2
Unica realt viva, in tanta desolazione, dovette es sere la
strada costiera che da Napoli menava a Sorrento e a Nocera-
Salerno2; i viandanti, almeno nei primi tempi, la attraversavano con
un certo senso di timore, contemplando i pochi resti del passato
splendore sopravvissuti a tanta rovina. A poco a poco, per , la
fiducia cominci a riaprire gli animi alla speranza e cominciarono a
sorgere, lungo la strada, i primi poveri gruppi di abitazioni e le
prime botteghe, che ponevano le loro speranze soprattutto sulla
frequenza dei passeggeri.
Cercare di definire il tracciato di questa strada Ł compito
tuttora difficile, soprattutto all uscita da Napoli, ma anche lungo
tutto il suo corso, frequentemente modificato per le violente
eruzioni, per il periodico spostamento della linea di costa, per la
trascurata o inesistente manutenzione e per la graduale invadenza di
avidi proprietari dei fondi adiacenti. Eppure, significative tracce
dell esistenza della strada erano rimaste nella toponomastica
medievale e in alcuni monumenti giunti fino a noi (pietre miliari
CAPASSO, Monumenta ad Neapolitani Ducatus Historiam pertinentia, vol. II, parte
prima, Napoli, 1885. Documenti tratti da quest opera saranno ampiamente citati nel
corso di questo lavoro sui paesi dell area vesuviana piø immediatamente vicini a
Napoli.
2
La strada fu riaperta nel 121 d.C. per ordine di Adriano. Vedi Ercolano, gli
scavi, la storia, il territorio, a cura della soprintendenza archeologica di Pompei,
Pompei, 1990, p. 17.
3
che ne scandivano il percorso, indicate con un numero ordinale
crescente man mano che ci si allontanava dalla citt di partenza). Le
ricordo rapidamente:
a) Tertium. Localit nei pressi del terzo miglio da Napoli,
frequentemente ricordata nei documenti dell’epoca ducale3; in
un cedolare di epoca angioina viene elencato tra i casali di
Napoli col nome di Tercium4. Alla fine del Quattrocento fu
assorbito dal casale di Ponticelli5 che all inizio dell Ottocento
divenne Comune e nel 1926 fu assorbito, a sua volta, dal
Comune di Napoli. Il toponimo di Terzo, nella forma dialettale
di «Tierzo», Ł giunto fino a noi: nel 1837 vi fu sistemato un
cimitero colerico, che veniva indicato come «Campo Santo di
Tierzo»6; e accanto all attuale cimitero di Ponticelli ancora
sopravvive l antichissimo toponimo nella «strada comunale
Tierzo», nella «strada vicinale Tierzo», nella «cupa Tierzo».
b) Quartum pictulum. Questa localit (oggi San Giovanni a
Teduccio), che ci viene spontaneo collegare al quarto miglio da
Napoli, era posta in una zona frequentemente ricordata nei
3
G. ALAGI, Ponticelli: appunti e proposte per una ricerca storica, Ponticelli
(Na), 1983, pp. 56-58.
4
A. CHIARITO, Commento istorico, critico, diplomatico sulla costituzione de
instrumentis conficiendis per curiales, Napoli, 1772, pp. 148-149.
5
G. ALAGI, op. cit., p. 21.
6
Ibidem, p. 40.
4
documenti del periodo ducale con la denominazione di
«Giniolo»7. Nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista,
attestata nel 1120, in modo indiretto nell anno 959, ma assai
probabilmente presente sul posto da tempo, certo prima del
decimo secolo8, si conserva un antica pietra miliare della fine
del quarto secolo; essa doveva indicare appunto il quarto
miglio, sebbene manchi nella sua scritta tale indicazione9.
c) S. Andreas ad Sextum. Questo toponimo si trova solo due
volte ricordato nei documenti del periodo ducale10; una volta
nel 1012 e una seconda volta nel 1037; poche le sue indicazioni
topografiche: fuori fiume (ossia nella zona vesuviana), al sesto
miglio da Napoli (S. Andrea a Sesto) e fuori Resina. A noi
interessa il riferimento alla via costiera con la precisazione del
sesto miglio, che segnava la distanza della classica Ercolano da
Napoli11, sicchØ S. Andrea a Sesto si trovava, piø o meno, sulla
7
A. CHIARITO, op. cit., pp. 143-144.
8
Ibidem.
9
La pietra miliare Ł conservata presso l ingresso della navata destra della chiesa
attuale; nel muro adiacente una epigrafe marmorea, in latino, fornisce alcune
notizie non sappiamo quanto esatte sulla pietra e offre una trascrizione della poco
leggibile scritta che si trova incisa sull’antico monumento.
10
Dissertatio isagogicae ad herculanensium voluminum explanationem, pars
prima, Napoli, 1797, pp. 25-27.
11
Ibidem.
5
spessa coltre che aveva sotterrato Ercolano nella famosa
eruzione dell anno 7912.
Le particolari circostanze, per , che si verificaron o tra la fine
del quinto secolo e l inizio del sesto secolo (crollo dell Impero
Romano d Occidente nel 476, eruzione vesuviana del 512 che
richiese l intervento di Teodorico a favore delle popolazioni della
zona, le furiose battaglie tra goti e bizantini proprio alle falde del
Vesuvio nel 536 e nel 553) dovettero segnare la fine della vita nella
zona vesuviana nei pressi di Napoli che, dopo l eruzione del 79, si
stava avviando verso una lenta ripresa; la desolazione avvolse il
territorio abbandonato e sui campi e sulle case si diffuse un manto
di detriti e di selvaggia vegetazione.
Quanto tempo dur l’abbandono non Ł possibile dirlo; siamo
spinti a credere sia durato diversi secoli; pare che solo quando il
ducato di Napoli acquist una effettiva autonomia s i dovettero
cominciare a disboscare e a popolare le zone piø vicine alla citt e
all antica via costiera. Il lavoro di risanamento non fu, comunque,
facile, e solo lentamente si riconquist la zona ad una rudimentale
12
Sappiamo, inoltre, che nel secolo XVIII fu notata una pietra miliare, con la
indicazione del VI miglio, posta dinanzi al Convento degli Agostiniani di Resina
(Dissertatio isagogicae ad herculanensium voluminum explanationem, pars prima,
Napoli, 1797, p. 27). Ora gli agostiniani non si trovano piø in quella sede; resta
per la chiesa S. Maria della Consolazione al corso Resina in Ercolano, a poca
distanza dalla Reggia di Portici, forse proprio dinanzi alla porta di quella chiesa la
colonnina miliare fu trasportata da qualcuno che voleva evitarne la dispersione.
6
vita associata; nel secolo IX, probabilmente, i risultati dovevano
aver raggiunto una certa consistenza; un indizio, ma molto vago,
potrebbe essere uno degli argomenti su cui si accordarono,
nell anno 836, da una parte Sicardo, principe di Benevento, e
dall’altra Giovanni, vescovo di Napoli, e Andrea, duca di Napoli13.
Gli argomenti (capitoli) sui quali i contraenti si intesero
erano 4814, solo per dei primi 18 e di parte del 19 conoscia mo il
testo, mentre dei rimanenti ci Ł stato tramandato il solo titolo, ed Ł
appunto il titolo del 42 capitolo che ci incuriosi sce in modo
particolare: «De monte vesubeo et de colonis»; ma cosa stabilirono,
il principe di Benevento e le autorit napoletane a proposito del
monte Vesuvio e dei coloni? Possiamo, dunque, solo intravedere
che a quel tempo nella zona oggetto della nostra ricerca c erano dei
«coloni», ossia delle persone che coltivavano e bonificavano e,
magari, abitavano il suolo. Dovevano essere gli inizi della ripresa; Ł
13
«[...] Pro quo promittimus nos dominus vir gloriosiss mus sicardus
langobardorum gentis princeps, vobis iohanni electo sancte ecclesie neapolitane et
andreae magistro militum, vel populo vobis subiecto ducati neapol tani, et surrento
et amalfi et ceteris castellis vel locis, in quibus dominium tenetis, terra marique
pacem veram et gratiam nostram vobis daturos ab hac quarta die mensis iulii
indicione XIIII videlicet ad annos quinque expletos». Si tratta, come si vede, di un
accordo, stipulato il 4 Luglio 836, XIV indizione, per un periodo di pace di cinque
anni tra Benevento e Napoli. Per il testo integrale si veda B. CAPASSO, Monumenta
ad Neapolitani Ducatus Historiam pertinentia», vol. II, parte seconda, Napoli
1892, pp. 147-156.
14
Il 49 era costituito dalla formula e dal rito del giuramento: «Constitutio
iuramenti».
7
probabile, infatti, che diversi abitanti della citt di Napoli si
avventurassero lungo la parte bassa del territorio tra il Vesuvio e il
mare, ove la strada doveva essere abbastanza curata e protetta per
assicurare i contatti via terra con Sorrento e Amalfi, che a quel
tempo appartenevano al ducato di Napoli15.
Non propenderei, tuttavia, a credere che l impresa di quei
coloni sia stata molto vasta e consistente; non si spiegherebbe,
infatti, ci che accadde una quarantina di anni piø tardi, nell 879,
quando il vescovo-duca di Napoli, Attanasio II, permise ai Saraceni
di sistemarsi «ad radicem montis Vesuvii»16. La zona dove sorgono
i paesi di nostro interesse era, dunque, ancora semideserta.
Da quanto rapidamente detto fin qui, nella zona vesuviana,
tra la fine del mondo classico (eruzione del 79, mancata
riedificazione delle citt distrutte di Ercolano, Po mpei e Oplonti,
caduta dell Impero Romano d Occidente) e le prime v alide notizie
(risalenti tutte, come vedremo, al X secolo), che possiamo
ragionevolmente collegare ai nostri attuali paesi, passa un lungo
periodo di oscurit . Tutto ci avvalora l idea che l a vita sul nostro
territorio si sia gradualmente estinta e la cosa non deve
15
Vedi n. 13.
16
Questa notizia Ł riportata da Erchempetro, monaco cassinese, continuatore
della «Historia Longobardorum» di Paolo Diacono. Vedi B. CAPASSO, Monumenta
ad Neapolitani Ducatus Historiam pertinentia, vol.. I, Napoli 1881, p. 100.
8
meravigliare, se si pensa che nell alto medioevo scomparvero citt
ben piø popolose e vitali che non i centri della zona vesuviana, gi
colpiti dalla disastrosa distruzione del 79 e da un progressivo
abbandono nel periodo seguente17.
Importante sottolineare che, in base a quanto fin qui
argomentato, possiamo dedurre che i centri abitati del decimo
secolo siano sorti dal nulla, senza ombra di rapporto con le citt
antiche; questi insediamenti devono, quindi, considerarsi come
qualcosa di nuovo che nulla ha in comune con il mondo classico.
Tale considerazione vale anche per Resina e Torre Annunziata,
sviluppatesi per caso proprio sulla spessa coltre di lapilli e di fango
che ha ricoperto per diciassette secoli le antiche citt romane di
Ercolano e Oplonti; in special modo gli abitanti di Resina si sono
sentiti, per , fortemente tentati a considerare la loro citt
storicamente collegata con la piø famosa citt sepo lta, tanto da
volerne prendere lo stesso nome nel 1969. La storiografia piø
recente, invece, dietro la guida di illustri personalit , ha avvertito
l impossibilit di sostenere una continuit storica tra la classica
17
M. SANFILIPPO, Dalla crisi della citt urbana del periodo tardoant ico alla
citt -stato medievale , in «Le citt », volume secondo della collana «Capi re l Italia»
del Touring Club Italiano, Milano 1978, pp. 56-71.
9
Ercolano e la medievale Resina, e a piø largo raggio tra i numerosi
insediamenti classici della zona vesuviana e quelli medievali18.
Ci detto, gli eventuali «ritrovamenti archeologici » riferibili
al mondo classico nei paesi vesuviani di nostro interesse non
possono essere considerati, quindi, come collegati alla storia e alle
vicende di questi luoghi che, a distanza di vari secoli dalla
scomparsa di quella civilt , sono sorti e si sono s viluppati nel
territorio: essi vanno studiati solo in relazione a quel mondo
scomparso.
Le piø antiche notizie dei luoghi su cui oggi si estendono i
nostri paesi, dunque, non vanno oltre la met del d ecimo secolo,
come si Ł detto, quando i Saraceni, piø volte sconfitti, anche con
l attivo concorso dei napoletani, nel corso del secolo nono,
diventarono meno minacciosi. Da quel periodo fu possibile
coltivare un terreno, certo molto fertile, ma per secoli abbandonato
e intercalato da selve e boschi e sorsero persino degli insediamenti
umani; sappiamo, infatti, di persone che risiedevano, abitavano,
nelle localit di Cambrano, Casavaleria, Capitinian o, Portici,
18
C Ł da dire che ritrovamenti archeologici del periodo romano sono stati
rinvenuti un po in tutti i paesi oggetto di questa trattazione; per approfondimenti
sulle considerazioni fatte da alcuni autori (Momsen, Zappia, Capasso, Gigante), e
nello specifico sui rapporti tra l antica Ercolano e la nuova Resina si rinvia alla
sezione riguardante l attuale comune di Ercolano.
10
Resina, Sola, Calastro, Turris Octava; solo intorno al XIII secolo
abbiamo, invece, le prime testimonianze di abitanti in quella zona,
sempre lungo la strada costiera, un po piø distante da Napoli,
denominata nel medioevo «Silva Mala»19.
¨, inoltre, caratteristico il fatto che la grande ma ggioranza
dei proprietari risiedeva in Napoli ed era costituita spesso da
ecclesiastici; sul posto abitavano soprattutto i coloni e i braccianti,
ma, forse, non tutti; dovevano, infatti, esserci, specie nella zona piø
vicina a Napoli, ancora individui che preferivano abitare nella citt ,
protetta da solide mura e difesa dalla milizia locale, e che si
recavano al mattino sul posto di lavoro e ritornavano a sera, prima
che venissero chiuse le porte della citt 20.
Si venne a creare una completa dipendenza da Napoli, anzi,
una fusione, addirittura, tra la zona rurale e la citt murata; Napoli,
d altronde, faceva parte di quelle citt «che consi deravano i centri
demici del loro territorio direttamente incorporati in esse: centri per
i quali la trattatistica giuridica del Cinque-Seicento usava
19
Cos chiamata perchØ considerata rifugio di briganti e malfattori, che in tutto
il medioevo caratterizz l area degli attuali paesi di Torre Annunziata,
Boscotrecase e Boscoreale.
20
G. CASSANDRO; Il ducato bizantino, in «Storia di Napoli», vol. II, tomo
primo, Napoli, 1969, pp. 244-248.
11
l espressione pars corpora civitas » 21. Nei confronti della nostra
area, per , la citt nel corso del tardo medioevo s volse un ruolo di
direzione sempre piø debole, in contrasto decisamente con
l aggressivit con la quale, ancora agli inizi del XIII secolo, cerc
di ampliare la sua area di influenza22. Il motivo Ł da cercare «nel
fatto che la dimensione piø schiettamente cittadina di Napoli venne
cedendo progressivamente il posto al ruolo di capitale privilegiata,
interessata, s , a che non si riducesse il suo controllo sul territorio, a
causa delle infeudazioni e delle tendenze autonomistiche dei casali,
ma non ad ampliarlo»23. Questi non avevano comunque tutti lo
stesso «status»: mentre, infatti, i casali piø vicini alla citt erano in
sostanza un appendice di essa (S. Aniello a Cambrano, Casavaleria,
San Giorgio a Cambrano) gli altri, a mano a mano che ci si
allontanava da Napoli, seguendo il percorso della citata strada
costiera, «avevano una distinta fisionomia giuridica e
amministrativa, per cui la citt , come risulta da u n documento del
1387, si limitava in effetti a nominarvi i responsabili
dell amministrazione della giustizia e dell esazion e delle
21
G. VITOLO, Tra Napoli e Salerno, la costruzione dell identit cittadina nel
mezzogiorno medievale, Salerno, 2001, p. 19.
22
G. VITOLO, op.cit., p. 20.
23
Ibidem.
12
imposte»24 (Portici, Resina, Torre del Greco e Torre Annunziata,
Boscoreale).
24
Ibidem, pp. 20-21. Vedi anche B. CAPASSO, Sulla circoscrizione civile ed
ecclesiastica della Citt di Napoli dalla fine del secolo XIII fino al 1809, in «Atti
dell Accademia Pontaniana», Napoli, vol. I, 1880, p. 111.
13
SAN GIORGIO A CREMANO
SAN GIORGIO A CREMANO, sorge alle pendici del
Vesuvio e piø precisamente «sulla falda detta crem atum per
significare un luogo arso, bruciato dalla lava del vulcano»25.
Il paese ebbe le sue origini sul finire del X secolo; al
principio si chiam «S. Giorgio a Capitiniano» ed ebbe come
proprio centro di aggregazione l odierna chiesa di S. Giorgio
Vecchio. Dopo un paio di secoli si estese al territorio di «S. Aniello
a Cambrano» e nel Trecento prese il nuovo nome di «S. Giorgio a
Cambrano» (dal nome del santo tutelare delle origini e dalla localit
di Cambrano su cui si estendeva il paese di S. Aniello).
Nel Quattrocento e all inizio del Cinquecento il toponimo
«Cambrano» fu addolcito in «Clamano» (o anche «Clemano»), per
poi prendere a fine XVI secolo l attuale denominazione di
«Cremano».
25
M. FRANZESE, Topografia storica di San Giorgio a Cremano, il paese, il
Vesuvio, il Santo, Cercola (NA), 1980, p. 34.
14
GEOGRAFIA STORICA
II territorio del Comune di San Giorgio a Cremano si estende
per un area di 4,11 Kmq con una densit di 13.000 a bitanti per
Kmq e confina a nord con Cercola, ad est con San Sebastiano al
Vesuvio ed Ercolano a sud con Portici e ad ovest con Napoli. Ha
un altitudine che varia tra i 105 m. sul livello del mare del confine
nord, ed i metri 8 del confine sud, mentre nella zona centrale essa Ł
di metri 5226.
II territorio privo di corsi d acqua, Ł attraversato nella sua
lunghezza da canali per la raccolta di scarichi fognari e pluviali, i
cosiddetti alvei stradali, in massima parte oggi quasi tutti coperti
tranne qualche in zone non urbane.
Dopo l eruzione del 79 e, definitivamente, con la fine
dell’impero Romano d Occidente tutto il territorio alle falde del
Vesuvio cadde in un abbandono totale, che dur per diversi secoli;
solo la parte piø bassa, quella lungo il mare, attraversata dalla
strada costiera, che continu a servire per mantene re il
26
San Giorgio a Cremano, i numeri della nostra citt , conoscere per
governare, a cura dell Assessorato all Innovazione, San Giorgi o a Cremano, 2003,
pp. 3-5.
15
collegamento tra Napoli e Sorrento, era piø facilmente utilizzabile
per la coltivazione, data la maggiore accessibilit e la piø frequente
presenza umana che la strada consentiva.
Verso la fine del primo millennio si cominci a ric onquistare
all agricoltura il terreno selvatico e ove ora sorge S. Giorgio a
Cremano, apparvero tre centri di attivit : «Capitin iano»,
«Cambrano» e «Casabalera» (successivamente Casavaleria).
Si chiamava Capitiniano la parte alta del territorio che si
trovava ove ora c Ł il Cimitero; era caratteristica della zona la
coltivazione dell’ulivo, ma gli abitanti erano pochissimi. Notizie di
S. Giorgio a Capitiniano vanno dal 998 al 131527.
Cambrano era la localit posta nella parte bassa del paese,
attraversata dalla grande strada di comunicazione costiera, e
giungeva fino al mare. Aveva maggiori possibilit d i fruttuose
attivit : la terra piø fertile e pianeggiante, la s trada di
comunicazione, il mare. Vi sorse la chiesa di S. Aniello (S.
Agnello) e divenne presto il piø prestigioso centro della zona sia
per numero di abitanti che per ricchezza. Comprendeva, piø o
meno, la zona dell attuale piazza Vittorio Emanuele II, sede del
Municipio, e si estendeva verso Portici fino al «largo Cremano»
27
Vedi tavola 2, p. 42.
16
(presso l’attuale parrocchia dell’Addolorata a Portici) e verso Napoli
fino alla attuale Barra.
Casabalera si trovava nel luogo degli odierni villaggi di S.
Martino e di S. Maria del Pozzo (che facevano parte dello stesso
casale); piø tardi fu detto Casavaleria od anche S. Martino28.
Delle tre localit , Cambrano era certo la piø antic a; era, del
resto e ovviamente, dalla strada, dal mare, dalla parte bassa che
cominciava la riconquista produttiva delle falde del Vesuvio. Poco
dopo si ebbe anche la bonifica nella parte piø alta (Capitiniano).
I documenti del periodo ducale, di seguito illustrati, ci
informano che Cambrano si trovava nel «territorio plagiense»
(docc. del 962 e del 964), «fuori fiume» (docc. del 1116, 1135 e
1138)29. Le due espressioni si equivalgono e servono ad indicare
quella che noi chiamiamo «zona vesuviana», delimitata verso
Napoli dal «fiume» (un corso d acqua che dalle falde settentrionali
del Vesuvio, giungeva al mare ove ora si trova il Ponte della
Maddalena e identificato correntemente con il Sebeto) e ad
occidente dalla spiaggia del mare (e perci «plagie nse», da
«plagia», da cui anche «playa» e «chiaia»).
28
Per la ricostruzione dei tre casali che sorgevano sull attuale territorio di San
Giorgio a Cremano vedi G. ALAGI, La chiesa di San Giorgio Vecchio e il cimitero
comunale, San Giorgio a Cremano, 1996, pp. 8-10.
29
Vedi tavola 2, p. 42.