1. Introduzione Il presente lavoro si prefigge di analizzare alcuni dei temi più significativi all'interno del
panorama odierno degli studi di management. Esso si configura come la sintesi di due anni di studi
specialistici mirati alla più ampia acquisizione possibile di competenze nozionistiche sulla gestione
impresariale e sulla loro applicazione all'interno del mondo reale. Come si vedrà, parte del lavoro
presenta una simulazione empirica, con l'obiettivo di mettere in pratica i concetti teorici acquisiti e
di confrontarsi con la realtà, che rappresenta sempre la sfida più ardua e più stimolante per ogni
studioso. Una sfida alla quale qualsiasi studente di management non può sottrarsi.
In primis, l'analisi verterà sul Business Plan, uno degli strumenti cardine della
programmazione e della gestione imprenditoriale, che, come si avrà modo di vedere, non gode
ancora del giusto status all'interno del mondo imprenditoriale italiano, anche se ultimamente si sta
assistendo ad una lenta ma progressiva inversione di tendenza. In questa sezione verrà spiegato
come realizzare un piano imprenditoriale preciso, dettagliato e soprattutto confacente alle necessità
di chi lo stila. Verranno delineati i principali obiettivi da assolvere, precisati gli errori da evitare e
descritta la migliore modalità di redazione, sempre tenendo in mente le finalità imprenditoriali che
caratterizzano la realizzazione dell'opera. Ogni nozione teorica sarà correlata da appositi esempi
pratici per favorire la comprensione e guidare il lettore verso il pieno padroneggiamento delle
tecniche che sottendono alla preparazione di un Business Plan ottimale.
Nel secondo capitolo verrà proposto un esempio pratico di Business Plan, rispettando lo
stesso schema teorico proposto nel corso della prima parte. Queste pagine, di natura prettamente
empirica, permetteranno di constatare le difficoltà e gli ostacoli che emergono durante la
trasposizione da un'idea alla realtà, che di fatto è la grande sfida con la quale si devono confrontare
quotidianamente gli imprenditori e gli investitori. Essendo che le tre tematiche preminenti
all'interno di questo lavoro sono il Business Plan, la strategia d'impresa e l'internazionalizzazione, la
proposta empirica non poteva esimersi dal presentare il piano imprenditoriale di un'impresa la cui
strategia si articolerà in maniera rilevante all'interno del contesto internazionale, fornendo così una
crasi dei temi affrontati nel corso della presente dissertazione.
Infine, nel terzo ed ultimo capitolo l'attenzione si soffermerà sulla strategia d'impresa, intesa
in questa sede come il livello più alto di organizzazione manageriale, votata al lungo termine,
deputata al successo commerciale e capace di condizionare irreversibilmente ogni livello
dell'organizzazione aziendale. In particolar modo, si analizzeranno i concetti di crescita e di
espansione e si cercherà di comprendere perché essi rivestono un ruolo tanto precipuo all'interno
degli studi di economia e gestione delle imprese. Verranno comparate le teorie di matrice
7
nordamericana ed europea, proponendo uno sguardo di insieme su un fenomeno che permea le
realtà economiche di tutto il mondo, ma che viene interpretato in maniera diversa a seconda del
sistema imprenditoriale all'interno del quale si innesta.
Dopodiché, si passeranno in rassegna le principali metodologie di integrazione che
un'azienda può adottare, evidenziandone i relativi vantaggi e svantaggi, oltre alle proprie modalità
applicative ed ai possibili scenari che esse aprono. Nella parte finale del capitolo la disamina
approfondirà il tema tanto attuale dell'internazionalizzazione d'impresa, un fenomeno in costante
evoluzione all'interno di un sistema economico sempre più fortemente globalizzato. Anche in questo
caso non mancherà un’attenta analisi volta a sottolineare pregi e difetti, congiuntamente ai rischi ed
alle possibilità, dei differenti scenari operativi proposti.
8
2. Il Business Plan Premessa
Nel corso di questo primo capitolo, nel quale si affronterà la funzionalità e la natura
qualitativa del Business Plan, si parlerà spesso di concisione e capacità di sintesi e di focalizzazione
sui punti fondamentali, qualità indispensabili per la buona riuscita dell’opera in questione. Al tempo
stesso, la descrizione da me fornita sulle voci che possono essere incluse nel Business Plan risulterà
lunga e dettagliata. Com’è possibile coniugare queste due affermazioni tra loro contrastanti?
La risposta risiede nel fatto che questo lavoro intende analizzare e spiegare
approfonditamente le modalità di composizione di un BP, offrendo una varietà di spunti utili per la
sua realizzazione e considerando casistiche tra loro molto differenti (impresa medio - piccola o
azienda grande, società di servizio o ditta manifatturiera, contesto locale o realtà multinazionale)
nell’intento di fornire una trattazione più ampia possibile. A partire da essa, colui che ci si accinge
alla realizzazione del proprio Piano di Affari sceglierà le macroclassi compositive che reputa più
idonee al proprio progetto, cercando di evidenziare tramite questa cernita le informazioni più
rilevanti e significative del proprio lavoro.
Pertanto, quella che in questa sede viene fatta è una proposta articolata delle diverse opzioni
disponibili ed una loro analisi, non volendo con questo assolutamente dire che la loro totalità debba
includersi all’interno di un BP ben strutturato, ma invitando anzi alla loro oculata scelta e
ponderazione.
A titolo dimostrativo si può vedere il secondo capitolo, che propone un modello di Business
Plan in linea con alcune delle indicazioni fornite nel prima parte del presente lavoro e basato sui
criteri esplicitati nel paragrafo relativo ai suggerimenti per la composizione.
9
2.1 Definizione Il Business Plan (BP), altrimenti chiamato Piano di Fattibilità, Piano di Investimento, Piano
Strategico di impresa o Piano di affari 1
(questi nomi verranno utilizzati alternativamente nel corso
del presente lavoro) è un progetto articolato e dettagliato, che prende in esame tutte le aree di
attività di un'impresa. È una sorta di carta d'identità dell'azienda, attraverso la quale si mettono per
iscritto tutte le componenti di un piano imprenditoriale: dall'analisi di mercato al progetto
finanziario, dal marketing alla gestione delle risorse umane. Il Business Plan è lo strumento per
presentare e pianificare il progetto d'impresa che si intende realizzare, è una rappresentazione degli
obiettivi e del modello di business di un'attività d' impresa
2
.
Preparare il Business Plan richiede tempo e un notevole impegno, sia in termini di energie,
sia in termini di risorse. Non si tratta di una semplice descrizione dell'attività che si intende avviare,
né di un promemoria sulle principali spese da sostenere e sui fornitori da contattare. Il BP è un
progetto dettagliato, che getta le fondamenta della nuova impresa e le garantisce maggiori
probabilità di sopravvivenza.
I Piani di Investimento possono anche diventare rapidamente obsoleti, ma hanno un
altissimo valore se fatti e se usati correttamente. Infatti, esiste anche un mercato, ultimamente in
rapida espansione, in cui professionisti del settore si occupano dell’elaborazione di BP per conto di
nuovi imprenditori o imprese già affermate e i costi di tale consulenza, dipendenti dalla complessità
del progetto, dal grado di dettaglio e di investimento economico iniziale, si aggirano tra i 1.500 e gli
8.000 euro.
In pratica, ogni Business Plan è una sorta di vademecum dell'azienda o della business idea e
deve essere verificato costantemente da ogni imprenditore, deve essere modificato in seguito alle
mutate condizioni ambientali o alle evoluzioni congiunturali perché è una previsione basata su dati
statistici e questi dati sono talvolta difficili da reperire o difficili da verificare.
Nonostante le varie definizioni che vengono date al riguardo, la maggioranza degli esperti
di settore concordano sulle motivazioni di questo lavoro di elaborazione e ancora di più sulla
struttura di cui essa si deve comporre, come vedremo nei successivi paragrafi.
1
Cfr. Borello A., Il business plan. Dalla valutazione dell’investimento alla misurazione dell’attività d’impresa,
McGraw-Hill, Milano, 4° ed, 2009
2
Cfr. Delli Quadri E.C., Il business plan. Metodologia e realizzazione , F. Angeli, Milano, 2002.
10
2.2 Motivazione
Gli scettici ritengono che la pianificazione scritta sia una perdita di tempo. Ma gli esperti
dimostrano che è meglio perdere uno o più mesi, piuttosto che chiudere l'azienda, poco dopo averla
avviata. Elaborare un piano scritto della propria idea d'impresa richiede uno sforzo intellettuale
superiore alla semplice immaginazione. L'entusiasmo iniziale per la nuova idea spesso induce
l'aspirante titolare d'azienda a minimizzare i dati non favorevoli al progetto, o addirittura a non
considerarli. Le ricerche pratiche per compilare il Business Plan possono evidenziare dati prima
sconosciuti all'imprenditore, con i quali dovrà confrontarsi se non vuole rischiare di fallire. In
termini, poi di comunicazione, il progetto di impresa è la carta di identità dell'imprenditore. Parla di
lui, della sua serietà e del suo impegno. È uno strumento importante per farsi conoscere prima, ed
eventualmente finanziare poi
3
.
Come abbiamo detto precedentemente, la preparazione di un BP richiede tempo, energie e
risorse, tre elementi preziosi dell’attività imprenditoriale e/o manageriale, che potrebbero essere
indirizzati altrove (per esempio nel reperimento delle risorse, nell’allocazione dei capitali, ecc…)
Per tale motivi, alcuni scettici, soprattutto rappresentanti della classe imprenditoriale del self made
man che accentra tutte le attività nevralgiche e decisionali nella figura dell’imprenditore-manager
(tale figura è celebre e spesso presente nel tessuto imprenditoriale italiano) si oppongono alla
realizzazione di un BP, sostenendo che essa non sia altro che uno spreco tanto in termini di tempo
come di risorse.
A tal punto è lecito domandarsi quali sono le motivazioni che invece spingono molti altri
imprenditori e (soprattutto) manager ad adottare il BP e perché tanto successo ha avuto questo
strumento. È indubbio che la stesura del piano permette a chi vuole avviare una nuova impresa di
verificare la validità della propria idea e la sua attuabilità, valutando i tempi, i costi, il grado di
rischio percepito e, più in generale, le azioni necessarie a renderla operativa e competitiva sul
mercato, sia nazionale sia internazionale.
Il Business Plan si rivela un utile strumento anche nei casi di aziende già avviate in quanto consente
di controllare l'attività imprenditoriale e l'andamento generale dell'impresa e di riconsiderare
eventuali scelte operative. Negli Stati Uniti è molto diffusa la pratica della Gap Analysis, una
filosofia di espansione che mira ad indirizzare il management verso l’individuazione e la rimozione
degli ostacoli che si frappongono alla crescita dell’impresa e lo strumento chiave di tale processo è
l’analisi dello scostamento, ossia la valutazione dell’eventuale differenza sussistente tra gli obiettivi
predeterminati ed i risultati conseguiti, per individuare ragioni e cause dei successi e dei fallimenti
3
Cfr. Borello A., Il business plan. Dalla valutazione dell’investimento alla misurazione dell’attività d’impresa,
op. cit., p.12
11
nei processi di crescita aziendale. Nell’ambito di questo contesto manageriale, il BP è lo strumento
più utilizzato per la predeterminazione degli obiettivi necessaria all’esecuzione della Gap Analysis.
Inoltre, il BP risponde al bisogno di management e imprenditoria di controllo progettualità
nel medio termine, una progettualità che dovrebbe essere alla base di tutte le iniziative industriali e
commerciali, ma che troppo spesso è purtroppo carente. Diverse ricerche, infatti, dimostrano come
la maggior parte degli imprenditori delle PMI italiane siano orientati sul brevissimo termine
(talvolta ciò accade addirittura con i manager delle grandi imprese!), con la loro attenzione
focalizzata sulle decisioni strategiche attinenti soltanto o principalmente il futuro più prossimo,
mentre manchino di un più completo e complesso disegno organico teso a guidare lo sviluppo
aziendale nel corso di un orizzonte temporale più vasto.
Casi in cui il Business Plan può presentarsi come un valido strumento di aiuto per
organizzare le scelte nel migliore dei modi e per aumentare la probabilità di successo dell’iniziativa:
• avvio di start-up;
• apertura di filiali all’estero;
• riorganizzazione aziendale;
• spin-off di grandi gruppi retti da una holding;
• acquisto o vendita di aziende;
• Management Buy-out;
• pianificazione e regolamento della successione;
• pianificazione di importanti fasi di espansione come creazione di nuovi siti, introduzione di
nuovi prodotti, ecc. ;
• garanzia di finanziamenti (società di venture capital, banche, cooperative fideiussorie,
società di leasing, ecc.);
• acquisizione di partner (distributori, partner di franchise, fornitori, partner di rete, ecc.);
• canali pubblici (ricerca di sostegni per la promozione economica, ecc.);
• acquisizione di key account.
4
Sicuramente, è importante al tempo stesso non eccedere sul versante opposto, ossia non considerare
il Business Plan come la panacea per tutti i problemi manageriali, in quanto la sua realizzazione non
4
Cfr. Delli Quadri E.C., Il business plan. Metodologia e realizzazione , op.cit., p. 14
12
è sinonimo di successo assicurato, come talvolta millantato dagli addetti del settore (che altro non
fanno che tentare di vendere il loro prodotto), ma è sicuramente vero che una sua stesura accurata
ed attenta può aiutare notevolmente l’imprenditore e il manager lungo tutto il delicato processo di
scelta strategica ed allocazione delle risorse.
2.3 Funzioni e destinatari Praticamente ogni iniziativa imprenditoriale richiede un capitale iniziale per poter essere
avviata e nella maggior parte dei casi i fautori del progetto non dispongono di tali risorse finanziarie
e spesso il loro reperimento è il maggior ostacolo da superare. Questo può essere vero per la
multinazionale che deve attuare faraonici progetti di investimento per rimanere competitiva, come,
e maggiormente, per la PMI che decide di ingrandirsi o per l’imprenditore che decide di avviare
una nuova attività. Nel caso delle grandi imprese il mercato mobiliare (azioni ordinarie e speciali,
obbligazioni, …) sono di solito la soluzione privilegiata, mentre negli altri casi la fonte di
finanziamento principale rimangono gli istituti di intermediazione finanziaria. Un problema non da
poco, considerato che tra le cause della mancata internazionalizzazione delle PMI italiane (che pure
avrebbero qualità, know-how e mentalità product-oriented per avere successo) uno dei tre problemi
principali è la difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie 5
.
Come si colloca il BP in questo problema? Abbiamo visto prima che esso è una specie di
carta di identità dell’impresa e del suo progetto imprenditoriale e, potremmo dire, anche un biglietto
da visita con il quale la nuova attività viene presentata a terzi. Invero, una delle principali funzioni
del BP (l’unica, per taluni imprenditori poco lungimiranti) è quella di reperire i finanziamenti
necessari al progetto. Per questo esso dev’essere redatto in modo accurato e minuziosamente
dettagliato, così da spiegare esattamente la consistenza della nuova attività, per poi essere
presentato ai potenziali finanziatori (banche, finanziarie, business angels, ma anche altri soci nel
caso l’iniziativa non sia uni personale) con l’obiettivo di ottenere la loro fiducia. Quindi, l’obiettivo
principale di un Piano di Affari è convincere i lettori che l’attività imprenditoriale proposta è
realizzabile e può generare un reddito sufficiente a remunerare gli investimenti dei soci, con
particolare riguardo ai finanziatori esterni che hanno deciso di investire sulla vostra idea. In questo
senso il Business Plan è molto diverso da un articolo scientifico, perché deve dimostrare che l’idea,
oltre ad essere valida di per sé, è traducibile in un prodotto o servizio che viene comprato dai clienti
e quindi permette di realizzare un’impresa che genera profitti.
5
Cedrola E., Il marketing internazionale per le piccole e medie imprese, McGraw-Hill, Milano, 2005.
13
Il Business Plan viene riconosciuto dalla maggior parte delle banche di investimento ed è
uno strumento indispensabile ogniqualvolta il progetto dipende da investitori altri rispetto
all’imprenditore / ideatore del progetto. Più è dettagliato, più agevola i rapporti dei neo-imprenditori
con gli istituti di credito. Nonostante ciò, l’Italia rappresenta in qualche modo un’eccezione, perché
molto spesso gli imprenditori riescono ad ottenere un finanziamento dagli istituti di credito senza
presentare un BP, ma fornendo solo garanzie (in molti casi rivelatesi poi inadeguate) in cambio
dell’apertura di un fido. Ultimamente, sembra che questo sistema stia lentamente cambiando e le
banche commerciali più accorte incomincino ad esigere un BP articolato e svolto professionalmente
per autorizzare il finanziamento (questa è l’unica modalità accettata dagli altri tipi di finanziatori),
ma siamo ancora lontani dal modello di altri paesi, per esempio gli Stati Uniti, dove il caso più
eclatante è rappresentato dalla creazione di Google, che senza un forte investimento di terzi che
hanno creduto nel BP del progetto non sarebbe mai potuto venire alla luce.
Ma quella del reperimento di capitali, nonostante la sua importanza, non è l’unica funzione
del BP. Esso serve anche a sviluppare le idee in maniera coerente e razionale (una specie di
brainstorming organizzato) per guidare l’imprenditore ed i suoi collaboratori all’interno dei dettagli
dell’opera, portando alla luce problemi, dubbi, ostacoli, pericoli, rischi, scelte difficili, proponendo
soluzioni e migliorie, rettificando le decisioni a seconda delle risorse disponibili e degli adattamenti
ambientali, “insegnando” ai suoi realizzatori come portare a termine nel migliore de modi l’idea
imprenditoriale. Tale preziosa funzione, che chiaramente richiede di dedicarvi molto tempo e
altrettanta dedizione, si perde ogniqualvolta la stesura del BP venga affidata ad esperti esterni.
A questo punto, è lecito domandarsi: Se il BP è uno strumento tanto delicato e che non può
essere improvvisato, non è meglio rivolgersi a consulenti esterni (perdendo così la preziosa
funzione formativa che abbiamo appena descritto)? La risposta, come in molti casi, consiste
nell’adottare una halfway solution che cerchi di soddisfare entrambi questi due bisogni: è
sicuramente intelligente avvalersi di un consulente esperto ed pratico, ma al tempo stesso è di vitale
importanza che l’imprenditore ed i suoi (eventuali) collaboratori collaborino alla stesura del
progetto.
Il BP ha anche una funzione di cernita delle opzioni proposte col fine di premiare le
soluzioni migliori e più profittevoli e far abbondare le idee meno remunerative o poco efficace,
canalizzando le risorse e gli sforzi operativi verso le prime ed evitando sprechi o perdite di tempo.
Molte volte, quelle che paiono le soluzioni migliori in un primo momento si rivelano poi, dopo
attenta analisi e valutazione, quelle meno efficaci ed è per questo che il lavoro di analisi e controllo
preciso e dettagliato che sottende alla realizzazione di ogni BP si rivela tanto fruttuoso. Inoltre,
troppo spesso il Piano di Fattibilità viene fatto coincidere con la fase di avvio del progetto
14
imprenditoriale. Seppur vero che è in questo delicato momento che gioca il suo ruolo principale,
non bisogna dimenticarsi che un’iniziativa aziendale va seguita con cura e rimodellata nel tempo,
sulla base delle mutate condizioni ambientali e/o congiunturali e sulla base del confronto con gli
obiettivi precedentemente stabiliti (si veda al proposito quello che si diceva sulla Gap Analysis),
pertanto il BP è uno strumento utile non solo per l’inizio, ma per tutto il prosieguo dell’opera, un
fondamentale supporto gestionale che non dovrebbe mai essere accantonato. Infine, esso
rappresenta le fondamenta dell’attività analitico – valutativa che caratterizza ogni sviluppo
aziendale, permettendo di seguire nella maniera migliore il percorso che era stato tracciato in
origine, presentandosi come, utilizzando una bella immagine, la bussola dell’imprenditore per non
perdere mai la giusta rotta.
I destinatari del Business Plan sono 6
:
1. L’aspirante imprenditore, che vuole capire quante probabilità di successo ha la sua idea
imprenditoriale. Prima di scrivere il Piano di Affari, l’imprenditore è animato da entusiasmo ed
ottimismo, ma non è sicuro che la sua idea sia realizzabile, cioè che diventi un’impresa che
sopravvive, si sviluppa e gli dà da vivere. Il BP gli fornisce maggiori informazioni per risolvere
questo dubbio.
2. Gli investitori esterni, che devono decidere se finanziare la realizzazione dell’idea
imprenditoriale. Essi verificheranno che gli autori abbiano una solida padronanza della dinamica
dell’impresa e del settore industriale in cui intendono operare e soprattutto che abbiano la capacità
di assicurare un buon profitto sui fondi da investire, compatibilmente con il livello di rischio che
l’investitore ritiene accettabile.
3. L’imprenditore stesso e i suoi collaboratori, dopo che l’impresa è stata avviata, che ne possono
trarre una guida utile per la gestione dell’impresa. A questo scopo il Piano di Fattibilità deve
indicare una serie di milestones , ossia di obiettivi parziali da raggiungere. Per assolvere a questa
funzione di guida, è necessario che esso venga periodicamente rivisto e aggiornato.
Ricapitolando, un BP serve ad ogni tipo di azienda, grande media o piccola, e
all’imprenditore alle prime armi come a quello navigato, per pianificare ed organizzare il futuro
dell’impresa, comunicare i progetti verso l’esterno, convincere i finanziatori della validità del
progetto, valutare criticamente le possibilità di successo di un’idea imprenditoriale che porti alla
remunerazione del capitale iniziale ed alla creazione di profitto nel corso del tempo, per analizzare i
rischi e attuare modalità di loro attenuazione.
6
Cfr. Delli Quadri E.C., Il business plan. Metodologia e realizzazione , op. cit. p.19
15
2.4 Composizione Nonostante l’ampia gamma di nomi che sono utilizzati per riferirsi al Piano di Affari, la
maggior parte degli esperti del settore concorda sul modo in cui esso deve essere strutturato ed
articolato. Chiaramente, ogni progetto imprenditoriale, così come ogni imprenditore ed ogni
azienda, sono unici e distinti dagli altri, perciò ogni caso presenta delle peculiarità che lo
renderanno diverso, ma esiste un layout comune che permette di ottimizzare la stesura del BP e può
essere applicato ad ogni situazione con buoni risultati.
Il cuore di tale organizzazione risulta nell’essenziale divisione tra due parti imprescindibili,
quella descrittiva (o qualitativa) e quella economico-finanziaria (o quantitativa o numerica)
7
due
sezioni strettamente interrelate e rette da una variabile consecutiva unidirezionale, ossia le scelte
qualitative influenzano quelle quantitative, e non viceversa, almeno in un primo momento
(situazioni scaturenti dalle scelte quantitative possono andare a riformulare le prime in fasi
successive).
Come dice il nome stesso, nella parte descrittiva l’intento è di descrivere minuziosamente il
progetto imprenditoriale, quali sono gli aspetti che lo rendono innovativo ed allettante, come
intende remunerare il capitale di rischio, in che mercato opererà, l’analisi del contesto ambientale,
gli attori protagonisti, ecc… Alcuni autori fanno rientrare in questa parte l’introduzione, mentre altri
la costituiscono come sezione a sé stante da anteporre alla parte descrittiva, ma di fatto queste
distinzioni formali non cambiano la sostanza del lavoro.
Nella seconda parte, quella numerica, il BP si concentra sugli aspetti prettamente
economico-statistici, in quanto scopo di questa sezione è dimostrare l’attuabilità finanziaria del
progetto, porre gli obiettivi di mercato, gestire l’allocazione delle risorse finanziarie e dimostrare
come l’ipotizzato break even point sia raggiungibile e quando e perché il pay back period stimato
sia attendibile. Molto spesso si dice che è in questa parte che si assiste al vero momento della verità
per quanto riguarda le decisioni dei potenziali finanziatori. Infatti, se molto spesso l’idea iniziale
esposta nella prima parte può sembrare interessante ed innovativa, può succedere poi che le
previsioni economico-finanziarie non convincano i terzi della bontà del progetto, oppure il contrario
(un interessante e realistico piano di remunerazione del capitale di rischio può supplire ad un’idea in
prima battuta non particolarmente convincente). Questa è anche la sezione che più spesso viene
messa sotto accusa quando il progetto si rivela un fallimento, oppure è quella più modificata e
rivista quando si verificano degli scostamenti più o meno marcati rispetto all’idea iniziale. Il motivo
7
Cfr. Galdini D., L’internazionalizzazione d’impresa. Processi, metodi e strategie, Giappichelli Editore,
Torino, 2009, pp. 226-227
16
di ciò è facilmente intuibile, in quanto l’idea è e rimane sempre quella, di facile comprensione e più
o meno accettabile rispetto a quanto si è disposti a credere in essa, mentre le proiezioni finanziarie
sono l’aspetto più discutibile e modificabile. In generale, si può dire che ad una buona e originale
idea deve essere accompagnata una solida e verosimile pianificazione delle entrate che convinca
l’imprenditore stesso, i suoi collaboratori ed i finanziatori esterni della validità del progetto.
Le due sezioni che abbiamo appena visto sono delle macro-classi ampie ed articolate, all’interno
delle quali, al di là di un main core condiviso da tutti (es: forma giuridica, piano di marketing, …)
diversi autori situano diverse sottovoci, proponendo frammentazioni e dettagli più o meno
approfonditi, spaziando lungo un continuum senza soluzione di continuità che va dalla
presentazione ultraschematica (tipico di imprese non avvezze a tale lavoro e che lo realizzano solo
per desiderio esplicito della finanziaria, convinte dentro di loro di stare realizzando una perdita di
tempo) alla presentazione super approfondita (caratteristica di progetti ingegneristico – scientifici
che richiedono ingenti investimenti da parte di investitori professionisti dotati di notevoli
competenze tecnico-scientifiche). Essendo questo lavoro volto a fornire una panoramica organica e
più ampia possibile sul Business Plan, la mia proposta di seguito fornita mira ad includere il
maggior numero di punti importanti. Inoltre, mi limito, ancora una volta, a ricordare che un maggior
livello di dettaglio non può che giovare agli ideatori e realizzatori del Piano di Investimento, perciò
questa scelta organizzativa si dimostra in linea con l’idea proposta nel corso di questo lavoro.
Possiamo quindi dire che la sezione descrittiva si compone di
8
:
• executive summary;
• idea imprenditoriale e l’imprenditore;
• variabili interne ed esterne;
• motivazione;
• l’impresa;
• forma giuridica;
• aspetti organizzativi dell’impresa;
• la compagine sociale e l'organico;
• gestione delle risorse umane;
• il prodotto/servizio: caratteristiche, vantaggi, particolarità;
• il piano di produzione (solo per le aziende di produzione)
• il macroambiente e il microambiente;
• strutture concorrenziali;
• mercato di riferimento;
8
Cfr. Galdini D., L’internazionalizzazione d’impresa. Processi, metodi e strategie, op.cit., pp. 227-228
17
• contesto pubblico;
• concorrenza;
• mercato di fornitura;
• stakeholder;
• piano di marketing;
• promozione e pubblicità;
• strumenti e prassi per il raggiungimento dell'obiettivo imprenditoriale;
• alleanze e accordi strategici.
La sezione economico-finanziaria invece si compone di:
• piano di start-up con le fonti di finanziamento, i metodi e tempi di rimborso;
• bilancio preventivo a 3-5 anni;
• piano di ammortamento;
• condizioni di pagamento concesse ai clienti e richieste ai fornitori • analisi economica;
• analisi reddituale;
• analisi finanziaria;
• obiettivi, risultati e sviluppi futuri.
Tutte queste voci verranno approfonditamente analizzate nel corso dei seguenti paragrafi e
costituiranno l’architettura del Business Plan empirico proposto nel seguente capitolo.
Figura 1. Macroclassi che compongono un Business Plan.
18
2.4.1.1 L’executive summary Il primo documento (in ordine di apparizione e non certo di produzione)
9
che si incontra in un
buon Piano di Investimenti è una breve sintesi dell’intero processo, per designare la quale in ambito
anglosassone si usa l’espressione executive summary , che secondo Ken Morse, esperto del MIT
Entrepreneurship Center ed autore di numerose ricerche sul Business Plan, è la sezione più
importante del BP, in quanto è la prima (e a volte anche l’unica) ad essere letta. Non è da
confondersi con l’introduzione, in quanto si tratta di un riassunto di 2 o 3 pagine che solitamente
viene scritta alla fine del lavoro ed inserita al suo inizio. Salta subito alla mente il parallelismo con
gli abstract dei testi scientifici e non è un caso che tali nozioni siano state elaborate in ambito
accademico.
Il cuore dell’executive summary è la cosiddetta value proposition , ossia la dichiarazione degli
obiettivi che il BP (non l’idea imprenditoriale) vuole raggiungere. Morse 10
esplicita così la value
proposition :
• qual è il prodotto o servizio;
• chi saranno i clienti (con nomi e cognomi o nomi delle imprese, se possibile);
• perché i clienti dovrebbero comprare il prodotto o servizio, ossia quali vantaggi ne
otterranno (es.: hanno un’esigenza che nessuno è in grado di soddisfare? L’idea soddisfa la
loro esigenza con maggiore efficacia o a minore costo rispetto ai concorrenti?)
Per far capire qual è il valore che Morse assegna a quest’ultimo punto basti pensare che egli stesso
afferma che ”se nella sintesi non legge i nomi di almeno 10 potenziali clienti, il Business Plan
finisce dritto nel cestino” 11
. Ovviamente si tratta di un’estremizzazione (ma neanche troppo), però
serve a rendere l’idea dell’importanza che assume il fattore marcato / appetibilità che ha un’idea
imprenditoriale, che altrimenti si rivelerebbe inutile e dannosa. Tra l’altro, questa è la grande
differenza tra un BP e un articolo scientifico. Quest’ultimo si limita a dimostrare che un’idea
funziona dal punto di vista tecnico, mentre il Piano di Fattibilità deve fare un passo in più, ossia
deve convincere che c’è qualcuno disposto a pagare per comprare il prodotto o servizio che
scaturisce dall’idea proposta. Oltre alle informazioni sulle dimensioni e sulla natura del mercato
potenziale per i prodotti, la sintesi deve contenere indicazioni su come verrà organizzata l’attività
dell’impresa, ossia sulle risorse umane e finanziarie necessarie per realizzare l’iniziativa nonché
sull’esperienza di cui ci si avvale. Infine, la sintesi deve evidenziare i principali risultati finanziari
9
Cfr. Borello A., Il business plan. Dalla valutazione dell’investimento alla misurazione dell’attività d’impresa,
op. cit. p.25
10
Cfr. http://www.unive.it/media/allegato/studi_prog_ricerca/startcup/2006/Guida.pdf 11
Ibidem 19
attesi, in termini di fatturato e di utili, e soprattutto deve evidenziare la somma di cui si abbisogna
per avviare l’impresa e il rendimento sugli investimenti previsto per i finanziatori esterni.
Perché ci siamo soffermati sulla sintesi? Perché non di rado i lettori (alias i finanziatori e i
soci) si formano un primo giudizio sull’idea imprenditoriale mediante la sola lettura della sintesi. In
molti casi la sintesi serve al lettore per decidere se proseguire nella lettura oppure lasciare perdere e
scartare l’idea. Effettivamente, molte sintesi fanno già capire che l’idea imprenditoriale è
assolutamente inconsistente, oppure, al contrario, predispongono i finanziatori in maniera molto
favorevole. Per tale motivo, la stesura dell’ executive summary è il punto nevralgico del lavoro di
elaborazione del Piano di Affari e necessita di uno stile accattivante che sappia far presa sul lettore e
convincerlo, non trascurando al tempo stesso di includere tutti gli aspetti significativi della propria
idea e soprattutto quelli che si ritengono essere i punti di forza che la distinguono dagli altri. Nel
mondo degli affari americano questo è conosciuto come paradigma dell’ elevator pitch , vale a dire
ciò che un manager direbbe ad un direttore di una società di credito che potenzialmente è in grado
di finanziare il suo progetto qualora si trovasse con lui per un viaggio in ascensore.
2.4.1.2 L’idea imprenditoriale e l’imprenditore In questa sezione bisogna descrivere, in modo sintetico, l'idea imprenditoriale, con una definizione
analitica di ogni prodotto e di ogni servizio che si intende offrire, le caratteristiche tecniche, i
materiali, i punti di forza e di debolezza, gli aspetti innovativi 12
.
A seconda della tipologia di prodotto, più o meno conosciuta e maggiormente o in maniera
minore tecnologica, bisogna scendere nello specifico utilizzando una diversa quantità di dettagli.
Allo stesso tempo, ritengo opportuno sottolineare l’importanza di non fornire troppi dettagli, ma
non con il fine di non appesantire troppo la lettura e non dilungarsi eccessivamente, quanto per
ragioni di “sicurezza”. È questo un aspetto spesso sottovalutato o assolutamente trascurato nella
letteratura in proposito, ma di fondamentale importanza. Infatti, il punto di forza di molte imprese,
soprattutto delle PMI, sono i brevetti particolari, i processi produttivi peculiari, il know-how
specifico spesso gelosamente, e giustamente, custodito. Rimarcabile al riguardo è quanto il fattore
segretezza e protezione delle proprie conoscenze incida come ostacolo sul processo di
internazionalizzazione di tali imprese, in particolar modo quando si tratta dell’entrata nei mercati
esteri sotto forma di accordi interaziendali, come vedremo nel capitolo dedicato.
È di immediata percezione come questi fattori appena citati siano gli stessi che sono richiesti
in ogni buon BP (li ritroviamo infatti nella struttura organizzativa proposta in questo lavoro) ed è
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Cfr. Galdini D., L’internazionalizzazione d’impresa. Processi, metodi e strategie, op.cit., pp. 228-229
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