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INTRODUZIONE
Figura 1. Cartina politica della Cina
Fonte: http://www.tdctrade.com/
Il territorio della Repubblica Popolare Cinese ha una superficie complessiva di
9.600.000 kmq, di poco inferiore alla superficie dell'intero continente europeo. E’ così
esteso da comprendere regioni fisiche tra loro molto diverse. I rilievi più imponenti si
trovano nelle aree occidentali del continente e comprendono catene quali il Tian Shan, il
Kunlun Shan e l'Himalaya. Le zone montuose - ricche di risorse idriche e minerarie -
occupano circa il 43% del territorio e cingono una serie di altipiani e bacini; questi
ultimi, prevalentemente collinari, si situano soprattutto nelle regioni aride.
Solo l’11% del paese del paese può essere considerato pianeggiante e costituito da terre
coltivabili, in gran parte concentrate in quella che viene definita come la Cina
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propriamente detta. Abbracciando, inoltre, ben 49 gradi di latitudine, si passa dal clima
tropicale del Guangdong nell'estremo sud alle escursioni del clima continentale nell'
Heilongjiang settentrionale (da -30 gradi in gennaio a oltre 20 in luglio). I tre più lunghi
fiumi del Paese (Chang Jiang, Huang He e Xi Jiang) scorrono da ovest a est e sfociano
nell'Oceano Pacifico. Il fiume più settentrionale della Cina, l'Amur, segna la maggior
parte del confine con la Russia. Il fiume più importante della Cina settentrionale è lo
Huang He, le cui piene hanno avuto conseguenze spesso disastrose: nasce nell'altopiano
del Tibet per poi confluire nel mar Giallo. Il Chang Jiang è il più lungo del continente
asiatico. Il fiume Xi Jiang, che sfocia presso Canton, forma il principale sistema idrico
della Cina meridionale.
PRINCIPALI ASPETTI DELLA CINA TRADIZIONALE
1. La continuità
Uno degli aspetti più originali della civiltà cinese consiste senza dubbio nella continuità,
durata 2-3000 anni, della sua civiltà, i cui predecessori sono addirittura contemporanei
agli egizi ed ai babilonesi. L’isolamento dell’Impero di Mezzo e l’uniformità razziale
dei suoi abitanti hanno contribuito a mantenere un diffuso senso di identità nazionale,
così che la Cina è uno dei pochissimi paesi al mondo che possa vantarsi di una vera e
propria continuità culturale.
Tale continuità però non va erroneamente scambiata, come spesso avviene, per
immobilismo, poiché in realtà è evidente come ci siano stati una evoluzione ed un
processo di trasformazione dei concetti ideologici e sociali cinesi nel tempo. Semmai
può essere presa come una sorta di prudenza verso i bruschi cambiamenti all’ordine
interno e come un senso di superiorità verso i popoli stranieri, non a caso considerati
fino a quasi tutto l’800 “barbari”: ne sono esempi il movimento yangwu, susseguente
alle guerre dell’oppio, che pur incoraggiando la spinta alla modernizzazione tecnica ed
economica la inquadrava nel rispetto dei valori tradizionali, e la più recente definizione
di “socialismo di mercato”.
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2. Il confucianesimo
La principale costante cinese è stato senza dubbio il confucianesimo, che non
rappresenta propriamente una religione, nel senso comune del termine, ma un sistema
politico e morale basato su una serie di concezioni, elaborate man mano nel tempo, che
hanno contribuito a conservare intatte alcune specificità della società:
- Ad esempio la visione dell’imperatore come “Figlio del Cielo”, a cui la natura aveva
concesso il ruolo di mediatore tra sé stesso ed il popolo. Il suo mandato non era
considerato irrevocabile, tanto più che poteva essere minacciato da una serie di sintomi
naturali (inondazioni, siccità, catastrofi naturali) così come dall’incompetenza dei
funzionari. Ciò giustificò quindi le rivolte popolari per il ristabilimento dell’ordine,
come quelle che sconvolsero l’Impero nel decennio 1850-60. La storia era ciclica, ed
ogni dinastia passava attraverso delle fasi successive di ascesa, apogeo e declino che poi
riprendevano con la dinastia successiva;
- La non specializzazione dei funzionari: i mandarini (termine coniato dai portoghesi
per indicare il mandato di amministrazione affidato loro dall’imperatore) dovevano
sostenere degli esami che si basavano non tanto sul singolo servizio pubblico che
dovevano svolgere, quanto sui testi della tradizione classica cinese. Tali esami venivano
effettuati tramite concorsi letterari, annuali o triennali, che si svolgevano su scala locale,
provinciale o centrale e che per la loro complessità richiedevano tempo e fondi che solo
i più ricchi riuscivano a permettersi. Potevano essere assegnati di volta in volta a
mansioni diverse, senza una preparazione tecnica o specialistica particolare.
Il potere e il sapere erano, diversamente che in Occidente, indissolubilmente legati,
anche se i gradi confuciani (e quindi l’accesso alle funzioni pubbliche) potevano essere
acquistati attraverso delle quote speciali attribuite ogni anno. Ciò permise in larga
misura ai mercanti di entrare nel potere politico e allo Stato di assorbire il dinamico
ambiente mercantile nel sistema costituito, attraverso il gioco della promozione sociale
data dai gradi letterari. La corruzione era frequente, anche se la bassa remunerazione
ufficiale la rendeva normale.
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- Il rigore della gerarchia familiare, che si riflette già nella precisione con cui il
vocabolario cinese esprime tutte le sfumature delle parentele (termini differenti hanno
ad esempio lo zio paterno e quello materno). La famiglia era allargata e all’interno di
questa l’autorità degli anziani era incontestata: questi poteva infliggere punizioni a figli
e nipoti, disponeva personalmente del patrimonio familiare, combinava attraverso
intermediari i matrimoni. Le donne erano completamente sottomesse, e il simbolo di
tale sottomissione consisteva nell’obbligo di tenere i piedi fasciati e di poter essere
vendute in matrimonio fin dalla tenera età. Tali usanze furono molto criticate dagli
intellettuali del movimento del 4 maggio e prima ancora dai rivoltosi Taiping, ma in
parte stanno riaffiorando anche nella Cina attuale, soprattutto nelle regioni contadine e
dell’interno.
- Il rispetto delle gerarchie sociali, di tipo quadripartito.
Innanzitutto venivano i letterati, che rappresentano la classe dirigente nel senso pieno
del termine, poiché possedevano al tempo stesso il potere, la cultura e la terra. Il
possesso di terre, in genere fonte principale di potenza economica nella Cina
tradizionale, andava di pari passo con la detenzione di titoli confuciani e con l’esercizio
di funzioni mandarinali.
Al secondo posto in questa gerarchia si trovavano i proprietari fondiari, in omaggio
alla posizione privilegiata dell’agricoltura. Questi erano rappresentati per la maggior
parte da piccoli proprietari terrieri che sfruttavano il proprio appezzamento di terra,
anche se non mancavano dei fittavoli (soprattutto in certe regioni, quali il Guangdong o
il basso Yangzi). Quasi sempre erano subordinati ai grandi proprietari, i quali erano
membri o nei migliori rapporti con il mandarinato locale. I contadini erano obbligati per
tale motivo a fare i conti con l’influenza di cui godevano queste ricche famiglie presso i
pubblici poteri in materia fiscale, giudiziaria e di polizia, subendo pressioni al tempo
stesso economiche ed extra-economiche e dando luogo a quello che Joseph Needham ha
definito il “feudalesimo burocratico”. La società rurale comprendeva inoltre un’altra
categoria numericamente importante, cioè quella dei braccianti, dei vagabondi, degli
ambulanti (battellieri, facchini) e degli sbandati, che ebbero una parte molto rilevante
nelle società segrete e nelle rivolte popolari.
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Al terzo posto si trovavano gli artigiani. I lavoratori delle città erano organizzati in
gilde, corporazioni che controllavano la produzione e la vendita in ogni settore
professionale: tessitura, calzoleria, lavorazione del bambù, ecc. Queste gilde erano
anche tribunali di commercio ufficiosi, organizzazioni di mutua assicurazione,
confraternite religiose.
Verso il 1830, l'artigianato raggiunse un livello tecnico assai elevato. Si fabbricavano
un'intera gamma di tessuti di seta e di cotone, di coloranti vegetali e minerali, di leghe
leggere, di lacche, di vernici e di olii, di oggetti di bambù e di cuoio, secondo
procedimenti spesso mantenuti segreti dalle gilde e dai villaggi.
Tale produzione era differenziata geograficamente: miniere di rame, di sale, d'argento e
di stagno nello Yunnan; miniere di ferro e fonderie nello Shanxi, tessiture in seta nel
Guangdong, Yangzi e Zhejiang, inchiostro e carta nell' Anhui, porcellane nel Jianxi,
stoffe di cotone nel Jiangsu, tè nel Fujian, Hubei e Yunnan.
I mercanti, la cui attività economica era notevole, erano ciononostante relegati
all’ultimo posto della scala confuciana. Tale fatto era dovuto principalmente alla
reazione di difesa di una società agricola contro le forze economiche che minacciavano
il suo equilibrio. Questa concezione non vietava però che gli estremi si potessero
toccare e che i mercanti fossero in grado, come già detto, di comprare titoli confuciani e
legittimare la propria potenza economica all’interno del sistema costituito.
Anche i mercanti erano organizzati in gilde, sia professionali (té, seta) che soprattutto
regionali, fatto che permetteva loro di ottenere appoggi, informazioni ed agevolazioni
durante i loro viaggi in altre località della Cina.
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3. L’Agricoltura
La concezione tradizionale dello Stato può esprimersi, a livello economico, attraverso il
ruolo preponderante occupato dalla produzione agricola. La vecchia formula confuciana
“zhong nong bing shang” (dare importanza all'agricoltura e disprezzare il commercio)
corrispondeva a una realtà radicata nel tempo. Lo Stato esercitava direttamente
considerevoli responsabilità economiche, ma il suo ruolo indiretto era ancora più
importante, dal momento che esso imponeva il mantenimento di una struttura sociale
cristallizzata, che non corrispondeva alla dinamica reale delle forze economiche.
La Cina era, nel secolo XIX, il primo paese agricolo del mondo, per la sua popolazione
contadina (i quattro quinti della popolazione totale) e per la quantità e varietà della sua
produzione. La tecnica rurale era molto sviluppata e implicava un investimento
considerevole in lavoro umano: terrazzi lungo i pendii, una rete complessa di dighe, di
serbatoi, di canali e di chiuse. La varietà delle coltivazioni era considerevole, tanto per
le piante destinate all'alimentazione (riso al sud e al centro, miglio, grano e kaoliang al
nord; tè e mais, soia e arachide) quanto per le piante destinate alla lavorazione
industriale (gelso e seta, cotone, canapa, semi oleaginosi), alle quali sono da aggiungersi
numerosi prodotti di raccolta e piante provenienti dalle foreste (piante medicinali,
vernici, essenze).
Il capitale agro-botanico si è costantemente accresciuto nel corso dei secoli,
dall'introduzione del riso a maturazione rapida nell' XI secolo a quella delle piante di
origine americane (patate, mais, tabacco, arachidi) nel XVI secolo. Tali prodotti hanno
reso possibile l'utilizzo di terreni sabbiosi o irregolari, inadatti alla risicoltura.
La Cina bastava a se stessa dal punto di vista alimentare, ma senza un surplus
apprezzabile, e solamente per il fatto che la massima parte della popolazione viveva
molto miseramente. Le calamità e le carestie erano frequenti, e alimentavano
l'agitazione agricola sempre ricorrente. L'agricoltura propriamente detta era collegata
alla pesca e alla salatura del pesce, allo sfruttamento delle cave di pietra e delle piccole
miniere locali, e a moltissime altre forme di artigianato locale che occupavano le
stagioni morte e la manodopera femminile, sopperendo alle necessità locali.
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Questo artigianato rurale e elementare, che va distinto dalla produzione artigianale e
manifatturiera specializzata, rappresentava una parte notevole dell'attività degli abitanti
del villaggio e un’apprezzabile risorsa supplementare di guadagno.
4. L’artigianato e il commercio
Tutti i fiumi più importanti scorrono da ovest verso est, e ciò ha causato la divisione
della Cina in due grandi regioni naturali, limitando gli scambi commerciali tra nord e
sud. Il commercio che seguiva le vallate dei fiumi infatti si svolgeva tra regioni alla
stessa latitudine, aventi dunque prodotti agricoli dello stesso tipo: ciò rendeva limitato il
bisogno di interscambio. L’ineguale evoluzione economica aveva prodotto in Cina
disparità regionali assai spiccate, come si può constatare dal netto contrasto nord-sud: il
primo si nutriva in prevalenza di pasta e pane cotto a vapore, il secondo a riso; il primo
si orientava verso gli scambi continentali, il secondo verso i commerci marittimi. L’uno,
per la non navigabilità del Fiume Giallo, sviluppava principalmente il trasporto via
terra, l’altro disponeva di una rete imponente di canali per la navigazione interna.
Queste caratteristiche spiegano il perché la Cina si sia sviluppata in modo particolare.
La mancanza di un mare interno come il Mediterraneo, l'assenza di buoni porti lungo
gran parte della costa cinese settentrionale e centrale, la mancanza di buoni partner di
scambio sull'altra sponda del Mar della Cina, capaci di fornire stimoli non solo
economici, ma anche culturali, e la presenza di deserti e di montagne che separano
dall'Asia centrale il Nord della Cina, devono avere ulteriormente incoraggiato
l'orientamento agrario, non commerciale, dell'antica città-stato cinese e la fiducia in se
stessa della sua cultura indigena, isolata. Per un lungo periodo della storia cinese, il
Nord rappresentò il centro economico e politico (la pianura alluvionale del Fiume Giallo
è stata per lungo tempo il centro economico e l'area più ricca e popolosa della Cina),
finché l’introduzione della risicoltura, le ondate migratorie ed in seguito il colonialismo
spostarono il baricentro economico a sud.
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I primi passi del capitalismo si notarono soprattutto nel grande commercio: mercanti di
sale di Yangzhou, grossi mercanti hong di Canton. Ma la crescita del settore privato del
commercio e dell'industria fu costantemente frenata dal potere statale e dalla classe
dirigente, che li assoggettava a controlli pesanti e ad un regime fiscale svantaggioso. Fu
l'appartenenza alla gentry a rimanere la principale fonte di ricchezza e di potenza, e i
ricchi mercanti preferirono acquistare per i loro figli dei titoli confuciani.
I settori commerciali più attivi furono quelli sviluppatisi sotto la dipendenza
dell'amministrazione e che collaboravano con questa, non coloro che vi si opponevano:
venditori monopolisti di sale, banchieri dello Shanxi, concessionari di miniere. La città
cinese, perciò, non fu come in Occidente il punto di avvio delle forze economiche e
sociali, ma rimase essenzialmente un centro amministrativo e militare, anche se in certi
casi le sue attività industriali e commerciali erano considerevoli (soprattutto nel settore
dei beni di lusso e nella concessione dei crediti agrari).
La commercializzazione dei prodotti industriali e agricoli era già rilevante: gli scambi a
lunga distanza riguardavano soprattutto i prodotti insostituibili per motivi fisiologici o
di consuetudine (sale, tè), e quelli che avevano un valore elevato rispetto a un volume
ridotto (artigianato di qualità, sete, porcellane, ecc.). Essi erano sviluppati soprattutto
nella Cina del sud, dove l'esistenza di una rete fluviale vasta, regolare e ramificata
allargava la zona in cui era conveniente la vendita a lunga distanza.
Ma nonostante ciò la tendenza alla disparità e alla frammentazione sembravano
prevalere. Esisteva infatti una notevole diversità, tra le regioni, per quanto riguardava i
pesi, le misure, i tassi di cambio della moneta d'argento e di quella in rame. Inoltre era
molto diffusa l'usura, con tassi che raggiungevano anche il 15-20% al mese.
La moneta cinese era composta nell’800 dai sapechi, monete di rame e uniche monete
circolanti, e dai tael, unità convenzionale di peso d’argento usata solo per i conteggi. Il
rapporto tra il sapeco e il tael era teoricamente di uno a mille, ma il tasso di cambio
variava considerevolmente a seconda della località e del periodo, creando numerosi
disagi.
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5. La mancata rivoluzione industriale
Prima del secolo XVII la risposta produttiva, o tecnologica, europea era molto meno
estesa e significativa dell’analoga cinese. Il passaggio da miglio a grano nella Cina del
nord e poi a riso nel sud e infine ad un doppio raccolto (grano e riso, o due raccolti di
riso), e il concomitante sviluppo di attrezzi e di tecniche di irrigazione, portarono a una
maggiore crescita premoderna dell’economia cinese rispetto al nuovo tipo di basto, ai
miglioramenti nell’aratro e al passaggio dal sistema dei due campi a quello dei tre
nell’Europa medioevale e moderna. Era evidente agli osservatori europei che la Cina era
più progredita in ogni area (produttività agricola, abilità industriale, complessità
commerciale, scienza, tecnologia, istituzioni sociali). Una enorme flotta cinese,
composta da 100 navi lunghe 146 metri e larghe 55 metri
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(mentre la più potente flotta
europea a quel tempo era quella veneziana, le cui galee erano lunghe meno di 50 metri e
larghe non più di 6) nel 1421-1422 aveva già compiuto per conto dell’imperatore Zhou
Di l’esplorazione di tutti i continenti, importando piante e conoscenze (tra cui la
misurazione molto precisa sia della latitudine che della longitudine, cosa che gli europei
erano ancora lontani dal realizzare) molto prima della scoperta dell’America. Sembra
che esploratori europei del calibro di Colombo, Magellano, Diaz e Cook fossero già in
possesso di informazioni e carte geografiche che dimostravano l’esistenza e la
conformazione di tali continenti. Il fatto che molte prove vennero distrutte dal
successivo imperatore cinese, meno orientato alle esplorazioni geografiche e al
commercio estero, al ritorno in patria della flotta, avrebbe permesso agli europei di agire
incontrastati nella scoperta e sfruttamento di questi nuovi territori e posto le basi per il
successivo colonialismo, di cui la stessa Cina pagò le conseguenze. Probabilmente, se
gli ammiragli cinesi al loro ritorno avessero trovato una situazione politica più
favorevole, la storia politica ed economica di gran parte del mondo sarebbe stata molto
diversa, e la Cina avrebbe avuto un ruolo ben diverso.
Il successo del primo millennio sembra comunque aver “bruciato” la possibilità di
ulteriori successi dal secolo XVIII in poi, quando invece in Europa stava nascendo il
sistema capitalistico industriale. La stagnazione cinese fu in parte il prodotto di una
stabilità, o perfino di una rigidità, demografica ed istituzionale che impedì un ulteriore
2
GAVIN MENZIES, 1421 La Cina scopre l’America, Carocci editore, Roma 2002, p. 40
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sviluppo tecnologico ed economico: le possibilità della tecnologia tradizionale, infatti,
non si esaurirono fino al XX secolo e di conseguenza non ci furono quegli incentivi per
l’autoregolazione interna della crescita della popolazione che invece ci furono in Europa
o in Giappone (dove la risposta alla sovrappopolazione fu la sua riduzione attraverso il
matrimonio ritardato o il celibato) per difendere i livelli di vita dall’erosione attribuibile
all’esaurimento della tecnologia disponibile.
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Inoltre le istituzioni politiche cinesi, diversamente da quelle europee, non contribuirono
molto alla crescita economica moderna: un impero unificato portava meno facilmente a
sviluppare le istituzioni relative al diritto e alla proprietà di una situazione in cui vi
erano varie politiche in opposizione tra loro. La stessa povertà di risorse dell’Europa
all’inizio dell’epoca moderna accrebbe la competizione internazionale e domestica per
la crescita e l’espansione, mentre la Cina ne aveva in abbondanza.
Quando, alla fine, giunse la necessità e la possibilità di adottare le nuove tecniche di
produzione europee, un tasso di incremento annuo della popolazione del 2% rese
difficile ottenere con continuità una crescita economica moderna. Nonostante ciò, i
numerosi sforzi effettuati per limitare l’aumento demografico (anche se spesso la
politica è stata brutale e severa) hanno dato i primi frutti e negli ultimi decenni del XX
secolo la transizione che da tempo era in ritardo sta finalmente avendo luogo.
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V. L’eredità della Cina, a cura di Paul S. Ropp, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli,
Torino 1994, p. 269