Elenco delle figure
Nel Terzo capitolo verranno quindi analizzati i diversi metodi utili a calcolare la
massa dell'oggetto compatto qualora non sia possibile compiere studi spettroscopici
sulla secondaria, o a migliorarne la stima nel caso in cui essa sia nota già per via
dinamica.
Particolare attenzione verrà posta nello studio delle HFQPO, sia in sistemi binari
X contenenti BH che NS, in quanto generate nelle regioni più interne del disco di
accrescimento e correlate alle frequenze kepleriane delle orbite interne più stabili,
in accordo con quanto previsto dalla Teoria della Relatività Generale. Particolare
interesse avrà anche lo studio, delle Low Frequency QPOs (LFQPO) ed in particolare
le loro correlazioni con l'indice spettrale nei sistemi contenenti BH, fornendo un
ulteriore metodo di analisi e stima della massa dell'oggetto compatto.
Nel Quarto capitolo verranno infine analizzati i risultati ottenuti nel Terzo capi-
tolo e si stabilirà quali metodi sono da preferire nello studio degli oggetti compatti nei
sistemi binari X in astrofisica delle alte energie, prendendo come riferimento, quando
presente, la stima di massa dinamica ed estrapolando i risultati così ottenuti negli
altri casi.
La possibilità di utilizzare altri metodi indiretti per stimare la massa dell'oggetto
compatto all'interno di un sistema binario X è di grande utilità e apre importanti
prospettive di studio future.
Di fatto, la correttezza dei metodi non dinamici che verranno analizzati nel
corso del Terzo capitolo permetterà di avere nuovi strumenti a disposizione per
convalidare i dati ottenuti mediante metodi classici, oppure per migliorare alcune
stime sui parametri orbitali o fisici dell'oggetto compatto, permettendo ad esempio
di ottenere stime più stringenti sul raggio delle NS e quindi ridurre il numero di
equazioni di stato possibili.
Oltre a questo, la potenzialità di questi nuovi metodi consiste nel poter stimare
le masse degli oggetti compatti anche in quei sistemi in cui eventuali studi dinamici
risultano impossibili, perchè ad esempio non è visibile con sufficiente chiarezza la
secondaria.
Inoltre verrà mostrata una sostanziale invarianza di scala tra BH stellari, di
taglia intermedia e galattici, permettendo quindi di estendere queste tecniche di
analisi anche a sistemi diversi dalle binarie X.
Risulta quindi chiara l'importanza di migliorare e testare questi metodi di misura
per sviluppare nuovi strumenti di analisi e di determinazione di massa per gli oggetti
compatti.
2
Capitolo 1
Oggetti Compatti
1.1 Introduzione
Gli oggetti compatti sono il risultato finale dell'evoluzione stellare e si dividono in
tre grandi categorie: Nane Bianche (WD), Stelle di Neutroni (NS) e Buchi Neri (BH.
Vedi Tabella 1.1).
Massa iniziale (M) Prodotto finale Masse Osservate (M)
< 5 Nana Bianca 0.6
5÷ 8 Esplosione distruttiva · · ·
8÷ 20 Stella di Neutroni 1.3÷ 1.8
> 20 Buco Nero > 3
Tabella 1.1. Formazione degli oggetti compatti a partire dalla stella progenitrice.
Un oggetto compatto è caratterizzato da una densità di materia molto più elevata
di quella tipica stellare (tipicamente dell'ordine di ρ ≥ 106 Kg/m3 per le WD e di
ρ ≥ 1014 Kg/m3 per le NS), nonchè dall'assenza di reazioni nucleari stabili e campi
gravitazionali molto intesi. Le dimensioni tipiche di questi corpi sono dell'ordine dei
104 Km, per le WD e ≈ 10 Km per le NS e i BH di taglia stellare.
Le ridotte dimensioni, unite alle elevate densità medie, fanno sì che queste cor-
pi manifestino fenomeni di degenerazione quantistica. In particolare, nel caso di
WD e di NS, la pressione necessaria a mantenere stabile l'oggetto compatto è dovu-
ta quasi completamente alla degenerazione quantistica (principio di esclusione di
Pauli) delle rispettive particelle fermioniche, rispettivamente elettroni e neutroni,
quest'ultimi formatesi in seguito a reazioni di decadimento β-inverso, tra gli elet-
troni ultrarelativistici (pc mec2), dove p è l'impulso associato all'elettrone, me la
sua massa a riposo e c la velocità della luce, ed i protoni atomici (p+ +e− → n0 +νe),
durante la formazione della stella di neutroni.
Il particolare tipo di oggetto compatto dipende dalla massa iniziale della stella
progenitrice (vedi Tabella 1.1). In particolare, per stelle di massa medio-grande
(≥ 10 M), l'evoluzione stellare procede sino alla formazione di un nucleo di ferro,
come mostrato in Fig. 1.1. Arrivati a questo punto, come noto, le reazioni nucleari
3
1 Oggetti Compatti
diventano endo-energetiche, l'energia di legame per nucleone cresce infatti al crescere
di A (numero di massa) raggiungendo un massimo (≈ 9 MeV) intorno ad A = 60, che
corrisponde all'atomo di Ferro. In questo modo, l'energia necessaria a compiere la
reazione nucleare è maggiore di quella liberata nel processo di fusione, di conseguenza
non esiste più alcun meccanismo in grado di fornire energia sufficiente a sostenere
la stella, che inevitabilmente collassa, esplodendo come Supernova e portando alla
formazione di un oggetto compatto (NS o BH).
Figura 1.1. Struttura interna di una stella massiva evoluta. Si identifica chiara-
mente la struttura a cipolla, nelle cui shell continuano le reazioni nucleari delle
specie chimiche prodotte nelle reazioni precedenti.
Nel caso di stelle di piccola massa (< 5 M) l'evoluzione è leggermente diversa:
la stella non arriva a produrre un nucleo di Ferro, ma le reazioni nucleari si ar-
restano prima, portando generalmente alla formazione di un nucleo di C/O, mentre
l'inviluppo viene espulso andando a formare una nebulosa planetaria. Il nucleo che
ne rimane prende il nome di Nana Bianca (WD).
1.1.1 Le Stelle di Neutroni
Le stelle di neutroni sono una particolare classe di oggetti compatti originati in
seguito all'esplosione come Supernova di una stella di massa medio grande (8 ÷
20 M). La caratteristica principale di questi corpi celesti sono le ridottissime
dimensioni, generalmente comprese tra i 1015 Km di raggio e l'elevata massa (1.4÷
2 M) che le rende candidati ideali per lo studio dell'astrofisica delle alte energie.
A differenza dei BH, infatti, le NS sono prive di un orizzonte degli eventi, mentre
il potenziale gravitazionale è simile. Inoltre, l'elevata densità stellare, comporta
importanti correzioni di carattere nucleare alle equazioni di stato.
Senza entrare nei dettagli della trattazione fisica sulla struttura interna della
stella di neutroni, che esula lo scopo di questa tesi, diamo di seguito una panorami-
ca delle equazioni più importanti utili a trattare questi oggetti compatti. Il campo
gravitazionale è un campo forte, vale a dire che l'energia del campo è dello stes-
so ordine di grandezze di quella di massa della particella (GMm/R ≈ mc2). Per
4
1.1 Introduzione
questa ragione non è possibile analizzare il sistema utilizzando equazioni puramente
Newtoniane ma è necessaria una trattazione relativistica. L'utilizzo della relativ-
ità generale comporta importanti cambiamenti alle equazioni di struttura stellare.
L'equazione di equilibrio idrostatico ad es. diventa:
dP (r)
dr
= −G
c2
[p(r) + ε(r)]
[M(r) + 4pir3p(r)/c2]
r (r − 2GM(r)/c2) (1.1)
Storicamente fu Landau a proporre un primo modello di equazioni di stato per
le NS, ottenute ipotizzando un gas degenere di neutroni non interagente (Mmax =
1.5 M e R = 3 Km). Successivamente furono introdotti modelli più accurati, come
quello di Oppenheimer e Volkof, che considerava sempre un gas neutronico degenere
ed ideale, ma che utilizzava l'equazione di equilibrio idrostatica relativistica (1.1),
per mezzo della quale fu possibile ottenere un limite superiore ai parametri stellari:
Mmax = 0.7 M, R = 9.6 Km e ρ = 1015 Kg/m3.
La struttura globale di una stella di neutroni dipende quindi dalla particolare
scelta delle equazioni di stato (EOS) adottate per descriverne la struttura. In ogni
caso, data una certa EOS, l'equazione dell'equilibrio idrostatico (1.1) può essere risol-
ta fornendo in questo modo la classica relazione Massa-Raggio e la corrispondente
massa massima.
A questo proposito le osservazione astrofisiche di sistemi contenenti NS sono
di grande importanza per misurare direttamente la massa e il raggio dell'oggetto
compatto, permettendo in questo modo di ridurre il numero delle equazioni di stato
possibili.
Figura 1.2. Struttura interna di una stella di neutroni (Karttunen et al. 2006)
Per quanto riguarda la struttura interna di una NS, mostrata in Fig. 1.2, essa
viene solitamente divisa in una regione esterna, spessa pochi cm, denominata At-
mosfera. L'atmosfera di una NS varia le sue dimensioni a seconda della temperatura
alla quale si trova, in particolare durante fenomeni come i Burst di tipo I essa può
espandersi considerevolmente. Si identifica inoltre una regione superficiale rigida e
solida (ρ ≈ 107 Kg/m 3) di cui fa parte anche la crosta, oltre la quale si trova una
regione superfluida formata prevalentemente da neutroni e denominata mantello
(ρ ≈ 1017−1018 Kg/m3), che costituisce la maggior parte dell'oggetto compatto. La
5
1 Oggetti Compatti
regione più interna della NS è costituita da un nucleo probabilmente solido formato
da particella molto massicce come iperoni o quark deconfinati.
In Fig. 1.3 sono mostrate alcune soluzioni (linee scure) relative ad alcuni modelli
di EOS: per ogni equazione esiste una precisa relazione Massa-Raggio, che dipende
dalle particolari condizioni fisico-chimiche interne all'oggetto compatto. Ad es. una
grande concentrazione di bosoni all'interno della NS fa sì che le equazioni di stato
siano più soffici (ovvero che l'esponente che lega la massa alla densità della NS
abbia un valore inferiore), portando ad una massa massima minore. Questo perché
i bosoni, non essendo soggetti al principio di esclusione di Pauli, non contribuiscono
alla pressione del gas degenere di Fermi. Mentre nel caso di stelle strane, costituite
da quark u, d, s deconfinati, o nel caso di stelle formate da condensati di iperoni, si
possono raggiungere masse dell'ordine di 2 M.
Figura 1.3. Relazioni Massa-Raggio per stelle di neutroni non rotanti, utiliz-
zando diverse EOS (linee scure). La regione blu, denominata (GR) è esclusa in
quanto dominio dei BH (R = 2GM/c2), così come quella azzurra per ragioni
di pressione e la regione di casualità per questioni di red-shift. Le soluzioni
mostrano comportamenti diversi a seconda della concentrazione e del tipo di
particelle in esse presenti. Le linee verdi rappresentano le soluzioni alle EOS nel
caso di stelle strane (Lattimer & Prakash 2007).
La relazione M-R è poi evidentemente influenzata dalla rotazione stellare, come
mostrato in Fig. 1.4. In particolare, nel caso di NS rapidamente rotanti, sono
ammesse soluzioni stabili alle equazioni di stato con masse dell'ordine diM = 2.3M
o anche più, a seconda della particolare EOS adottata.
Nel caso in cui la stella possa essere trattata come un rotatore rigido e che la
rotazione avvenga in modo uniforme e alla più alta frequenza rotazionale permessa,
possiamo legare, nel limite newtoniano, la frequenza di spin con la massa e il raggio
stellare (Lattimer & Prakash 2007):
6
1.1 Introduzione
Figura 1.4. Variazione nella relazione M-R per alcune EOS in funzione della ro-
tazione stellare (van der Klis 2004a). Nella figura di destra lo spin della stella di
neutroni è pari a zero. Nella figura di sinistra invece la stella è rapidamente rotante
e sono permesse configurazioni stabili a più alta massa
νspin = 2pi
√
R3
GM = 0.45
(M
M
)1/2( R
10 Km
)3/2
Hz (1.2)
Un risultato più utile viene dall'analisi fatta da Lattimer & Prakash (2007),
mediante la quale è possibile ottenere un'importante relazione che permette di legare
il raggio di una stella di neutroni con la sua massa e frequenza di spin:
Rsph ≤ 10.4
(
1000 Hz
ν
)3/2(Msph
M
)1/3
Km (1.3)
dove Msph e Rsph si riferiscono alla massa e al raggio di una NS non rotante e ν è la
frequenza di spin. Mediante questa equazione è possibile contrarre ulteriormente il
raggio della NS, nota la frequenza di spin e la sua massa.
Il raggio della NS è determinato in primo luogo dalla dipendenza della densità
dalle simmetrie energetiche. Come vedremo nel Capitolo 2, da un punto di vista
osservativo è possibile fornire una stima sul raggio della NS e dunque ridurre il
numero delle EOS possibili attraverso diversi metodi, ad es. mediante la misura
del red-shift gravitazionale relativo a particolari linee di assorbimento stellare sulla
superficie della NS (ad es. la linea del Ferro Kα), o mediante misura delle HF-QPO.
1.1.2 I Buchi Neri
Le prime conferme dell'esistenza dei BH sono state ottenute da studi dinamici di sis-
temi binari, osservando che la funzione di massa per l'oggetto compatto era superiore
a 3 M (Orosz 2003).
Da un punto di vista astrofisico i BH sono oggetti estremi e vengono identificati
come quella regione di spazio-tempo che non è in grado di comunicare con l'universo
esterno. La regione che delimita la superficie del BH è chiamata Orizzonte degli
7
1 Oggetti Compatti
Eventi. Predetti dalla Teoria della Relatività Generale (TRG) essi vengono general-
mente studiati e catalogati in due grandi gruppi: BH di Schwarzschild, ovvero BH
non rotanti (modello semplificato) e BH di Kerr dotati di spin.
Un BH si forma per collasso gravitazionale da una stella di grande massa (vedi
Tabella 1.1), dopo l'esplosione di quest'ultima come Supernova. Se la massa del
nucleo residuo eccede 3 M, il collasso è inevitabile e si ha la formazione di un BH.
Inoltre, per la conservazione del momento angolare J , ci aspettiamo che i BH siano
oggetti altamente rotanti, rientrando in questo modo nella classe BH di Kerr (si
veda Fig. 1.5).
Figura 1.5. Struttura di un BH di Kerr.
Nella metrica di Kerr i BH sono oggetti molto semplici, caratterizzati unicamente
da due parametri, la loro massa (MBH) e lo spin (j), dove j ≡ J/cM .
I parametri più importanti nello studio di questi corpi sono il raggio gravi-
tazionale Rg = GM/c2, il raggio dell'orizzonte degli eventi, rispettivamente RS ≡
2Rg nel caso di un BH di Schwarzschild, e RK ≡ Rg per quello di Kerr, l'orbita
interna più stabile permessa (ISCO), in accordo con la TRG., pari a RS
ISCO = 6Rg e
RK
ISCO ≡ Rg rispettivamente per BH di Schwarzschild e Kerr. Queste differenze nei
parametri fisici, riassunti nella Tabella 1.2, sono dovuti all'assenza o alla presenza
di un momento angolare nel BH.
Nel caso di BH di Schwarzschild esiste inoltre un'importante relazione che lega
la massa al raggio dell'oggetto compatto. Questa è espressa da una relazione di
proporzionaità diretta molto semplice ed universaleM/RS = Ku, dove Ku = c2/2G.
Nel caso di un BH dotato di spin la relazione è più complessa, essendo il valore
del raggio dell'orizzonte degli eventi dipendente dal parametro di spin, espresso
generalmente in forma adimensionale j∗ = j/Rg, ed il cui valore varia da 0 a 1. In
questo caso la costante di proporzionalità tra massa e raggio diventa Ku = c2/G,
con Rg ≡ RK ≡ RISCO.
Come nel caso degli altri oggetti compatti, anche i BH sono caratterizzati da
elevate densità medie, piccole dimensioni e assenza di reazioni nucleari. A differenza
però di quanto avviene nelle WD e NS, in cui una maggiore massa imponeva den-
sità più elevate, al fine di aumentare la degenerazione fermionica delle particelle e
8
1.1 Introduzione
generare la pressione necessaria a sostenere il corpo, in questo caso la densità media
tende a diminuire all'aumentare della massa.
Considerando il caso semplificato di un BH di Schwarzschild, prendendo come
raggio del BH RS = 2Rg è possibile dimostrare come la densità media all'inter-
no di questa regione sferica, presenta un andamento inversamente proporzionale al
quadrato del raggio: ρ ≈ (3/4pi)Ku/R2 o in funzione della massa ρ ≈ (3/4pi)K3u/M2.
Ciò significa che BH di massa maggiore presenteranno densità minori. Inoltre, la
mancanza di una superficie solida, comporterà importanti proprietà spettrali nello
studio di questi oggetti compatti e costituirà un fattore distintivo per poterli dis-
criminare rispetto a sistemi simili contenenti una NS, oltre che costituire una prova
indiretta dell'esistenza di un orizzonte degli eventi (vedi paragrafo 1.4).
Nella Tabella 1.2, sono riportati i principali parametri fisici di interesse, nel caso
di un BH di M = 10 M, nel modello di Schwarzschild e Kerr.
Schwarzschild BH Kerr BH
(j∗ = 0) (j∗ ≈ 1)
M = 10 M M = 10 M
RS = 2Rg ≡ 2GM/c2 RK ≡ Rg = GM/c2
RISCO = 6Rg = 6GM/c2 RISCO ≡ Rg = GM/c2
νISCO = 220 Hz (10 M/MBH) νISCO = 1615 Hz (10 M/MBH)
Tabella 1.2. Parametri fisici di un BH nel modello di Schwarzschild e Kerr.
Per i dettagli consultare il testo.
La νISCO si riferisce alla frequenza kepleriana relativa all'orbita interna più stabile
permessa (ISCO). Nel caso di un BH di Schwarzschild la ISCO corrisponde ad un
minimo del potenziale (Romero 2008):
Veff =
√(
1 + L
2
r2
)(
1− 2Rg
r
)
(1.4)
da cui:
r = J
2
2Rg
± 1
2
√
J4
R2g
− 12J2 (1.5)
Per cui a J2 = 12Rg corrisponde un'unica orbita stabile, che è la ISCO per un
BH di Schwartzchild, situata a RISCO = 6Rg = 3RS (vedi Tabella 1.2).
Nel caso di un BH di Kerr (vedi Fig. 1.5), la ISCO viene calcolata risolvendo
l'equazione proposta da (Raine & Thomas 2005)
( RISCO
GM/c2
)2
− 6
( RISCO
GM/c2
)
± 8
( RISCO
GM/c2
)1/2
− 3 = 0 (1.6)
a cui corrispondono due soluzioni. La prima, di segno positivo, è valida nel caso di
una particella rotante nella stessa direzione del BH e ha come soluzione: RISCO =
9
1 Oggetti Compatti
GM/R2. La seconda di segno negativo, corrisponde ad un moto retrogrado, ed ha
come soluzione RISCO = 9GM/R2.
1.2 Meccanismi di Accrescimento
I meccanismi che portano all'accrescimento di materia su un oggetto compatto in
un sistema binario, sono essenzialmente due e si dividono in:
• Accrescimento attraverso i lobi di Roche (Roche Lobe Overflow)
• Accrescimento via vento stellare
Il primo tipo si realizza per cattura gravitazionale, ad opera dell'oggetto com-
patto, di materia appartenente all'atmosfera della stella compagna. Questo processo
di cattura può avvenire in seguito ad una riduzione della separazione orbitale del
sistema o in seguito a processi di evoluzione stellare, come ad es. durante la fase
di Gigante Rossa o Sub-Gigante, che portano la stella ad espandersi oltre il pun-
to Lagrangiano interno L1, dove è dominante il campo gravitazionale dell'oggetto
compatto.
Il secondo tipo di accrescimento, invece, è tipico di stelle giovani e molto massicce
(M > 10 M), solitamente di classe spettrale O-B, che presentano forti venti stellari.
Oppure può instaurarsi durante particolari fasi evolutive stellari, durante le quali
può venire eiettata via una considerevole frazione dell'atmosfera stellare sotto forma
di vento stellare.
1.2.1 Accrescimento attraverso i Lobi di Roche
Il flusso di materia tra la stella e l'oggetto compatto, viene studiato quantitativa-
mente attraverso l'eq di Eulero, che nel caso di un sistema binario, può essere scritta
nella forma:
∂~v
∂t
+ (~v · ∇)~v = −∇ΦR − 2 ~ωorb ∧ ~v −
1
ρ
∇P (1.7)
dove il termine −2 ~ωorb ∧ ~v rappresenta la forza di Coriolis per unità di massa, il
termine −∇ΦR include gli effetti dovuti alla forza gravitazionale e centripeta e il
termine −(1/ρ)∇P è il gradiente di pressione per unità di massa.
Il metodo consiste nel costruire le curve equipotenziali attorno alle due stelle e
ricavare il punto Lagrangiano interno L1, dove la risultante delle forze è nulla, per
cui ogni piccola perturbazione porta l'elemento di materia verso una delle due stelle
costituenti il sistema. Il potenziale di Roche ΦR soddisfa l'equazione
ΦR = −
GM1
|~r − ~r1|
− GM2
|~r − ~r2|
− 1
2
(ωorb ∧ ~r)2 (1.8)
dove M1 e M2 sono le masse delle due stelle, ~r1 e ~r2 i vettori posizione dei due centri
stellari, ωorb la frequenza orbitale kepleriana del sistema e ~v la velocità dell'elemento
di massa.
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