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Introduzione
La scelta del soggetto dell’elaborato è stata motivata dall’interesse e dalla curiosità
sviluppate, durante il corso di “Scienza e Società”, per l’argomento. Oltre a questa
prima motivazione, vi è l’intenzione di arricchire, senza alcuna pretesa, la
documentazione e il materiale presente e disponibile. Intenzione che riguarda sia il
contesto generale dell’ecofemminismo, sia il contesto nazionale nello specifico.
Per meglio elaborare questa tesi, si è attinto sia a fonti cartacee, come saggi
monografici sul tema, articoli di giornale e riviste; sia a fonti online, come articoli di
quotidiani, blog personali, siti ufficiali, istituzionali e interviste. Si è inoltre fatto uso
di materiali audiovisivi, come podcast e documentari, per approfondire determinate
sfaccettature del movimento ecofemminista. Nella stesura dell’elaborato, si è cercato
di seguire un filo logico che parte dalle origini del movimento e giunge all’attualità,
percorrendo le tappe principali e raccontando le principali figure di riferimento del
movimento.
Allo scritto manca sicuramente una parte di appendice, legata alla raccolta di articoli
di giornali e di fotografie delle molte iniziative organizzate, soprattutto in ambito
nazionale; oltre a una parte di approfondimento del contesto storico-politico in seno
al quale si è sviluppato il movimento italiano e un approfondimento sui convegni e
sui congressi citati.
La mancanza di traduzioni in lingua italiana o inglese dei testi fondativi del
movimento, così come la difficoltà nel reperirli per la mancanza di ristampe
successive, la mancanza effettiva di testi concernenti il contesto nazionale e la qualità
dei pochi presenti sono state tra le difficoltà principali incontrate durante la stesura.
La difficoltà maggiore è, sicuramente, stata lo svolgimento del capitolo relativo alle
criticità del movimento; sia per la mancanza di fonti relative alle critiche, sia per
l’oggettività richiesta.
Per una migliore comprensione del tema trattato, si è deciso di suddividere i primi
due capitoli in due parti tematiche: nella prima viene delineata una panoramica più
generale del tema preso in esame, mentre nella seconda si sviluppa un discorso più
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specifico. Il terzo e il quarto capitolo, riguardanti critica, attualità e conclusioni finali,
non sono stati invece suddivisi.
Nella prima parte del primo capitolo, si sono delineate le origini del movimento
ecofemminista, dal primo utilizzo del termine da parte di Franҫoise D’Eaubonne nel
1974, usato per definire gli atteggiamenti femministi nei confronti delle pratiche
ecologiste, alla necessaria panoramica sul movimento femminista, radice prima del
movimento. Dopo un’introduzione del movimento femminista, è stata ripercorsa la
storia di alcune delle femministe che hanno contribuito alla maturazione
dell’ecofemminismo, tra cui Cristina da Pizzano, considerata “femminista infantile”,
Olympe De Gouges, colei che ha declinato la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e
del cittadino del 1789 al femminile, Mary Wollstonecraft, che ha criticato Rousseau
e la sua idea della necessaria e naturale subordinazione della donna, Simone de
Beauvoir, grazie alla quale si è iniziato a smontare il processo politico e intellettuale
che ha portato alla categorizzazione della donna come “polo negativo” e Charlotte
Perkins Gilman, che nelle sue opere ha sottolineato la disparità tra i sessi.
Successivamente, si è descritta la suddivisione del movimento femminista nelle tre
“onde” che hanno scandito la sua storia.
Nella seconda parte del primo capitolo, vengono spiegati i principi base
dell’ecofemminismo e la cornice concettuale contro cui il movimento si è battuto: il
sistema tradizionale, di stampo patriarcale, che giustifica il dominio della donna e
della natura attraverso le logiche di potere su cui si fonda. Viene messo in evidenza
come, la nuova prospettiva offerta dall’ecofemminismo comporti un cambio di
atteggiamento nei confronti delle pratiche ambientali e sociali: da una percezione
arrogante si passa ad una più veritiera, che tiene conto ed esalta le differenze.
Vengono poi delineate le due correnti di pensiero principali del movimento
ecofemminista: l’ecofemminismo classico e l’ecofemminismo costruttivista. Per
meglio comprendere le molte sfaccettature del movimento e la relazione tra il
femminismo e le componenti naturali, sono stati sviluppati dei sotto-paragrafi
dedicati ad ogni tipo di relazione: tra femminismo e natura, tra femminismo e animali,
tra femminismo e olismo e tra femminismo e spiritualità.
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Per concludere questo primo capitolo e la riflessione generale sul movimento, sono
state prese, infine, in esame le posizioni teoriche del movimento ecofemminista.
Nel secondo capitolo, dopo una necessaria premessa sulla scarsa documentazione e
le poche fonti disponibili relative alla storia italiana del movimento e alla conseguente
necessità di sviluppare un approfondimento della storia politica del Partito dei Verdi,
viene sottolineato come la componente ecofemminista sia lentamente scomparsa
all’interno del mondo istituzionale. Si ripercorre quindi la storia del movimento
ecofemminista italiano, delle ecofemministe nel contesto istituzionale e dell’intreccio
tra queste e i Verdi.
Durante la ricostruzione, ci si sofferma sui convegni, sui congressi e sulle iniziative
organizzate, partendo dalla prima manifestazione nazionale di sole donne,
organizzata il 24 maggio 1986 a Roma e dalla prima uscita pubblica come
ecofemministe, organizzata il giorno prima a Bologna; per arrivare infine alla disfatta
del Partito dei Verdi e alla completa marginalizzazione delle ecofemministe.
Nella seconda parte del secondo capitolo, vengono illustrate le biografie – che
fungono da testimonianza – di alcune ecofemministe italiane cha hanno lasciato un
segno nella storia nazionale del movimento: Antonella Caroli, presidentessa di Italia
Nostra, Laura Cima, deputata dei Verdi, Lucia Coppola, ecofemminista che si è
occupata di istruzione e di progetti nel sociale, Anna Donati, fondatrice delle prime
Università Verdi, Antonella Cunico, attivista del movimento No Dal Molin e
fondatrice del centro Donna chiama Donna, Maria Francesca Lucanto, presidentessa
dell’associazione Fata Morgana delle donne ecologiste e meridionali, Roberta
Ferruti, che ha contribuito alla prima proposta di legge per l’agricoltura biologica,
Annamaria Procacci, firmataria della legge per la prevenzione del randagismo, Grazia
Francescato, fondatrice di “Effe” – primo mensile femminista italiano – e Franca
Marcomin, ostetrica e attivista per le tematiche legate alla cura.
Nel terzo capitolo vengono sviluppate le principali critiche mosse al movimento
ecofemminista, tra cui: la critica alla visione ingenua ed essenzialista del movimento
verso il mondo, al biocentrismo, alle connessioni biologiche e alle potenzialità
cognitive, alla romanticizzazione eccessiva del concetto di natura, alla falsa pretesa
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di intersezionalità e inclusività del movimento e, infine, all’immaturità sociale e alla
mancanza di competenze scientifiche necessarie dell’attivismo giovanile. Viene poi
spiegata l’attualità del movimento ecofemminista, attraverso la descrizione delle
azioni intraprese dalle attiviste delle nuove generazioni e attraverso il distacco dalla
classe politica e dirigente. Viene sottolineato come i principi ecofemministi stiano
riacquistando terreno, come il movimento venga visto come “l’unica voce” in grado
di favorire e apportare un cambiamento effettivo. Infine, si cerca, attraverso le storie
di alcune attiviste, tra cui Berta Flores Càceres, di sottolineare il rischio insito nella
lotta al sessismo e al capitalismo.
Nel capitolo conclusivo si è cercato di riassumere concettualmente il discorso
sviluppato nei capitoli precedenti, attraverso una riflessione finale sui vuoti lasciati
dalla scarsa documentazione e dai pochi studi disponibili. Una mancanza di fonti che
non ha però impedito di riconoscere l’attualità del movimento e dei suoi principi,
anche grazie allo sviluppo di nuove direttrici del pensiero ecofemminista, tra cui
l’ecovegfemminismo.
Concludendo così che, benché il movimento sia oggigiorno poco noto e il materiale
a disposizione insufficiente, l’ecofemminsmo resta un tema attuale su cui riflettere.
L’elaborato è stato sviluppato secondo un criterio oggettivo, basato sulla negazione
dell’appartenenza al movimento, ma sulla rivendicazione dell’ideologia alla sua base,
su esempio di Antonio Gramsci, il quale, durante il processo a Roma del 1928, negò
l’appartenenza al movimento comunista, ma ribadì la vicinanza all’ideologia e al
progetto politico dello stesso.
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Capitolo 1. Le Origini del movimento ecofemminista
Nel 1974 Françoise D’Eaubonne (1920 – 2005), autrice femminista e attivista per i
diritti civili pubblica Le Féminisme ou la Mort, testo fondamentale in cui l’analisi
femminista de “Il Secondo Sesso” di Simone de Beauvoir viene messa in relazione
con l’ecologismo politico di “La Société contre nature” del sociologo Serge
Moscovici.
Concettualmente è proprio all’interno di questo scritto che l’autrice, per prima, conia
il termine Ecofemminismo. Esso descrive gli atteggiamenti femministi usati nelle
pratiche ambientali, coniugando le lotte per i diritti e gli spazi femminili con quelle
per i diritti degli animali e della Natura. Questioni come lo sfruttamento di
quest’ultima - indotto del consumo di risorse industriali- e i paradigmi occidentali di
progresso e tecnologia, sono esplicitamente designati come preoccupazioni
ecofemministe.
1
Nel suo libro, la scrittrice identifica il dominatore comune nel patriarcato,
sottolineando l’esistenza di analogie tra la soppressione patriarcale delle donne e
quella della natura e come essa si traduca in una completa distruzione del mondo
abitato:
S’étant emparée du sol, donc de la fertilité, et du ventre des femmes (fécondité), il était
logique que la surexploitation de l’une et de l’autre aboutisse à ce double péril menaçant et
parallèle: la surpopulation - excès des naissances - et la destruction de l’environnement -
excès des produits.
2
Il disprezzo della società per le donne viene paragonato al disprezzo per l’ambiente;
patriarcato e capitalismo, vengono considerati colpevoli dello sfruttamento della vita
1
Environment & Society Portal, sommario, https://www.environmentandsociety.org
2
D’Eaubonne F., Le feminisme ou la mort, Paris, P.Horay, 1974, p. 52. “Essendosi impadronita del
suolo, quindi della fertilità, e del ventre delle donne (fecondità), era logico che l'eccessivo
sfruttamento dell'una e dell'altra portasse a questo duplice pericolo minaccioso e parallelo: il
sovrappopolamento - eccesso di nascite - e la distruzione dell'ambiente - eccesso dei prodotti.”
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e del corpo femminile, così come dell’ambiente e della Terra.
In “Le Feminism ou la mort”, D’Eaubonne riconosce alle donne un ruolo primario
per promuovere una rivoluzione ecologica che ridefinisca la struttura relazionale di
genere tra donne e uomini, così come tra ambiente e umanità: “Non pas le matriarcat
mais la fin du pouvoir pour libérer l’humanité dans son ensemble.”
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Sottolineando
ancora una volta come questa uguaglianza sia il prerequisito per un cambiamento
radicale all’interno della società.
1.1. Femminismo
In quanto corrente di pensiero, l’Ecofemminismo può essere considerato un ramo del
Femminismo, movimento per i diritti delle donne affermatosi per la prima volta in
Europa nel tardo XVIII secolo e fiorito durante gli anni Sessanta del Novecento.
È già nei primi anni del 1400, che inizia però a svilupparsi un primordiale pensiero
femminista, grazie a Cristina da Pizzano (1364 – 1430), donna di cultura, istruita nella
scrittura e figura attiva nella vita pubblica. Morto il marito, dovette provvedere a sé
stessa, offrendo alla regina francese Isabella di Baviera-Ingolstadt alcune delle sue
opere, per incentivare la visibilità di quest’ultime grazie alla sua protezione.
Cominciò così a scrivere della sua stessa vita, riflettendo su sé stessa e sulla sua
condizione, affermando che se fosse stata in grado di scegliere, non avrebbe mai
scelto una vita indipendente, ma quello che la società si aspettava da lei: secondo la
sua opinione, un giorno si era svegliata e si era “trasformata in un uomo”; morto il
marito si era dovuta infatti occupare di faccende che per i dettami del tempo non
sarebbero mai spettate ad una donna.
Le femministe del Novecento non le perdonarono i dubbi sulla sua condizione,
giudicando il suo uno stato infantile del femminismo.
Nel 1405 scrive “La città delle dame”, testo in cui riflette sulla natura femminile,
facendo riferimento a un libro misogino in cui si discorreva “dell’essere spregevole
che è la donna.” Nel racconto tre dame appaiono alla scrittrice, rimproverandola per
aver ceduto alla tentazione di credere alle parole del libro, lei che poteva vantare una
3
D’Eaubonne F., Le feminisme ou la mort, Paris, P.Horay, 1974, p. 111
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certa cultura. Le tre interlocutrici la invitano a costruire, metaforicamente, la città
delle dame, nata grazie alla comunicazione tra di esse e fondata sulla ragione,
sull’onestà e sulla giustizia; luogo in cui è possibile ristabilire la dignità e l’onore.
Lo scritto può anche essere visto come metafora della restituzione alle donne di ciò
che era stato loro sottratto attraverso le risposte delle dame alle domande di Cristina,
che consentono di demolire i pregiudizi verso la figura femminile. L’autrice giunge
dunque a due considerazioni finali:
1- Le donne sanno fare le stesse cose degli uomini, ma il problema è che,
diversamente da loro, non ricevono insegnamento alcuno, perché giudicate
inferiori. Ciò porta ad una discriminazione tra i generi basata sull’educazione.
2- Dio ha voluto che le società si organizzassero con ruoli diversi tra uomini e
donne e, per Cristina, è giusto così.
Le donne sono state allevate, secondo la sua concezione, per restare ignoranti.
Nessuno chiede mai loro di mettere in gioco la propria ragione, esse vengono
cresciute per rimanere dipendenti dalle figure maschili vicine.
La generale riflessione femminista svelò le contraddizioni insite nel pensiero liberale
della politica occidentale moderna. Queste riguardavano la proclamazione dei diritti
naturali dell’individuo, dell’uguaglianza e della libertà e l’esclusione delle donne
dalla possibilità di goderne.
Già nel 1700 l’inglese Mary Astell, scrittrice e filosofa (1666 – 1731) si poneva una
domanda che, nella sua semplicità, era tuttavia cruciale: “Se tutti gli Uomini sono nati
Liberi, perché tutte le Donne sono nate Schiave?”
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Nello stesso periodo Abigail Adams (1744 – 1818), moglie di John Adams, tra i padri
fondatori della repubblica americana, chiedeva al marito di “ricordarsi delle donne”.
Nel 1791 Olympe De Gouges (1748 – 1793), donna impegnata nella Rivoluzione
Francese, sostenitrice della Monarchia Costituzionale, scrittrice e pensatrice, declinò
4
Gherardi R., La politica e gli Stati. Problemi e figure del pensiero occidentale, Carrocci editore,
2011, p.65