Store Design e Layout nell‟Arredamento. Scic Cucine e IKEA a Confronto
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finale. Quest‟ultimo non utilizza più il negozio come luogo - contenitore di prodotti e di
servizi, ma desidera beneficiarne anche dal punto di vista di un‟esperienza d‟acquisto. Il
ruolo del punto vendita è il fulcro di questo cambiamento: non più solamente luogo di
acquisto, ma un ambiente che permetta una shopping experience che completi l‟offerta
del negozio.
La progettazione dell‟atmosfera del punto vendita da parte di un retail designer è
fondamentale: significa definire un insieme di elementi che determinano reazioni
cognitive e affettive del visitatore in grado di tradursi in atteggiamenti e comportamenti
favorevoli all‟acquisto, che riescano a raccontare una storia, che va dall‟entrata nel
punto vendita fino all‟uscita.
Posto quindi che l‟atmosfera del punto vendita contribuisca a creare l‟immagine e la
posizione competitiva di un negozio, occorre comprendere l‟importanza che la stessa sia
coerente con i valori dell‟insegna, o del brand, in modo da implementare nel luogo di
acquisto quella che viene definita come brand identity.
L‟obiettivo di questa tesi è quello di avvalorare il concetto di coerenza fra immagine del
punto vendita e posizionamento competitivo del marchio. Le due aziende proposte in
analisi sono rappresentative di segmenti di mercato opposti nel mercato del mobile -
arredo: l‟una della fascia alta del mercato, l‟altra di quella bassa. Le analisi che verranno
condotte avranno proprio lo scopo del confronto, non per evidenziare la migliore
strategia retail, bensì per valorizzarne le differenze, attraverso la lettura delle rispettive
brand identity.
La strada che conduce all‟analisi dei due marchi inizia nel capitolo 1, il quale consente
di analizzare innanzitutto le nuove dinamiche d‟acquisto e le sue determinanti;
successivamente gli strumenti con i quali queste determinanti possono essere tradotte in
risposte concrete da parte del retailer, al fine di impattare in maniera positiva sul
comportamento d‟acquisto; concentrandosi infine sul tema dello store design e, più
precisamente, sul ruolo che il layout assume in ambito comunicativo e nell‟impatto che
esso ha sul customer behavior.
Nel capitolo 2 è proposta un‟ampia analisi sul settore industriale e distributivo del
mobile - arredo in Italia, esaminando le determinanti evolutive attuali e le nuove
tendenze future. Infine si inquadrerà il ruolo del punto vendita nelle strategie di canale
all‟interno del settore.
Introduzione
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Nei capitoli 3 e 4 sono dedicati all‟analisi dei due punti vendita rappresentativi dei
brand Scic Cucine e IKEA. Le analisi saranno condotte sulla base dei concetti espressi e
analizzati nel primo capitolo.
Al capitolo di chiusura si lasciano le conclusioni dei due capitoli precedenti, con
un‟analisi finale basata sul confronto, e riportata in una tabella riassuntiva.
La scelta di un argomento di retail per questa tesi deriva dalla presa di coscienza della
sua straordinaria evoluzione nel mercato italiano, che sta condizionando il modo di
vivere e l‟approccio all‟acquisto in questi ultimi anni. Peraltro, rapportare gli studi
teorici trattati a un settore come quello del mobile - arredo, deriva dalla volontà di
analizzare un settore molto importante per il Made in Italy, ma che troppo spesso suscita
scarso interesse.
1. CAPITOLO
SHOPPING EXPERIENCE E STORE DESIGN
L‟incremento del livello della concorrenza in questi ultimi anni, ha determinato una
rapida transizione del settore commerciale da assetti di quasi monopolio, principalmente
legato alla localizzazione di prossimità e fondato sull‟istituto della licenza, a contesti
ipercompetitivi, con la comparsa di nuovi competitor. Tale incremento è determinato da
una serie di fenomeni (sintetizzati nella Figura 1.1) riconducibili principalmente
all‟evoluzione dei vincoli legislativi (attraverso il superamento della logica
regolamentativa)1, all‟ampliamento degli ambiti competitivi (sia a livello geografico, sia
con riferimento al raggio d‟azione settoriale), all‟evoluzione subìta dalla domanda,
sempre più value sensitive, e alla diffusione dei nuovi paradigmi dell‟Information
Technology, che aprono nuovi canali distributivi di tipo virtuale.
Le imprese commerciali sono così spinte a intraprendere in maniera sempre più
determinata la strada dell‟innovazione, in modo da ricercare nuove fonti di generazione
di valore, da un lato, con il miglioramento dell‟efficienza della gestione; dall‟altro,
accrescendo l‟orientamento al cliente e rigenerando continuamente il potenziale di
differenziazione della propria offerta. L‟innovazione è, infatti, alla base del processo di
creazione del vantaggio competitivo (Grant, 2008) e consente di portare l‟azienda in
uno stato di “isolamento competitivo”, il quale oggi non è più garantito dalla licenza
commerciale (Castaldo, Mauri, 2007).
1
Tali evoluzioni sono intervenute a seguito dell‟introduzione del D.Lgs. 114/98, denominato “Legge Bersani”, che
ha rivoluzionato i criteri di gestione delle autorizzazioni commerciali, fino ad allora regolate dalla L. 471/71, e
permesso finalmente la diffusione di nuove realtà commerciali, fino ad allora a sviluppo bloccato, come la GD
(Grande Distribuzione) e le GSS (Grandi Superfici Specializzate) (Pozzana, 2007a).
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Figura 1.1 - Le forze che spingono verso l’ipercompetizione nel settore commerciale
Fonte: Castaldo, 2001
L‟innovazione commerciale, in questo senso, si manifesta su svariati fronti: dal rapporto
con i fornitori, alle strutture e ai processi organizzativi (si veda la nascita di nuove
funzioni come quella del category management); dall‟applicazione di tecnologie
informatiche ai processi d‟acquisto e di riordino; e ancora dalle innovazioni legate allo
sviluppo di nuove forme distributive, alle politiche di marketing, e più in generale alla
questione riguardante la relazione con il cliente. In quest‟ultimo ambito si sviluppa la
dimensione esperienziale dello shopping, che è oggetto di questa tesi.
Numerose ricerche mirate allo studio dello shopping behavior2, hanno rilevato
l‟esistenza di nuove e differenti motivazioni alla base del processo di acquisto,
palesando il venir meno della teoria che considera l‟attività di shopping come un mero
processo di approvvigionamento di beni, con la necessità per il consumatore, di
minimizzare i costi di acquisto3. Tali ricerche evidenziano tendenze evolutive che
spingono il settore commerciale a una trasformazione radicale della propria attività: non
più solo assolvendo funzioni logistiche in grado di colmare il divario spazio - temporale
tra produzione industriale e mercati finali, ma informative, in grado di diffondere
2
Si vedano tra gli altri Kotler (1973), Schmitt (1999), Pellegrini (2001), Castaldo, Mauri (2005), Resciniti (2005).
3
Occorre precisare che tale evoluzione non riguarda i beni convenience, o prodotti di largo consumo, quelli cioè
caratterizzati da un acquisto ripetitivo in base all‟esperienza d‟acquisto consolidata.
Legislazione / Regolamentazione
Eliminazione della licenza e delle
tabelle merceologiche
Disciplina “europea”
Domanda
Maggiore consapevolezza del valore
Tendenze all‟one stop shopping
Sensibilità alla dimensione
esperienziale dello shopping
Interdipendenze competitive
Tendenza alla globalizzazione
Accrescimento della concorrenza
verticale ed orizzontale (marca privata)
Tecnologie
Diffusione dell‟ ICT presso le imprese
Emergere della rete digitale e dell‟ e-
commerce
Accrescimento del livello di
concorrenza a livello
“distributivo”
Shopping Experience e Store Design
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conoscenza del prodotto e del marchio, e relazionali con il consumatore finale attraverso
una “intermediazione evoluta”.
Tutto ciò rende, per le imprese commerciali, non più rinviabile l‟esigenza di rivedere
con occhio innovativo la propria offerta, il modo di porsi di fronte al mercato e il
rapporto stesso con il consumatore finale.
Nel paragrafo 1.1 e 1.2 si cercherà di studiare e comprendere queste nuove dinamiche
d‟acquisto, e le sue determinanti. Si analizzerà poi dal paragrafo 1.3 come queste
determinanti possano essere tradotte in risposte concrete da parte del retailer, al fine di
impattare in maniera positiva sul comportamento d‟acquisto. Ci si concentrerà
soprattutto sul tema dello store design e, più precisamente, sul ruolo che il layout
assume in ambito comunicativo e nell‟impatto che esso ha sul customer behavior. Infine
nel paragrafo 1.8 si analizzerà in breve il fenomeno del vertical branding e la diffusione
dei nuovi format di negozio.
1.1 NUOVI STILI DI CONSUMO
Vi siete mai accorti di quanto rapidamente nella società contemporanea stia cambiando
il modo di fare shopping o, parallelamente, di come stia cambiando ed evolvendo il
modo di proporre e di vendere i prodotti? E sarebbe pure interessante capire da dove è
iniziato questo cambiamento: se da parte dei negozi, i quali hanno spinto verso un
nuovo modo di proporre i prodotti, o da parte dei clienti, i quali hanno influenzato i
negozi a proporre loro nuovi stili di consumo. Questo dilemma, paragonabile a quello
dell‟uovo e della gallina, risulta essere talmente complesso in termini di variabili
interdipendenti (evoluzioni demografiche, di reddito, di stile, valori del brand e così
via), che impedisce, di fatto, di risalire a una risposta certa e soddisfacente. Possiamo
provare, però, ad avvicinare la verità con questo tentativo: con ogni probabilità sono
stati i retailer a tentare qualche esperimento, con la finalità di differenziare l‟offerta
rispetto alla concorrenza, innescando così una reazione a catena di causa ed effetto, che
a oggi rende pressoché impossibile determinare se sono veramente i retailer a spingere
nuove proposte di consumo (push) o se sono le sempre maggiori richieste dei
consumatori a suggerirle (pull).
Tutto questo cambiamento è dovuto al fatto che gli individui sono sempre più maturi,
esigenti e selettivi nei consumi (Fabris, 2003), e “danno per scontato le caratteristiche
Store Design e Layout nell‟Arredamento. Scic Cucine e IKEA a Confronto
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funzionali, la qualità dei prodotti e una brand image positiva. Quello che vogliono sono
prodotti, comunicazione e champagne di marketing che abbaglino i loro sensi, tocchino
il loro cuore e stimolino la loro mente. Vogliono prodotti, comunicazione e champagne
con i quali relazionarsi e che possano incorporare nel loro stile di vita. Vogliono
prodotti, comunicazione e champagne di marketing che forniscano un‟esperienza”
(Schmitt, 1999, p. 22, in Zarantonello, 2003, p. 387).
Un ambiente di mercato così globale, anche solo per la circolazione delle culture e
dell‟informazione, ha innescato, oltre che un incremento del livello di concorrenza, un
processo di integrazione e fusione tra diverse culture, comportando da un lato, una certa
omogeneizzazione delle offerte e dall‟altro, la moltiplicazione delle possibilità di
differenziazione e di comunicazione. Alla luce di queste evoluzioni, in un mercato
sempre più saturo di beni e di messaggi, l‟adeguatezza funzionale del prodotto non è più
così determinante, in quanto viene data per scontata: la concorrenza si sta spostando
verso una dimensione più evocativa. Resciniti (2005) ricorda come diversi studi sulla
natura composita dei processi di consumo dimostrano come la componente razionale /
funzionale non sia l‟unica presente nella mente del consumatore, ma conviva con quella
emozionale / edonistica, in modo da influenzarne anche il livello di soddisfazione.
Ad ogni modo, l‟atto dell‟acquisto sta evolvendo verso nuove interpretazioni: sia che si
tratti di prodotti ad alto coinvolgimento, sia che si tratti di generi di prima necessità e ad
acquisto ripetuto, il momento d‟acquisto è spesso considerato una possibile situazione
di svago. L‟evoluzione dei modelli di acquisto sembra allargare la sfera dei bisogni e
dei desideri da appagare (Resciniti, 2004). Ciò contribuisce ulteriormente alla crisi degli
assiomi della razionalità dei comportamenti di consumo, ampliando le dimensioni del
rapporto tra impresa e consumatore dalla sfera cognitiva a quella affettiva (intesa come
sentimenti, emozioni, passioni), e a quella sensoriale, le quali maggiormente risentono
dei condizionamenti psicosociali.
Ecco quindi che alla luce di queste considerazioni, è possibile circoscrivere il
cambiamento nel consumatore: da “consumatore dell‟avere” a “consumatore
dell‟essere” (Vescovi, Cecchinato, 2004), che non si reca in un punto vendita con il solo
scopo di acquistare un bene, ma per immergersi in un‟esperienza positiva e
plurisensoriale, focalizzata sull‟“essere” piuttosto che sull‟“avere”. Con queste basi, la
Shopping Experience e Store Design
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nozione di esperienza di consumo
viene a rappresentare l‟essenza stessa
del rapporto domanda / offerta e
dell‟interazione del consumatore con
l‟ambiente esterno.
In tale contesto, il cardine di questo
cambiamento sono i punti vendita,
trasformati da luogo di acquisto a
luogo di permanenza dove recarsi
non solo con lo scopo di comprare
rapidamente, ma anche con quello di
trascorrere parte del tempo libero,
aprendo nuove opportunità
commerciali, diverse da quelle
tradizionali basate sull‟assortimento
e sul prezzo (Vescovi, Cecchinato,
2004). Non più una netta distinzione
fra luogo di vendita e luogo di
cultura, fra tempo libero e per il
lavoro (Trevisan, Pegoraro, 2007):
sempre più spazi commerciali,
infatti, predispongono al loro interno aree dedicate al relax con salottini per la lettura o
spazi per le conversazioni, o per ascoltare musica sorseggiando un caffè. Così come per
altri versi vi sono bar e locali che al loro interno mettono a disposizione servizi gratuiti
come libri, giochi da tavolo, strumenti musicali ad accesso libero, in maniera da
permettere la frequentazione del locale oltre il semplice bisogno di consumo. O ancora,
sull‟esempio di alcuni concept store4 che espongono oggetti d‟arte mescolati ai prodotti,
in modo da enfatizzarne le caratteristiche di qualità e di esclusività. Alcuni esempi
famosi nelle Foto 1.1, Foto 1.2 e Foto 1.3.
4
Per una definizione dettagliata si rimanda al paragrafo 1.8.
Foto 1.1 - Gli store di Apple e Armani, entrambi
situati lungo la 5th Avenue a New York
Store Design e Layout nell‟Arredamento. Scic Cucine e IKEA a Confronto
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Tutto questo indica come non basti più
pensare a un negozio esclusivamente come a
un mero luogo di scambio di beni e servizi,
ma a qualcosa di più. Secondo Marelli
(2008c, p. 18), occorre intendere il negozio
non come un semplice “contenitore di beni”,
ma innanzitutto come “un codice di
comunicazione, un messaggio, una casa
delle relazioni”; un ambiente nel quale
sempre più l‟attività sociale dell‟acquisto si
rinnova attraverso la contaminazione con
attività fino a ieri escluse dal luogo di
vendita. Proprio queste contaminazioni
ampliano a dismisura le potenzialità del
negozio, che diventa così il palcoscenico sul
quale le aziende possono raccontare delle storie (Trevisan, Pegoraro, 2007), e consente
la creazione di soluzioni molto diverse tra di loro. L‟abilità nel rendere disponibile i
prodotti ai clienti è diventato un sempre più significativo fattore di successo (Kent,
2007).
Mitchell (2000; in Levy, Weitz, 2007) dà una chiave di lettura tanto interessante quanto
geniale del punto vendita: egli sostiene che occorre considerare ogni negozio come una
bella storia, con un inizio, una parte
centrale, e una fine. La storia inizia
all‟entrata, dove si creano le
aspettative del cliente: qui invece di
indicare semplicemente cosa si vende,
occorre stimolare, stuzzicare e
incuriosire il cliente. Meglio, quindi,
un singolo messaggio che consenta al
cliente di orientarsi: creare un
messaggio troppo complesso potrebbe
creare confusione e metterlo a disagio.
Foto 1.2 - Lo store di Tod’s a Tokyo
Foto 1.3 - Lo store di Prada ad Aoyama (Tokyo)
Shopping Experience e Store Design
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Successivamente vi è la parte centrale della storia, la quale inizia lentamente ma poi va
via via crescendo: lo store design, attraverso luci, segnali, passaggi, guida il cliente in
un sentiero di scoperta. La parte finale della storia si evolve nella fase di
confezionamento o imballaggio alle casse, dove si perfeziona l‟acquisto e l‟uscita del
cliente.
1.2 IL PUNTO VENDITA COME PIATTAFORMA COMUNICATIVA
La creazione di luoghi di acquisto che assecondino le richieste esperienziali dei
consumatori può rappresentare un‟importante strategia per la piccola e media
distribuzione, come risposta competitiva verso i grandi retailer, così come verso le
minacce di disintermediazione aperte dal mondo di internet. Poiché la competizione sul
prezzo e sull‟assortimento non è perseguibile dai distributori minori (incapaci di
raggiungere elevati livelli di economie di scala), un possibile percorso di
differenziazione può derivare dalla creazione di punti vendita basati sulla costruzione di
esperienze d‟acquisto (Vescovi, Cecchinato, 2004; Vigolo, 2007).
La tematica dell‟esperienza è stata trattata ampiamente in letteratura, con contributi sia
sul fronte della psicologia, sia su quello del marketing. In particolare tale materia, che
affonda le radici nelle ricerche sul tema del customer behavior, mira alla gestione delle
esperienze del cliente come modello di gestione dei rapporti con il mercato (Resciniti,
2005). Le teorie del marketing orientato all‟esperienza che ne scaturiscono, sono da
considerarsi come un nuovo paradigma rispetto ai modelli tradizionali di marketing che
si basavano sulla considerazione della persona - consumatore. Focalizzarsi
sull‟esperienza significa quindi riferirsi al vissuto personale del consumatore
riconoscendo il suo ruolo attivo.
Visto che le esperienze creano maggior valore, sia per il cliente in termini di vissuto sia
per l‟industria in termini di valore economico, è evidente come le industrie, per creare
valore, debbano essere in grado di produrre non solo prodotti, ma soprattutto esperienze
per i loro clienti (Resciniti, 2005).
Tuttavia si possono identificare essenzialmente due approcci che pur sviluppandosi
attorno al concetto di esperienza, giungono a prospettive e metodologie applicative
completamente diverse. Un primo filone è quello comunemente definito del marketing
esperienziale (experiential marketing), il quale si distingue dal marketing