2
Questa tendenza è stata innescata da molteplici concause tra cui è possibile ricordare la
riduzione della domanda interna, la minaccia dei paesi produttori già affermati (quale la
Francia) e dei paesi emergenti (Stati Uniti e Australia, in primo luogo).
Proprio l’emergere di nuovi paesi produttori pone le imprese italiane di fronte ad un’ulteriore
minaccia competitiva: è bene domandarsi in quale modo le imprese italiane possano
fronteggiare questa ulteriore minaccia.
La metodologia di analisi seguita nel corso della trattazione prevede l’esame del settore
mediante cerchi concentrici fino all’analisi di un caso aziendale.
Più precisamente, il primo capitolo si occupa del mercato del beverage, di cui il prodotto vino
fa parte, individuando quali siano i competitor diretti del prodotto di riferimento e quali siano
le tendenze nella produzione e nel consumo del vino.
Il secondo capitolo si aprirà con uno sguardo sui punti di forza e di debolezza dei diversi
metodi di analisi di settore che è possibile utilizzare e con la scelta di uno dei metodi
presentati, che verrà utilizzato per fornire una descrizione del settore vitivinicolo tramite le
variabili rilevanti.
Un ampio spazio sarà dedicato alla scelta delle leve di marketing rilevanti nel settore
vitivinicolo. Il focus di questo secondo capitolo quindi è il settore stesso.
Il terzo e conclusivo capitolo sarà dedicato all’analisi di un caso aziendale. Si considereranno
i bilanci degli ultimi anni, la struttura organizzativa, e le strategie sia attuali che future per una
maggior accuratezza dell’ analisi. La decisione di riservare il terzo capitolo all’analisi di un
caso aziendale vuole offrire al lettore la possibilità di vedere come le variabili ritenute
rilevanti per il settore vitivinicolo siano successivamente implementate dalle aziende, in quali
modi e con quali risultati.
Un accenno deve essere rivolto alle difficoltà incontrate durante lo svolgimento del lavoro.
3
Esse riguardano soprattutto la scarsa reperibilità di dati relativi al settore: alcune volte vi
sono dati disponibili per aggregati (settore alimentare in generale) e non relativi al singolo
settore, altre vi è una totale assenza di dati.
Inoltre, si è dovuta registrare una certa riluttanza delle imprese (tranne ovviamente quella
analizzata) a collaborare ed a rilasciare i dati richiesti.
4
Capitolo 1. Il mercato del beverage
1.1. Definizione e tendenze
Uno dei problemi maggiori, quando si affronta un’analisi di settore, è il tentativo di tracciare
confini settoriali in grado di rispecchiare la complessa realtà economica. Ciò può portare a
commettere due tipi di errore. Il primo consiste nella scelta di confini troppo ampi. In questo
caso, la portata dell’oggetto d’analisi sminuisce il fine conoscitivo della trattazione privandola
della capacità di focalizzare il punto centrale e, al contrario, accomunando anche elementi in
realtà tra loro poco interrelati. Dall’altro lato, però, si può incorrere nel secondo errore, vale a
dire quello di prendere in considerazione confini settoriali troppo ristretti, con ciò rinunciando
a studiare in modo esaustivo tutte le possibili correlazioni tra il settore industriale e l’ambiente
economico nel quale si trova. A tal proposito Richard Caves scrive che “ tracciare confini
settoriali troppo ampi può comportare il rischio di riunire insieme produttori che sono
alquanto insensibili a reciproche variazioni; d’altro lato, tracciarli troppo ristretti può
comportare il rischio opposto di collocare in settori industriali separati imprese che in effetti
sono particolarmente sensibili a reciproche influenze”
1
.
Premesso questo, occorre domandarsi quale sia il grado d’ampiezza opportuno per lo
svolgimento del presente lavoro e che cosa si intenda per settore industriale.
Per quanto concerne la prima questione, prendere in considerazione esclusivamente il settore
vitivinicolo, inteso come insieme dei produttori della bevanda vino, sarebbe troppo riduttivo
1
R. CAVES, Economia industriale, il Mulino, Bologna, 1970 pag. 17.
5
poiché non consentirebbe di capire in quale modo variazioni di prezzo e di quantità prodotte
di altre bevande influenzino il consumo e la produzione dello stesso.
La seconda possibilità sarebbe quella di prendere in considerazione il mercato del beverage
nel suo complesso. Il mercato del beverage è composto da una serie di prodotti eterogenei
accomunati da un denominatore comune: la possibilità di soddisfazione di un bisogno
primario per l’uomo, vale a dire l’assunzione di liquidi. Certamente prendere in
considerazione, per tutto lo svolgimento del lavoro, il mercato del beverage, non
consentirebbe una focalizzazione su quello che costituisce l’oggetto di analisi: il settore del
vino.
Un buon punto di equilibrio può essere raggiunto scindendo il lavoro in due parti, nella prima
inquadrando il settore vitivinicolo all’interno del più ampio mercato del beverage, riuscendo
in questo modo a cogliere le correlazioni tra il primo ed il secondo; nella seconda parte, più
specificamente dedicata all’analisi delle variabili strutturali proprie del settore.
Si è affermato che il mercato del beverage è caratterizzato da un’elevata eterogeneità di
prodotti al proprio interno. Attraverso il tentativo di classificazione si possono individuare dei
settori più omogenei rispetto al mercato nel suo complesso. Questi prodotti, che possono
essere individuati in base ai differenti processi tecnico-produttivi e che andranno a formare i
settori cui si è fatto cenno, sono:
- le acque minerali;
- i soft drink;
- i succhi di frutta;
- la birra;
- il vino;
- i superalcolici
2
.
2
Classificazione operata secondo criteri tecnico-produttivi tratta da P. MASTROBERARDINO, Industria e
distribuzione nel sistema settoriale vinicolo, Arnia, 1996.
6
Da ciò si deduce che all’interno di un mercato possano coesistere prodotti diversi, atti a
soddisfare un bisogno determinato, alcuni in concorrenza tra loro, altri solo potenzialmente
concorrenti. Il mercato, in questo caso, ospiterebbe diversi settori che risultano essere dei
frazionamenti del mercato stesso.
A questo punto il quadro pare più chiaro. Si parte da un mercato di riferimento dove
coesistono diversi prodotti tra loro succedanei che possono essere concorrenti o meno, si
passa attraverso l’individuazione all’interno del mercato di una serie di settori omogenei,
rispetto alla tipologia di prodotto e si approda ad una successiva segmentazione, che si
potrebbe chiamare di secondo grado, che interviene nell’ambito dei singoli settori
discriminando le imprese secondo la politica di mercato adottata
3
.
La risposta alla seconda domanda non è semplice come potrebbe apparire: per un concetto
intuitivo, quale quello di settore, sono state enunciate numerose definizioni.
Uno dei primi autori a formulare la definizione di settore è stato Marshall, secondo cui il
settore industriale è formato da tutte le imprese produttrici di un identico bene. L’assunto che
sta alla base di questa definizione è quello secondo cui i produttori di un determinato bene
sono sensibili alla variazione delle condizioni di transazione del mercato del bene che
producono, essendo insensibili a ciò che avviene in altri mercati
4
. Questa definizione, nella
presente trattazione, ha un limite notevole poiché si può verificare agevolmente che non esista
insensibilità dei produttori di vino a variazioni di prezzo che avvengono su altri mercati, per
esempio nel settore dei soft drink.
Una seconda definizione di settore come “insieme omogeneo di aziende legate da relazioni di
interdipendenza”
5
, sposta l’attenzione dal settore come insieme di imprese produttrici di un
identico bene al settore come “insiemi di aziende i cui comportamenti sono connessi da
3
C. BACCARANI, Profilo di maturità di un settore, CEDAM, Padova, 1985.
4
Per un approfondimento del pensiero marshalliano si veda G. VOLPATO, Concorrenza, impresa, strategie, Il
Mulino, Bologna, 1986.
5
G. AIROLDI, G. BRUNETTI, V. CODA, Economia aziendale, Il Mulino, Bologna, 1994.
7
relazioni dinamiche intense per via di combinazioni economiche simili e per l’operare sugli
stessi mercati”.
Il riferimento alle relazioni di interdipendenza (che possono essere di tipo concorrenziale o di
altro tipo) e alle relazioni dinamiche tra aziende mette in rilievo come il settore non sia uno
spazio immutabile e statico ma, al contrario, sia frutto di continui mutamenti. A questo punto
diventa più importante l’analisi delle tendenze del settore piuttosto che conoscerne, in un dato
istante, la sua struttura come in una fotografia: questa non diviene inutile, ma l’obiettivo che
ci si dovrebbe porre è analizzare la struttura alla luce delle tendenze in atto nel settore.
Una terza definizione di settore lo individua come il luogo economico dove si svolge il
confronto competitivo, che può essere effettivo o potenziale
6
. Questo nuovo concetto di
settore rafforza il carattere dinamico della struttura, obbligando a definirlo attraverso uno
sforzo di previsione sul modo in cui evolverà la concorrenza.
Partendo da questo assunto, per arrivare alla definizione dei confini settoriali, si dovrà far
riferimento ad una serie di fattori di omogeneità che siano in grado di operare una
discriminazione tra imprese apparentemente assimilabili, per esempio si possono prendere in
considerazione le seguenti omogeneità di:
- bisogni soddisfatti;
- base tecnologica;
- materiali utilizzati;
- tipo di struttura commerciale.
Quest’ultimo concetto di settore sembra più idoneo ad essere utilizzato per l’analisi,
soprattutto perché pone l’accento sulla mobilità temporale dei confini settoriali, fornendo un
utile strumento per l’individuazione dei confini settoriali.
6
G. VOLPATO, Concorrenza, impresa, strategie, Il Mulino, Bologna, 1986.
8
Nel caso in esame, il criterio di omogeneità più adatto ad essere preso in considerazione pare
essere quello sull’omogeneità dei bisogni soddisfatti, ricordando però che possono essere
utilizzati uno o più criteri diversi. In particolare è possibile assumere che la domanda sia
generata da un bisogno primario per l'uomo, ossia dal bisogno elementare dell’assunzione di
liquidi.
Ciò offre un duplice vantaggio: da un lato abbiamo assunto un criterio che delimita
notevolmente il campo di azione, dall’altro esso è idoneo ad una più attenta suddivisione, in
modo da consentire la ricerca dei prodotti che sono direttamente in competizione tra loro.
Figura 1- L’individuazione dei confini di un settore.
Fonte: G. VOLPATO, Concorrenza, impresa, strategie. il Mulino, Bologna, 1986
Con l’individuazione del criterio di omogeneità risulta più agevole tracciare i confini
settoriali, al cui interno si dovranno analizzare le variazioni dei consumi connessi ai modelli
culturali prevalenti in un determinato periodo.
Prima di esaminare con più attenzione i prodotti che possono essere considerati competitor
diretti del vino, pare utile soffermarsi sulle tendenze dei consumi all’interno del mercato del
beverage.
9
Ciò che si nota, a livello europeo, è un aumento costante dei consumi di bevande non
alcoliche, sotto forma di acque minerali, succhi di frutta e soft drink, mentre per le bevande
alcoliche i trend sono eterogenei, con consumi in diminuzione in alcune parti di Europa ed in
aumento in altre. Nel complesso dei paesi europei, i consumi di acque minerali subiscono un
incremento di circa il 22% nell’arco di sette anni, mentre i consumi di succhi di frutta, nello
stesso periodo, vedono una crescita dei consumi del 16%.
Per quanto riguarda il comparto dei soft drink, l’analisi deve tenere conto di alcune tendenze
presenti al suo interno: in generale, il settore si presenta in una fase avanzata di maturità; negli
ultimi anni però, le aziende hanno trovato soluzioni diverse per recuperare la competitività
persa. In questa situazione si sono venuti a creare diversi segmenti e per tale motivo il
comparto può essere scisso in due segmenti: il primo, a cui appartengono le bevande gassate,
il secondo, composto dai prodotti innovativi che sono, essenzialmente, gli sport drink e gli
energy drink.
Le bevande gassate, come già accennato, si collocano in una fase di avanzata maturità per cui
registrano una crescita molto contenuta, al contrario, i prodotti più innovativi subiscono
aumenti nei consumi molto più marcati.
Per quanto riguarda i consumi di birra, si notano tendenze non omogenee tra quanto avviene
in Italia e quanto avviene nel resto d’Europa.
In Italia, il consumo si attesta sui 29 litri pro capite circa (grafico 1) con un’evoluzione
costante che sta lentamente allineando i consumi italiani con quelli europei. Nonostante ciò, il
divario appare ancora marcato, soprattutto con i paesi in cui questa bevanda ottiene maggiori
consensi: la Germania, considerata la patria di questa bevanda, mantiene saldamente la
leadership con oltre 130 litri pro capite.
10
Tabella 1. Consumo totale di bevande analcoliche.
Fonte: Canadean Limited, Aprile 2001.
Grafico 1. Consumi di birra in Italia(litri pro capite).
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
1
9
7
5
1
9
7
7
1
9
7
9
1
9
8
1
1
9
8
3
1
9
8
5
1
9
8
7
1
9
8
9
1
9
9
1
1
9
9
3
1
9
9
5
1
9
9
7
1
9
9
9
2
0
0
1
Elaborazione su dati Ismea
Unità = millioni
di litri
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Bevande gassate 23,849 24,739 24,502 25,478 25,738 26,723 27,375 27,836
Energy e sport
drinks
8,292 8,785 9,773 9,108 9,302 9,859 10,076 10,458
Acque minerali 28,312 29,094 28,863 30,214 31,375 32,907 34,516 36,168
Succhi di frutta e
nettari
7,756 7,928 8,012 8,256 8,377 8,547 8,992 9,108
11
1.2. I competitor diretti
Il concetto di settore richiamato, prevede due tipi di concorrenza: da un lato la concorrenza
effettiva, intesa come quella affermata in un dato settore, la quale è influenzata da una serie di
variabili che verranno esaminate più avanti, trattando della struttura del settore vitivinicolo,
dall’altro lato la concorrenza potenziale, portata da quelle imprese che possiedono risorse e
competenze simili a quelle delle imprese concorrenti, e che potrebbero in un periodo medio-
lungo diventare concorrenti diretti.
Un elemento rilevante su cui soffermare l’attenzione è l’individuazione, all’interno del
mercato del beverage, dei competitor diretti, vale a dire della concorrenza effettiva.
Ci sono diversi metodi mediante i quali raggiungere tale individuazione, essendo significativa
la dipendenza dall’orizzonte temporale che si ritiene più utile indagare: se l’orizzonte
temporale è limitato al breve periodo (chi sono i concorrenti) si utilizzerà l’elasticità
incrociata, mentre se si vorrà indagare il settore nel medio-lungo periodo (chi potrebbero
essere) converrà usare il metodo basato sull’incrocio dei diversi tipi di omogeneità cui si è
fatto cenno precedentemente.
Applicare il primo metodo per l’analisi del mercato del beverage significa misurare l’elasticità
incrociata
7
dei prodotti presenti su questo mercato per appurare le reazioni della domanda di
7
Lo scopo dell’elasticità incrociata è quello di misurare quantitativamente l’influenza di variazioni nel prezzo di
un bene sulla quantità domandata di un altro bene ed è definita con la seguente formula:
ε
i
j
=(dx
i
/dp
j
)(p
j
/x
i
) da cui ε
i
j
=(dx
i
/x
i
)/(dp
j
/p
j
)
A questo punto, ottenuta la misura dell’elasticità possono presentarsi tre ordini di situazioni:
a) una variazione del prezzo del prodotto j provoca una variazione nel medesimo verso nella domanda del bene
j e del bene i;
b) una variazione nel prezzo del bene j non ha effetti significanti sulla domanda del bene i;
c) infine, una variazione nel prezzo del bene j provoca variazioni di segno opposto nella domanda dei due beni.
Il primo caso riflette la situazione di due beni complementari, il secondo si riferisce a due beni indipendenti
l’uno dall’altro, mentre l’ultimo caso è tipico di beni cosiddetti succedanei o sostitutivi. Tratto da F. DEL BONO S.
ZAMAGNI, Microeconomia, il Mulino, Bologna 1999.
12
un prodotto rispetto alla variazione di prezzo di altri. Sembra opportuno evidenziare che la
attenzione deve essere incentrata sull’oggetto principale dell’analisi, e quindi occorre riflettere
sulle modalità attraverso cui variazioni di prezzo di prodotti quali birra e soft drink
influenzano la domanda di vino.
Questi due metodi possono essere completati prendendo in considerazione le Linee Guida
della Commissione Europea in materia di antitrust, che offrono un metodo per
l’individuazione del mercato rilevante, definito come “combinazione del mercato del prodotto
e del mercato geografico rilevanti”.
Il primo “comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono intercambiabili o sostituibili dal
consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale
sono destinati”, mentre il mercato rilevante dal punto di vista geografico è definito come
“l’area nella quale le imprese in causa forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale
le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta
dalle zone geografiche contigue poiché in queste ultime le condizioni della concorrenza sono
sensibilmente diverse”
8
.
Come si è precedentemente fatto notare, anche questo metodo di analisi è condizionato in
modo rilevante dalla dimensione geografica di riferimento e dall’orizzonte temporale
prescelto (un’analisi su fatti passati oppure sulle prospettive future); tuttavia si pone notevole
attenzione su questo punto poiché, prendere in considerazione ambiti di analisi diversi, può
avere come conseguenza la definizione di mercati diversi per gli stessi prodotti.
Dalle definizioni appena fornite si evince l’importanza per la definizione del mercato di tre
categorie di pressioni concorrenziali:
- la sostituibilità dal lato della domanda;
- la sostituibilità dal lato dell’offerta;
8
Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione del diritto
comunitario in materia di concorrenza: Gazzetta Ufficiale C 372 del 9.12.1997.
13
- la concorrenza potenziale.
L’idea di fondo, che ispira le Linee Guida comunitarie, è quella di osservare il mercato nel
complesso includendovi, da una parte, i prodotti la cui domanda è agevolmente
intercambiabile e, dall’altra, i fornitori che per tecnologia sono efficacemente e
immediatamente capaci di modificare il proprio processo produttivo in modo da fabbricare i
nuovi prodotti e di immetterli in breve tempo sul mercato. Definito complessivamente il
mercato, lo si analizza dal punto di vista geografico prendendo in considerazione alcuni fattori
quali la distribuzione delle quote di mercato, i costi di trasporto ecc.
L’analisi della concorrenza potenziale avviene in uno stadio successivo, in generale quando la
posizione delle imprese sul mercato rilevante è già stata accertata.
Il metodo dell’elasticità incrociata, se da un punto strettamente teorico risulta ineccepibile, da
quello pratico appare complicato e fuorviante. Infatti, l’andamento della domanda risulta
condizionato da numerosi fattori che non necessariamente sono legati all’andamento di
prodotti concorrenti, pertanto, l’utilizzo del metodo della elasticità incrociata per la
definizione dei competitors diretti pone notevoli problemi sia di ordine teorico che di ordine
pratico, senza contare che la mobilità dei confini settoriali rende necessaria una continua
opera di aggiornamento dei risultati ottenuti. Occorre, inoltre, tenere in considerazione che per
una efficace applicazione del metodo appena descritto sono necessarie alcune condizioni
senza le quali i risultati perderebbero di significato. Si pensi, ad esempio, a mercati dove i
prezzi fossero particolarmente stabili ovvero a mercati in cui i prezzi variassero tutti
simultaneamente: in questi casi i dati raccolti non permetterebbero di ricavare stime statistiche
utilizzabili per la misura dell’elasticità.
Si prenda in esame, ora, il secondo metodo. Questo consiste nel trovare, per il mercato che ci
si appresta ad analizzare, una serie di criteri d’omogeneità o di disomogeneità attraverso cui
classificare i prodotti appartenenti al mercato.
14
In questo modo, le imprese individuate come facenti parte del settore, saranno tanto più in
competizione diretta quanti più criteri d’omogeneità avranno in comune, cosicché si
riusciranno a distinguere imprese in diretta competizione da quelle solo potenzialmente
concorrenti.
Adottando questo tipo di approccio, sembra utile fare riferimento al concetto di definizione
del business introdotto da Abell
9
. L’autore attribuisce alla definizione del business (business
definition) un ruolo critico nell’indirizzare ed influenzare le strategie e gli obiettivi di mercato
dell’impresa; per questo motivo identifica tre variabili attraverso cui definire il business:
- le funzioni dei clienti;
- il gruppo di clienti;
- le tecnologie utilizzate.
Nella presente analisi, le funzioni dei clienti corrispondono ai bisogni soddisfatti per il cliente,
quindi, occorre fare riferimento al bisogno che era stato individuato all’origine della
definizione del mercato, cioè il bisogno di assumere liquidi.
Una classificazione in base al bisogno primario di idratazione sembra, nella società
contemporanea, obsoleta. Lo spegnimento della sete rimane certamente un bisogno primario
ma viene percepito con meno intensità in una società economicamente evoluta e la non
soddisfazione è percepita come un’eccezione da giustificare attraverso fenomeni di
emarginazione sociale. Quindi si rende necessario operare una suddivisione di questa classe in
sottoclassi più idonee a rappresentare le motivazioni al consumo di bevande e precisamente
occorre riferirci a bisogni di:
- spegnimento della sete;
- accompagnamento dei pasti;
9
Per un approfondimento del pensiero di Abell si veda: G.M. MALVESTITO, Pensiero strategico d’impresa. Egea,
Milano, 2000 o D. ABELL, Defining the business, The starting point of strategic planning, Englewood Cliffs,
Prentice-Hall, 1980.
15
- socializzazione;
- rilassamento e gratificazione personale.
Tabella 2. Matrice Bisogni/ Prodotti per l’individuazione dei competitors diretti.
Bisogni di base:
Categ. Prodotti:
Spegimento
della sete
Accompagnament
o dei pasti
Socializzazione Rilassamento
gratificazione
personale
Acque minerali
Succhi di frutta
Soft dirinks
Birra
Vino
Superalcolici
Tratta da P. MASTROBERARDINO, Industria e distribuzione nel sistema settoriale vinicolo, Arnia, 1996.
La tabella 2, è costruita sulla base di una matrice le cui dimensioni sono costituite dal bisogno
soddisfatto, e dal tipo di prodotto presente sul mercato. Le varie tonalità di colore indicano
l’intensità con cui il bisogno viene percepito dai consumatori(il blu scuro individua l’intensità
maggiore percepita che diminuisce passando al blu, all’azzurro e infine al bianco che indica
un bisogno inesistente).
Analizzando la matrice, si nota immediatamente come le sei categorie di prodotti individuate
in precedenza possano essere scisse nelle due macro-classi delle bevande alcoliche e di quelle
analcoliche. Questa distinzione è utile per l’analisi dei bisogni che tali classi soddisfano in
quanto:
- alla classe delle bevande alcoliche viene attribuita una funzione legata al piacere, con
alcune deroghe, per esempio, la birra soddisfa il bisogno di spegnimento della sete grazie
al suo basso tenore alcolico (funzione solo in parte svolta dal vino ed assolutamente
inesistente per quanto riguarda i superalcolici);