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Capitol o I
POLIZIA. DEFINIZIONE E FUNZIONI
1.1 IL CONCETTO DELLA POLIZIA DI SICUREZZA E POLIZIA
AMMINISTRATIVA, EVOLUZIONI NEL DIRITTO
Una storia sulla polizia locale deve necessariamente partire dalla definizione del concetto
di polizia, che si rende necessario per capire come essa si sia evoluta nel corso del tempo
di pari passo con l’evoluzione della società, poiché la storia della polizia è da sempre
connessa con la storia del potere pubblico. E nessun potere pubblico, sia esso legittimo o
meno, può reggersi senza il monopolio dell’uso legale della violenza, il cui uso varia con
il progredire della cultura civica e della democrazia. Oggi, in generale, il termine polizia
individua la funzione dello Stato e di altri enti pubblici volta ad assicurare le condizioni
di fatto per un ordinato e tranquillo vivere sociale.
L’espressione polizia deriva dal greco politeia, ma tale termine, nel corso del tempo, ha
individuato cose tra loro diverse.
Nello Stato assoluto essa veniva dunque impiegata per indicare ogni intervento inteso al
buon governo della comunità. In quest’accezione l’attività di polizia in sostanza
corrispondeva all’intera attività amministrativa, ed essa aveva dunque un’estensione
amplissima, potenzialmente indefinita, dato che vi rientrava praticamente ogni intervento
inteso a tutelare e a promuovere il benessere della collettività.
Nello Stato liberale ottocentesco questa nozione andò incontro a una prima ridefinizione.
L’estensione che la nozione aveva in precedenza infatti non era coerente né con i nuovi
assetti costituzionali improntati al principio della separazione dei poteri, che implicano
limiti stringenti all’azione dell’esecutivo e dell’amministrazione, né con la connessa
esigenza di tutelare la libertà dei cittadini da eccessive ingerenze statali. Venne quindi
meno la coincidenza tra attività amministrativa e attività di polizia, e di questa seconda
attività si affermò una nozione più ristretta, consistente in sostanza nelle limitazioni poste
dalla pubblica amministrazione alla libertà dei cittadini a fini della tutela e della
conservazione dell’ordinamento statale. Limitazioni che possono spiegarsi
indifferentemente tramite ordini, divieti, sanzioni amministrative e permessi di svolgere
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una determinata attività. Si provvide poi a tracciare la distinzione tra polizia di sicurezza
e polizia amministrativa.
La polizia di sicurezza venne definita come l’attività intesa ad evitare le violazioni dirette
e immediate dei diritti dei cittadini e dei poteri dello Stato; la polizia amministrativa,
invece, come l’attività intesa a tutelare tali posizioni solo indirettamente e mediatamente,
essendo finalizzata in via diretta a tutelare i beni che di queste posizioni sono l’oggetto.
Si considerava la polizia amministrativa come “l’insieme di quelle attività … immanenti
ai singoli rami dell’amministrazione, e che servono alla difesa dei vari speciali interessi
comuni, i quali vengono curati in questi singoli rami”
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Significativo di questo processo di svalutazione della nozione è anche l’attenzione
sempre più limitata che essa riceve nella manualistica di diritto amministrativo del
novecento. Ad esempio, ciò accade già nella trattazione più diffusa a cavallo tra la prima
e la seconda metà del novecento, ossia il “Corso di diritto amministrativo” di Guido
Zanobini
, quindi come una polizia
accessoria ai singoli rami dell’attività dell’amministrazione pubblica. L’accessorietà della
polizia amministrativa alle diverse funzioni della pubblica amministrazione durante il
novecento segnerà infatti le sorti della nozione stessa. In sostanza, questa caratteristica ha
fatto sì che essa venisse per lo più sostanzialmente assorbita nelle funzioni medesime.
Peraltro questo processo di assorbimento venne favorito anche dall’affermazione dello
Stato sociale. Il venire meno dei limiti all’intervento pubblico nell’economia e nella
società che connotavano lo Stato liberale comportò un’enorme crescita delle funzioni
gestionali della pubblica amministrazione, divenne inevitabile che in questo nuovo
contesto la polizia amministrativa passasse in secondo piano, e perdesse ulteriormente
rilievo.
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Essa ha però recuperato una precisa, seppur limitata, utilità negli ultimi decenni, in
occasione dell’attuazione delle norme sulle autonomie locali contenute nella Costituzione
, che della polizia amministrativa non si occupa specificamente, dato che in
proposito preferisce rinviare alle singole materie a cui essa si riferisce. Analoghe scelte si
ritrovano anche nella più parte dei manuali della seconda metà del novecento, quali quelli
di Massimo Severo Giannini, di Feliciano Benvenuti, di Aldo Sandulli. La nozione
sembrava dunque destinata a essere abbandonata, dato che pareva aver perso ogni
effettiva utilità.
2
Saggio di Oreste Ranelletti “Concetto della polizia di sicurezza del 1898” in Scritti scelti, Napoli,
1992, 129 e ss.
3
G. Zanobini, “Corso di diritto amministrativo”, Giuffré, Milano, 1945.
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del 1948, attuazione che come noto, è avvenuta solo a partire dagli anni settanta del
novecento.
Nella Costituzione del 1948 della polizia amministrativa non si fa cenno: nel testo
originario dell’art. 117 si fa riferimento solo alla “polizia locale urbana e rurale”, per
indicare una delle materie di competenza legislativa concorrente delle Regioni ordinarie.
La nozione di polizia amministrativa viene invece in gioco in occasione della cosiddetta
seconda regionalizzazione, ossia con il secondo consistente trasferimento di funzioni alle
Regioni e agli altri enti locali avvenuto durante gli anni settanta, che venne disposto
tramite il D.P.R. 24.7.1977 n. 616.
Il comma 1 dell’art. 4 del decreto prevede che “lo Stato, nelle materie definite dal
presente decreto, esercita soltanto le funzioni amministrative indicate negli articoli
seguenti, nonché la funzione di indirizzo e di coordinamento nei limiti, nelle forme e con
le modalità previste dall'art. 3 della legge 22.7.1975, n. 382, e le funzioni, anche nelle
materie trasferite o delegate, attinenti ai rapporti internazionali e con la Comunità
economica europea, alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza”. Correlativamente
l’art. 9, intitolato “Polizia amministrativa”, prevede che “i comuni, le province, le
comunità montane e le regioni sono titolari delle funzioni di polizia amministrativa nelle
materie ad essi rispettivamente attribuite o trasferite. Sono delegate alle regioni le
funzioni di polizia amministrativa esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato
nelle materie nelle quali è delegato alle regioni l'esercizio di funzioni amministrative
dello Stato e degli enti pubblici”.
Nel Capo II (“Polizia locale urbana e rurale”) del Titolo III (“Servizi sociali”), l’art. 18
(intitolato anch’esso “Polizia locale urbana e rurale”) prevede poi che “le funzioni
amministrative relative alla materia «polizia locale urbana e rurale» concernono le
attività di polizia che si svolgono esclusivamente nell'ambito del territorio comunale e
che non siano proprie delle competenti autorità statali”. E l’art. 19 (intitolato “Polizia
amministrativa” come il precedente art. 9 prevede il conferimento ai comuni di una serie
di funzioni disciplinate dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza, approvato con R.D.
18.6.1931 n. 773, che sino ad allora venivano svolte della amministrazione statale, si
veda nel dettaglio al par. 4.4.
Alle previsioni del D.P.R. n. 616/1977 è sottesa l’idea che l’attività amministrativa
inerente la pubblica sicurezza, ossia ciò che a fine ottocento veniva definito come polizia
di sicurezza, risponda a esigenze unitarie su tutto il territorio nazionale, per cui essa resta
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sempre riservata all’amministrazione statale, anche a prescindere dai conferimenti di
funzioni alle autonomie locali.
Alle autonomie locali viene invece interamente conferita la polizia amministrativa nelle
materie di loro competenza, ciò anche tramite lo scorporo dall’attività di pubblica
sicurezza di una serie di funzioni che in precedenza venivano esercitate dallo Stato. In
questo contesto la polizia amministrativa viene pertanto ad assumere il ruolo di limite per
la competenza statale in tema di pubblica sicurezza. In sostanza, la nozione in parola
inizia a fungere da garanzia per le autonomie locali e per l’esercizio delle rispettive
attribuzioni. Parte della dottrina aveva però rilevato che, a questa stregua, la nozione di
polizia amministrativa risultava superflua, dato che sarebbe stata sufficiente la sola
nozione di pubblica sicurezza. Inoltre, in assenza di adeguate definizioni, non risultavano
chiari i confini dei diversi concetti impiegati dal legislatore, ordinario e costituzionale, in
tema di attività di polizia, ossia “pubblica sicurezza”, “polizia amministrativa”, “polizia
locale urbana e rurale”. In particolare i contenuti delle disposizioni del D.P.R. n.
616/1977, e le stesse partizioni del decreto (soprattutto gli assetti del Capo II del Titolo
III), se intesi letteralmente davano adito a diverse possibili sistemazioni dei rapporti tra la
nozione di polizia amministrativa, e quella di polizia locale urbana e rurale. Una prima
possibile lettura andava nel senso che la polizia locale dovesse considerarsi una parte
della polizia amministrativa; una seconda, che i due concetti fossero (almeno
parzialmente) autonomi.
Peraltro questa seconda lettura avrebbe implicato un ruolo delle autonomie locali anche
in ordine ai problemi di pubblica sicurezza di dimensione esclusivamente locale,
all’interno dei rispettivi territori.
Questi due ultimi punti sono stati chiariti dalla giurisprudenza costituzionale degli anni
ottanta e novanta, a partire almeno dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77/1987,
che ha affermato che con la nozione di “polizia locale urbana e rurale” si indicano le
competenze di polizia attribuite ai comuni dalla legislazione della prima metà del
novecento in tema di enti locali, e, in particolare, dal R.D. 12.2.1911 n. 297 e dal R.D.
3.3.1934 n. 383; mentre la nozione di “polizia amministrativa” nel D.P.R. n. 616/1977
indica “una categoria di ulteriori funzioni”, connotate dalla accessorietà rispetto alle
funzioni conferite alle autonomie locali.
Se ne desume dunque che la polizia locale costituisce una parte della più ampia nozione
di polizia amministrativa. Il che trova conferma anche nella giurisprudenza successiva.
Ad esempio, nella sentenza n. 15/1995 della medesima Corte, ove si legge che “la polizia
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locale urbana e rurale non configura di per sé una materia autonoma … bensì ha
carattere accessorio e strumentale rispetto alle singole materie cui di volta in volta
inerisce”.
Nella sentenza n. 218/1988 la Corte costituzionale ha poi ulteriormente contribuito a
chiarire i concetti di attività di pubblica sicurezza e di attività di polizia amministrativa:
“le prime … riguardano le misure preventive e repressive dirette al mantenimento
dell'ordine pubblico e, pertanto, si riferiscono alle attività tradizionalmente ricomprese
nei concetti di polizia giudiziaria e di quella di pubblica sicurezza (in senso stretto), le
altre invece concernono le attività di prevenzione o di repressione dirette a evitare danni
o pregiudizi che possono essere arrecati alle persone o alle cose nello svolgimento di
attività ricomprese nelle materie sulle quali si esercitano le competenze regionali
(sanità, turismo, cave e torbiere, etc.), senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i
beni o gli interessi tutelati in nome dell'ordine pubblico. In altri termini, al fine di
decidere se un determinato potere rientri nelle competenze di polizia amministrativa che
sono state trasferite o delegate alle regioni, occorre applicare un duplice criterio: a)
verificare se le funzioni di polizia in contestazione accedano ad una delle materie
trasferite o delegate alle regioni; b) accertare che gli interessi o i beni che si intende
tutelare con le funzioni di cui si tratta non rientrino in quelli compresi nel concetto di
ordine pubblico”.
Segnaliamo infine che al tempo in cui veniva depositata quest’ultima sentenza, era da
poco stata emanata la prima vera legge per la Polizia Municipale, L. 7.3.1986 n. 65
recante “legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale”che riprenderemo in
seguito.
Ad oggi le qualifiche in materia di pubblica sicurezza relative agli operatori di polizia
locale sono disciplinate proprio da tale testo legislativo all’art. 5 comma 1° lett. c)
secondo cui essi esercitano “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi
dell'articolo 3 della presente legge”. La norma prosegue indicando la procedura
necessaria per il conferimento di tale qualifica, che non è insita nella qualità di ufficiale o
agente di polizia locale, ma la competenza alla sua attribuzione è riservata allo Stato e
non decentrata agli Enti Locali, “A tal fine il prefetto conferisce al suddetto personale,
previa comunicazione del sindaco, la qualità di agente di pubblica sicurezza, dopo aver
accertato il possesso dei seguenti requisiti: a) godimento dei diritti civili e politici; b)
non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato
sottoposto a misura di prevenzione; c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai
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Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici. Il prefetto, sentito il
sindaco, dichiara la perdita della qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti
il venir meno di alcuno dei suddetti requisiti”. Poiché la competenza al rilascio della
particolare qualifica è stata attribuita ad un organo dello Stato, anche la disciplina ed il
coordinamento operativo degli operatori impegnati in attività di pubblica sicurezza non
poteva che essere rimesso agli organi dello Stato, ed infatti la norma prosegue
“nell'esercizio delle funzioni … di agente di pubblica sicurezza, il personale di cui
sopra, messo a disposizione dal sindaco, dipende operativamente dalla competente
autorità di pubblica sicurezza nel rispetto di eventuali intese fra le dette autorità e il
sindaco”. Strettamente correlata alla qualità di agente di pubblica sicurezza è la
possibilità di prestare servizio armati, così il 5° comma “gli addetti al servizio di polizia
municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza possono, previa
deliberazione in tal senso del consiglio comunale, portare, senza licenza, le armi, di cui
possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti
dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell'ambito territoriale
dell'ente di appartenenza e nei casi di cui all'articolo 4. Tali modalità e casi sono
stabiliti, in via generale, con apposito regolamento approvato con decreto del Ministro
dell'interno, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia. Detto regolamento
stabilisce anche la tipologia, il numero delle armi in dotazione e l'accesso ai poligoni di
tiro per l'addestramento al loro uso”. Il regolamento arriverà con D.M. 4.3.1987 n. 145
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D.M. 4.3.1987, n. 145. Norme concernenti l'armamento degli appartenenti alla polizia municipale
ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza. Stralcio delle norme più vincolanti per
l’ente locale: Art. 1. L'armamento in dotazione agli addetti al servizio di polizia municipale in
possesso della qualità di agente di pubblica sicurezza è adeguato e proporzionato alla esigenza di
difesa personale, in relazione al tipo di servizio prestato … Art. 2. ... il regolamento è comunicato al
prefetto … Art. 3 … per motivi particolari di sicurezza e tenuto conto degli indici locali di
criminalità, il prefetto può chiedere al sindaco che tutti gli addetti alla polizia municipale in possesso
della qualità di agente di pubblica sicurezza prestino servizio armato … il provvedimento che fissa o
che modifica il numero complessivo delle armi in dotazione è comunicato al prefetto. Art. 6 … Il
provvedimento con cui si assegna l'arma in via continuativa è disposto dal sindaco per un periodo
determinato ed il sindaco stesso provvede annualmente alla sua revisione. I provvedimenti sono
comunicati al prefetto. Art. 12 … L'istituzione dell'armeria principale e di quelle sussidiarie …
nonché la soppressione o trasferimento … sono effettuate con provvedimento del sindaco e sono
comunicate al prefetto e al questore. Art. 19 … Il prefetto, al quale la disposizione di servizio è
comunicata dal sindaco almeno sette giorni prima, può chiedere la sospensione dei tiri medesimi per
motivi di ordine pubblico.
,
con il quale vengono fornite norme di dettaglio circa le armi acquistabili, la quantità, il
porto della stessa durante il servizio o in abiti civili, i doveri del sindaco e degli operatori,
l’armeria, le comunicazioni obbligatorie alle autorità di pubblica sicurezza. Ciò che
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emerge è un quadro normativo piuttosto stringente per gli Enti Locali, molti dei quali
hanno preferito non armare i propri corpi di polizia locale
5
.
1.2 POLIZIA AMMINISTRATIVA LOCALE DOPO LA “TERZA
REGIONALIZZAZIONE”
Una chiara conferma della riconducibilità della nozione di polizia locale alla polizia
amministrativa viene anche dalla cosiddetta terza regionalizzazione, ossia il nuovo ampio
conferimento di funzioni alle autonomie locali disposto tramite il D.Lgs. 31.3.1998 n.
112, il quale, per quanto qui d’interesse, in sostanza ha recepito in legge i principi
affermati dalla Corte costituzionale nelle pronunzie appena richiamate.
Significativo è innanzitutto già il fatto che il D.Lgs. 112/1998 abbia una parte, il Titolo
V, intitolato “polizia amministrativa regionale e locale e regime autorizzatorio”.
Ma ancora più significative risultano le definizioni di “polizia amministrativa regionale e
locale” e di “sicurezza pubblica” (a cui si aggiunge anche la dizione di “ordine
pubblico”) che vengono sancite nell’art. 159 del decreto: “1. Le funzioni ed i compiti
amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale concernono le
misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti
giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali
vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza
che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione
dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. 2. Le funzioni ed i compiti amministrativi
relativi all'ordine pubblico e sicurezza pubblica di cui all'articolo 1, comma 3, lettera l),
della legge 15.3.1997, n. 59, concernono le misure preventive e repressive dirette al
mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici
fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile
convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini
e dei loro beni”.
Che la polizia locale sia attività di polizia amministrativa è stato poi confermato pure
nella riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione del 2001. La legge
Costituzionale 18.10.2001 n. 3, laddove ha riscritto l’art. 117 della Costituzione, ha
previsto che lo Stato ha legislazione esclusiva in una serie di materie, tra cui figurano
anche ”ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale”.
5
Nella città di Roma Capitale, ad esempio, l’armamento degli operatori della polizia municipale è
iniziato solo dal gennaio 2009, con la Giunta guidata dal Sindaco Alemanno.
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Va detto che la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di chiarire pure che la
nozione di polizia amministrativa nel vigente ordinamento delle autonomie locali non è
superflua. Infatti la Corte costituzionale si è dimostrata consapevole del fatto che la
sicurezza pubblica, se letta estensivamente, potrebbe condurre a un’eccessiva
compressione dei poteri delle autonomie locali. Ad esempio, nella sentenza n. 290/2001,
al fine di chiarire la nozione di ordine pubblico e sicurezza pubblica contenuta nell’art.
159 del D.Lgs. 112/1998, si afferma che “è opportuno chiarire che tale definizione nulla
aggiunge alla tradizionale nozione di ordine pubblico e sicurezza pubblica tramandata
dalla giurisprudenza di questa Corte, nella quale la riserva allo Stato riguarda le
funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l'integrità fisica o
psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume primaria
importanza per l'esistenza stessa dell'ordinamento. È dunque in questo senso che deve
essere interpretata la locuzione «interessi pubblici primari» utilizzata nell'art. 159,
comma 2: non qualsiasi interesse pubblico alla cui cura siano preposte le pubbliche
amministrazioni, ma soltanto quegli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata
convivenza civile”, e si soggiunge che “una siffatta precisazione è necessaria ad
impedire che una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico si
converta in una preminente competenza statale in relazione a tutte le attività che
vanificherebbe ogni ripartizione di compiti tra autorità statali di polizia e autonomie
locali”.
Ora, la nozione di polizia amministrativa, nell’accezione di polizia amministrativa locale,
funge da barriera di contenimento per letture estensive della nozione di sicurezza
pubblica.
Lo si deduce ad esempio dalla sentenza n. 407/2002 della Corte: “Non sembra infatti
necessario a questo scopo accertare, in una prospettiva generale, se nella legislazione e
nella giurisprudenza costituzionale la nozione di «sicurezza pubblica» assuma un
significato restrittivo, in quanto usata in endiadi con quella di «ordine pubblico», o
invece assuma una portata estensiva, in quanto distinta dall'ordine pubblico, o collegata
con la tutela della salute, dell'ambiente, del lavoro e così via. E' sufficiente infatti
constatare che il contesto specifico della lettera h) del secondo comma dell'art. 117 - che
riproduce pressoché integralmente l'art. 1, comma 3 lettera l), della legge n. 59 del 1997
- induce, in ragione della connessione testuale con «ordine pubblico» e dell'esclusione
esplicita della «polizia amministrativa locale», nonché in base ai lavori preparatori, ad
un'interpretazione restrittiva della nozione di «sicurezza pubblica». Questa infatti,
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secondo un tradizionale indirizzo di questa Corte, è da configurare, in contrapposizione
ai compiti di polizia amministrativa regionale e locale, come settore riservato allo Stato
relativo alle misure inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine
pubblico”.
E questo indirizzo sembra costante a tutt’oggi: anche negli ultimi anni alcune pronunzie
della Corte costituzionale sono sembrate avvalorare una lettura estensiva della sicurezza
pubblica (ad esempio, le sentenze nn. 222/2006 e 21/2010), ma esse non sembrano avere
sovvertito la posizione tradizionale.
Infine è opportuno ricordare che nell’ordinamento vigente, dopo che la riforma
costituzionale del 2001 ha fatto venire meno il cosiddetto parallelismo tra poteri
legislativi e poteri amministrativi (per cui le Regioni avevano poteri amministrativi nelle
sole materie attribuite alla loro potestà legislativa), e, attraverso la riscrittura dell’art. 118
Cost., ha affermato il principio di sussidiarietà, quindi la riserva allo Stato delle
competenze in tema di pubblica sicurezza e di ordine pubblico vale solo riguardo ai
poteri legislativi. Sicché non vi sarebbero ostacoli di ordine costituzionale alla
attribuzione (se del caso) di funzioni amministrative in tema di pubblica sicurezza anche
alle autonomie locali.
Sinora però il legislatore statale sembra restìo a disporre in tal senso: anche il D.L.
23.5.2008 n. 92, che ha previsto una serie di misure intese a migliorare la sicurezza
pubblica, ha infatti attribuito nuovi poteri in capo non agli enti locali, ma, piuttosto, al
sindaco “quale ufficiale del Governo”.
In altri termini, questi poteri vengono sì esercitati dal Sindaco, ma non come capo della
amministrazione locale, quanto, piuttosto, come funzionario statale. Tant’è che sugli atti
così emanati gli organi dell’amministrazione statale conservano una serie di poteri che
sono particolarmente penetranti, e che possono culminare addirittura nell’annullamento
d’ufficio.
Sennonché proprio quest’ultima disposizione ha subito la censura da parte della Corte
costituzionale con sentenza 115/2011. Infatti l’art. 54, comma 4, del D.Lgs. 18.8.2000 n.
267 recante “Testo Unico degli Enti Locali”, come sostituito dall'art. 6 del D.L. 92/2008
citato, convertito con modificazioni, in Legge 24.7.2008 n. 125 stabilisce che il sindaco,
in quanto ufficiale del governo, può adottare provvedimenti a “contenuto normativo ed
efficacia a tempo indeterminato”, per prevenire ed eliminare gravi pericoli che
minacciano la sicurezza urbana, “anche” fuori dai casi di “contingibilità e urgenza”. La
norma che consente ai sindaci di emanare ordinanze a tutela della "incolumità pubblica"