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1. INTRODUZIONE
La qualità di un alimento, accompagnata da un corretto stile di vita, è alla base di
una dieta sana. Una delle caratteristiche fondamentali delle qualità intrinseche di
un alimento è senza ombra di dubbio la sua sicurezza, ovvero l’assenza o la
presenza inferiore ai limiti massimi per legge, di contaminanti chimici, fisici o
microbiologici che possono essere causa di danni gravi per la salute umana. Non
esiste un significato univoco di qualità, tuttavia la norma UNI EN ISO 8402
sulla gestione e assicurazione della qualità, la definisce come «l'insieme
delle proprietà e delle caratteristiche che forniscono al prodotto la capacità di
soddisfare esigenze espresse o implicite», laddove per esigenze implicite si
intendono quelle minimali che definiscono la qualità intrinseca del prodotto,
ovvero la sicurezza (assenza di sostanze nocive di natura microbiologica,
chimica o fisica) e le caratteristiche nutrizionali o biologiche (contenuto in grassi,
calorie, vitamine, ecc.), e sono definite, infatti, da norme imperative poste a
tutela della salute pubblica. Per esigenze esplicite si intendono, invece, le
caratteristiche aggiuntive rispetto alle precedenti, riferendosi ai requisiti
organolettici o sensoriali o edonistici (gusto, sapore, aroma, durezza, ecc.),
commerciali (pezzatura, colore, ecc.), prestazionali (resistenza alla conservazione
e al trasporto, comodità di uso, ecc.), di presentazione (etichettatura, confezione,
ecc), di reperibilità, e tecnologici (prodotti ottenuti nel rispetto del benessere
animale, con l'uso della tecnica colturale del biologico o di biotecnologie, ecc.). Il
concetto di qualità nel campo agro-alimentare presenta inoltre alcune peculiarità:
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si tratta, innanzitutto, di un concetto in evoluzione, dal momento che il suo
significato si va continuamente arricchendo nel tempo con il crescere delle
conoscenze scientifiche. Per comprendere tale affermazione, è importante
sottolineare che le materie prime di cui sono composti i prodotti alimentari
provengono generalmente da un processo naturale e biologico sul quale l'uomo
può esercitare un limitato controllo, e ne consegue che il principio stesso della
prevenzione e del controllo del processo su cui sono basati i moderni sistemi di
garanzia e di standardizzazione della qualità, sono soltanto parzialmente
applicabili a queste produzioni. In secondo luogo, i prodotti alimentari sono
deperibili e soggetti a variazione nel tempo, anche per parametri essenziali della
qualità come quelli nutrizionali e sensoriali. La verifica che si può fare al
momento della fabbricazione non è, dunque, sufficiente a garantire la
conformità per tutto il periodo di vita commerciale del prodotto, e la stessa
destinazione alimentare dei prodotti implica una maggiore complessità di
requisiti qualitativi. In conclusione, nella qualità di un prodotto alimentare
possono, inoltre, essere rilevanti alcuni requisiti di composizione chimica,
insieme ai requisiti fisici e strutturali, microbiologici, sensoriali, funzionali, di
servizio e di presentazione. Tali requisiti si combinano tutti in un profilo di
qualità complessiva che può variare per la stessa tipologia di prodotto in
relazione ai luoghi di produzione, alle tecnologie, al segmento di mercato, alle
annate, alle tradizioni, e alle specificità aziendali.
Le sostanze chimiche possono svolgere un ruolo importante nella produzione e
conservazione degli alimenti. Gli additivi alimentari possono, ad esempio,
prolungare la shelf-life degli alimenti o possono rendere il cibo più attraente
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grazie ai coloranti, mentre gli aromi vengono utilizzati per rendere il cibo più
gustoso. Materiali di imballaggio per alimenti e contenitori come bottiglie,
bicchieri e piatti, contengono sostanze chimiche come la plastica i cui elementi
possono migrare nei cibi stessi; altri prodotti chimici possono essere utilizzati per
combattere le malattie negli animali da allevamento o i parassiti nelle coltivazioni.
Tutte le sostanze chimiche che possono essere impiegate nei prodotti alimentari
devono prima essere sottoposte ad una valutazione completa del rischio per
poterne così confermare una sicurezza d’impiego. Il possibile effetto di tali
sostanze sulla nostra salute e la loro sicurezza dipende dal nostro livello di
esposizione ad essi, ad esempio attraverso i cibi che mangiamo, soprattutto frutta
e verdura, cereali, latte e derivati e uova, o fonti di esposizione ambientale.
Questo è il motivo per cui gli Organismi di controllo effettuano valutazioni severe
dei rischi di tutti i prodotti chimici proposti per uso alimentare, per determinare
quali sostanze possono essere utilizzate e in quale modalità: questo assicura che
l'uso dei prodotti chimici negli alimenti o sulle colture (per esempio gli
agrofarmaci) non abbia effetti negativi sulla salute umana e animale, né
sull'ambiente. In materia di sicurezza alimentare l’impegno dell’Unione Europea è
iniziato negli anni ’60 e si è potenziato negli anni ’90 con la realizzazione del
mercato unico. Un approccio sistematico di identificazione e valutazione dei
pericoli associati con le varie operazioni di produzione degli alimenti e di
definizione delle misure per il loro controllo è l’HACCP, il sistema di “Analisi del
Rischio e Punti Critici di Controllo” (Hazard Analysis and Control Critical
Points), proposto per la prima volta nel 1971 alla “National conference of food
protection”. L’applicazione dell’HACCP a tutta la catena alimentare consente un
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miglior uso delle risorse disponibili, facilita le ispezioni da parte degli organi
ufficiali di controllo e promuove gli scambi commerciali aumentando in tal senso
la fiducia nella sicurezza degli alimenti. Quest’ultimo è il sistema universale per il
controllo della sicurezza alimentare pubblicato dal Codex Alimentarius, e si basa
su sette principi fondamentali, ovvero identificare i rischi e valutarne la gravità,
identificare i Punti Critici di Controllo (CCP), definire i limiti critici dei parametri
da tenere sotto controllo, attuare un sistema di monitoraggio di tali parametri di
controllo, identificare le azioni correttive da intraprendere in caso di non
conformità di un parametro di controllo, verificare, attraverso l’analisi del
prodotto, che gli obiettivi igienici del sistema siano conseguiti, e, infine,
determinare un adeguato sistema per la gestione di tutta la documentazione.
A partire dal 2005 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 178/2002 in materia
di legislazione alimentare, i cui principali obiettivi sono quelli di superare
l'eterogeneità delle legislazioni nazionali, conquistare la fiducia dei consumatori e
degli operatori, creare omogenee condizioni di concorrenza, e istituire un’Autorità
per gli alimenti capace di razionalizzare l'azione comunitaria nel settore
alimentare: l’EFSA (European Food Safety Authority). Il compito principale
dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare è quello di effettuare
valutazioni scientifiche sui possibili rischi associati alla catena alimentare,
compresi quelli potenziali derivanti dalle sostanze chimiche negli alimenti, e
sull’incidenza e diffusione di rischi biologici. Per la valutazione di tali rischi
connessi ai pericoli che possono presentare gli alimenti nell’UE e per la stima
dell’esposizione dei consumatori a tali pericoli, l’EFSA dispone di una banca dati
particolareggiata sui consumi alimentari d’Europa, che classifica cibi e bevande
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secondo il proprio sistema “Foodex”. Un ulteriore compito dell’Autorità è anche
la valutazione di nuove sostanze autorizzate negli alimenti, come gli additivi
alimentari. Può anche essere necessario raccogliere dati su temi specifici, come gli
indicatori del benessere animale, i sistemi di allevamento, le informazioni
ambientali o relative alla nutrizione animale, da utilizzare poi per le valutazioni
dei rischi e per i rapporti elaborati dai gruppi di esperti scientifici dell’EFSA:
questa analizza, infatti, anche i dati sulle zoonosi, infezioni e patologie
trasmissibili dagli animali agli esseri umani, la resistenza agli antimicrobici
(AMR), e le epidemie di origine alimentare in tutta l’Unione Europea.
I primi documenti storici indicano che, per garantire la tutela dei consumatori, le
Autorità di regolamentazione già vigilavano sulle pratiche disoneste nella vendita
dei prodotti alimentari: nell'antica Atene, per esempio, birra e vino furono
ispezionati per accertarne la purezza e la pienezza, e anche i Romani avevano un
sistema ben organizzato di controllo alimentare per proteggere i consumatori da
frodi o pratiche dannose. In Europa, durante il Medioevo, i singoli Paesi
adottarono leggi riguardanti la qualità e la sicurezza delle uova, delle salsicce, del
formaggio, della birra, del vino e del pane, e leggi riguardanti l’ispezione degli
alimenti per garantire la conformità con strumenti semplici, istituendo, così, un
vero e proprio sistema ufficiale di controllo degli alimenti. Con la nascita della
chimica degli alimenti vi è stato un rapido sviluppo, dal semplice controllo della
purezza e adulterazione, ai test sofisticati per la rilevazione della presenza di una
serie di sostanze chimiche negli alimenti a livelli sempre più bassi. Oggi, un
sistema di controllo alimentare efficace è considerato essenziale per proteggere la
salute e la sicurezza dei consumatori. La selezione delle priorità delle analisi
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chimiche, microbiologiche o fisiche è parte del sistema ufficiale di controllo degli
alimenti e ne segue i principi generali scientifici per proteggere il pubblico dai
potenziali pericoli presenti nella catena alimentare, ma, tuttavia, le società
individuali possono percepire queste priorità in maniera diversa le une dalle altre,
secondo le proprie pratiche politiche, economiche o culturali, e secondo le proprie
tradizioni (FAO/WHO, 2005). I sistemi di controllo alimentari sono, dunque, un
elemento decisivo per consentire ai Paesi di garantire la sicurezza e la qualità dei
propri prodotti alimentari che entrano nel commercio internazionale, e per
garantire che gli alimenti importati siano conformi alle norme nazionali e ai
requisiti internazionali. Per offrire al consumatore un prodotto di qualità, e quindi
sicuro, il Regolamento (CE) n. 178/2002 ha esteso la sua legislazione all’intera
filiera alimentare dei vari prodotti, intendendo per filiera l’intero percorso che ne
determina la produzione, e che coinvolge i produttori di materie prime
(agricoltori, produttori di mangimi e sementi, allevatori), le aziende di
trasformazione, le aziende di trasporto, le imprese di vendita e commercianti, le
imprese di ristorazione, e i consumatori finali; oltre a tale approccio globale, il
regolamento introduce l’obbligo di rintracciabilità, ovvero la possibilità di
ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale
destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a
far parte di un alimento o di un mangime, attraverso tutte le fasi della produzione,
della trasformazione e della distribuzione. La rintracciabilità dei prodotti ha,
dunque, oltre alla funzione di garanzia della sicurezza alimentare quelle di
individuare le eventuali responsabilità di non conformità dei prodotti alimentari, e
di ritirarli in modo mirato e rapido dal mercato. Affinché venga assicurata la