4
“Ettore e Andromaca”: questo era il titolo esplicativo che, tra
le pagine di un’antologia letteraria per le scuole medie
inferiori, introduceva ai notissimi versi del VI libro dell’Iliade,
quando, ormai anni or sono, chi scrive si imbatteva per la
prima volta nel racconto del dolore di una moglie e di una
madre che è costretta a restare a guardare mentre il suo
uomo và incontro alla morte in battaglia.
Nello stilare una premessa a questa trattazione ci sembra che
prima di qualsiasi considerazione tecnica e metodologica, sia
se non opportuno in senso assoluto, quanto meno
soggettivamente chiarificante, risalire alle motivazioni intime
e “affettive” che ci hanno portato a scegliere Andromaca e la
sua storia come argomento di una dissertazione di laurea.
E allora ecco che la memoria torna al primo “incontro” avuto
con la fiera e coraggiosa principessa troiana e alle emozioni
che il suo dramma ha suscitato nel giovane animo di una
dodicenne.
Ed in effetti la scena era abbastanza toccante: una giovane
donna, madre di un bambino ancora in tenerissima età, che
supplica un ardimentoso e affascinante guerriero di non
affrontare la battaglia, di non lasciarla sola, rischiando così di
rendere lei vedova e orfano il figlio.
5
Le parole che ella rivolge al marito sono pregne di dolore, di
disperazione, di amore.
Eppure, contro ogni aspettativa di una bambina che certo
nulla poteva conoscere allora della essenza prettamente
politica dell’uomo greco, del suo agire entro i parametri di una
shame culture che lo rende strettamente legato al giudizio che
la collettività esprime su di lui, eppure, dicevamo, egli non si
piega, seppur a malincuore, alle strazianti preghiere della sua
donna.
Non andare in guerra avrebbe significato venire meno ai
propri doveri di cittadino nei confronti della comunità nel cui
seno è nato e cresciuto, lo avrebbe sottratto alla qualifica di
uomo nobile e valoroso (qualche anno dopo la sottoscritta
avrebbe scoperto la formula greca che esprimeva questo
concetto e che aveva la incredibile musicalità delle parole
∆ Θ Κ Υ Ν ∆ Ο Ρ 9 Ν ∆ ϑ ∆ Τ Ρ 9
Fu allora sorprendente per chi si accostava per la prima volta
alla cultura di una civiltà così diversa dalla propria, scoprire
che l’amore potesse essere valutato da punti di vista
antiteticamente diversi:
Qual è l’amore più grande? Quello di chi decide di restare in
ogni caso accanto alla moglie e al figlio per non recare loro il
6
dolore di una perdita così grave come è quella di un marito e
di un padre, o quello di chi sceglie di rischiare la morte pur di
lasciare ai suoi cari l’orgoglioso ricordo di un uomo che si è
sacrificato per il bene della sua città e quindi anche dei suoi
discendenti?
Ettore sceglie il secondo e Andromaca, con grande meraviglia
della scolaretta in questione, lo comprende ed è con questa
comprensione che dà la più grande prova del suo Amore.
Da quel momento la figlia di Eezione è divenuta una di quelle
figure simboliche che si imprimono nell’immaginario di un
bambino e che, anche a decenni di distanza, mantengono
intatto il loro valore affettivo, forse perché, del tutto
fortuitamente, hanno costituito la chiave d’accesso ad un
universo prima inesplorato.
È con assoluta spontaneità, quindi, che si è pervenuti alla
determinazione del personaggio del quale si è voluta
ricostruire, per quanto certamente con numerose lacune, la
storia teatrale.
Andromaca è venuta fuori dai cassetti della memoria in modo
del tutto inaspettato e naturale quasi a voler essere l’epilogo
di un ciclo di studi all’ombra della classicità, così come anni
prima ne era stato il prologo.
7
Dal punto di vista prettamente metodologico, si è proceduto
all’analisi testuale e letteraria delle opere teatrali che fanno
della schiava troiana la loro protagonista; si è, inoltre, voluto
fornire qualche cenno sul contesto sia storico che culturale
cui ogni singola opera appartiene nonché sulle idee-guida che
caratterizzano il panorama letterario di volta in volta in
questione.
Questo, nella convinzione che sebbene la Poesia sia frutto di
un’individualità del tutto autonoma e originale, allo stesso
modo sia fortemente figlia del suo tempo e quindi delle
condizioni culturali ma anche sociali e politiche nel cui alveo
vede la luce.
L’obiettivo di questo lavoro è, dunque, quello di ricavare
dall’analisi dei testi, una conoscenza più completa possibile
dell’origine, dello sviluppo e delle trasformazioni che il
personaggio Andromaca ha subito nel corso di una storia
letteraria secolare.
Allo stesso tempo è interessante rilevare se e in che misura la
fisionomia dell’eroina abbia mantenuto una fertilità poetica
che le abbia consentito di caricarsi di sempre nuove valenze
che non ne facessero tramontare, di epoca, in epoca, la
freschezza e l’attualità.
8
CAPITOLO I
Sopravvivenza di un ϑ Κ Θ Ρ 9:
l’ “ Andromaca” di Euripide
9
Ignota è la data di composizione dell’Andromaca euripidea;
indicazione cronologica che non è stata tramandata né
dalle ∋ Λ Γ ∆ ς Ν ∆ Ο Λ ∆ Λ
né dall’ argumentum di Aristofane di
Bisanzio, il secondo dei due premessi alla tragedia. Per
quanto l’opera risenta della realtà politica del tempo, come
indicano, per esempio, le ripetute invettive e le critiche rivolte
agli Spartani, non è tuttavia possibile individuare con
certezza riferimenti precisi ad avvenimenti contemporanei
tali, che possano consentirne una datazione certa.
Come ammette il Garzya
2
è indubbio che nella tragedia vi
siano allusioni a fatti e a cose contemporanei, ma, d’altra
parte, il legame con il proprio contesto storico è rintracciabile
nella produzione di poeti e scrittori di ogni tempo.
I vv. 724ss. sui successi degli Spartani, autorizzano tuttavia a
ipotizzare che la composizione dell’Andromaca si collochi in
un periodo militarmente sfortunato per Atene, relativo ai
primi anni del conflitto peloponnesiaco, e quindi prima della
vittoria di Sfacteria (425 a. C.) riportata sui nemici.
1
Elenchi ufficiali delle rappresentazioni.
2
A.Garzya “Interpretazione dell’Andromaca di Euripide” in “Dioniso”,14,1951
pag.110.
10
In ogni caso, il patriottismo non assunse mai in Euripide una
forma assoluta; la sua mentalità preannunciava già
l’intuizione cosmopolita che sarà dell’Ellenismo, secondo la
quale è il mondo intero la vera patria dell’uomo. Insomma, la
“Tendenza antispartana è da ritenersi nell’ ’Andromaca’ per lo meno
secondaria.”
3
In base a raffronti di tipo metrico, condotti sulla
base delle soluzioni del trimetro, in progressivo aumento dalle
tragedie più antiche alle più recenti, e all’uso del ritmo
dattilico-trocaico, gli studiosi sono giunti ad individuare un
gruppo di drammi piuttosto omogeneo (nell’ordine,
Andromaca, Ecuba, Supplici), collocabile dopo gli Eraclidi
(430?) e l’Ippolito (428) e molto prima delle Troiane
(415)Poiché la composizione dell’Ecuba sembra doversi
ascrivere al 425 o al 424
4
, per l’Andromaca si può ipotizzare
una data compresa tra il 427 e il 425. Una indicazione
temporale analoga ci è fornita anche dalla celebrazione finale
della stirpe dei Molossi, poiché essa è pensabile solo dopo il
429, anno in cui i Molossi parteciparono ad una spedizione
contro l’Acarnania, alleata di Atene.Dal punto di vista
mitopoietico, la vicenda di Andromaca, così come è
3
A.Garzya op. cit. pag. 111.
4
Cfr. Aristofane Nuvole,in cui il commediografo ne fa una parodia, databile al 423.
11
raccontata da Euripide, non ha un costante riscontro nei
racconti mitici. Euripide sceglie quelle versioni del mito che
non insistono sul ruolo di Neottolemo nell’uccisione di
Astianatte
5
. Nelle altre versioni postomeriche è sempre Ulisse
l’autore, spesso anche materiale, del delitto. Nel dramma
euripideo, Andromaca è concubina e schiava di Neottolemo,
figlio di Achille, il responsabile della morte di Ettore, più volte
invocato dall’eroina nel corso del dramma. L’azione si svolge a
Ftia, città della Tessaglia, il regno di Peleo, come indica il
pronome deittico Ω Κ ς Γ Η al v.16. L’impianto scenico presenta
sullo sfondo il palazzo, elemento comune a molte tragedie
greche, con una porta centrale, in funzione delle entrate e
delle uscite dei personaggi. Accanto ad esso c’è un edificio
sacro, dedicato a Tetide, il Thetideion, fronteggiato da un
simulacro della dea (cfr. v.246), e un altare. Qui la
protagonista ha cercato rifugio per sottrarsi alla persecuzione
dei suoi nemici, Ermione, sposa legittima di Neottolemo, e
Menelao, padre della fanciulla. Il Prologo a struttura
tripartita, (vv.1-55:monologo di Andromaca; vv.56-90:dialogo
con una schiava troiana; vv.91-116:ulteriore breve monologo
della protagonista, concluso da una monodia in distici
5
Cfr. fr.19 Allen Piccola Iliade
12
elegiaci)
6
, introduce immediatamente in medias res: è
Andromaca stessa, infatti, a rendere edotto il pubblico, della
sua condizione attuale di concubina, predata dal figlio
dell’assassino di suo marito, dopo la distruzione di Troia.
Le sue prime parole sono un’invocazione alla sua città
natale, Tebe, in Misia:
“ ∃ ς Λ ∆ Ω Λ Γ Ρ 9 ϑ Κ 9 ς Φ Κ Π ∆ 4 Κ Ε ∆ Λ ∆ Σ Ρ Ο Λ 9
Ρ Τ Η Θ Σ Ρ Τ Η Γ Θ Ζ Θ ς Ξ Θ Σ Ρ Ο Ξ Φ Υ Ξ ς Ζ Λ Φ Ο Λ Γ Κ Λ
> ≅
] Κ Ο Ρ Ω Ρ 9 Η Θ ϑ Η Ω Ζ Λ Σ Υ Λ Θ ∃ Θ Γ Υ Ρ Π ∆ Φ Κ Φ Υ Ρ Θ Ζ Λ ”
(vv.1-2/5)
Andromaca è suggestionata nella sua mente dallo spazio e dal
tempo passato, rivelatori linguistici ne sono le congiunzioni
Ρ Τ Η Θ e Σ Ρ Τ al v. 2 e il sintagma del v.5 Ω Ζ Σ Υ Λ Θ Φ Υ Ρ Θ Ζ in
contrasto con la dimensione dolorosa del presente, nella
quale si calerà a pieno solo più tardi con la definizione
spaziale della realtà in cui vive.
6
E’ questo un tipo di struttura prologica (monologo espositivo, dialogo, monodia lirica)
usata anche in altre tragedie euripidee(cfr. Troiane Elettra, Elena con variazioni).
13
Nei primi versi è racchiuso, quindi, tutto il destino della figlia
d’Eezione: dal passato felice, quando con ricca dote giunse
alle case di Priamo, splendida sposa di Ettore, sulle cui nozze
ci è pervenuto un frammento dell’epitlamio di Saffo, fr. 44 V.
nel quale si sottolineano la dovizia dei beni portati in dote :
“ E ciò di tutta l’Asia, gloria immortale:
Ettore e i compagni portano la donna occhi splendidi,
dalla sacra Tebe e dall’inestinguibil Placia,
la dolce Andromaca su navi, sul salato
ponto: e molti bracciali aurei, e vesti
purpuree e ancora belle opere, variopinti fregi,
e argentee innumerevoli coppe e avori! […]”
Da questo passato felice, quindi, al doloroso presente, che la
costringe supplice presso la statua della dea Tetide. Il nesso
Γ ∆ Π ∆ Υ Σ ∆ Λ Γ Ρ Σ Ρ Λ Ρ 9 del v. 4, dove il sostantivo indica la moglie
legittima e l’aggettivo allude alla condizione necessaria e
ineludibile del matrimonio greco, la generazione di figli,
sottolinea il dramma di Andromaca, ora degradata al rango di
concubina e madre di un bastardo, come spiegherà al v. 24,
ma al tempo stesso pone in evidenza la questione centrale
dell’intera tragedia, basata sul contrasto tra Andromaca ed Ermione
per il problema della sterilità di quest’ultima e del
14
suo conseguente ripudio da parte di Neottolemo (cfr. vv. 32-
35 e 155-158). Il quadro tracciato da Euripide è originale e
complesso. È evidente l’utilizzazione inedita sulla scena, di
elementi del mito: il concubinato di Andromaca con
Neottolemo, implicito nella condizione di schiava; la sterilità
della giovane sposa, già presente nella leggenda
7
.
Neottolemo è partito per Delfi, per chiedere perdono ad Apollo
di avergli, un tempo, domandato ragione dell’uccisione di
Achille. Le allusioni a Neottolemo sono frequenti nel corso
della tragedia e creano un clima di sospensione e di attesa
che in realtà non verrà mai soddisfatta, perché l’eroe non farà
mai più ritorno dal santuario, dove troverà la morte per mano
di Oreste, cugino e un tempo sposo promesso di Ermione.
È così che al v. 50 Euripide mette in bocca ad Andromaca
una frase che, sfruttando il procedimento dell’ironia tragica,
allude quasi con un’inconscia premonizione al destino di
morte dell’eroe:
“ Σ ∆ Λ Γ Λ Ω Ρ Ξ Γ Η Θ Η ς Ω Λ”
8
7
Cfr.Ferecide, frr. 63 e 64 J.
8
“non esiste per il figlio”.
15
L’inevitabilità della morte di Neottolemo, percepibile fin
dall’inizio, condiziona lo svolgimento drammatico, mettendo
in luce l’inutilità dell’agire umano: i protagonisti della vicenda
si scontrano, lottano tra di loro, per un obiettivo virtuale;
l’oggetto del contendere, in virtù del suo destino ormai
segnato, semplicemente non esiste.
La posta in gioco, il marito legittimo di Ermione, e l’uomo che,
unico, può dare salvezza ad Andromaca e al figlio illegittimo
da lui avuto appare, dunque, in ultimo, un vano
Η Λ Γ Ζ Ο Ρ Θ simile a quello che costituisce la base concettuale di
un altro dramma di Euripide, l’Elena (412 a. C.).
Nella parte centrale del Prologo, Andromaca, più che
abbandonarsi agli iniziali toni di autocommiserazione, mostra
un ben più pragmatico e materno motivo di apprensione: la
salvezza propria ma soprattutto quella del figlio, che vede
anch’egli perseguitato dall’ira insana di Ermione e Menelao:
“ ∆ Σ Ζ Ο Ρ Π Κ Θ ∆ Υ Ζ Ω Η Ν Θ Ρ Θ Ν Ω Η Θ Ρ Λ ς Η
Γ Λ ς ς Ρ Λ Ο ∆ Ε Ρ Θ Ω Η 9 ϑ Ξ Σ Η 9 > ≅”
dirà l’eroina ai vv. 74-75. Ė così che Andromaca cerca una
qualche via di scampo che ravviserà nel vecchio Peleo,
sovrano di Ftia.
16
Tenta di convincere, quindi, la timida ancella, affinché vada a
cercarlo. L’intervento improvviso dell’ancella è reso chiaro agli
spettatori dalla prima parola pronunciata dal personaggio:
Γ Η ς Σ Ρ Λ Θ ∆ che ne permette subito l’identificazione:
” Γ Η ς Σ Ρ Λ Θ Η ϑ Ζ Ω Ρ Λ Ω Ρ Ξ Θ Ρ Π Ρ Ξ Ι Η Ξ ϑ Ζ Ω Ρ Γ Η
Ν ∆ Ο Η Λ Θ ς Η Σ Η Λ Σ Η Υ Ν ∆ Λ Ν ∆ Ω Ρ Λ Ν Ρ Θ Κ [ Λ Ρ Ξ Θ
Ω Ρ Θ ς Ρ Θ Ω Ρ 7 Υ Ρ Λ ∆ 9 Κ Θ Λ Ν Ζ Λ Ν Ρ Ξ Π Η Θ Σ Η Γ Ρ Θ
Η Ξ Θ Ρ Ξ 9 Γ Η Ν Η Λ ς Ρ Λ ] Ζ Θ Ω Λ Ω Κ Ω Ζ Λ ς Ζ Λ Σ Ρ ς Η Λ > ≅”
(vv.56-59)
La professione di lealtà e dedizione da parte di un servo al
suo padrone è un topos delle tragedie euripidee che
ritroviamo nei vv. 726ss. dell’ Elena:
” Ν ∆ Ν Ρ 9 ϑ ∆ Υ Ρ ς Ω Λ 9 Π Κ ς Η Ε Η Λ Ω ∆ Γ Η ς Σ Ρ Ω Ζ Θ
Ν ∆ Λ [ Ξ ϑ ϑ Η ϑ Κ Τ Η Ν ∆ Λ ς Ξ Θ Ζ Γ Λ Θ Η Λ Ν ∆ Ν Ρ Λ 9
Η ϑ Ζ Π Η Θ Η Λ Κ Θ Ν Η Λ Σ Η Ι Ξ Φ Ρ Π Ζ 9 Ο ∆ Ω Υ Λ 9
Η Θ Ω Ρ Λ ς Λ ϑ Η Θ Θ ∆ Λ Ρ ς Λ Θ Κ Υ Λ Τ Π Κ Π Η Θ Ρ 9
Γ Ρ Ξ Ο Ρ Λ ς Λ Ω Ρ Ξ Θ Ρ Π Η Φ Ζ Θ Η Ο Η Ξ Τ Η Υ Ρ Θ
Ω Ρ Θ Θ Ρ Ξ Θ Γ Η Ν Υ Η Λ ς ς Ρ Θ ϑ ∆ Υ Ω Ρ Γ Κ Γ Ξ Ρ Λ Θ Ν ∆ Ν Ρ Λ Θ
Η Θ Ρ Θ Ω ∆ Φ Υ ς Τ ∆ Λ Ω Ρ Ξ 9 Ι Υ Η Θ ∆ 9 Ω Η Φ Η Λ Θ
Ν ∆ Ο Ο Ζ Θ Ω ∆ Ν Ρ Ξ Η Λ Θ Γ Ρ Ξ Ο Ρ Θ Ρ Θ Ω ∆ Ω Ζ Θ Σ Η Ο ∆ 9 > ≅”
”.
9
Per la formula di apertura del discorso , ricorrente nell’idioma tragico, si veda la
parodia di Aristofane, Vespe 1297 e Tesmoforiazuse 582.
17
Da rilevare è come nel suo dialogo con l’ancella, teso a
guadagnarsene l’aiuto, Andromaca faccia ricorso ad ogni
astuzia verbale che possa vincere la sua resistenza, fino a
lusingarne la vanità di donna astuta:
“ Σ Ρ Ο Ο ∆ 9 ∆ Θ Η Ξ Υ Ρ Λ 9 Π ΚΦ ∆ Θ ∆ 9 ϑ Ξ Θ Κ ϑ ∆ Υ Η Λ”
(v.85)
Oltre che espressione proverbiale, la sentenza sull’astuzia
delle donne esprime un luogo comune ricorrente in Euripide
in varie forme, con connotazioni negative.
10
Finalmente l’ancella accetta di andare in cerca del vecchio e
questo è motivo, se non di speranza, di distensione
dall’affanno per la misera, che ha ora il tempo di ripensare al
suo dolore. È così che ella riprende il motivo dei primi versi,
lasciato cadere per dar luogo alle preoccupazioni immediate
(cosa necessaria anche dal punto di vista drammaturgico per
il chiarimento della situazione e di taluni particolari mitici),
ed il prologo riacquista la sua unità con un elevamento del
tono poetico che finisce per sfociare nel canto.
Flebile canto modulato su tono elegiaco.
10
Cfr. Medea 265 e 407-9; Ippolito 480-1/640ss.; Ifigenia in Tauride 1032; Ione 843-
45.