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INTRODUZIONE
Il seguente lavoro prende in esame il settore dei salumi in Italia, con una particolare
attenzione alla Regione Puglia, per poi analizzare attentamente le caratteristiche
dell’azienda al centro del caso di studio, il “Salumificio Santoro srl”.
Si è proceduto con l’analisi del macroambiente, a livello sia nazionale che
regionale, osservando la composizione del settore e valutando le forze competitive che
interagiscono al suo interno. Particolare attenzione è stata posta sull’analisi dei consumi,
partendo dai dati Istat sul comportamento delle famiglie italiane e arrivando ad
un’interpretazione dell’andamento della domanda, con un ulteriore approfondimento su
un mercato in notevole espansione, quello dei salumi affettati a peso imposto.
Il lavoro di tesi prosegue con l’esame della tipologia aziendale piø diffusa in
Italia, le piccole e medie imprese, prendendo in considerazione anche il fenomeno del
nanismo aziendale, causa del difficile sviluppo dell’economia nazionale da un lato, ma
anche importante risorsa dall’altro, che da vita ad alte differenziazioni ed elevate
specializzazioni a livello territoriale. Dopo aver valutato l’incidenza delle PMI nel
comparto agroalimentare ed il forte legame che intercorre tra queste ultime e le
produzioni di qualità DOP e IGP, si è focalizzata l’analisi sull’importanza che detiene il
commercio estero per il settore e la correlata difficile problematica dell’italian
sounding. Notevole rilievo è stato dato al ruolo della distribuzione moderna nel settore
food, considerando che coincide con lo strumento attraverso il quale le aziende
produttrici, come quella in esame, immettono sul mercato i beni oggetto del commercio
e tenendo conto della rilevanza che assume la scelta della tipologia di canale
commerciale da utilizzare.
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Infine è stata affrontata l’analisi del Salumificio Santoro, partendo dallo studio
del ciclo produttivo e dei prodotti, dei punti di forza e debolezza interni, e del target di
riferimento attraverso la metodologia VALS 2, è stata formulata ed approfondita una
linea strategica di intervento di breve-medio termine, coerente con gli scenari attuali e
con le prospettive future, in grado di garantire la competitività dell’impresa nell’ ambito
dell’ASA
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“Salumi di Eccellenza”.
Infatti i cambiamenti socio-demografici e l’evoluzione del consumatore, sempre
piø cosciente delle proprie scelte di consumo grazie ad una maggiore conoscenza dei
prodotti, associati ad uno sviluppo crescente del mercato delle produzioni di nicchia, ha
stravolto gli equilibri gestionali e produttivi di numerose piccole e medie imprese del
settore salumi, costringendole a riformulare la propria strategia commerciale per poter
far fronte all’evoluzione della domanda al fine di vedere aumentata la propria quota di
mercato.
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L’ASA o area strategica d’ affari è la risultante della scomposizione, in sottoinsiemi, delle attività
aziendali realizzata in modo tale da rendere pertinente la formulazione di una specifica strategia
competitiva (per ciascuna ASA).
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Capitolo I
I RAPPORTI TRA I SALUMIFICI E L’AMBIENTE DI RIFERIMENTO
1.1 Il settore salumi in Italia e in Puglia
Lo studio del presente lavoro parte dall’analisi del settore agroalimentare nazionale e
regionale, con particolare attenzione al comparto salumi per poter articolare al meglio il
contesto nel quale si colloca l’azienda “Salumificio Santoro s.r.l.”, al centro del caso in
esame.
Cenni storici
L’uso delle carni di maiale, soprattutto salate e trasformate in apprezzati salumi,
ha radici antichissime e molte sono le testimonianze storiche. Inizialmente il bestiame
veniva allevato unicamente per soddisfare le necessità della famiglia o del villaggio.
Solo in epoca etrusca, iniziano a prendere vita le prime forme d’allevamento stabile,
specializzato e finalizzato non solo al fabbisogno locale, ma anche al commercio.
In epoca romana l’interesse si concentra progressivamente sulla coscia e sulla
spalla di suino; la loro produzione registra una sempre piø precisa messa a punto della
materia prima e dei metodi di trasformazione.
Con le successive invasioni barbariche il suino e i prodotti derivati diventano una delle
risorse piø importanti per la popolazione; prosciutti, spalle e pancette diventano
addirittura moneta corrente. Il sole, il sale, gli aromi e le spezie, il fumo erano i mezzi
per conservare le carni a disposizione delle popolazioni antiche.
L’arte dei salumi era decisamente diffusa, soprattutto nell’area centro-
settentrionale, dove le capacità nella scelta dei tagli di carne, nella loro conservazione e
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stagionatura proveniva da esperienze che si erano sedimentate nei secoli, dando luogo
ad un’enorme varietà di prodotti. L’eredità dei mazØn e dei norcini
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è passata agli
artigiani e al mondo dell’industria alimentare, sempre pronta a dare vita a innovative
produzioni pur nel rispetto di antiche ricette. Ogni regione ha mantenuto in vita
preparazioni tradizionali, che hanno raggiunto forte notorietà sui mercati nazionali ed
esteri, come testimoniato dalla crescita delle esportazioni.
Nel meridione, e in particolare nella regione Puglia, l’arte norcina ha origini piø
recenti di quelle nazionali e si sviluppa esclusivamente in alcune zone come la Daunia e
la Murgia. Sono zone queste ultime, votate per natura alla stagionatura degli alimenti,
considerato il microclima che le contraddistingue, caratterizzato da vegetazione tipica
della macchia mediterranea e dalla giusta ventilazione proveniente dal mare Adriatico.
Inoltre considerando l’allevamento dei suini, in queste parti della regione, erano presenti
razze autoctone di maiali, fortemente legate al territorio d’origine dalle loro
caratteristiche. Nel cuore della regione, in Valle d’Itria, territorio circondato dai comuni
di Martina Franca, Cisternino e Locorotondo, la popolazione è riuscita a ottenere
prodotti di qualità elevata apprezzati in tutta la regione. Era noto in passato infatti, che i
migliori insaccati provenissero da Martina Franca, al punto che in tutto il Salento, al
momento della macellazione del maiale, si ricorreva alla riconosciuta arte dei norcini
martinesi.
Contesto attuale
Il sistema agroalimentare in Italia, ed in particolare nel Mezzogiorno, presenta
un’importante dimensione quantitativa, in termini di produzione, valore aggiunto e di
2
Norcino: colui che macella il maiale e si occupa di lavorarne le carni; ha origini dal comune di Norcia
(Umbria); MazØn: nome dei norcini nell’Italia settentrionale.
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occupazione. Si evidenzia che, in termini di valore aggiunto, il peso dell’agricoltura e
dell’industria della trasformazione alimentare è pari, in Italia, a circa il 21%, cifra che
sale al 39,5% considerato il solo Mezzogiorno.
L’industria agroalimentare italiana rappresenta un settore importante dell’industria
manifatturiera e si caratterizza per la sua struttura, per la presenza di numerosi comparti,
per una forte concentrazione nel Nord del paese, ma ha un’importanza particolare nel
debole apparato industriale delle regioni del Mezzogiorno. Essa si contraddistingue per
relazioni con la produzione agricola da un lato, e la distribuzione dall’altro. Le diverse
componenti della catena alimentare risultano caratterizzate da una fitta rete di relazioni
che ne determinano e spesso condizionano i risultati e lo sviluppo reciproco. La
progressiva apertura verso l’estero e l’Europa in particolare, ha interessato l’industria
alimentare, sia per quanto riguarda l’utilizzazione e trasformazione delle materie prime
provenienti dall’estero, che per l’importanza sempre maggiore delle esportazioni verso
gli altri paesi europei e i mercati internazionali. I processi di integrazione che
caratterizzano le diverse “filiere” presenti nel sistema agroalimentare, con il
radicamento territoriale di alcune produzioni e l’affermarsi di una specializzazione
flessibile nei distretti agroalimentari, fanno emergere la necessità di rapporti e relazioni
sempre piø stretti fra i diversi attori e protagonisti dell’intera catena alimentare. Gli
aspetti organizzativi e le relazioni fra produttori agricoli, trasformatori e distribuzione,
costituiscono dei fattori importanti, sia per lo sviluppo della competitività delle
produzioni agroalimentari italiane sui mercati nazionali ed europei, sia per la capacità di
soddisfare i cambiamenti dei modelli di consumo alimentare in atto nel nostro paese. La
formazione di numerosi gruppi industriali e la presenza di importanti multinazionali del
settore, caratterizzano le trasformazioni dell’industria alimentare italiana, mentre
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l’integrazione nell’unione europea ha contribuito a collocare l’industria alimentare
italiana nel contesto europeo e mondiale. L’Industria alimentare italiana, terza in Europa
dopo Germania e Francia, rappresenta un pilastro dell’economia italiana ed è la seconda
manifattura dopo il metalmeccanico: vanta un fatturato di 124 miliardi di euro (+3,3%
rispetto al 2009); acquista e trasforma oltre il 72% del prodotto agricolo nazionale ed
esporta per un valore pari a 21 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2009). Le
importazioni, invece, sono pari a 16,7 miliardi di euro. L’80% dell’export alimentare
italiano è rappresentato da prodotti industriali di marca. L’industria alimentare ha visto,
nel 2010, un attivo commerciale di ben 4,2 miliardi di euro. Le produzioni
agroalimentari nazionali vantano, inoltre, il primato della qualità nell’ambito del
sistema europeo delle indicazioni geografiche, con 221 DOP, IGP e STG e 480 tra
DOCG, DOC e IGT. Per quanto concerne i diversi settori produttivi, al primo posto
figura il comparto lattiero-caseario (con una produzione fonte di un fatturato di 14,2
miliardi di euro), segue il settore del vino e dei liquori (10,7 miliardi di euro), il settore
dolciario (10,1 miliardi di euro) e il settore delle carni fresche e trasformate (7,4
miliardi di euro)
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.
Quando si parla di settore agroalimentare si intende l’aspetto legato alla
produzione agricola, all’industria della trasformazione alimentare ed anche a quello
distributivo. Il comparto infatti è l’espressione di una interdipendenza molto stretta tra
questi tre settori economici. Con l’impiego del concetto di sistema agro-industriale si
intende superare i limiti che presentano le analisi basate sulla categoria di “settore” per
ricomprendere nell’ambito di un’unica unità d’indagine tutto l’insieme delle attività
incentrate sulle materie prime di origine agricola.
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Dati pubblicati da Federalimentare sulla base di dati ISTAT, 2010.
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L’evoluzione del sistema agroalimentare ha visto, nel tempo, il modificarsi
dell’importanza strategica delle diverse componenti nella catena del valore. Dapprima
infatti l’aspetto agricolo era preponderante rispetto alla trasformazione ed alla
commercializzazione. Lo sviluppo industriale, tecnologico e le nuove tendenze dei
consumi alimentari hanno modificato tale rapporto facendo prevalere dapprima l’aspetto
della trasformazione industriale (l’industria alimentare) fino a giungere ai nostri giorni
in cui si inizia a sentire una sempre maggiore influenza della grande distribuzione sulle
scelte strategiche e produttive del settore; tende pertanto a ridursi l’importanza relativa
dell’agricoltura
4
.
Le potenzialità di sviluppo del settore e degli attori economici che vi fanno parte,
quindi, devono trovare fondamento su politiche economiche che tengano conto delle
crescenti interdipendenze settoriali sia verticali che orizzontali. Tali potenzialità
potranno inoltre esprimersi compiutamente tenendo nella dovuta considerazione le
caratteristiche peculiari del settore del nostro paese. Un settore, quello agroalimentare,
fortemente influenzato dalle caratteristiche orografiche e climatiche assai differenziate
lungo la nostra penisola che rendono l’Italia un paese ricco di prodotti locali assai
diversi e di elevata qualità. Pertanto l’articolazione del sistema agroalimentare italiano
risulta ampia e complessa, proprio a causa della presenza di una differenziazione
produttiva marcata che lo caratterizza. Un’ulteriore peculiarità del sistema italiano è la
forte presenza di piccole e medie imprese accanto a quelle piø grandi; difatti, il ricco
patrimonio di prodotti tipici posseduto dall’Italia fa capo di norma alla piccola e
piccolissima impresa ed ha giovato anche alla grande impresa che ne ha tratto un
maggior utile per i frequenti rapporti con l’estero. Sintetizzando, quindi, si può
4
SRM, Il sistema agroalimentare nel mezzogiorno, le sfide dell’industria agroalimentare nelle realtà
territoriali, ed. Alfredo Giuda Editore, 2005.
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contenere in due caratteristiche fondamentali il settore agroalimentare italiano: elevata
numerosità di produzioni di nicchia e preponderanza delle piccole e medie imprese.
1.2 La filiera delle carni suine
Il mercato italiano delle carni si è profondamente modificato soprattutto
nell’ultimo quarto di secolo, sia dal lato dei consumi finali che da quello della
produzione e della commercializzazione. I consumi medi pro-capite di carne suina, in
particolare, hanno superato, da alcuni anni, quelli di carne bovina che invece, dopo una
ininterrotta tendenza all’aumento manifestatasi nell’arco degli ultimi decenni, dal 1990
sembrano essere caratterizzati da un andamento negativo. La filiera suinicola risulta
essere al giorno d’oggi uno dei pilastri del settore agroalimentare italiano. Nell’ambito
dei consumi di carni suine un ruolo di assoluto rilievo è svolto dai consumi di salumi,
con una quota sui consumi di queste carni pari a circa il 60% e, in particolare, da quelli
di prosciutto crudo e prosciutto cotto, i prodotti maggiormente diffusi nel mercato
nazionale.
All’interno del comparto dei salumi, considerando congiuntamente sia le
informazioni relative alle diverse materie prime utilizzate che quelle sulle tecnologie
impiegate per la conservazione, si possono distinguere le tre seguenti famiglie di
prodotti:
- prodotti in pezzi, crudi, salati, stagionati o affumicati: prosciutto crudo, coppa,
pancetta e speck;
- prodotti in pezzi, cotti: prosciutto cotto, spalla cotta;
- prodotti in pasta, crudi o cotti: salame, mortadella, wurstel, zampone, cotechino
5
.
5
Pieri R. e Venturini L. (a cura di), Strategie e competitività nel sistema agroalimentare. Il caso italiano,
ed. Franco Angeli, 1995.
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Nella Tab.1 sono indicati i valori relativi alle variazioni tra il 2007 e il 2008, sia in
termini di quantità che di valore dei vari prodotti presenti nel mercato italiano.
Tabella 1 - Produzione salumi, Quantità e Valore 2008-2007
2008 2007 Var % Quota 2008 2007 Var %
(.000t) (.000t) 08/07 Produzione (mln €) (mln €) 08/07
Prosciutto crudo 280,07 282,56 -0,9 24,00% 2011 1997 0,7
Prosciutto cotto 277,30 282,96 -2 23,70% 1839 1830 0,5
Mortadella 171,78 171,60 -0,1 14,70% 663 653 1,5
Salame 109,76 110,01 -0,2 9,40% 917 906 1,2
Wurstel 62,31 59,90 4 5,30% 222 213 4,2
Pancetta 52,35 52,53 -0,3 4,50% 241 238 1,3
Coppa 43,42 43,64 -0,5 3,70% 307 303 1,2
Speck 27,84 28,07 -0,8 2,40% 274 271 1,2
Bresaola 15,91 17,15 -7,2 1,40% 238 232 2,6
Altri prodotti 127,82 128,30 -0,4 10,90% 866 861 0,6
Totale 1168,56 1176,72 -0,7 100,00% 7578 7504 1,0
Produzione Fonte: elaborazione ASS.I.CA su dati Istat e aziendali, 2009
La nuova Legge 04/2011
Il consumatore di oggi è sempre piø attento e sensibile alle molteplici
problematiche relative al consumo degli alimenti. Questo è stato favorito da una
maggiore informazione, ed è stato motivato sia dall’insorgenza di nuovi patogeni
alimentari che di problematiche relative al crescente scambio di merci intra ed extra-
comunitarie che hanno coinvolto anche pesantemente molteplici settori alimentari
(BSE, diossina, influenza aviaria, itx, etc.). Fino a poco tempo fa l’etichettatura della
carne suina non obbligava l’indicazione della provenienza della carne, come invece è
stato reso obbligatorio da anni per la carne bovina a seguito dello scandalo alimentare
della cosiddetta “mucca pazza”, che ha avuto forti ripercussioni sul mercato del bovino
e ha causato profondi cambiamenti sia nella lavorazione che nella vendita dei prodotti
derivanti da questo tipo di animale. L'etichettatura della carne di maiale era una misura