IV
esterne si rafforzarono a vicenda e in cui allo scontro intercomunitario non si sommò
quello greco-turco solo per la totale capitolazione diplomatica di Atene.
Con il ’74 la multidimensionalità della questione cipriota si fa ulteriormente più
complessa, dato che si sommano al quadro gli interessi strategici e i mutati equilibri
geopolitici in tutto il Mediterraneo orientale e nello stesso Medio Oriente, la dinamica del
rapporto atlantico greco-turco-americano, il negoziato intercomunitario in sede ONU e
tutto il vasto insieme di conseguenze di ordine giuridico, sociale, culturale, costituzionale,
economico e politico che costituiscono − nel complesso − l’altra grande componente della
cosiddetta “questione cipriota”.
Le discipline che possono annoverare fra i loro oggetti di studio la “questione cipriota”
non sono infatti solo quelle storiche (storia contemporanea, storia delle relazioni
internazionali…) ma anche il diritto internazionale e quello costituzionale, la geopolitica,
la sociologia dei conflitti etnici, la politologia, la filosofia politica…
Molteplici sono poi i singoli aspetti della vicenda che ogni disciplina può enucleare:
decolonizzazione, relazioni euro-greco-turco-americane o il confronto bipolare per la storia
delle relazioni internazionali, il diritto all’autodeterminazione dei popoli, il diritto
all’integrità territoriale e all’intangibilità delle frontiere, il divieto dell’uso o della minaccia
dell’uso della forza o i differenti gradi di “federalismo” per il diritto internazionale e quello
costituzionale, la libertà di religione, la laicità dello Stato, il comunitarismo e la teoria dei
diritti collettivi per la politologia e la filosofia politica…
Il presente lavoro – pur cercando di delineare, in modo più o meno sommario, i principali
aspetti di tutte le più rilevanti tematiche – vuole fornire una rassegna d’argomento storico
della questione cipriota, concentrando la propria attenzione in particolare sul ruolo che la
dinamica delle relazioni internazionali – prima il confronto bipolare e poi il processo di
integrazione e allargamento della CEE/UE – ha avuto nello sviluppo delle varie fasi della
questione cipriota.
La prima parte della tesi è dunque dedicata agli eventi che hanno condotto al cuore
dell’odierna questione cipriota: la spartizione di fatto dell’isola.
Nel primo capitolo si è cercato di ripercorrere sinteticamente le origini della vicenda
concentrandosi soprattutto sulla sua prima “internazionalizzazione” e cioè sul passaggio
dalla lotta anticoloniale per l’Enosis alla creazione della Repubblica di Cipro.
Nel secondo capitolo si è dunque indagato il ruolo che la soluzione adottata dalle tre
potenze “garanti” ha avuto nello sviluppo della vicenda, unitamente all’interazione fra la
dinamica interna e quella internazionale. La fondamentale insoddisfazione greco-cipriota
rispetto alla Repubblica uscita dagli accordi di Zurigo e Londra è dunque sfociata in una
crisi costituzionale che a sua volta si è evoluta in problematica internazionale per il ruolo
di Gran Bretagna e Stati Uniti da un lato e Grecia e Turchia, su fronti opposti, dall’altro.
Nel terzo capitolo, infine, si è ripercorso il decennio che va dalla divisione dell’isola
seguita alla crisi del 1963-’64 alla spartizione di fatto che la crisi del 1974 ha consegnato
alla diplomazia dei successivi trent’anni – segnando così l’epilogo del “secondo” conflitto,
che è a sua volta intercomunitario e greco-turco. Tramontato infatti l’orizzonte coloniale, e
post-coloniale, Cipro diventa il luogo in cui s’intrecciano contemporaneamente il contrasto
intercomunitario, la rivalità di Atene e Ankara, e le preoccupazioni strategiche delle due
superpotenze. La fobia anti-comunista della debole e screditata seconda Amministrazione
Nixon, in particolare, si rivela determinante nell’evoluzione finale della vicenda.
La seconda parte della tesi è dunque volta, eminentemente, all’analisi dei negoziati
intercomunitari che la Comunità internazionale stabilì di affidare alla mediazione delle
Nazioni Unite, fino a un evento di importanza fondamentale in grado di rivoluzionare
l’intero quadro di riferimento quale la candidatura dello Stato (greco)cipriota alla UE.
V
Nel rendere conto delle varie fasi e delle diverse posizioni assunte dalle parti si è cercato di
coniugare un approccio di dettaglio a un’attenzione particolare all’interazione fra la
dinamica del negoziato intercomunitario-onusiano e quella delle relazioni euro-greco-
turche.
Il quarto capitolo è stato quindi dedicato a inquadrare la questione alla luce di quelle stesse
spinte che, a livello internazionale, ne avevano prodotto l’esito, così come con il primo
accordo al vertice fra l’arcivescovo Makarios e il leader turco-cipriota Denktash si registra
la prima ridefinizione delle posizioni di entrambe le parti indotta dal significativo
cambiamento della realtà sul terreno.
Nel quinto capitolo si è voluto invece sottolineare, in particolare, come l’asimmetria
originaria del confronto intercomunitario, funzionale al mantenimento dell’“equilibrio
armato” fra Grecia e Turchia, abbia non solo assicurato una costante impasse quanto
soprattutto una sostanziale incomunicabilità fra le parti. Mentre infatti la leadership di
Kyprianou era decisa a ridurre al minimo l’influenza del dato di fatto della spartizione, la
politica di Denktash era al contrario volta a preservare, incrementare e stabilizzare i
risultati prodotti dallo sbarco turco del 1974.
Il sesto capitolo analizza dunque il grave stallo raggiunto dal confronto cipriota e il suo
graduale superamento grazie all’allentamento della ferrea logica bipolare e all’ingresso
della Grecia nella CEE.
La terza parte della tesi analizza quindi il cosiddetto “effetto catalizzatore” della duplice
candidatura alla UE di Turchia e Cipro sul negoziato intercomunitario, cercando di rendere
pienamente conto delle diverse implicazioni che la simultanea candidatura dei due Paesi ha
avuto sullo sviluppo della questione cipriota sia in forma diretta sia attraverso il complesso
nodo dei rapporti euro-turchi. Con l’ingresso sulla scena di un “attore complesso” come
l’Europa la questione cipriota acquisisce infatti un grado di multidimensionalità senza
precedenti. La fitta rete di rapporti, pesi e contrappesi, scambi, equilibri e geometrie
variabili all’interno della quale la questione cipriota viene proiettata fanno infatti in modo
che il destino di Cipro da un lato si imbibisca di tutte quelle frizioni e contraddittorietà che
un quadro così complesso inevitabilmente produce e dall’altro costituisca un fastidioso
elemento di disturbo all’interno di meccanismi per altri versi soddisfacentemente oliati.
Il settimo capitolo mostra allora come nel periodo fra la domanda d’adesione
(greco)cipriota e l’ultra-prudente risposta della Commissione europea, complice l’impegno
americano successivo alla Guerra del Golfo, il confronto intercomunitario abbia segnato
una forte accelerazione, seguita tuttavia da una brusca frenata in seguito alle perplessità
diffuse a livello europeo circa il futuro della “double candidature”.
Nell’ottavo capitolo si analizzano pertanto gli effetti che la faticosa ricerca di
un’equilibrata politica europea nei confronti della Turchia e di Cipro ha avuto sul mancato
sviluppo del dialogo intercomunitario. Il “compromesso” storico del marzo 1995 (negoziati
d’adesione euro-ciprioti contro unione doganale euro-turca), le conclusioni del Consiglio
europeo di Lussemburgo (stralcio della candidatura turca) e quelle di Helsinki (ingresso
della sola “Cipro Sud” e accoglimento della candidatura turca) hanno avuto infatti l’effetto
di paralizzare le potenzialità insite nell’effetto catalizzatore della duplice candidatura,
trasformato in fattore di statica attesa.
Nel nono capitolo si rende infine conto del più recente tentativo di soluzione complessiva
del conflitto cipriota, seguito all’equilibrio raggiunto a Helsinki e fallito una prima volta a
causa della mancata stabilizzazione di questo equilibrio (rinvio al dicembre 2004 della
decisione europea sulla candidatura turca del vertice di Copenhagen) e una seconda volta
per il mancato incontro fra l’imminente ingresso di Cipro nella UE e le aspettative dei
greco-ciprioti.
VI
Per quanto da ultimo fallimentari, tanto il piano Annan, nelle sue linee generali, quanto il
“fattore UE”, alla luce del recente rapporto della Commissione sull’apertura dei negoziati
di pre-adesione con la Turchia e dell’imminente Consiglio europeo di dicembre,
promettono di essere i due elementi attorno ai quali la questione cipriota si svilupperà negli
anni, o nei mesi, a venire. In entrambi i casi non mancano certo le controspinte e le
difficoltà: l’intransigenza di Papadopoulos e le perplessità greco-cipriote, le esigenze
sicuritarie e le resistenze turche e turco-cipriote, i dubbi sulla presenza nella UE di un
Paese diviso e sulla candidatura turca, le stesse incognite sul funzionamento di un’Europa a
Venticinque e sulla ratifica della Costituzione… . Tuttavia, come sottolineato dallo stesso
Segretario Generale, tutti i dati sono ormai sul tavolo e le modalità della loro composizione
sono solo da perfezionare. Cipro richiede dunque non più un esercizio della possibilità, ma
della volontà.
1
PARTE PRIMA
La spartizione di Cipro
2
Capitolo I
Le origini del conflitto
In termini strategici e militari, l’importanza di Cipro è antichissima. L’isola si trova
infatti a 70 Km dalle coste anatoliche e a 100 da quelle siriane e, in quanto cuore del
Mediterraneo orientale, può essere vista come un vertice di tre triangoli geopolitici: 1)
Cipro-Mar Nero-Mar Caspio, 2) Cipro-Mar Caspio-Golfo Persico, 3) Cipro-Nord Africa-
Europa
1
.
L’isola fu poi considerata fin dall’antichità una base navale fondamentale per il controllo
della Fenicia e, soprattutto, dell’Egitto, la validità di questo schema strategico essendo
confermata ancora in epoca moderna con la presa ottomana di Famagosta nel 1571.
É inoltre a partire da questa data che la presenza turca a Cipro comincia ad assumere una
certa, seppur minoritaria, consistenza, innestandosi comunque su un territorio
demograficamente greco e culturalmente ellenico. Storicamente, infatti, la cifra culturale
cipriota è stata rappresentata dall’ellenismo, veicolato da ultimo dalla religione cristiana e
dalla confessione ortodossa in particolare.
Quantunque fondata da Paolo e Barnaba e riconosciuta autocefala nel 431 e 480, la Chiesa
cipriota ha mantenuto costanti e stretti rapporti sia con la Chiesa greca sia, ovviamente, con
il patriarcato di Costantinopoli. D’altro lato, nel corso delle varie dominazioni straniere che
si sono succedute a Cipro, la Chiesa ha costantemente rappresentato l’autorità morale e
soprattutto la struttura organizzativa di riferimento per la popolazione dell’isola, mentre,
parallelamente, la fede e la pratica del culto rappresentavano i principali elementi
identitari.
La conquista ottomana non ha sostanzialmente modificato questo quadro. Al contrario, le
autorità di Costantinopoli riconobbero il carattere perfettamente auto-organizzato dei
ciprioti, istituendo il millet appunto cipriota, fatto questo abbastanza singolare, se si
considera che il principale parametro che la Sublime Porta adottava per la costituzione di
un millet era quello etnico-religioso
2
: da questo punto di vista, infatti, la popolazione
autoctona di Cipro fra il 1500 e il 1600 non differiva particolarmente da quella delle
province greche. È tuttavia verosimile che in questo riconoscimento di una “specificità
cipriota” avessero un particolare peso l’insularità di Cipro e soprattutto la sua posizione
geografica, eccentrica rispetto all’area greco-egea.
Il dominio britannico: divide et impera
Un tournant majeur nella storia di Cipro e del Mediterraneo orientale è rappresentato dal
Congresso di Berlino del 1878 che, in seguito alla crisi orientale e alla guerra russo-turca
del 1875-’78, ridisegnò la mappa geopolitica dei Balcani. Come contropartita
all’espansione russa in Asia da un lato e al proprio impegno difensivo nella regione
dall’altro, la Gran Bretagna impose infatti al sultano la cessione dell’isola: con la
Convenzione firmata fra le due potenze il 4 giugno 1878, l’Impero ottomano manteneva la
1
Cfr A. Theofanous, “The Cyprus Problem and its Implications for Stability and Security in the Eastern
Mediterranean” in D. Keridis-D. Triantaphillou, Greek-Turkish relations in the era of globalization, Erndon,
2001.
2
“Millet” è tradizionalmente tradotto con il termine “nazione”. In origine era esclusivamente l’appartenenza
religiosa che caratterizzava un millet (come del resto il singolo suddito ottomano), per cui si ebbero un millet
musulmano, uno ortodosso, uno armeno-greco, uno ebreo, uno cattolico e, più tardi, uno protestante.
3
sovranità sull’isola (ricevendo quindi dai suoi abitanti un tributo annuo) mentre
l’amministrazione diretta passava in mano inglese.
Londra aggiungeva così un altro anello alla sua catena di possedimenti mediterranei
(Gibilterra e Malta) consolidando la sua superiorità nell’intero bacino, e garantendosi una
base navale a protezione dell’Egitto e soprattutto della via delle Indie. Cipro diventava così
non soltanto una pedina locale, ma un importantissimo elemento strategico della rete
imperiale britannica nel suo complesso (“non un gesto britannico ma un gesto indiano”
nelle parole di Benjamin Disraeli ai Comuni
3
).
Infine, non appena la Germania coinvolse l’Impero ottomano nel Primo conflitto
mondiale a fianco degli Imperi Centrali, Londra annetté l’isola (5 novembre 1914) e, dopo
averla offerta alla Grecia l’anno successivo per indurla ad allearsi alle potenze dell’Intesa –
ottenendo però un rifiuto – coronò e legalizzò la propria politica cipriota al tavolo dei
vincitori. Con gli articoli 115-117 del Trattato di Sèvres prima, e, in seguito alla
rivoluzione kemalista e alla guerra greco-turca del 1922-’23, con l’articolo 20 del Trattato
di Losanna, firmato il 24 luglio 1923, la Turchia riconosceva infatti l’annessione e
rinunciava ad ogni diritto su Cipro, che il 10 marzo 1925 divenne formalmente Colonia
della Corona.
È a partire da questo momento che cominciano a delinearsi quelle linee di frattura lungo
le quali si è consumato e si consuma tutt’ora il conflitto cipriota.
Se è infatti possibile, e necessario, parlare di due conflitti
4
, il primo di tipo anticoloniale
e irredentista fra le autorità britanniche e gli enosisti
5
(conflitto quindi alimentato
prettamente, anche se non esclusivamente, dalla comunità greco-cipriota) e il secondo di
tipo interetnico – o intercomunitario – fra turco-ciprioti e greco-ciprioti, si può tuttavia
individuare un contesto più ampio.
Osservando la “questione cipriota” – appunto nel suo complesso – dalla prospettiva più
generale delle relazioni internazionali, si constata infatti il persistente interesse e la
costante presenza di Grecia e Turchia, ma anche di Stati Uniti e Unione Sovietica, oltre
naturalmente del Regno Unito, sia nel primo che nel secondo conflitto. Si è del resto in
presenza degli stessi attori in quanto unico è il maggior oggetto del contendere: la sovranità
cipriota; se essa debba essere inglese o greca o addirittura turca, oppure se essa emani da
un “popolo cipriota” o da entrambe le comunità che abitano l’isola o addirittura debba
essere spartita fra di esse. Dalla determinazione della sovranità cipriota deriva poi il
posizionamento dell’isola nel quadro delle relazioni internazionali, regionali e globali:
l’Impero (e Commonwealth ) britannico, la NATO, il gruppo dei non-allineati o addirittura
il blocco comunista.
Se così ogni attore sul terreno guarda a Cipro dalla sua ottica particolare, è d’altra parte
possibile ricomprendere tutti questi punti di vista in una visione d’insieme, che compenetri
“primo” e “secondo” conflitto.
Il passaggio dalla sovranità turca a quella britannica non fu privo di conseguenze,
soprattutto per la comunità turca. I suoi membri passarono infatti dalla condizione di
3
Citato in M.-P. Richarte, La partition de Chypre, Thèse de doctorat, U.F.R. de Géographie, Paris Sorbonne-
Paris IV, 1995.
4
Cfr F. Crouzet, Le conflit de Chypre: 1946-1959, Bruxelles, 1973.
5
Da enosis, in greco unione. L’Enosis rappresenta il programma politico di quanti vogliono unire Cipro alla
Grecia, considerata centro dell’ellenismo e madrepatria. Esso è quindi da leggersi in parallelo alla “Megali
Idea”, la “Grande Idea” del nazionalismo greco: costruire uno Stato ellenico che raggruppi tutte le terre e le
popolazioni greche.
4
appartenenti al gruppo nazionale dominante a quella di vera e propria minoranza, priva
peraltro di una propria organizzazione interna, fino ad allora del tutto superflua
6
.
Furono però proprio i britannici a sopperire a queste deficienze, favorendo lo strutturarsi di
una vera e propria organizzazione comunitaria: nel 1882 la comunità turca venne
riconosciuta come paritetica rispetto a quella greca e in seguito le autorità coloniali presero
in carico tutte le sue istituzioni (fondazioni religiose e di istruzione). La comunità turca
rappresentava infatti un elemento prezioso per le autorità inglesi, che dal 1929
cominciarono a confrontarsi con l’irredentismo greco-cipriota. Londra procedette quindi ad
una tacita alleanza con i turco-ciprioti allo scopo di controbilanciare la turbolenza della
comunità greca, cioè della maggioranza della popolazione isolana, come dimostrarono i
fatti del 1931. In occasione della tentata sollevazione enosista a Nicosia – in seguito alla
quale le autorità britanniche sciolsero il consiglio legislativo formato da greco e turco-
ciprioti, governando direttamente l’isola
7
– i portavoce della comunità turca affermarono
infatti la loro lealtà alla Corona britannica.
In quella stessa occasione i dirigenti turco-ciprioti dichiararono che, in caso di disimpegno
inglese dall’isola, Cipro doveva tornare alla Turchia
8
. Cominciò dunque allora, sulla scia
del consolidarsi di uno Stato nazionale turco e del perfezionamento dell’ideologia
kemalista, quel processo di emancipazione politica filo-turca della minoranza cipriota.
La guerra fredda congela lo status quo
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale
9
e l’inizio dello smantellamento dell’impero
britannico sembrò che la situazione a Cipro si facesse più fluida e gli spazi di manovra
greci e greco-ciprioti più larghi.
Decisamente fuori tempo giunse quindi l’iniziativa del Colonial Office dell’ottobre 1946
volta a concordare con i ciprioti una forma di self government che permettesse a Londra di
mantenere sotto il proprio controllo l’isola e nello stesso tempo disinnescasse le aspirazioni
enosiste. Il 27 febbraio 1947, a una settimana esatta dall’annuncio della determinazione
britannica di concedere l’indipendenza all’India e meno di un mese prima della
proclamazione della “dottrina Truman”, la Camera dei deputati di Atene approvò infatti
una risoluzione che reclamava l’unione di Cipro alla Grecia. Infine, forte di questo
pronunciamento e certamente influenzato dal disimpegno britannico dalla Palestina
(novembre 1947-maggio 1948), nel corso degli ultimi mesi del 1949 l’allora vescovo
metropolita di Kitio, e poco dopo arcivescovo ed Etnarca
10
Makarios III, organizzò per il
15 gennaio successivo un referendum tra i greco-ciprioti, il 96% dei quali (215.108
persone) si dichiarò favorevole all’Enosis.
Questo primo tentativo di scuotere lo status quo, se servì a porre fine all’iniziativa
britannica dell’ottobre 1946, non doveva tuttavia avere seguito, data la situazione
internazionale che si andava delineando a livello tanto generale quanto regionale.
Con la dottrina appunto del containment (12 marzo 1947) e il “piano Marshall” (5 giugno
1947) gli Stati Uniti avevano posto le basi per la costituzione in Europa, in funzione anti-
sovietica, del blocco occidentale, che assunse infine la sua configurazione con il Patto
Atlantico, firmato il 4 aprile 1949
11
.
6
Cfr Richarte 1995, op. cit.
7
Cfr R. Clogg, Storia della Grecia moderna, Milano, 1996
8
Cfr B. Grandi, Profili internazionali della questione di Cipro, Milano, 1983
9
Nel 1941 Antony Eden, Segretario al Foreign Office, temendo un intervento tedesco sull’isola, era disposto
a parlare pubblicamente dell’ipotesi di concedere l’Enosis, ma la sua proposta non ebbe seguito per la netta
opposizione del Colonial Office.
10
Cioè guida della comunità greco-ortodossa.
11
Fra il maggio 1950 e il maggio 1951 furono poi elaborati ed istituiti gli organi della NATO.
5
Nella nascente ottica della confrontazione “per blocchi” delle due super-potenze il fronte
egeo – insieme a quello tedesco – era poi quello allora più immediatamente coinvolto, con
la Grecia in preda a una sanguinosa e lacerante guerra civile tra forze conservatrici e
comuniste da un lato, e la Turchia minacciata per un verso dal rinnovato espansionismo
russo di sud-ovest
12
e per un altro verso dalla propria debolezza interna.
Il Paese stava infatti vivendo una delicata fase politica, con l’impianto statalista ereditato
dalla rivoluzione kemalista fortemente in crisi e fatto oggetto di una dura contestazione da
parte del neonato (1945) Partito Democratico, che si dimostrava inoltre capace di
coagulare le opposizioni contro l’establishment del Partito Repubblicano del popolo, che
fra il 1946 e il 1949 espresse ben tre deboli governi
13
. Le elezioni del 14 maggio 1950
regalarono però una schiacciante vittoria al PD (53,3%dei voti e 408 su 465 seggi) che poté
quindi formare un governo forte – con A. Menderes, fondatore del PD, Primo Ministro –
deciso a porre in primo piano gli interessi internazionali del Paese, identificati da un punto
di vista regionale con una rinnovata attenzione nei confronti della “propria” minoranza a
Cipro e da un punto di vista generale con l’adesione all’alleanza occidentale.
Nell’agosto dello stesso 1950 – scoppiata due mesi prima la guerra di Corea – la Turchia
formulò dunque la richiesta di aderire al Patto Atlantico e, dopo il superamento di alcune
perplessità inglesi, fra il settembre del 1951 e il febbraio del 1952 poté entrare nella NATO
– in pratica contemporaneamente all’ingresso della Grecia (1951).
Il 28 febbraio 1953 venne poi firmato ad Ankara il Trattato di amicizia e cooperazione fra
Turchia, Grecia e Yugoslavia, seguito in agosto da un vero e proprio trattato d’alleanza
firmato dai tre Paesi a Bled
14
.
Rispetto a questo quadro, dunque, i disegni enosisti erano in chiaro contrasto, logico e
cronologico. Né il Regno Unito (impegnato nella guerra fredda contro l’URSS) né la
Grecia (appena uscita dalla guerra civile e appena entrata nell’orbita occidentale), né la
Turchia (parimenti filo-occidentale e ora più ricettiva nei confronti dei bisogni dei suoi
“connazionali di Cipro”) avevano infatti interesse a turbare le reciproche relazioni
mettendo in discussione lo status quo nella regione. L’importanza dell’isola per Londra
non era del resto diminuita.
La spartizione dell’Europa in zone d’influenza e blocchi contrapposti aveva infatti soltanto
aggiornato il valore strategico di Cipro: da anello della difesa imperiale a bastione della
presenza occidentale nel Mediterraneo orientale (estremo meridionale del Patto Atlantico)
e nel Medio Oriente (che vedeva crescere costantemente la propria importanza
geopolitica).
I ripetuti sforzi di Makarios si scontrarono quindi, inevitabilmente, contro questo stato di
cose: alcun seguito ebbe la richiesta che l’arcivescovo fece al governo greco nel corso del
1951 di sollecitare un esame della vicenda cipriota da parte dell’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, né l’appello che nell’agosto 1953 Makarios rivolse direttamente all’ONU.
12
Il 19 marzo 1945 l’URSS denunciò il patto d’amicizia e non aggressione esistente fra i due Paesi e il 7
giugno seguente rese note le proprie rivendicazioni sulle province turche di Kars e Ardahan. Con uno
scambio di note fra il 7 agosto e il 24 settembre 1946 Mosca chiese infine che la difesa degli Stretti fosse
affidata congiuntamente all’Unione Sovietica e alla Turchia.
13
Cfr A. Biagini, Storia della Turchia contemporanea, Milano, 2002
14
Si considerino anche, successivamente, il trattato bilaterale con il Pakistan (1954) e, in un certo senso a
coronamento dell’intera opzione generale di politica estera, la partecipazione al Trattato di Bagdad (1955).
6
L’internazionalizzazione della questione cipriota (1954-1956)
Di fronte all’inerzia del quadro internazionale, le condizioni sul terreno cominciarono
tuttavia a peggiorare sensibilmente, soprattutto dopo che l’EOKA
15
, costituita nello stesso
1951 dal colonnello Grivas e con la benedizione dell’Etnarca – chiara mossa non solo per
contrastare, con la violenza, la colonizzazione britannica, ma anche per tentare di forzare i
tempi, e se necessario la mano alla stessa Atene – lanciò la propria campagna anti-
collaborazionista.
Le inclinazioni del governo del generale Papagos si andarono facendo d’altro canto sempre
più sensibili alle sirene cipriote, fino a che, in risposta ad un’incauta e categorica presa di
posizione britannica su Cipro del luglio 1954 e sfruttando appunto i disordini provocati
sull’isola dall’EOKA, il 16 agosto 1954 il governo greco richiese all’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite di pronunciarsi sulla situazione cipriota e le rivendicazioni enosiste.
Era il vero internazionalizzarsi della vicenda.
Certamente si trattava di una “opzione debole”, in quanto il foro scelto consentiva di
mantenere la situazione agevolmente sotto controllo, ma costituiva comunque un elemento
di novità e di rottura, dato che inglesi, turchi e turco-ciprioti si erano sempre opposti a
questo passo, sufficiente a mettere sotto pressione il Regno Unito e costringerlo a
smuoversi dalla sua rigida intransigenza.
Questo era proprio l’obiettivo che si prefiggeva l’arcivescovo Makarios, intenzionato a
giocare un ruolo di primo piano in modo da impedire la completa estromissione dei ciprioti
dalla determinazione del loro destino e ben deciso a non lasciare languire la questione
cipriota all’ONU. Nell’aprile 1955 egli accordò dunque il permesso al colonnello Grivas
di scatenare una vera e propria lotta armata contro la presenza britannica
16
.
Di fronte a queste mosse del fronte ellenico, il governo britannico decise dunque di
muovere per così dire l’alfiere turco.
In primo luogo Ankara fu incitata da Londra a considerare i suoi interessi strategici
sull’isola e soprattutto a reclamare un coinvolgimento negli affari ciprioti pari a quello
preteso dalla Grecia, per cui nel corso dei dibattiti onusiani che erano seguiti alla richiesta
greca entrambi i Paesi svilupparono una serie di posizioni giuridiche tese ad escludersi
vicendevolmente dall’intera vicenda cipriota
17
.
Successivamente, il 30 giugno 1955, Eden, primo ministro britannico, annunciò ai Comuni
la convocazione di una Conferenza anglo-greco-turca sulla sicurezza del Mediterraneo
orientale, compresa la questione di Cipro.
Con questa mossa Londra intendeva dunque “diluire” Cipro in un quadro più generale,
giustificare e legittimare quindi il coinvolgimento della Turchia e infine giocare il ruolo di
arbitro fra Ankara e Atene – garantendosi, con le minori concessioni possibili, il
mantenimento del controllo dell’isola.
La Conferenza di Londra (29 agosto-7 settembre 1955) si chiuse tuttavia con un fallimento,
dato che Grecia e greco-ciprioti rifiutarono le proposte di largo autogoverno interno
avanzate dal ministro degli esteri inglese Macmillan.
L’unico risultato della mossa britannica fu allora l’inasprimento della posizione turco-
cipriota: nel luglio 1955 il leader della comunità, il dottor Fazil Kutçuk, reclamò infatti la
15
L’EOKA (Ethnikì Orgànosis Kìprion Agonistòn = Organizzazione nazionale dei combattenti ciprioti) era
un’organizzazione clandestina per la lotta contro l’occupazione inglese, il cui scopo ultimo consisteva
nell’Enosis.
16
Fino ad allora infatti i bersagli principali dell’EOKA facevano parte della comunità greca. Dall’aprile ’55
invece gli attacchi furono rivolti contro le truppe britanniche e i poliziotti turchi. Cfr Clogg 1996, op.cit.
17
Per un’analisi dettagliata di questo aspetto cfr Grandi 1983, op.cit.
7
spartizione
18
dell’isola fra Grecia e Turchia.
Di fronte all’indocilità ellenica, Regno Unito e Turchia reagirono comunque rudemente.
Londra infatti inviò sull’isola, in qualità di governatore, il feldmaresciallo Harding con il
compito di stroncare la ribellione. Il governo turco invece aizzò la piazza di Istanbul contro
la minoranza greca cittadina.
Nello stesso tempo però, fra il dicembre 1955 e il marzo 1956, Londra intavolò con
Makarios negoziati segreti che culminarono con i colloqui diretti di Nicosia fra l’Etnarca e
il Segretario di Stato alle Colonie Lennox-Boyd (29 febbraio-1° marzo 1956).
La situazione sul terreno era tuttavia troppo calda e le posizioni troppo distanti, per cui i
colloqui si chiusero con un nulla di fatto, cui seguì, con inequivocabile tempismo, l’arresto
e la deportazione alle Seyschelles dello stesso Makarios (9 marzo 1956).
La fine del dominio britannico (1956-1959)
Il destino di Cipro sembrava dunque segnato. L’“indimenticabile ‘56” ebbe tuttavia degli
effetti anche sulla vicenda cipriota. La disastrosa – militarmente ma soprattutto
politicamente – impresa anglo-francese di Suez sancì infatti l’irrimediabile
ridimensionamento del ruolo strategico e geopolitico mondiale del Regno Unito, costretto a
un definitivo passo indietro nel Mediterraneo orientale. Una tale ridefinizione strategica e
politica andava comunque incontro a molteplici resistenze, e la bozza di Costituzione per
Cipro elaborata da Lord Radcliffe, presentata ai Comuni da Lennox-Boyd il 18 dicembre
1956, si poneva quindi, in un certo senso, a metà del cammino: né un semplice
autogoverno né l’indipendenza
19
.
Londra, di fronte al rifiuto della bozza Radcliffe da parte del nuovo governo greco, che
ostentava una fiduciosa attesa del “verdetto” delle Nazioni Unite
20
, era comunque decisa a
percorrere la sua strada. Nel marzo 1957 Lord Ismay, Segretario Generale della NATO, si
offrì come intermediario fra Regno Unito, Grecia e Turchia, ma l’offerta fu declinata da
Atene, nettamente contraria al coinvolgimento di Ankara. Non più fortuna ebbero le
successive mosse di appeasement delle autorità coloniali britanniche, che alla fine dello
stesso mese (il giorno 28) rilasciarono Makarios e dopo qualche mese provvidero a
sostituire l’inflessibile feldmaresciallo Harding con il più conciliante Foot, alto funzionario
“liberale” del Colonial Office.
L’Etnarca infatti se da un lato addolcì il suo discorso, parlando di un più vago “diritto
all’autodecisione”, dall’altro, in perfetta sintonia con il governo di Atene – dove si era
stabilito, essendogli interdetto il ritorno a Cipro – dichiarò di essere la sola autorità
competente a negoziare per tutta l’isola, pretendendo l’estromissione totale della Turchia e
dei rappresentanti turco-ciprioti.
Il primo ministro greco Kostantinos Karamanlis ribadì del resto il concetto nel febbraio
1958, opponendosi ad una nuova conferenza tripartita proposta dal ministro degli esteri
britannico Lloyd in missione ad Ankara e Atene.
La possibilità che la pregiudiziale anti-turca potesse avere successo era però molto
remota. Anzi, vedendosi sistematicamente boicottata e temendo una resa britannica di
18
Taksim in turco. Contemporaneamente fu creata l’organizzazione segreta turco-cipriota “Volkan”
(“Vulcano”) trasformatasi due anni dopo nell’Organizzazione per la resistenza turca (TMT) dalla
caratterizzazione paramilitare più marcata. Lo scopo dei fondatori, fra cui andava distinguendosi il giovane
avvocato Rauf Denktash, era la lotta contro l’EOKA e appunto la spartizione dell’isola (“O la spartizione o la
morte” era infatti lo slogan più significativo). Cfr Blanc, La déchirure chypriote, Paris, 2000 e McDonald,
“Greek-Turkish Relations and the Cyprus Conflict” in D.Keridis-D.Triantaphillou 2001, op.cit.
19
Per un esame dettagliato della bozza, cfr Grandi 1983, op.cit.
20
Il 26 febbraio 1957 l’Assemblea Generale si limitò tuttavia a esprimere il suo “vivo desiderio per una
soluzione pacifica, democratica ed equa” (risoluzione 1013 XI).
8
fronte alle ostinate pretese greche e greco-cipriote, Ankara si decise ad entrare
definitivamente, e con tutto il suo peso, nell’affaire cipriota, da un lato assumendo, fra il
1957 e il 1958, la direzione dell’azione turco-cipriota sull’isola, dall’altro facendo
ufficialmente propria la richiesta di spartizione
21
.
Di fronte a questa ampia e risoluta mossa turca, le esili barricate innalzate dal fronte
ellenico caddero rapidamente, non essendo né Londra né Washington affatto indifferenti,
né estranee, agli interessi turchi. Le due capitali occidentali annettevano infatti una
grandissima importanza alla Turchia, considerandola un partner NATO forte e
assolutamente affidabile, contrariamente a quanto si poteva dire per la Grecia. Nonostante
nel ’55 Karamanlis fosse stato scelto, praticamente a sorpresa, dal re Paolo proprio per i
suoi indiscussi sentimenti filo-NATO, nel Paese, e nelle stesse forze politiche che
sostenevano il governo, serpeggiavano consistenti sia l’antiamericanismo sia il
neutralismo, come avevano dimostrato le elezioni tenutesi del maggio 1958
22
. Il primo
ministro greco era quindi premuto dall’esigenza interna di arginare l’avanzata delle
opposizioni di sinistra e da quella esterna di non sacrificare sull’altare cipriota le sue
relazioni con Londra, Washington e la stessa Ankara.
Nel 1958 si presentavano quindi tutte le condizioni per la definitiva soluzione della
vertenza cipriota, ma il “Seven-year Partnership Plan” (o “piano Macmillan” dal nome del
nuovo primo ministro britannico) che fu presentato in giugno si limitò tuttavia a prevedere
una sorta di condominio interno fra le due comunità, sotto sovranità britannica,
rimandando appunto di sette anni la soluzione definitiva del problema.
Si trattava di una proposta che non soddisfaceva né il punto di vista greco né tanto meno
quello greco-cipriota, considerando che la Grecia aveva ormai tacitamente rinunciato
all’Enosis e si stava adoperando per piegare anche l’intransigenza di Makarios, il quale
vedeva qualunque soluzione diversa dall’unione con la Grecia come una grave rinuncia, in
una parola una sconfitta
23
. Se quindi Makarios doveva rinunciare all’Enosis, solo
un’indipendenza e una sovranità piene potevano essere adeguate.
Quando quindi, nel settembre 1958, Makarios lasciò infine capire di essere pronto ad
accettare l’indipendenza come soluzione, la strada si rivelò tutta in discesa. A dicembre
infatti, dopo ulteriori pressioni americane a margine del vertice atlantico di Parigi, si
avviarono i primi colloqui diretti greco-turchi, proseguiti, dal 18 al 20 gennaio 1959
sempre a Parigi, a livello di ministri degli esteri. Tutto era quindi pronto per un incontro al
vertice e infatti Karamanlis e Menderes, assistiti dai rispettivi ministri degli esteri,
s’incontrarono in una Conferenza bilaterale a Zurigo il 5 febbraio 1959. Al termine
dell’incontro i primi ministri egei poterono infine presentare una bozza d’accordo finale
che fu sottoscritta – con qualche piccola modifica ma non senza difficoltà dell’ultim’ora –
al termine della successiva “Conferenza della tavola rotonda” (Conferenza di Lancaster
House, Londra, 17-19 febbraio) fra i rappresentanti britannici, greci e turchi, l’arcivescovo
Makarios, il leader turco-cipriota Kutçuk e il governatore Foot.
Gli accordi consistevano in tre documenti maggiori, la Costituzione della Repubblica di
Cipro, un Trattato di Garanzia fra la stessa Repubblica da un lato e la Grecia, il Regno
Unito e la Turchia dall’altro, un Trattato d’Alleanza fra Cipro, Grecia e Turchia.
21
Questa duplice azione turca aveva sull’isola una manifestazione molto concreta. Fra il ’57 e il ’58 i
combattenti del TMT cominciarono infatti a preparare la taksim, forzando la popolazione turco-cipriota ad
abbandonare i villaggi misti, rafforzando o addirittura creando enclaves turco-cipriote (a Nicosia, Kyrenia,
Kokkina, Famagosta, Limassol e Larnaca) e boicottando i rapporti e gli scambi fra queste e i villaggi greco-
ciprioti. Cfr citazioni e note in Richarte 1995, op.cit., pag. 70.
22
Cfr Clogg 1996, op.cit.
23
Per i “duri e puri” dell’Enosis altro non era che un “tradimento”, come si espresse il loro rappresentante più
in vista, il colonnello Grivas.
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I principali punti possono essere così sintetizzati:
1) il Regno Unito avrebbe concesso la piena indipendenza entro un anno;
2) Cipro era garantita nella sua integrità dalle tre potenze (che avrebbero anche potuto
intervenire unilateralmente) e non avrebbe potuto unirsi ad alcuno Stato né partecipare
a qualunque tipo di unione fra Stati della quale non facessero parte,
contemporaneamente, la Grecia e la Turchia;
3) Cipro sarebbe entrata alle Nazioni Unite e nella NATO;
4) la repubblica sarebbe stata di tipo presidenziale, con un presidente greco ed un
vicepresidente turco, in grado, congiuntamente o separatamente, di porre il proprio veto
sulle leggi votate dal Parlamento o sulle decisioni del governo;
5) il Governo avrebbe visto una divisione dei posti fra greci e turchi rispettivamente al 70
e 30%;
6) con la stessa proporzione 70-30 sarebbe stata composta l’Assemblea Nazionale, che
avrebbe votato secondo un meccanismo di maggioranze separate per le materie più
rilevanti;
7) anche due Camere Comunitarie, una greca e una turca, avrebbero condiviso il potere
legislativo;
8) nei centri maggiori erano previste amministrazioni municipali autonome, greche e
turche;
9) una proporzione di 70 a 30 avrebbe regolato le assunzioni nell’apparato burocratico,
nella magistratura, nella polizia e nella gendarmeria;
10) una proporzione di 60 a 40 era prevista per l’esercito;
11) la Corte Suprema sarebbe stata composta da un numero uguale di greci e turchi, mentre
il presidente sarebbe stato un non-cipriota;
12) il Regno Unito conservava la piena sovranità sulle due basi militari di Akrotiri e
Dhekelia;
13) Grecia e Turchia potevano mantenere sull’isola due guarnigioni di 950 e 650 uomini
rispettivamente, allo scopo si addestrare i 2000 uomini dell’esercito cipriota.
La vicenda si concludeva quindi in modo particolare.
Da un punto di vista diplomatico, l’indipendenza di Cipro risultava infatti un compromesso
esattamente mediano fra le due opzioni forti greca (Enosis) e turca (Taksim), realizzato dai
due governi, estromettendo sia Londra sia Nicosia. Ankara tuttavia si aggiudicava la vera
vittoria, ottenendo condizioni estremamente favorevoli per la comunità turca sull’isola, il
che equivaleva a garantirsi, al minimo, una forte influenza, al massimo la concreta capacità
di condizionare dall’interno il nuovo Stato che si formava a poca distanza dai suoi porti
meridionali. Inoltre, nel caso fosse esplosa la tensione fra greco e turco-ciprioti, Ankara
aveva il diritto di intervenire, con la possibilità di ottenere ancora di più.
Più in chiaroscuro poteva essere considerato il bilancio inglese. Londra era infatti costretta
a rinunciare all’isola, ma questo – dopo la perdita dell’India, della Palestina, dell’Iraq,
dell’Egitto e di Suez – poteva ben essere considerato uno svantaggio minore, dato il fatto
che in definitiva gli interessi strategici britannici a Cipro erano completamente
salvaguardati
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e l’isola non poteva certo dirsi sottratta all’influenza inglese. Il bilancio
quindi poteva dirsi positivo e il Regno Unito guardare agli accordi di Zurigo e Londra con
soddisfazione.
24
La SBA (Sovereign Base Area) britannica rappresentava circa il 3% del territorio cipriota e Londra poteva
disporne in assoluta libertà, vedendosi inoltre garantite tutte le facilitazioni del caso, compreso l’utilizzo
unilaterale e senza preavviso di tutte le infrastrutture che, in territorio cipriota, si rivelassero necessarie al
pieno esercizio dei diritti sovrani a Dhekelia e Akrotiri.
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Non altrettanto si poteva dire per i ciprioti, in particolare greci, costretti a sottoscrivere una
“second best solution” imposta dall’esterno. E infatti Makarios firmò tutti gli accordi e
presenziò a tutte le cerimonie successive con malcelata insoddisfazione.