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QUADRO STORICO DELL’ALBANIA.
1. L’ALBANIA CRISTIANA.
Le origini del territorio chiamato Albania risalgono a un’età molto remota, forse due o tremila
anni a.C. Nonostante che esse siano incerte gli archeologi sono ormai concordi che questo territorio,
prima dell’apparizione degli Illiri, fosse abitato da genti di cultura neolitica, concentrata soprattutto
sulla cima dei colli.
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Essendo in una posizione geografica particolare, lì dove due mondi, quello dell’Est e
dell’Ovest, si incontravano e si scontravano, l’Albania divenne il paese tipico dei fenomeni religiosi,
il paese delle due percezioni diverse della cristianità, di quello occidentale ( romano-cattolico ) e
quello orientale ( bizantino-ortodosso ).
Il cristianesimo è presente in Albania fin dall’età apostolica. Le notizie storiche sulle comunità
cristiane, sulle strutture cristiane, le scoperte archeologiche, elementi linguistici, terminologia
cristiana, offrono tutte le prove sulla relazione illirica.
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Nel periodo tra il 229 e il 168 a.C con tre successive campagne Roma si impadronisce
dell’Illiria meridionale, Epiro compreso. Il rapporto di Roma con le genti illiriche è molto
conflittuale e il loro completo assoggettamento avviene dopo un ulteriore periodo di guerre
compreso tra il 156 a.C e il 9 d.C, quando il futuro imperatore Tiberio sconfigge i rivoltosi nelle
regioni comprese tra il Danubio e il nord dell’attuale Albania. La civiltà illirica mantiene alcune
delle sue principali caratteristiche e la resistenza alla penetrazione culturale romana è più forte nel
sud dell’odierna Albania dove più intensa è l’influenza del mondo greco. I capi delle tribù vengono
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Nunzio dell’Erba « Storia dell’Albania», Newton editore, giugno 1997, p. 11.
2
Pellumb Xhufi, « Cristianità romana in Albania», sec. VI-XVI, nel simposio internazionale 16-19 novembre 1999,
Tirana.
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inseriti nell’amministrazione romana, i soldati degli eserciti vinti trovarono posto nelle legioni e
alcuni generali illirici, dopo aver guidato le forze imperiali, diventano imperatori.
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La dominazione romana durata, per oltre cinquecento anni, vede il fiorire di numerose colonie
che creano un’efficiente rete stradale e favoriscono i traffici commerciali dall’Occidente all’Oriente.
Una dominazione che ha lasciato ampie tracce sul territorio e nella lingua, meno sulla cultura,
certamente per le successive vicende storiche. Presto costruirono la Via Egnazia
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( già verso il 130
a.C ) sulla sponda opposta dell’Adriatico, dove la Via Appia, tra Roma e Brindisi toccava il mare
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.
Fedele alla sua tradizionale politica del “divide et impera” Roma lascia inalterato però
l’ordinamento primitivo per impedire qualsiasi coalizione delle varie tribù contro la sua autorità.
Essa rinvigorisce i commerci, organizza l’agricoltura, divulga la lingua latina e pone le basi per la
diffusione del cristianesimo.
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Durante i governi romani, almeno sino al 395 d.C si hanno nell’attuale regione dell’Albania
reiterati abusi di carattere fiscale, che spingono gli Illiri a ribellarsi contro la loro autorità. Roma
organizza puntualmente spedizioni contro gli Illiri per sedare le rivolte e assoggettare il loro
territorio, che diviene provincia romana, prima senatoria e poi imperiale.
Nel 395 d.C, in seguito alla divisione dell’Impero romano, il territorio Illirico è assegnato a
Bisanzio, sede dell’Impero d’Oriente. Esso è allora diviso in due regioni che hanno per confine
comune il fiume Shkumbin: a nord la Prevalitana e a sud quella che i greci chiamano Epirus Nova,
entrambe controllate da Teodosio tramite i figli Onorio e Arcadio.
Tale divisione che da principio divide i due tronconi dell’Impero romano, prenderà
gradatamente a segnare la separazione di due mondi diversi. Ancora oggi, il segmento settentrionale
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Biagini Antonello, «Storia dell’Albania dalle origini ai giorni nostri», Milano, agosto 1998, p. 11.
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La Via Egnazia costituiva la principale via di comunicazione da Roma per l’Oriente.
5
Giuseppe Micunco, «Albania nella storia», Besa editrice, Galatina (LE) 1995, p. 14.
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Nunzio dell’Erba, op. cit, p. 12.
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di quel confine separa due diverse aree dell’Europa orientale: l’una prevalentemente cattolica e posta
sotto l’influenza della cultura latino-germanica; e l’altra, a larga maggioranza ortodossa.
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Nell’XI secolo si era presumibilmente pervenuti a quella sorte di accordo sotterraneo tra
dominatori e dominati che caratterizza tutta la storia dell’Albania: le potenze egemoni si
accontentavano di un controllo nominale del territorio, esigendo un tributo, mentre i capi dei clan
accettavano di offrire questo omaggio, ma di fatto continuavano a gestire in piena autonomia le
regioni loro sottoposte.
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La dominazione bizantina durerà fino agli inizi del XIII secolo. Si tratta di una dominazione
molto travagliata perché, anche a motivo dello scarso interesse o della debolezza di Bisanzio,
l’Albania è oggetto di continue invasioni e di continui tentativi di conquista.
I territori albanesi caduti sotto l’amministrazione dell’Impero d’Oriente e le popolazioni ivi
residenti in progressivo allontanamento dall’Occidente europeo sono direttamente esposte al pericolo
di una lenta slavizzazione ed ellenizzazione.
Sebbene mantenga l’unità strutturale del rito latino, la chiesa albanese dei secoli successivi
ondeggerà a lungo incerta nei suoi legami tra Roma e Costantinopoli, per poi dividersi
definitivamente nell’877, in occasione del Concilio di Dalmazia tenutosi a Spalato. La chiesa
albanese finisce per legarsi a Roma. Dioclaea
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, suddivisa in dodici diocesi attualmente
corrispondenti a parte dell’Albania settentrionale e del Montenegro.
Al Concilio di Dioclaea, tenutosi nel 1199 nella provincia di Antivari e considerato il primo
concilio dei vescovi albanesi, non prenderà parte alcun vescovo slavo. Tale avvenimento segna la
separazione tra chiesa di Albania, rimasta fedele a Roma, e le province slave di Serbia e
Montenegro, che invece si pongono stabilmente sotto l’influenza del Patriarcato di Costantinopoli.
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Aurel Plasari «La linea di Teodosio», Besa editrice, Galatina (LE) 1994, p. 13
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Di questo primo ed oscuro periodo restano ben poche tracce, ma, circa la natura di tale rapporto tra invasori e
popolazione locale, se ne possono desumere i caratteri da taluna documentazione del XII-XIII secolo in cui si rifà ai
precedenti accordi tra monarchi stranieri e capi albanesi.
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Città illirica a nord-ovest del lago di Scutari, centro della stirpe illirica dei diocleati. La città fu distrutta dalle invasioni
slave all’inizio del VII secolo.
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Ma nel Concilio di Dioclaea segna anche l’arrestarsi del processo di slavizzazione delle genti
albanesi, legate fin dal VII secolo ai gruppi etnici serbi dalla condivisione di alcune regioni e dalla
comune obbedienza alla chiesa di Roma. Sarà a partire dal 1288, quando i serbi si schierano con la
Chiesa ortodossa, e per i secoli a venire che gli albanesi cominceranno a opporsi attivamente al
processo di assimilazione all’Oriente.
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A questo punto, nel 1272, la storia registra un «Regnum Albaniae» fondata da Carlo d’Angiò re
di Napoli, proprio quando i territori albanesi divengono teatro di un conflitto che ormai non riguarda
più soltanto due chiese, bensì investe due mondi: quello romano-occidentale e quello balcanico-
bizantino. I romani, i veneziani, i normanni e gli angioinni, da un lato, tentano di trasformare queste
terre in una testa di ponte nella lotta contro Costantinopoli; mentre i bizantini, i goti, i bulgari, i serbi
e in fine gli ottomani, d’altro canto, sono alla ricerca dello sbocco sull’Adriatico. In tale contingenza
mette radici e si sviluppa una nobiltà albanese.
La dominazione bizantina comporta inevitabilmente anche una “orientalizzazione” della chiesa:
l’influenza della chiesa di Costantinopoli si fa sempre più forte finché, nel 733, per decisione di
Leone III l’Isaurico, l’Illirico viene fatto passare sotto la giurisdizione di Costantinopoli, così come
la Calabria e la Sicilia. La divisione del 1054 fra Roma e Costantinopoli interessa l’Illirico e
l’Albania stessa. La parte latina della chiesa albanese rimane nella sfera romana, mentre quella
bizantina segue Costantinopoli.
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Pur senza mai abbandonare del tutto Bisanzio, questa nobiltà albanese, guarda sempre con
interesse all’Occidente. Nel descrivere le corti e le cancellerie albanesi, gli esperti di cultura
medievale balcanica vi registrano l’uso delle tre lingue scritte del continente europeo ( greco, latino e
slavo ) e pongono in risalto come il livello culturale di tali ambienti non fosse affatto inferiore a
quello delle corti europee.
10
Aurel Plasari, op. cit, p.18
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Giuseppe Micunco, op. cit, p.18
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Pienamente consapevoli di come i maggiori pericoli provenivano loro dai popoli vicini, i quali
identificavano l’idea di nazione con la propria identità religiosa, gli albanesi comprendevano ben
presto che proseguire lo scisma voleva dire nient’altro che condannarsi a divenire serbi, greci o
bulgari. E in tale frangente cercavano l’aiuto della chiesa di Roma.
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Sembra dunque che il pericolo di slavizzazione e di ellenizzazione si allontani dall’Albania nel
momento in cui gli albanesi tentano di rifarsi una vita spirituale e politica con l’Occidente.
Quando nel 1202 Venezia, impegnata nella IV crociata occupa Durazzo e Corfù, i serbi
controllano il nord del Paese, mentre l’Epiro è sotto la spodestata dinastia bizantina dei commeni.
L’Albania diventa terra di conquista, alla merce del primo venuto o del più forte. Sebbene si ha
proprio in questo periodo, precisamente nel 1272, per la prima volta un “ Regno d’Albania “ con
capitale Durazzo sotto Carlo d’Angiò.
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In queste condizioni è davvero difficile che si crei una coscienza nazionale o anche culturale, di
civiltà. Degno di rilievo è però formarsi in questo periodo di casate di nobili albanesi: gli Engjelli, i
Dukagjini, i Muzaka, i Blinishti, i Topia ecc, un’intera rete di grandi famiglie greco-albanesi-slavi,
che senza staccarsi mai completamente da Bisanzio, guardano però sempre all’Occidente, e dal
Papato ottengono importanti riconoscimenti.
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È attestato anche per questo periodo, un commercio verso le coste dell’Adriatico di manodopera
servile albanese. È davvero difficile farsi un’idea precisa su motivazioni, condizioni concrete,
giudizi…. Forse soltanto la chiesa, sia cattolica che ortodossa, assicura una continuità di
elaborazione culturale, nella produzione di codici miniati, nella conservazione e trasmissione di
12
Aurel Plasari, op. cit, p.19
13
Storia dell’Albania, vol. I, Tirana 1984.
14
Giuseppe Micunco, op. cit, p. 21.
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dottrina e riti, nelle arti. Proprio dagli ambienti ecclesiastici vengono i primi documenti di una
letteratura nazionale in lingua albanese nel XV secolo.
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Come dice Noli:
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il cattolicesimo conferì all’Albania quella unità nazionale che a essa, come Stato,
mancava, e inoltre ricongiunse gli albanesi all’Europa cristiana .
Solo dopo il ritiro definitivo del Bisanzio dall’Albania e dopo la caduta dell’Impero Bizantino e
quello Serbo, l’ortodossia perse l’appoggio politico e nel frattempo con l’apparizione nell’Est di un
nuovo fattore non cristiano, l’Impero Ottomano, per secoli interi nell’Albania. Oramai l’unica
alternativa era di scegliere tra l’Islam che offriva la nuova potenza ottomana e il cattolicesimo che
rimaneva da Papa e i Re e principi europei.
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È del 1462 la Formula di Battesimo in lingua albanese dell’arcivescovo cattolico Paolo Angelo, che fu amico e
consigliere di Skanderbeg ( l’eroe nazionale dell’Albania ) e usò ampiamente l’albanese nei riti liturgici invece del
latino.
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Fan Noli, grande scrittore e poeta albanese.
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Pellumb Xhufi, «Cristianità romana in Albania», sec. VI-XVI, nel simposio internazionale 16-19 novembre 1999,
Tirana.