interpretazioni ci fa dedurre che il gioco esiste fin dai tempi più remoti
proprio perché è profondamente insito nella natura umana.
Nel primo capitolo di questo elaborato si ricercheranno i molteplici aspetti
della parola ludus e del verbo giocare, con lo scopo di dare un quadro
linguistico ed etimologico del mondo dell’oggetto di studio: il giocattolo.
Sempre nella prima parte si analizzeranno due brani della tradizione
letteraria francese ed italiana che hanno a che fare con il mondo dei
giocattoli: La Morale du Joujou di Baudelaire e Il paese dei Balocchi di
Collodi. Nel primo si vedrà come l’autore sostenga l’esistenza di una vera
e propria anima del giocattolo, descrivendone l’aura e le proprietà ludiche.
Il brano non è certo il più famoso dell’autore e non è stato possibile
rintracciarne una traduzione in lingua italiana, ci si scusa fin da subito col
lettore per aver potuto riportare i passi scelti soltanto in lingua originale.
L’episodio raccontato dalla penna di Baudelaire è legato all’infanzia (forse
autobiografica), così come lo è pure quello raccontato da Collodi nel libro
di Pinocchio. Nonostante ciò i due hanno un carattere completamente
distinto. Il brano di Collodi è l’indimenticabile e utopico paese dei balocchi,
dove i giocattoli sono ovunque per le strade e nelle menti degli abitanti.
L’ultima parte del capitolo invece verrà dedicata ad una breve analisi delle
teorie elaborate da J. Huizinga nel suo celebre libro Homo Ludens dove, in
particolare nella ristampa pubblicata nel 1973 con un illuminante saggio
introduttivo di Umberto Eco, il gioco verrà preso in analisi come elemento
fondante delle società antiche ma anche delle culture odierne.
Delle gioie del gioco legate al ritmo della vita si potrebbe parlare a lungo
ma, già dal secondo capitolo lo studio si focalizzerà sull’importanza dello
strumento fondamentale del gioco ovvero sul giocattolo. Verrà affrontata
l’importanza rivestita dal giocattolo nella crescita del bambino, ma
soprattutto nello sviluppo della persona. Si vedrà come il giocattolo sia
strettamente correlato alla capacità creativa, alla capacità di astrazione e
a tante altre qualità strettamente riconducibili allo stato dell’arte e della
cultura.
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In questa seconda parte si indagherà sul ruolo del giocattolo oggi e sulla
sua importanza sociale, in particolare si prenderanno in considerazione le
sue condizioni culturali e ambientali. In tal senso si partirà da una
definizione di gioco, per poi approfondirne le eventuali correlazioni con
l’ambito della creatività e della socializzazione.
Un ulteriore studio sul giocattolo verrà presentato dal punto di vista del
suo carattere strutturato o meno, si analizzeranno i pro e i contro di
entrambi i tipi e se ne vedranno le implicazioni sullo sviluppo della mente
della persona coinvolta nel gioco. Dopodichè si passeranno in rassegna le
principali tipologie di giocattolo e se ne indagheranno le qualità dal punto
di vista della funzione ludica e creativa, indicando le fasce d’età a cui
ognuna di queste è dedicata.
Il terzo capitolo sarà riservato all’analisi del mondo degli eventi costruiti
intorno al giocattolo o che avranno come oggetto di interesse il suddetto.
Si prenderà in considerazione la realtà delle mostre dedicate al settore
ludico, gli eventi che hanno visto il giocattolo come loro protagonista e in
particolar modo si vedrà l’offerta museale italiana ed europea a riguardo.
La quarta parte dell’elaborato sarà invece dedicata all’industria del
giocattolo e ad alcuni casi aziendali di successo nel panorama europeo.
Si vedrà come la produzione del giocattolo costituisca una vera e propria
tradizione per alcuni paesi, nello specifico si vedranno i diversi trascorsi e
la situazione attuale dell’industria di settore in Germania, in Francia, in
Inghilterra e in Italia.
La parte conclusiva dello studio vedrà protagoniste le aziende che, a
fronte di quanto appreso nel corso della mia esperienza nel settore e di
quanto emerso durante l’elaborazione di questo studio, saranno valutate
come esempio di eccellenza nel panorama europeo della produzione di
giocattoli.
Nello specifico l’eccellenza sarà valutata sulla base della qualità del
prodotto, sul processo creativo correlato, sull’attenzione al cliente e alle
proprie risorse umane.
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I giocattoli non sono mai fini a se stessi e in questa tesi saranno
considerati come un punto di vista inedito e privilegiato capace di offrire
molteplici spunti di riflessione. Alla materia ludica si trova spesso una
correlazione con l’arte e con la scienza, in questa sede si vogliono
indagare soprattutto quei giocattoli ai quali si riconosce una certa valenza
culturale ed educativa senza però dimenticare che il giocattolo non deve
mai rinunciare ad esprimere le proprie qualità per così dire istituzionali
ovvero l’ironia e la fantasia.
L’attività ludica è fondamentale nella crescita, nell’educazione e nello
sviluppo dell’individuo. Il giocare può essere visto come uno degli istinti
naturali dell’essere umano, se infatti lasciamo un bambino da solo con sé
stesso lo vedremo giocare entro pochi istanti. Dopodiché il tempo, sociale
e individuale, può cambiare il tipo di giocattoli scelti da ciascuno, ma non
si può eliminare il desiderio di giocare e anzi, guai a farlo! Le vetrine dei
negozi sono piene di giocattoli e sempre di più si propongono giochi ed
attività strutturate per ogni fascia d’età. I bambini sono sommersi, fin da
piccolissimi, da giocattoli di ogni genere che chi acquista ritiene “adatti” a
favorire una crescita sana e brillante. Tutti in genere siamo concordi nel
dire che è fondamentale giocare per crescere, eppure se vogliamo
indagare un po’ oltre questa sommaria affermazione si scoprirà che, per
giocare, non sempre si ha la stessa concezione. L’attività ludica non può
essere ingenuamente ridotta ai soli giocattoli o agli spazi strutturati
affinché vi si svolga una determinata attività di gioco. Con giocare vanno
intese diverse cose, soprattutto se si pensa non solo ai bambini ma anche
agli adulti che giocano con i bambini. Nello specifico: giocare con un
bambino può significare il costruire insieme a lui delle situazioni, dei
momenti, “fiabare” (Canciani e Sartori, 1997) con lui, ovvero aiutarlo ad
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esprimere e raccontare a se stesso cosa sta inventando, cosa sta
immaginando e creando con la fantasia, tutto questo accade anche con il
semplice gioco a livello verbale. Il gioco diventa così l’occasione per
costruire un modo di stare dove sono permesse cose che non possono
trovare posto altrimenti, dove è permesso un gioco che può essere fatto e
rifatto in cento modi differenti. Dopodiché esiste il gioco più specifico che il
bambino fa con il giocattolo, ma che è piuttosto sterile se non lo si
inserisce in questa modalità più ampia e complessa di stare insieme,
giocando.
Ma qual è la connessione tra gioco e cultura che sta alla base di questa
tesi? La prima risposta è quella di sottolineare lo stretto legame che esiste
tra attività ludica e sviluppo delle capacità critiche dell’individuo. In altre
parole, spero più eloquenti, si vuole evidenziare come il gioco sia il terreno
privilegiato per trasmettere al bambino l’arte del pensare: attraverso la
trasformazione dei contenuti che il bambino esprime giocando, si
introduce alla capacità di pensare, permettendogli così di mettere a punto
il proprio apparato per farlo. Il gioco significa libertà: attraverso il gioco il
bambino deve poter sbloccare l’idea che ci sono cose che non possono
essere pensate, ne fantasticate.
L’adulto giocando con il bambino svolge una funzione importantissima per
lo sviluppo della sua mente, aiutando sia il bambino ma anche se stesso a
sperimentare i diversi percorsi possibili.
1.1 Per un’etimologia possibile della parola gioco e del verbo
giocare
Limitatamente a quello che le mie conoscenze linguistiche possono
permettere ho ricercato, analizzato e commentato l’origine delle parole
fondamentali nella sfera semantica del giocattolo, per fare ciò si è partiti
dal verbo e dal sostantivo da cui questa parola ha origine.
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Si parta dalla traccia che il latino ci offre: le espressioni che ricorrono
spesso sono ludere pila (giocare con la palla), ludere latrunculis (giocare
con gli scacchi) e il più frequente ludere alea. Esaminiamo quest’ultima
espressione dove i romani intendono non solo un gioco combinatorio di
casi possibili ma una combinatoria che va al di là del soggetto giocante. Al
gioco dei dadi si attribuisce un processo che è sì innescato da chi li lancia,
ma che non può essere previsto dal giocatore: alea iacta est esprime
appunto il concetto di un gioco che si articola da solo. Dalla civiltà latina in
poi il gioco dei dadi assumerà infatti lo stesso nome della fortuna, della
sorte, dell’azzardo a tal punto da essere poi identificato tecnicamente con
la casualità, sia nell’arte che nelle teorie della probabilità.
Anche se in latino, come in italiano, non esiste un nome per il game (
diverso dal play), si può intuire che la civiltà romana avesse già intuito il
legame profondo tra gioco come matrice combinatoria di casi possibili e
totale impotenza del giocatore, delineando in questo modo il carattere
oggettivo del gioco come nonluogo, direbbe Marc Augè, regno nel quale
non c’è spazio per le decisioni responsabili e tutto è deciso dall’entità che
è il gioco stesso. Ludere alea è in definitiva l’espressione che meglio
rispecchia quello che in inglese diventerà poi il game, il giocare il gioco.
Il latino ha dunque un’unica parola che esprime tutto il dominio del gioco
e del giocare: ludus, ludere. Esiste poi anche iocus, iocari che però ha
l’accezione di scherzo, burla. Nel latino classico iocus non significa
propriamente gioco, ma curiosamente è la radice che rimarrà e si
trasformerà nella nostra parola gioco; cercando il lemma in un qualunque
dizionario etimologico della lingua italiana si vedrà come gioco abbia
questa origine da iocus, parola che risale solo alla seconda metà del XIII
secolo e che ha surclassato il ludus.
La base etimologica di ludere invece, anche potendola usare per il
mormorio dell’acqua, per lo svolazzare degli uccelli e per il guizzare dei
pesci, sembra non coincidere con il movimento veloce, come tante altre
parole che designano il gioco, ma più che altro con quello che riguarda la
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non-serietà, l’apparenza e lo scherno. Ludus, ludere comprende il gioco
del bambino, la ricreazione, la gara, la rappresentazione liturgica e scenica
in generale, il gioco d’azzardo. Esiste anche la combinazione lares
ludentes che sta ad indicare l’atto del danzare e la correlazione per esteso
del gioco con l’arte. Per completezza si citano anche i composti alludo,
colludo, illudo, i quali tendono tutti al senso dell’ingannevole e dell’irreale.
Da questa base semantica si allontanano però i ludi nel significato giochi
pubblici, che hanno rivestito un ruolo fondamentale nella vita romana, e il
ludus col senso di scuola, il primo partendo dal significato di gara e il
secondo da quello di esercizio. Anche Huizinga osserva a proposito che “è
rilevante il fatto che ludus, ludere come come termine generale per
indicare il gioco e il giocare non solo non è passato nelle lingue romanze,
ma a quel che so vedere, vi lascia appena traccia.” (Huizinga, 1973)
Come già accennato si analizzerà la differenza tra la parola play e la
parola game, entrambe vengono rese in italiano con la parola gioco ma
ognuna sottende ad un’accezione diversa di significante. Con game si
mette in luce il concetto di competence e quindi di insieme di regole
conosciute e riconosciute come sostiene il Webster ( “an amusement or
sport involving competition under rules”), può anche essere il numero di
punti richiesti per vincere la partita o, ancora, può assumere il significato
di schema o piano. Esempi di game sono il biliardo, il tennis, il golf o il
poker e quindi giochi la cui struttura è composta da sistemi di regole,
schemi di azione, matrici combinatorie di mosse possibili. Espressioni
come “stare al gioco” e quindi “osservare le regole” si traducono infatti
con “ to play the game”. Il gioco come elemento astratto viene perciò
tradotto con la parola game, mentre l’atto concreto – la cosiddetta
performance – viene resa con play : “to play” è “to take part in a game”.
Ma dove sta in tutto ciò il piacere legato all’attività ludica? Comunemente
il piacere viene legato al play, mentre al game si lega più il concetto di
regola. Nonostante questa suddivisione sia la più seguita, è consentito
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usare to play anche per il gioco d’azzardo, si preferisce comunque dire to
game ed è uno dei rari casi in cui game indica un’azione. L’inglese è forse
l’unica lingua dove si identificano verbalmente queste due sfere precise
all’interno dello stesso campo semantico.
Non succede così invece per il tedesco dove abbiamo unicamente der Spiel
per gioco e zu spielen per giocare. E’ curioso il fatto che sia il tedesco zu
spielen che l’inglese to play possono essere usati anche nell’accezione di
suonare uno strumento. Una possibile spiegazione sta probabilmente nei
tratti che la musica e il gioco hanno in comune e cioè: entrambe le attività
si svolgono in uno spazio definito, entrambe sono suscettibili di ripresa,
constano di ordine, di ritmo, di alterazione, sottraggono gli “ascoltatori” o i
“giocatori” alla sfera del quotidiano suscitando una sensazione che può
essere di gioia o di altro tipo. Altro punto in comune e, forse spiegazione
meno poetica ma più plausibile, è il fatto che sia il suonare uno strumento
musicale che il giocare prevedono un movimento veloce, abile e ordinato
delle mani.
1.2 Giocattoli e letteratura
In questo paragrafo verrà presentata al lettore un’analisi comparata di tre
brani letterari che hanno in qualche modo a che fare con il mondo del
ludico e dei giocattoli. I tre brani appartengono a tradizioni e scuole molto
diverse tra loro, l’unica cosa ad accomunarli è la fondamentale importanza
attribuita al ludus da parte dei tre autori autori: Baudelaire, Collodi e
Lorenzini.
1.2.1 Morale du joujou
Un saggio illuminante che ben argomenta le implicazioni saggistiche ed
estetiche del gioco infantile è La Morale du JouJou di Baudelaire. Da
notare la sottotitolatura dell’opera da parte dell’autore come “Fantaisie
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sérieuse”, ad evidenziare l’acuta dissonanza tra titolo e sottotitolo e tra la
seriosità sentenziosa della morale e la bizzarria della materia ludica
(Secchi, 1983). Il brano oltre ad offrirci interessanti prospettive sul
rapporto “infanzia-arte” ci da lo spunto per rimeditare il problema del
gioco infantile, sganciato dal suo tramite, il giocattolo, l’oggetto simulacro.
Baudelaire scrive poi non solo per riflettere su tale rapporto in sé, ma per
metterlo in relazione ed evidenziare l’analogia tra i meccanismi del mondo
dell’infanzia e quelli della creatività adulta. Tale approccio di correlazione
tra infanzia ed arte può essere considerato come innovativo se si pensa
all’epoca in cui il saggio viene redatto (1853), ma soprattutto diventerà
poi una posizione di partenza per i molti studi pedagogici odierni,
nonostante in questi sia difficile trovar citato un brano di letteratura e
tutto appaia forse più scientifico e “asettico”.
Il contenuto del saggio si può riassumere nella narrazione di un episodio
(forse autobiografico) di un bambino che, ospite con la madre nella casa di
una ricca signora amica di famiglia, viene accompagnato dalla padrona di
casa nella stanza dei giocattoli
Au bout de quelque temps, elle dit :«Voici un petit garçon à qui je veux donner
quelque chose, afin qu'il se souvienne de moi». Elle me prit par la main et nous
traversâmes plusieurs pièces ; puis elle ouvrit la porte d'une chambre où s'offrait
un spectacle extraordinaire et vraiment féerique. Les murs ne se voyaient pas,
tellement ils étaient revêtus de joujoux. Le plafond disparaissait sous une floraison
de joujoux qui pendaient comme des stalactites merveilleuses. Le plancher offrait
à peine un étroit sentier où poser les pieds. Il y avait là un monde de jouets de
toute espèce, depuis les plus chers jusqu'aux plus modestes, depuis les plus
simples jusqu'aux plus compliqués.
«Voici, dit-elle, le trésor des enfants. J'ai un petit budget qui leur est consacré, et
quand un gentil petit garçon vient me voir, je l'amène ici, afin qu'il emporte un
souvenir de moi. Choisissez».
Avec cette admirable et lumineuse promptitude qui caractérise les enfants, chez
qui le désir, la délibération et l'action ne font, pour ainsi dire, qu'une seule faculté,
par laquelle ils se distinguent des hommes dégénérés, en qui, au contraire, la
délibération mange presque tout le temps, - je m'emparai immédiatement du plus
beau, du plus cher, du plus voyant, du plus frais, du plus bizarre des joujoux. Ma
mère se récria sur mon indiscrétion et s'opposa obstinément à ce que je
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l'emportasse. Elle voulait que je me contentasse d'un objet infiniment médiocre.
Mais je ne pouvais y consentir, et, pour tout accorder, je me résignai à un juste-
milieu.
Questa è forse una delle più belle descrizioni del mondo fantastico dei
giocattoli visto attraverso gli occhi di un bambino. Si ricorda che in tutta
l’opera baudelairiana l’infanzia viene identificata come il periodo d’oro e
l’unico in cui vengono collocati gli episodi felici e i ricordi più belli.
Baudelaire cambia registro ogni volta che narra di episodi collocati
temporalmente negli anni dell’infanzia, nel caso specifico della Morale ad
esempio gli aggettivi con cui l’autore ci introduce all’episodio sono infatti
gentile, matinal , lumineuse .
Nel passo appena riportato si veda come la stanza subisca una sorta di
metamorfosi e diventi un antro magico, una grotta stalattitica, vero regno
del giocattolo e come il Je bambino denunci chiaramente il meccanismo di
globalità percettiva che annulla, non vedendoli, le suppellettili e i mobili
presenti nella stanza, rilevando invece una incredibile fioritura di
giocattoli: sinestesia già momento di metamorfosi e alterazione fantastica.
L’esaltazione del periodo dell’infanzia si nota anche dalle sfumature
lessicali presenti nel testo: il termine giocattolo ricorre ben trentasei volte
all’interno del saggio come “ le joujou”, voce infantile appartenente alla
sfera dell’eloquio familiare, mentre appena due volte con la parola “jouet”
e una soltanto come “jeux”. Il giocattolo, significativamente, è chiamato
jouet nella sua accezione seria e quindi quando lo scarto temporale della
descrizione rimanda dal Je fanciullo al Je adulto attuale che, come per
riallacciarsi immediatamente al mondo concreto, fa un rapido inventario
dei giocattoli, quasi come farebbe un commerciante ( la sfera economica è
sottesa alla definizione “ depuis les plus chers jusqu’aux plus modestes,
depuis les plus simplex jusqu’aux plus compliqués” ). La venerazione – si
potrebbe azzardare – del periodo infantile si nota anche dalle espressioni
che Baudelaire usa per descrivere alcune peculiarità che egli esalta
riferendosi ai modi di fare diretti e decisi tipici dei bambini come per
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