilibrio tra domanda e
offerta.
Le cause principali della difficile congiuntura del mercato durante gli anni ottanta sono
da ricercarsi principalmente nella crisi dell’Europa orientale e nel diminuito interesse
per il consumo del vino da parte dei Paesi tradizionali consumatori; in tali Paesi, infatti,
l’interesse per i vini ordinari era diventato molto debole e in generale il vino soffriva per
un’immagine offuscata: erano gli anni in cui venne alla luce in Europa lo scandalo del
vino al metanolo.
Nonostante ciò, alla fine degli anni ottanta, “un’efficace azione di rivitalizzazione del
mercato operata dai Paesi nuovi produttori, in prima linea Usa, Australia, e Argentina,
l’effetto delle politiche europee di contenimento dell’offerta e di incentivo alla
qualificazione delle produzioni, la diffusione tra il grande pubblico di notizie
riguardanti alcuni effetti positivi del vino sulla salute e, infine, una crescita di interesse
per gli elementi edonistici e culturali dell’alimentazione”
6
hanno determinato le nuove
condizioni favorevoli per il mercato del vino che si sono consolidate durante tutto
l’ultimo decennio del ventesimo secolo.
6
Pomarici Eugenio e Sardone Roberta. 2001. Il settore vitivinicolo in Italia. Strutture produttive, mercati
e competitività alla luce della nuova Organizzazione Comune di Mercato. INEA. Roma.
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Elemento significativo dell’attuale situazione è la previsione di crescita dei consumi di
vino che su scala globale dovrebbe ammontare ad un 7-8% nei prossimi 10 anni
(secondo uno studio della Fabris, 2000 e della Rabobank, 1999). Ciò sarebbe il risultato
del permanere di una crescita dei consumi nei Paesi importatori di vino nel lungo
periodo e di una inversione di tendenza nei Paesi produttori dove, negli ultimi anni,
fattori strutturali (modalità di consumo e destrutturazione dei pasti, modifica dei
fabbisogni calorifici, ecc), pregiudizi sui legami tra vino e salute e la concorrenza di
altre bevande avevano indotto un drastico calo dei consumi.
Negli ultimi anni di riferimento il livello del consumo mondiale si è attestato intorno ai
200-220 milioni di ettolitri; questa domanda viene soddisfatta da una produzione di
circa 250 milioni di ettolitri, realizzata da un numero crescente di Paesi produttori che
partecipano in modo significativo e dinamico al mercato e distribuita attraverso
un’intensificazione degli scambi internazionali. Nella seconda metà degli anni novanta
l’incidenza del vino d’importazione sul totale del vino consumato ha raggiunto circa il
30%, mentre essa era solo del 18% all’inizio degli anni ottanta. Questo è sicuramente il
risultato dell’azione di più fattori: “la liberalizzazione dei mercati promossa dal WTO,
l’aumento dei consumi nei Paesi non produttori e, infine, l’evoluzione dei gusti verso un
consumo diversificato soprattutto nei Paesi che sono sia produttori sia consumatori
(Usa soprattutto)
7
”.
Il mercato del vino è dunque cambiato in modo rilevante negli ultimi venti anni ed è
tuttora in mutamento in conseguenza dell’evoluzione dei consumi, delle strategie
competitive dei nuovi Paesi produttori e dell’evoluzione del quadro normativo ed in
particolare delle politiche di sostegno e regolazione attuate dall’Unione Europea (UE),
che trovano oggi espressione nella nuova Organizzazione Comune di Mercato (OCM).
7
Pomarici Eugenio e Sardone Roberta. 2001. Il settore vitivinicolo in Italia. Strutture produttive, mercati
e competitività alla luce della nuova Organizzazione Comune di Mercato. INEA. Roma.
13
Si possono mettere in evidenza i principali caratteri del settore vitivinicolo negli ultimi
anni:
9 marcata separazione dei mercati del vino economico e di pregio;
9 crescente caratterizzazione industriale del vino economico;
9 nuove articolate esigenze dei consumatori, che determinano una domanda
fortemente differenziata, ma che tende ad assumere un modello di
differenziazione analogo nei Paesi nei quali il vino è bevanda tradizionale e in
quelli che si sono avvicinati al prodotto più di recente;
9 articolazione complessa del mercato dei vini di pregio per l’interazione delle
esigenze sensoriali e cognitive degli acquirenti;
9 modificazione degli stili di marketing dominanti, in conseguenza dell’accresciuto
ruolo dei Paesi nuovi produttori, che stanno dando uno spazio inedito e crescente
alle politiche di marca;
9 crescita del ruolo della distribuzione in generale e del potere della grande
distribuzione, con una conseguente ridefinizione degli equilibri e rapporti nella
catena del valore, tendenzialmente a svantaggio dei produttori di vino;
9 rilevante incremento delle potenzialità competitive per le aziende di maggiori
dimensioni rispetto a quelle piccole medie, in conseguenza della citata crescente
importanza delle politiche di marca e del ruolo della grande distribuzione.
14
1.2. DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI VINO
La storia del vino è un po' la storia stessa dell'umanità. Risulta difficile tracciarne con
precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero, ogni vicenda politica e di potere ha avuto
le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso
della storia. La definizione di “vino” non è stata lasciata alla libera interpretazione degli
operatori, ma è stata regolamentata al fine di tutelare i consumatori da forme di
produzione non sempre rispondenti ai dettami della genuinità o, come dicono i
regolamenti, che non siano di “qualità sana, leale o mercantile”.
Nel D.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, all’art. 2 si legge: “Il nome di vino è riservato al
prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell’ uva fresca, dell’
uva ammostata o del mosto d’uva, con gradazione alcolica non inferiore ai tre quinti
della gradazione complessiva. La gradazione alcolica dei vini non può essere comunque
inferiore a 6°, mentre quella complessiva naturale non può essere inferiore a 8° ”. In
base alla legge per denominazione di origine dei vini si intende “il nome geografico di
una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità
e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale ed ai suoi fattori
umani”. Per D.O.C.G. e D.O.C. si intendono i nomi geografici e le qualificazioni
geografiche delle corrispondenti zone di produzione usati per designare i vini indicati
come sopra, le cui caratteristiche dipendono dalle condizioni naturali, correlate alla
vocazione vitivinicola.
Il legislatore con la L 10/2/1992 n 164, in sostituzione della legge 930/63 e in
conformità con la legislazione comunitaria della CEE, ha introdotto una
“classificazione
8
” dei vini che prevede:
8
Legge n. 164. 10/02/1992. Comunità Europea.