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Introduzione
Questa tesi nasce dalla curiosità di recuperare la storia di un Teatro che,
nonostante abbia avuto vita per soli 45 anni, è diventato il custode dei ricordi di
molte generazioni diverse.
Ha assistito ai molteplici cambiamenti storici del Novecento passando
attraverso la seconda guerra mondiale, il fascismo, la caduta del regime,
l’avvento della tecnologia, le rivoluzioni del ’68, gli anni settanta fino a gustare
il primissimo assaggio degli anni ottanta prima di chiudere e diventare soltanto
un altro luogo di memorie.
Resta lo spettro di un Teatro forse ancora troppo ingombrante pur essendo
morto da ben 26 anni: una struttura massiccia di nome Rivoli che, oggi,
soprattutto per coloro troppo giovani per ricordarlo, viene riconosciuta
solamente come condominio o addirittura confusa con l’omonimo bar
posizionato sull’altro lato della strada, situato in quel palazzo conosciuto come
palazzo Jolly Hotel che ha preso il posto della piazza-giardino che una volta
sorgeva davanti al Teatro.
Recuperare la storia di questo Teatro ha significato, oltre che condurre una
ricerca sulle pubblicazioni riguardanti la vallata, la città sociale e la situazione
culturale di Valdagno dal 1935 al 1981, anche la scoperta del ruolo informativo
e documentaristico di due testate giornalistiche a cui ho fatto costantemente
riferimento: «Il Giornale di Vicenza» (prima «Vedetta Fascista» fino al 1944 poi
«Il Popolo Vicentino» fino al 1945, «Il Bollettino di Informazioni» per breve
tempo, dal 4 maggio al 30 maggio 1945, e, dal 31 maggio 1945, finalmente, «Il
Giornale di Vicenza») ed «Il Bollettino dei Lanifici».
In particolare, a quest’ultimo, conservato nell’Archivio Marzotto a Valdagno, si
dedica qualche accenno storico, essendo stato per lungo tempo il mensile
ufficiale della Fabbrica Laniera Marzotto.
Il «Bollettino» dedicava molta attenzione e spazio ad ogni evento culturale di
rilievo che avveniva a Valdagno e quindi anche al Teatro Impero.
3
Nel gennaio 1926 viene pubblicato il primo numero de «Il Bollettino dei
Lanifici» curato dall’Ufficio statistica e dal Direttore del personale Giobatta De
Paoli, commilitone di Gaetano Marzotto nella prima guerra mondiale. Di fatto
diretto da giornalisti di professione, il suo compito è quello di informare i
dipendenti sull’andamento della fabbrica, sulle vicende politiche e sulle misure
economiche che interessavano direttamente il settore tessile; non solo: dedica
spazio alla vita culturale del paese, alle visite ufficiali e cerca di fornire anche
qualche buon consiglio al lavoratore, assumendo così una funzione di
educazione civile attraverso l’esaltazione del lavoro, la lotta all’alcolismo,
l’importanza dell’informazione medica e igienica.
[…]Viene pubblicato allo scopo di far conoscere e diffondere utili notizie,
fatti di cronaca cittadina, avvenimenti e provvedimenti che possono
interessare tutta la classe operaia. Intende proseguire avendo sempre per
guida l’amore alla Patria, alla Famiglia, al Lavoro, vivendo la vita di tutti gli
operai onesti e laboriosi, cittadini devoti alle istituzioni ed al governo che
con tanta dignità attende alle sorti della Nazione
1
.
La lettura e, in parte, la rilettura del materiale consultato per questa tesi mi
ha dato l’opportunità di approfondire la storia della città di Valdagno e di
entrare in rapporto con l’Ente Comunale e con gruppi culturali valdagnesi
attraverso l’organizzazione di incontri e conferenze aventi per tema la città
sociale ed il Teatro Rivoli in particolare.
1
« Il Bollettino dei Lanifici», gennaio 1926, p. 1.
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Capitolo primo
Il romanzo della lana e “dell’armonia”
Paese della lana, Valdagno…dove un esercito di operai…lavorano otto
milioni di chili all’anno (di lana) in sei colossali opifici, servendosi di
duemila telai e centocinquantamila fusi. Cent’anni fa erano appena dodici,
oggi sono dodicimila. Allora era il laboratorio di Gaetano Marzotto, oggi è
il Lanificio Marzotto, uno dei piø potenti organismi tessili al mondo, di gran
lunga il maggiore d’Italia: un nome noto alle raffinate dame come alle
dattilografe, familiare nei vestiboli delle sartorie di lusso come fra la gente
del popolo...c’entra persino la botanica in questa metamorfosi che opera
mutamento di costituzione molecolare con sortilegio somigliante a quello
che trasformò Dafne in lauro, e che qui trasforma in tessuto la fibra
vegetale. C ’entra persino la musica, sia pure per azione indiretta; e
saggia fu l’affermazione che non si può essere grandi industriali senza
una scintilla d’arte che animi la creazione del puro pensiero. Così deve
essere del Marzotto. Così è di sicuro. Nell’epopea delle sue officine ci
sono squilli di fanfare e lampi di poesia
2
.
Questo è solo uno degli esempi di articoli su Valdagno che si potevano
leggere negli anni trenta in riviste e giornali di portata nazionale come, in
questo caso, «La rivista illustrata del popolo d’Italia» pubblicata a dicembre del
1937.
Una storia grandiosa, degna di essere raccontata quasi come un romanzo.
Un’ atmosfera mitica ed irreale, un paese felice e prosperoso in tempi di sicuro
non facili per la maggior parte dell’Italia.
Siamo nella seconda metà degli anni trenta, il fascismo è al potere e la
seconda guerra mondiale alle porte. L’Italia, nonostante vi siano alcuni segni di
sviluppo, come l’aumento demografico e l’urbanizzazione, rimane un Paese
fortemente arretrato e distanziato largamente dalle grandi potenze europee.
Il regime porta significativi cambiamenti nello stile di vita degli italiani:
incentiva lo sviluppo demografico aumentando gli assegni familiari dei
lavoratori, favorisce l’assunzione dei padri di famiglia e impone addirittura una
tassa sui celibi, modifica l’ordinamento scolastico con la Riforma Gentile,
promuove una politica di lavori pubblici e di bonifica e promuove l’arte.
2
«La rivista illustrata del popolo d’Italia», Milano, anno XVI, fine dicembre 1937, pp. 78-80.
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Gaetano Marzotto jr. si trova in perfetta linea di pensiero con i suoi tempi ed
è proprio grazie a questo personaggio che Valdagno ha potuto godere di uno
sviluppo industriale non indifferente, nonostante i limiti territoriali che presenta:
il paese, già lo si deduce dal nome, si estende all’interno di una valle e non,
come in altri casi di città industrializzate, allo sbocco di una vallata o in pianura
come i piø vicini esempi di Schio e Arzignano. Per questo motivo si dice anche
che il paese di Valdagno rappresenti un unicum nel suo genere.
Valdagno spesso è stata e viene tutt’ora identificata con Marzotto, proprio
perchØ a lui deve il suo profondo cambiamento socio-culturale e urbanistico a
partire dalla fine degli anni venti; lavoro, abitazioni, istruzione, svaghi: sono le
tappe dell’utopia di un uomo che ha realizzato lo sviluppo della città.
Nel 1936 l’industria Marzotto vanta già cento anni di attività: Gaetano jr. ha
ereditato la fabbrica nata con Luigi Marzotto (1773-1859) che, con 12 operai e
duemila lire di capitale, ne aveva gettato le basi nel 1836; cento anni dopo, nel
1936 è diventata un complesso gigantesco di opifici, di lavoratori, di opere
assistenziali: un’intera cittadina sotto il nome di “Lanificio Marzotto”.
Gaetano crede nell’espansione e nel lavoro, e, oltre a potenziare sempre piø
l’industria, si preoccupa anche della vita sociale e dopolavoristica dell’intera
vallata.
In Viaggio in Italia di Guido Piovene è presente un ritratto di Gaetano
Marzotto che fa scorgere già i suoi propositi e lo spirito con cui agisce:
Massiccio, alto, voce grossa, naso grande, calante e un po’ ricurvo sulla
bocca, le sopracciglia folte, gli occhi infossati, ha una violenza fisica che
contrasta con le maniere e le intonazioni bonarie. Gli occhi sentimentali
correggono il rilievo della sua maschera facciale. Si avverte nello stesso
fisico una rapidità nel cogliere le situazioni, che genera in lui fastidio per i
discorsi prolungati. Buon cuore, indole gaudente, robusto appetito e gusto
per gli spassi infantili…la casa ospita una grande raccolta di quadri
dell’Ottocento, secolo prediletto dal padrone di casa perchØ gli sembra il
piø ricco di cuore…nel grazioso paesaggio di collina sorgono gli
stabilimenti, e forse il piø grande complesso di opere assistenziali italiano.
Ospedali, maternità, asilo, orfanotrofio, circoli, case di riposo, scuole,
alberghi, teatro, sport, biblioteche, quartieri d’abitazione, azienda agricola
modello, senza contare le colonie, alberghi per la villeggiatura, decentrati
al mare o in montagna. E tutto è ricco, gaio, ben funzionante. Osservo che
nella vista Marzotto ne gode veramente, e diventa allegro; e gode delle
accoglienze festose dei bambini, monache, maestri. L’uomo è senza
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dubbio simpatico, e le opere assistenziali non sorgono qui per calcolo ma
sono accompagnate da una fiduciosa esuberanza di cuore… Intorno agli
stabilimenti della Marzotto Valdagno si è trasformato da paese
pedemontano in città moderna; la crescita di quell’industria, centoventi
anni fa un modesto opificio con dodici telai, è uno dei pochissimi casi di
americanismo in Italia. Infatti il credo di Marzotto è una specie di liberal-
produttivismo; la sua opera vuole esserne la dimostrazione. ¨ una
potenza economica proliferante, che penetra in tutti i campi della vita
italiana. Ne emana per esempio, la catena degli alberghi Jolly, settanta, se
non erro, nel primo scaglione, che sorgono dovunque manchi in Italia un
albergo moderno, e specialmente nell’Italia meridionale. ¨ nato di recente
perfino un premio letterario. […]
3
.
Gaetano Marzotto, grazie alla sua tempra e al suo carisma, è stato apprezzato
da molti e considerato benefattore della città e dei cittadini; da altri, invece, è
stato criticato e giudicato addirittura l’artefice dell’ideazione di una neo città-
feudo in cui, grazie alla creazione di un meccanismo di pressioni e favoritismi,
è riuscito ad ottenere la fiducia dell’intera comunità privandola della libertà di
pensiero
4
.
Ma Marzotto così risponde alle provocazioni di chi lo accusa di una politica
paternalista che non vuole cedere le Istituzioni sociali alle autorità pubbliche:
Spesso, nel giudicare le Istituzioni create a beneficio di chi lavora, si parla
con dispregio di sistemi paternalistici dimenticando che i problemi sociali
devono essere risolti, mentre pochi sono disposti a dedicare ad essi la loro
attività ed i loro mezzi, trattandosi di opere aventi carattere e scopo
benèfici e sociali e quindi non direttamente redditizie.
Impiegare i propri mezzi vuol dire avere fede nell’iniziativa, e nei risultati,
vuol dire impegno a dedicare ad essi il proprio studio, il proprio
interessamento, la propria diretta attività ed il proprio tempo.
Non va dimenticato che non basta fare il bene ma bisogna saperlo fare
semplicemente, praticamente e spontaneamente, come cosa naturale,
cioè senza farlo pesare […]. Ma poichØ pochi sentono l’impulso spontaneo
della solidarietà e per contro occorre generalizzare le provvidenze a tutti i
lavoratori, è necessario provvedere con opportune leggi sociali ed
estenderle rendendole obbligatorie. Allorquando ciò sarà venuto, non v’è
motivo come taluni voglion per dubbio o incredulità, che non si possa
realizzarne l’esecuzione, l’organizzazione ed il buon funzionamento
affidandone l’amministrazione e la gestione a commissioni paritetiche
nominate dalle categorie interessate e dagli aventi causa, pure prendendo
ogni garanzia di sicurezza e sotto l’egida delle pubbliche Autorità, in modo
3
Guido Piovene, Viaggio in Italia, Baldini&Castoldi, Milano, 1993, pp. 54-56.
4
Cfr. Luigi Guiotto, La fabbrica totale, Milano, Feltrinelli, 1979, capitolo Valdagno la “comunità
globale”, p. 140.
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da evitare la gestione lenta, costosa ed irresponsabile di una
organizzazione burocratica
5
.
Spende alcune pagine per dimostrare come abbia attuato i suoi programmi
sempre nel rispetto dei lavoratori, per il loro benessere, e che, al contrario, gli
organi statali, oltre a non aver finanziato tanti progetti come i privati, sono
ancorati a leggi che nuocciono il lavoratore piø che aiutarlo.
Continua dicendo:
Allo stato attuale delle cose non è quindi il caso di parlare di paternalismo
con disprezzo nei riguardi delle opere sociali istituite da privati. Si parli
invece di solidarietà umana, completata da una onesta e ben organizzata
amministrazione con rispetto dell’economia, cosa che fino ad ora in Italia
non si è mai verificata nelle gestioni burocratiche dello Stato e degli Enti
parastatali
6
.
E conclude:
La libertà è la bandiera di queste nostre Istituzioni; e fa maggiormente
risaltare il contrasto con i sistemi vessatori e irresponsabili soliti delle
organizzazioni burocratizzate per cui chi ha da far valere un suo semplice
e pieno diritto deve umiliarsi quasi chiedesse un’elemosina e non sempre
riesce ad averne riconoscimento o quando l’ottiene spesso è già
pregiudicato dal ritardo. Si ricordi infine che NAZIONALIZZARE, in parole
povere, vuol dire avviare al BOLSCEVISMO.
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¨ innegabile che per un industriale il fine sia il guadagno e la continua
espansione della propria impresa. Questo scopo è perseguibile in diversi modi;
Marzotto ha cercato di incentivare la produzione sfruttando un’idea, ovvero
quella che il lavoratore sarebbe stato incentivato ad una resa migliore sul
posto di lavoro se fosse stato tutelato sia all’interno che all’esterno della
fabbrica.
¨ così che, per prima cosa, Marzotto si impegna a costruire abitazioni per gli
operai in cui persino l’arredamento viene approntato dall’amministrazione e
l’ospedale, poi, di seguito, tutte le istituzioni socio-sanitarie necessarie per la
sicurezza e la tranquillità delle famiglie dei lavoratori: l’asilo, il reparto
5
Le Istituzioni sociali e ricreative, Officine Grafiche Mondadori, Verona, 1951, p. 9.
6
Ivi, p. 11.
7
Ivi, p. 16.
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maternità, l’orfanotrofio, le scuole materne, la casa di riposo. Per ultime
nascono le istituzioni ricreative concepite come luoghi di svago e di ritrovo.
¨ in questa parte del progetto che si inserisce la realizzazione del Teatro
Impero, Teatro che farebbe gola ad una grande città per la sua imponente
struttura e la sua enorme capienza, scrivono i giornali del tempo.
Il Teatro Impero è una delle grandi opere portate a compimento negli anni
trenta, fortemente volute da Gaetano Marzotto per la nuova città di Valdagno
che sorse sulla riva sinistra del fiume Agno, in una zona originariamente
destinata a terreni agricoli dove vi era anche l’ hangar per l’aereo privato della
famiglia Marzotto.
Il progetto per le istituzioni ricreative comprende il campo sportivo, la piscina
coperta, la palestra, il circolo impiegati, il dopolavoro, la scuola di musica, il
teatro, strutture per le vacanze in montagna o al mare a prezzi che favoriscono
i dipendenti, come dimostra la costruzione dell’albergo “Monte Albieri” a
Castelvecchio di Vicenza e della colonia al mare a Jesolo Lido di Venezia ed
altre opere assistenziali mirate e ben funzionanti.
Marzotto poneva a disposizione di tutta la comunità i suoi servizi, in particolare
concedeva nei suoi negozi forti sconti e prezzi vantaggiosi per i suoi lavoratori
oltre all’assistenza sanitaria gratuita e all’istruzione attraverso le istituzioni
scolastiche.
Quando Gaetano Marzotto junior prende il posto del padre Vittorio Emanuele
alla guida dell’industria sono chiari i suoi progetti: è necessario rimodernare
l’intera urbanistica della città e dotare Valdagno di tutti i servizi necessari.
¨ così che affida la realizzazione del suo grandioso progetto ad un ingegnere
civile, poi diventato anche architetto, Francesco Bonfanti
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con cui stringe
rapporti di committenza dal 1928 al 1948.
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Francesco Bonfanti (1898-1959), originario di Noto (Siracusa), studia e si stabilisce a Roma
dove frequenta l’Università di ingegneria conseguendo la laurea nel 1920, a 22 anni. Nello
stesso anno si trasferisce a Bassano del Grappa dove svolge il ruolo di funzionario tecnico al
Ministero delle Terre Liberate. Inizia con la progettazione di due villini il suo lavoro di
ingegnere edile. Nel 1923 inizia la sua collaborazione con l’ingegnere Gino Cardini. Nel 1924
si sposa con Sofia Bernardi dalla quale avrà cinque figli. Nel 1928 l’incontro con Gaetano
Marzotto il quale commissionerà allo studio Zardini-Bonfanti prima il progetto per una villa
vacanze a Castelvecchio poi la realizzazione della città sociale; quest’ultimo progetto verrà
portato avanti dal ’38 dal solo Bonfanti. Coltiva amicizie e collaborazioni con Wender Marini e