2co.
Passeremo poi al pensiero illuminista che aveva trovato terreno
fertile nei territori scozzesi e alla loro critica del giusnaturalismo
individualista sostenendo, invece, una visione ”sociocentrica” del
singolo, dove l’interazione sociale diventava indispensabile in vista
dell’ordine sociale.
Infine descriveremo il periodo della Rivoluzione Inglese attraverso
il pensiero dei suoi protagonisti, in particolare osserveremo come
lo scontro tra Parlamento e Sovrano sara` strettamente legato all’e-
sigenza di garantire dei diritti certi a favore dei sudditi inglesi che
troppo spesso venivano disattesi a causa delle prerogative regie.
Sara` un periodo contraddistinto da discussioni che investivano i di-
ritti civili dei sudditi, in particolar modo le liberta` religiose e di
espressione.
Nel secondo capitolo ci soffermeremo sulle influenze della ri-
voluzione francese ed americana nel pensiero filosofico britanni-
co, vedremo come la Dichiarazione francese dei Diritti dell’Uomo
e del Cittadino verra` duramente criticata dagli ambienti filosofici
britannici che ai diritti assoluti positivi preferiscono contrapporre
con orgoglio la concretezza della common law. Tuttavia vedremo
come alcuni pensatori della Gran Bretagna guarderanno con favo-
re al pensiero positivista che arrivava dal continente, ad esempio
gli esponenti dell’utilitarismo. Inoltre anche il pensiero femminista
fondera` le sue radici sui richiami all’eguaglianza dei diritti che ve-
nivano da oltremanica.
A tutto questo si contrapporra` Herbert Spencer e il suo liberalismo
antistatalista che trovera` nelle teorie evoluzioniste darwiniane un
sostegno alle sue tesi che volevano il cittadino autonomo da qual-
siasi interventismo statale.
Infine ci occuperemo del Novecento e della diffusione del pensie-
ro antindividualista, della sua fusione con il socialismo dando cosı`
luogo nel Regno Unito alla nascita del Fabianesimo: un socialismo
moderato che ben si adattava alla cultura britannica. Si scopriva
Introduzione 3
quindi la necessita` di garantire dei diritti sociali ai sudditi, intrisi di
cultura democratica.
Il terzo capitolo si occupera` degli effetti sul sistema legislativo e
giudiziario britannico dell’adesione del Regno Unito alla Conven-
zione Europea per i Diritti Umani. Effetti che hanno rilevato le
contraddizioni di un sistema di tutela dei diritti fondamentali dei
cittadini assolutamente fragile: in piu` occasioni la Corte di Stra-
sburgo ha rilevato le violazioni dei diritti dei singoli da parte della
legislazione britannica, nonostante la gloriosa e antica tradizione
dei diritti nel Regno Unito.
Illustreremo poi la non facile integrazione del Regno Unito nel siste-
ma della Comunita Economica Europea, le difficolta` nell’accettare
che la propria sovranita` venisse limitata dalla creazione di un ordi-
namento autonomo e distante dalla tradizione di common law.
Infine svolgeremo un’analisi comparativa tra il sistema della doppia
cittadinanza britannico e quello europeo, con un particolare impe-
gno a presentare gli effetti dell’integrazione europea, della nascita
della cittadinanza europea e della decolonizzazione sulla ridefini-
zione del concetto di cittadinanza britannica e sui diritti ad essa
collegati.
4
1I ”diritti degli inglesi” dal
giusnaturalismo alla rivoluzione
inglese
1.1 Il giusnaturalismo: l’individuo e i diritti na-
turali
Nel Seicento si sviluppa in europa il pensiero giusnaturalista, Bob-
bio1 individua le fondamenta di questa corrente nella dicotomia
”stato di natura-stato civile”, inoltre egli individua alcuni elementi
di base comuni a tutti i filosofi giusnaturalisti. L’elemento principa-
le e` il comune riferimento ad uno stato di natura originario, caratte-
rizzato dall’assenza di istituzioni politiche, dove i singoli individui
vivono in perfetta liberta` e uguaglianza. L’esigenza di passare da
1 cfr. N. Bobbio, Thomas Hobbes, Torino, Einaudi, 1989, pp. 3-4.
5
6
Capitolo 1 I ”diritti degli inglesi” dal giusnaturalismo alla
rivoluzione inglese
uno stato di natura anarchico ad uno stato civile regolato che ga-
rantisca i diritti agli individui avviene attraverso la stipula di un
contratto volontario, un consenso di tutti i singoli a creare un corpo
politico artificiale. Sempre secondo Bobbio2 non si deve intende-
re che Thomas Hobbes e John Locke considerino lo stato di natura
una fase storicamente avvenuta nella societa` inglese o che facciano
riferimento ad una qualsiasi altra societa` primitiva geograficamente
e storicamente definita. Si tratta invece di una finzione ideale che
intende spiegare il passaggio da questa societa` anarchica ad una
societa` ordinata.
Non e` comunque un caso che tali teorie coincidano in Inghilterra
con il passaggio dalla societa` medioevale allo stato moderno. Auto-
ri come Hobbes, o meglio ancora Locke, si scontrano con l’esigenza
di giustificare la nascita dello stato moderno in un periodo in cui i
cambiamenti economici legati all’aumento dei traffici commerciali,
all’espandersi di una economia mercantilistica e alla creazione di
istituti finanziari, portano la classe sociale borghese a guadagnare
sempre maggior potere. L’Inghilterra aristocratica, agraria e mo-
narchica si trova a fare i conti con l’ascesa della borghesia che non
si accontenta di aver raggiunto un considerevole potere economi-
co e spinge affinche` siano soddisfatte le proprie esigenze di rico-
noscimento delle liberta` civili fondamentali. Tale richieste trovano
sbocco all’interno della Camere dei Comuni dove si fronteggiano
conservatori e liberali3.
Si comprende quindi, come afferma Bobbio4, il motivo per cui
liberta` e uguaglianza, caratteristiche proprie dello stato di natura,
corrispondono all’esigenza di una nuova societa` non piu` basata su
un ordine gerarchico stabile come ancora Filmer teorizzava, dove il
re era capo assoluto e difensore dei privilegi dell’aristocrazia, ma
basata sul consenso che nel pensiero giusnaturalista prende corpo
2 cfr. ivi, p. 4; cfr. ivi, p. 42.
3 cfr. F. Todescan, Metodo, Diritto, Politica: lezioni di storia del pensiero giuridico,
Bologna, Monduzzi, 2002, pp. 120-121.
4 cfr. N. Bobbio, Thomas Hobbes, pp. 21-22
1.1 Il giusnaturalismo: l’individuo e i diritti naturali 7
nel momento della stipula del patto tra gli individui che intendono
uscire dallo stato prepolitico. Il consenso riflette la pretesa della
borghesia inglese di essere inclusa nel processo politico del regno
in virtu` della sua emancipazione economica5.
Thomas Hobbes e` il filosofo inglese che piu` riflette il passaggio
da una societa` medioevale ad una societa` moderna. Egli introduce
il suo pensiero descrivendo lo stato di natura come una situazione
di perfetta uguaglianza e liberta` tra gli uomini, dove tutto e` leci-
to, dove l’uomo puo` liberamente esercitare la propria liberta` senza
impedimenti esterni: ”l’essenza della liberta` consiste nel rispettare
il piu` possibile l’individuo e nel chiudere il piu` possibile l’indivi-
duo all’interno del proprio bozzolo”6. L’uomo si trova ad essere
nel pieno possesso di tutti i suoi diritti ed e` libero di esercitarli sen-
za temere alcun impedimento visto che e` assente qualsiasi autorita`
civile: egli ha diritto su tutto (ius in omnia). Per Hobbes:
”il diritto di natura, che gli scrittori chiamano comune-
mente Jus Naturale, e` la liberta` che ciascuno ha di usare
il proprio potere a suo arbitrio per la conservazione del-
la natura, cioe` della sua vita e conseguentemente di fare
qualsiasi cosa che, secondo il suo giudizio e la sua ragio-
ne, egli concepisce come il mezzo piu` idoneo a questo
fine”7
Il diritto naturale, o meglio, i diritti naturali sono quindi visti
come liberta` per ciascuno di usare il proprio potere, come qualcosa
che e` parte dell’individuo. Questo permette all’individuo di soddi-
5 Lungo la storia dei paesi anglosassoni a piu` riprese si e` fatto uso del princi-
pio ”no taxation without representation” per giustificare le richieste di non essere
esclusi dai processi decisionali politici.
6 F. Todescan, Metodo, Diritto, Politica: lezioni di storia del pensiero giuridico, cit. p.
125.
7 T. Hobbes, Leviatano, A.Pacchi (a cura di), Roma-Bari, Laterza, 1992, cit. p.105.
8
Capitolo 1 I ”diritti degli inglesi” dal giusnaturalismo alla
rivoluzione inglese
sfare i propri bisogni secondo le sue forze8, e il suo potere ”consiste
nei mezzi di cui dispone al presente per ottenere un apparente be-
ne futuro”9. Questo potere rassicura il soggetto sulla soddisfazione
dei propri bisogni, ma il continuo riproporsi di quest’ultimi porta
l’uomo ad accrescere sempre piu` il suo potere condannandolo ad
una ricerca inesauribile e crescente di potere, fatta di rapporti con-
flittuali con l’altro10.
La societa` naturale sara` quindi contraddistinta da continua insta-
bilita` e la formale uguaglianza sara` sostituita dalla prevaricazione
del forte sul debole: ogni qual volta che l’altro sara` di intralcio alla
soddisfazione del proprio bisogno l’uomo sara` tentato di usare ogni
mezzo per garantirsi il potere acquisito11.
In definitiva lo stato di natura di Hobbes e` uno stato conflittuale
di bellum omnium dove l’eguaglianza dei soggetti sta nella recipro-
cita` della loro capacita` distruttiva. Ne consegue che in una tale
situazione i diritti e le liberta` dell’uomo non sono garantite, cosı`
come non e` assicurato il diritto alla vita.
Il filosofo inglese non si limita a definire il diritto del soggetto
come risultante del rapporto tra bisogno, potere e conflittualita`, ma
introduce come altro elemento determinante la ragione. La ragione
illumina la necessita` degli uomini di desiderare cio` che e` bene per
se stessi ed evitare cio` che e` per loro nocivo, in particolar modo la
perdita della vita12. Hobbes definisce come diritto un comporta-
mento conforme alla ragione, quindi ogni attivita` dell’uomo tesa a
conservare la propria vita13. Ma per fare cio` l’uomo deve usare il
suo potere, ne consegue che il potere e il diritto del soggetto sono la
stessa cosa secondo Hobbes14 e se il diritto di ciascuno si contrap-
8 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, Roma-Bari, Laterza, 1999,
Vol. I, p. 162.
9 T. Hobbes, Leviatano, cit. p.69.
10 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, p. 163.
11 cfr. ivi, p. 163-165.
12 cfr. ivi, p. 166.
13 cfr. ibidem.
14 cfr. A. De Gennaro, Introduzione alla storia del pensiero giuridico, Torino,
1.1 Il giusnaturalismo: l’individuo e i diritti naturali 9
pone a quello dell’altro allora, scrive Hobbes, ”chiunque scegliesse
di rimanere in quello stato in cui tutto e` lecito a tutti finirebbe per
contraddire se stesso”15. In definitiva nello stato di natura il diritto
del soggetto e` condannato alla paralisi e all’irrealizabilita`16.
Sara` allora la ragione stessa ad imporre all’individuo la conser-
vazione di se´ attraverso la lex naturalis17. Se il diritto naturale ”e` la
liberta` che ciascuno ha, di usare il proprio potere a suo arbitrio per
la conservazione della sua natura”18, la legge naturale ”e` un pre-
cetto o una regola generale scoperta dalla ragione, che proibisce ad
un uomo di fare cio` che distruggerebbe la sua vita”19; essa quindi
impone di cercare l’autoconservazione per permettere la conviven-
za20. Nel discorso di Hobbes spetta alla ragione individuare la leg-
ge naturale promulgata da Dio nelle Sacre Scritture21. Se tale legge
obbliga alla pace allora nello stato di natura nessuno puo` garanti-
re l’osservanza di tale norma, ma tutto sara` lasciato alla liberta` dei
soggetti22. In realta` l’obbligo di cercare la pace dovrebbe portare il
soggetto a rinunciare al suo diritto assoluto:
”La stessa seconda legge di natura impone l’obbligo di
rispettare i patti e quindi l’individuo dovrebbe autolimi-
tare il proprio potere per permettere l’ordine e la pace.
Lo stato di natura e` quello stato in cui le leggi natura-
li ci sono, cioe` sono valide, ma non sono efficaci; o piu`
semplicemente, e` quello stato in cui sarebbe il colmo
dell’imprudenza seguire le regole della prudenza”23.
Secondo Hobbes e` necessaria una istituzione che faccia rispet-
Giappichelli, 1979, p. 238.
15 T. Hobbes, Elementi filosofici sul cittadino, in Opere politiche, N. Bobbio (a cura di),
Torino, UTET, 1959, cit. p.92.
16 cfr. P. Costa, Civitas storia della cittadinanza in europa, pp. 167-168.
17 cfr. ivi, p. 168.
18 T. Hobbes, Leviatano, cit. p.105.
19 cit. ibidem.
20 cfr. A. De Gennaro, Introduzione alla storia del pensiero giuridico, p. 240.
21 cfr. ivi, p. 241.
22 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, p. 170.
23 N. Bobbio, Thomas Hobbes, cit. p. 46.
10
Capitolo 1 I ”diritti degli inglesi” dal giusnaturalismo alla
rivoluzione inglese
tare tale accordo attraverso la minaccia di pene24. Tale istituzione
non e` altro che il sovrano, cioe` un artificio scaturito dal consenso
degli individui per permettere la convivenza pacifica25. Secondo
Todescan26 essi stipulano fra loro un pactum unionis seguito da un
pactum subiectionis.
La sovranita` che teorizza Hobbes ha i caratteri dell’irrevocabi-
lita`, dell’assolutezza e dell’indivisibilita`27. L’irrevocabilita` e` data
dal fatto che i singoli stipulano tra loro un patto di sottomissione e
questo patto affida ad un terzo al di sopra delle parti tutto il potere
che nello stato di natura i singoli esercitavano, vale a dire tutti i
loro diritti28. Il sovrano di Hobbes non e` parte contraente di questo
patto, per questo non e` contemplata alcuna possibilita` che le parti
possano rescindere il contratto senza il consenso del terzo, tuttavia
se questo avvenisse la societa` ricadrebbe nello stato di natura29.
Si e` detto che la sovranita` e` indivisibile e che il sovrano e` una
persona civile, seppure Hobbes dia la sua preferenza ad una for-
ma di governo monarchico, cio` non significa che la sovranita` debba
risiedere necessariamente in un’unica persona fisica, ma puo` benis-
simo identificarsi con una assemblea di molti o di pochi30.
Cio` che e` importante sottolineare e` che Hobbes rifiuta la divisione
tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario: il sovrano riunisce a
se´ questi poteri e non li condivide con alcuno altrimenti non sareb-
be piu` assoluto31. Inoltre egli riunisce nella sua unica persona le
volonta` dei singoli e la sua volonta` deve essere intesa come quella
degli individui. Giusto e ingiusto, bene e male sono definiti solo in
24 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, pp. 170-171.
25 cfr. A. De Gennaro, Introduzione alla storia del pensiero giuridico, p. 243.
26 Si veda: F. Todescan, Metodo, Diritto, Politica: lezioni di storia del pensiero giuridico,
p. 123.
27 cfr. A. Andreatta, A. E. Baldini, Il pensiero politico dell’eta` moderna. Da
Macchiavelli a Kant, Torino, UTET, 1999, p. 230.
28 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, p. 175.
29 cfr. M. D’Addio, Storia delle dottrine politiche, Genova, ECIG, 1992, p. 444.
30 cfr. ivi, p. 445.
31 cfr. A. Andreatta, A. E. Baldini, Il pensiero politico dell’eta` moderna. Da
Macchiavelli a Kant, pp. 232-233.
1.1 Il giusnaturalismo: l’individuo e i diritti naturali 11
rapporto a cio` che la legge civile, emanata dal sovrano, prescrive.
Il sovrano e` quindi assoluto parimenti alla situazione del singo-
lo individuo nello stato di natura: egli puo` esercitare il suo potere
senza limiti, cio` gli e` dato dal fatto che e` l’unico titolare dei diritti
trasferitegli dai singoli, i quali si sono spogliati di ogni diritto natu-
rale32. Tra questi Hobbes non comprende il diritto di proprieta`, egli
infatti sostiene che la proprieta` sorge solo con la costituzione dello
stato, ed e` il sovrano l’unico proprietario di tutto, il quale stabilisce
cio` che appartiene all’uno e all’altro33. Che senso avrebbe, infatti,
se il potere del sovrano fosse limitato da un ipotetico diritto natu-
rale di proprieta` dei singoli? La proprieta` ”esiste nella misura e per
tutto il tempo che lo stato vorra`”34. Egli concede, pero`, uno spazio
residuale di liberta` al singolo: ”la liberta` di un suddito e` [...] solo in
quelle cose che un sovrano ha omesse nel regolare le sue azioni”35.
In particolare si fa riferimento alla liberta` di vendere e comprare, la
liberta` contrattuale, di movimento, di abitazione, di scegliere come
vivere, di educare i figli36. Tale spazio di liberta` non e` determinato
una volta per tutte, dipende dalle opportunita` e dall’esercizio del
potere sovrano37.
L’unico diritto che rimane al singolo e` il diritto alla vita, il quale
rimane irrinunciabile per il fatto stesso che gli individui costituisco-
no lo stato per sfuggire da una condizione naturale che non tutela
la loro esistenza38. Qualora il sovrano mettesse in pericolo la loro
vita, essi potrebbero ritenersi sciolti dal vincolo dell’obbedienza:
”Se il sovrano comanda ad un uomo (ancorche´ giusta-
mente condannato) di uccidersi, ferirsi o mutilarsi, o di
32 cfr. ivi, p. 231.
33 cfr. M. D’Addio, Storia delle dottrine politiche, p. 447.
34 T. Hobbes, De Cive, in Opere politiche, N. Bobbio (a cura di), Torino, UTET, 1959,
cit. p. 7.
35
ivi, cit. p. 260.
36 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, p. 180.
37 cfr. ibidem.
38 cfr. A. Andreatta, A. E. Baldini, Il pensiero politico dell’eta` moderna. Da
Macchiavelli a Kant, p. 231.
12
Capitolo 1 I ”diritti degli inglesi” dal giusnaturalismo alla
rivoluzione inglese
non resistere a chi lo aggredisce, o di astenersi dall’u-
so di cibo, aria, medicine o qualsiasi altra cosa senza la
quale non possa vivere, quest’uomo ha nondimeno la
liberta` di disobbedire”39.
Hobbes, quindi, non riconosce un vero e proprio diritto di resi-
stenza nei confronti del sovrano, se non ammettendo che un sovra-
no che non rispettasse il suo unico dovere di difesa della vita dei
suoi sudditi o che non esercitasse la sua autorita` in modo pieno, ri-
schierebbe di far ricadere la societa` allo stato di natura40: gli uomini
ritornerebbero ad esercitare i loro diritti e poteri fino alla stipula di
un nuovo patto a favore di un nuovo sovrano.
Per il suo pensiero, come ritiene Todescan, Hobbes sara` consi-
derato il riferimento filosofico dell’assolutismo del tempo41. Egli,
infatti, tra l’eccesso di liberta` e l’eccesso di autorita` teme piu` il pri-
mo del secondo42: ”Quando i privati cittadini, i sudditi, chiedono
la liberta`, con questo nome non chiedono veramente la liberta` per
se´, ma il dominio sugli altri”43. Questo, secondo Bobbio44, spiega il
motivo della creazione di uno stato civile, il quale nasce per salvare
l’individuo dalla liberta` e la liberta` non e` un diritto dell’individuo,
ma una concessione del sovrano. Si spiega cosı` il motivo per cui
Hobbes non crede nella liberta` di coscienza: solo il sovrano e` tito-
lare di una coscienza pubblica; cosi come non crede nella liberta` di
pensiero in quanto spetta sempre al sovrano ”giudicare quali opi-
nioni e teorie siano contrarie alla pace, e di proibire che vengano
insegnate”45.
Nello stesso periodo, pero`, i sostenitori britannici del potere re-
gio e dell’assolutismo preferivano affidarsi alle teorie di Robert Fil-
39 T. Hobbes, Leviatano, cit. p.181.
40 cfr. A. De Gennaro, Introduzione alla storia del pensiero giuridico, p. 248.
41 cfr. F. Todescan, Metodo, Diritto, Politica: lezioni di storia del pensiero giuridico, p.
121.
42 cfr. N. Bobbio, Thomas Hobbes, p. 69.
43 T.Hobbes, De Cive, cit. p. 8.
44 cfr. N. Bobbio, Thomas Hobbes, p. 69.
45 T. Hobbes, De Cive, cit. p. 11.
1.1 Il giusnaturalismo: l’individuo e i diritti naturali 13
mer, il quale condivide con Hobbes il principio che spetta al sovrano
il monopolio del diritto e che il suo potere sia indivisibile, ma rifiuta
ogni teoria che propugni l’uguaglianza naturale degli individui46.
Secondo Filmer, infatti, il potere del re deriva dal potere che Dio
ha dato ad Adamo, fondando cosı` la societa` sulla gerarchia: come
un padre governa all’interno della propria famiglia, cosı` il sovra-
no agisce come un padre supremo per mantenere l’ordine politico.
Per fare il bene dei suoi sudditi il re usa la legge come strumento,
egli esercita una liberta` responsabile che non puo` essere limitata da
alcuna legge se non dal rispetto di quella divina47.
Filmer, come Hobbes, avversa la common law e i suoi difensori,
come Edward Coke, tanto da affermare che solo il re puo` modificare
il diritto comune. Anche il parlamento viene relegato all’ininfluen-
te funzione di raccordo tra re e sudditi: esso non puo`, secondo
Filmer, essere titolare di sovranita`, puo` solo confermare le leggi del
sovrano. Le stesse liberta` rivendicate in parlamento per i singoli
individui sono liberta` concesse dal sovrano, ne consegue che la loro
rivendicazione non puo` essere opposta al re48.
Si intuisce come la critica di Filmer colpisca le fondamenta giu-
snaturaliste di Hobbes pur condividendo con lui le conseguenze
assolutistiche.
Chi invece cerchera` in ogni modo di smontare le teorie di Filmer
sara` John Locke49. Egli contesta che le Sacre Scritture giustifichino
il carattere assoluto del potere paterno e critica la spiegazione di
Filmer che cita solo la prima parte del quinto comandamento: ”o-
nora il padre”, omettendo che si parla anche della madre. Locke
poi ribadisce che solo il creatore puo` distruggere cio` che ha creato
e tale potere non puo` essere trasmesso di generazione in genera-
zione. Lo stesso Adamo non puo` essere considerato come il primo
46 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, pp. 184-185.
47 cfr. R. Filmer, Patriarcha and Other Writings, J. P. Sommerville (a cura di),
Cambridge University Press, Cambridge, 1991, pp. xxi-xxii.
48 cfr. P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in europa, pp. 186-188.
49 cfr. ivi, p. 278.