Introduzione
Lo studio, presentato in questo elaborato di tesi, affronta il problema della stima del livello di
inondazione di aree urbane a partire da immagini SAR (Radar ad Apertura Sintetica). In
questo lavoro si fa ampia trattazione di due diversi approcci, quello locale e quello globale,
che rendono possibile tale stima. L’attenzione è poi focalizzata sul loro confronto. La tesi è
stata sviluppata utilizzando due immagini High Resolution (HR) SAR acquisite dal sensore
TerraSAR-X e rese disponibili dal GermanAerospace Center, DLR. Entrambe le immagini si
riferiscono alla regione del Gloucestershire (U.K.); la prima è riferita all’alluvione avvenuta
nel Luglio 2007, mentre, la seconda è stata acquisita nel Luglio 2008 in assenza di
inondazione.In particolare l’area di interesse, oggetto di questa trattazione, è la cittadina di
Tewkesbury. Vengono evidenziati i notevoli miglioramenti ottenuti grazie all’ausilio delle
immagini ad alta risoluzione (HR). Difatti, fino a pochi anni fa la risoluzione delle immagini
era tale da poter distinguere soltanto oggetti a terra di dimensioni dell’ordine delle decine di
metri. Ultimamente, invece, grazie al progresso tecnologico, le agenzie spaziali sono riuscite
ad acquisire immagini con risoluzione di pochi metri fornendo particolari del tutto
inaspettati.Un aspetto fondamentale, da non trascurare, del telerilevamento radar risiede nel
monitoraggio di catastrofi e nella rapida individuazione delle zone colpite. Un utilizzo
intelligente di tali immagini è in grado di fornire informazioni aggiornate e velocemente
disponibili, in modo da poter migliorare la gestione delle situazioni di emergenza dovute a
calamità naturali. La tesi è stata strutturata nel modo seguente.
Nel capitolo I viene introdottoil telerilevamento. Se ne sottolinea l’importanza e si spiegano i
vantaggi che, da esso, si possono ottenere. Vengono inoltre introdotti i sensori ed, infine, si
discute sulle informazioni contenute in un immagine telerilevata.
Il capitolo II tratta il radar ad apertura sintetica (SAR)ed il suo funzionamento; viene spiegato
il concetto di risoluzione e vengono, inoltre, evidenziati gli effetti di distorsione geometrica
presenti sulle immagini HR SAR.
Nel capitolo III viene introdotto il modello elettromagnetico canonico di campo diffuso da un
edificio e vengono descritti i contributi di riflessione singola, doppia e tripla. Viene illustrata
la posizione di tali contributi su immagini SAR.
Nel capitolo IV sono esposti i parametri geometrici e radiometrici stimabili da un’immagine
HR SAR ed il legame tra la radar cross sectione l’altezza. Viene descritta la procedura per
Introduzione
stimare l’altezza di un edificio a partire dalla striscia di doppia riflessione ed, infine, si
analizza la fenomenologia dell’acqua in immagini HR SAR.
Nel capitolo V viene analizzato il sensore TerraSAR-X utilizzato per l’acquisizione delle
immagini HR SAR e le sue modalità di funzionamento. Sono descritte le procedure per
l’apertura delle immagini d’interesse mediante i due differenti software adoperati: ENVI ed
IDL.
Nei capitoliVI e VIIsono presentati nel dettaglio i due diversi approcci,global
approachelocalapproach, per estrarre il livello di inondazione a partire daimmagini SAR.
Al capitolo VIII è trattato il caso di studio oggetto della tesi. Sono, infine, mostrati e valutati i
risultati di misura ottenuti mediante il localapproach e il global approach.
Capitolo primo
Introduzione al telerilevamento
In questo capitolo si dà un’introduzione generale al telerilevamento. Se ne sottolinea
l’importanza ed i vantaggi che si possono ottenere da esso. Vengono inoltre introdotti in
via del tutto generica i sensori. Infine si discute sulle informazioni contenute in
un’immagine telerilevata.
1.1 Cos’è il telerilevamento?
Il telerilevamento è una tecnica usata per ottenere informazioni da oggetti che si basa
sulla raccolta e sull’analisi di dati senza che lo strumento usato per raccogliere i dati
stessi entri in contatto diretto con l’oggetto studiato. Nel telerilevamento, tre elementi
sono essenziali:
1.una PIATTAFORMA in grado di sostenere lo strumento
2.un OGGETTO da osservare
3.uno strumento o un SENSORE per osservare l’oggetto.
Un elemento importante è costituito anche dalle informazioni che si ottengono dai dati
dell’immagine e dal modo in cui esse vengono utilizzate e salvate. Nel campo
dell’ingegneria quando si parla di telerilevamento, l’oggetto osservato è la superficie
della Terra e il telerilevamento viene inteso come un mezzo di misura a distanza delle
proprietà di oggetti presenti sulla superficie della Terra. Le piattaforme sono tutti i
mezzi di trasporto che determinano “la distanza” dalla superficie del pianeta (per
esempio, aerei e satelliti). L’oggetto da osservare è il nostro pianeta, i sensori sono tutti
gli strumenti utilizzati per osservare la Terra (telecamere, scanner, radar, ecc.) e le
informazioni ottenute ed elaborate sono un utile strumento che aumenta la nostra
conoscenza del pianeta e delle sue problematiche (l’evoluzione del buco d’ozono,
l’avanzamento dei deserti, l’aumento della deforestazione e molto altro ancora)
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D’ora in avanti, il termine telerilevamento si dovrà intendere nell’accezione in cui è utilizzato dagli
ingegneri. Il telerilevamento è una scienza che mira soprattutto a osservare e scoprire quello che succede
sulla superficie terrestre.
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Capitolo 1 Introduzione al telerilevamento
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1.2 Le piattaforme: Aerei e Satelliti
Per quanto siano sofisticati gli strumenti utilizzati per il telerilevamento, senza un
mezzo idoneo a sorvolare la Terra non è possibile acquisire dall’alto una panoramica
ragionevole. È per questo che il telerilevamento è una scienza relativamente nuova.
Attualmente il modo più semplice per monitorare la Terra a distanza consiste
nell’utilizzo di aerei, questi per poter scattare fotografie vengono equipaggiati con
macchine fotografiche. Caratteristico degli aerei (dal punto di vista del telerilevamento)
è il fatto di volare ad una quota relativamente bassa (solo alcuni chilometri sulla
superficie terrestre) e quindi di poter scattare solo fotografie di aree limitate, anche se
tali fotografie consentono di riconoscere molti dettagli (es. automobili, persone, alberi,
ecc.). Affinché tali aerei possano compiere voli di rilevamento, le condizioni
meteorologiche devono essere sufficientemente buone da garantire la possibilità di
acquisire molte fotografie; quindi le fotografie scattate dagli apparecchi a bordo di tali
aerei sono spesso abbastanza nitide (se in assenza di nubi). D’altra parte gli aerei non
possono volare sempre (ad es. di notte o quando piove o c’è foschia, anche se spesso è
proprio in circostanze come queste che servono le immagini). In Figura 1.1 è mostrato
un esempio di fotografia aerea.
Figura 1.1 Fotografia aerea della zona ovest di Londra
Si riesce a vedere tutti i dettagli della fotografia (per es. le macchine, il traffico stradale,
le finestre degli edifici, i bus londinesi, ecc.). Nel 1957 un evento importante segnò
l’inizio di una nuova era nell’osservazione della Terra. In quell’anno l’Unione Sovietica
lanciò il primo satellite (Sputnik) della storia. Ma cos’è un satellite? Dalle scienze ci
Capitolo 1 Introduzione al telerilevamento
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viene la definizione classica ossia un satellite è un corpo celeste orbitante intorno ad un
pianeta o un corpo celeste che si muove attorno ad un pianeta. Ad esempio, un satellite
che tutti conosciamo è la Luna. In generale, si dice che la Luna è un “satellite naturale”
perché non è costruito dall’uomo. Per contro, i “satelliti artificiali” sono oggetti
costruiti dall’uomo in orbita attorno ai pianeti. Quindi, nel telerilevamento, quando si
parla di satelliti, ci si riferisce sempre a satelliti di tipo artificiale. I satelliti, oggi, sono
le principali piattaforme utilizzate nel telerilevamento, essi sono in grado di trasportare
una vasta gamma di sensori (sensori per studiare le condizioni meteorologiche, per
studiare i paesaggi o i disastri naturali, altri per studiare la vegetazione ecc.). Rispetto
agli aerei, una volta lanciato e raggiunta la sua orbita, un satellite è sempre a
disposizione quindi non c’è bisogno di progettare un volo per acquisire immagini. Un
altro grande vantaggio dei satelliti sta nel fatto che sono in grado di acquisire immagini
di vaste aree (visione sinottica). Per esempio, sarebbe complicato per un aereo compiere
una ricognizione sull’intera superficie di un oceano per individuare potenziali perdite di
petrolio lasciate da una nave. Con un satellite, invece, il compito è molto più semplice.
Il sensore a bordo di un satellite cattura regolarmente immagini dell’oceano, che sono
poi inviate a una “stazione base”, qui le immagini sono elaborate opportunamente, per
valutare l’eventuale inquinamento dell’oceano. L’immagine satellitare, in Figura 1.2,
mostra, in nero, un mare molto inquinato. In quel momento l’aereo addetto al
monitoraggio osservò solo l’inquinamento vicino alla costa, ma l’immagine dal satellite
rivelò che l’entità dell’inquinamento era molto maggiore.
Figura 1.2 Immagine acquisita dal satellite ERS-1 nel dicembre 1992, dieci giorni dopo che la petroliera
greca Aegean Sea finì arenata sulla costa spagnola.
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In ogni caso anche i satelliti hanno dei limiti. Alcuni di questi seguono.
Anzitutto il costo dei satelliti è molto maggiore di quello degli aerei, inoltre progettare
missioni aeree è più rapido ed economico. Se serve un’immagine di una particolare area
o si aspetta che il satellite sorvoli quella zona (ma possono passare alcuni giorni) o si
usa un altro satellite. Questa è una delle ragioni per cui servono così tanti satelliti per
avere una copertura più o meno completa della superficie del pianeta.
1.2.1 Orbite satellitari
Poiché i satelliti sono in orbita al di fuori dell’atmosfera, non risentono della resistenza
dell’aria e quindi per la legge d’inerzia volano a velocità costante. In più, fuori
dall’atmosfera forze, che agiscono contemporaneamente sui satelliti, quali la spinta
gravitazionale della Terra e la forza centrifuga, vengono a bilanciarsi. Il risultato di ciò è
che i satelliti volano su orbite stabili, anche per molti anni, attorno alla Terra. La spinta
gravitazionale diminuisce più ci si allontana dalla Terra, mentre la forza centrifuga
aumenta di pari passo con l’aumento della velocità orbitale. Quindi un satellite in
un’orbita bassa, cioè a una distanza di circa 800 km dalla Terra, è esposto a una forte
attrazione gravitazionale quindi deve spostarsi a una velocità considerevole per generare
una forza centrifuga di pari entità. C’è quindi una connessione diretta tra la distanza
dalla Terra e la velocità orbitale del satellite. A una distanza di 36000 km, l’orbita ha
una durata di ventiquattro ore, pari al tempo di rotazione della Terra, a questa distanza
un satellite in orbita sopra l’equatore sarà stazionario in rapporto con la Terra. Queste
orbite sono dette “geostazionarie” e sono utilizzate principalmente dai numerosi
satelliti di telecomunicazione. Un satellite stazionario utilizzato per il telerilevamento
offre il vantaggio di vedere la Terra sempre dalla stessa prospettiva, ciò significa che è
in grado di registrare la stessa immagine a brevi intervalli di tempo. Questa
caratteristica è particolarmente utile per osservazioni delle condizioni meteorologiche.
Uno svantaggio delle orbite geostazionarie risiede nella grande distanza dalla Terra che
riduce la risoluzione spaziale raggiungibile. Per ottenere, allora, una panoramica globale
o si usano molti satelliti in orbita geostazionaria distribuiti uniformemente in varie parti
del mondo oppure si fa uso di un’altra orbita. In questo caso il satellite è posizionato su
un’orbita polare, allora, mentre il satellite esegue rivoluzioni intorno alla propria orbita,
la Terra ruota sul proprio asse e ogni volta che il satellite effettua una rotazione
completa, viene effettuata una scansione di una nuova striscia della superficie terrestre.
Capitolo 1 Introduzione al telerilevamento
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Dopo un certo numero di rotazioni si otterrà una scansione intera della Terra. Alcuni
satelliti effettuano ogni volta una scansione ampia e possono, di conseguenza, ricoprire
l’intera superficie della Terra in poche rotazioni; al contrario, i satelliti con elevata
risoluzione che effettuano scansioni di porzioni piccole di superficie impiegano vari
giorni per coprire l’intera superficie terrestre.
1.3 Gli oggetti da osservare
La Terra è troppo grande per essere osservata tutta in una volta, per avere una immagine
dell’intera sfera terrestre, il satellite deve allontanarsi dal pianeta. Ma un satellite che
percorre una sua orbita non può cambiare improvvisamente percorso.
Figura 1.3 Nell’immagine a sinistra il satellite è posizionato su un’orbita relativamente lontana dalla
Terra (±36.000km), è per questo che si può vedere l’ ”intero” pianeta. Nell’immagine di destra invece
l’orbita del satellite è molto più vicina alla Terra (±800km). Ogni quadrato (nero e rosso) rappresenta
un’immagine.
Quando serve un’immagine completa del pianeta (l’intero disco), si usa un satellite
diverso posto su un’orbita più lontana. Volendo un’immagine di una porzione più
grande della superficie della Terra, bisognerà programmare il sensore a bordo del
satellite affinché catturi molte immagini l’una vicina all’altra. Eseguendo un mosaico
d’immagini si può ottenere una visione di un’area più grande al suolo e persino
dell’intero pianeta. Quando si uniscono varie immagini, per formarne una più grande, si
parla di creazione di un “mosaico” di immagini. A volte si vuole osservare un elemento
particolare più in dettaglio, “zoomando” su una porzione piccola della superficie
terrestre. La scelta dell'immagine appropriata dipende dallo scopo che ci si prefigge. Per
esempio, con riferimento a Figura 1.4, se si deve misurare la crescita di una città,
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l’immagine di sinistra è più appropriata, ma se si deve misurare la densità del traffico,
sarà migliore quella di destra.
Figura 1.4 L’immagine a sinistra è un’immagine satellitare di Londra mentre quella a destra è una
fotografia aerea di Londra.
A volte c’è la necessità di osservare alcuni fenomeni che accadono sulla superficie della
Terra, in questi casi si dovranno avvicinare lo zoom e ingrandire un elemento
particolare anziché una regione specifica. Per esempio, si potrebbe decidere di
avvicinare lo zoom su un uragano, un incendio della foresta o un’area colpita da
inondazione. Quando le immagini dal satellite si possono utilizzare per osservare tipi
specifici di elementi o eventi, si parla di applicazioni di quel satellite. Per esempio, una
delle applicazioni del satellite ERS è di monitorare l’evoluzione del buco d’ozono sopra
l’Antartide.
1.4 I sensori
Nel telerilevamento, lo strumento usato per acquisire immagini è solitamente chiamato
“sensore” e, in base al tipo di oggetto da osservare o comunque in base alla determinata
applicazione che si vuole condurre, si stabilisce il sensore più adeguato per compiere le
acquisizioni d’immagine. Si può pensare al sensore come a una specie di macchina
fotografica, ad ogni modo si preferisce usare questo termine perché fa riferimento a una
gamma più ampia di possibilità di acquisire informazioni rispetto a una classica
macchina fotografica. Infatti, una macchina fotografica fa riferimento a informazioni
che si possono vedere solo attraverso gli occhi, mentre nel telerilevamento i sensori
consentono anche di acquisire informazioni che l’occhio umano non è in grado di
vedere (usando radiazioni in altre parti dello spettro elettromagnetico, piuttosto che nel
Capitolo 1 Introduzione al telerilevamento
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visibile). Per capire come il sensore può acquisire queste informazioni supplementari
c’è da fare un passo indietro. Cominciamo dicendo che tutti gli oggetti riflettono una
parte della luce che li raggiunge e questa quantità di luce generalmente “dona” agli
oggetti il loro colore. Per esempio, osservando una pianta, quest’appare verde perché la
pianta riflette parte della luce che l’occhio vede come verde, mentre una mela appare
rossa perché riflette parte della luce che corrisponde al rosso. Alcuni oggetti non solo
riflettono la luce che li raggiunge, ma emettono anche una “radiazione”. Ad esempio,
un incendio emette calore e luce, così che un incendio è individuabile sia nello spettro
del visibile sia dell’infrarosso. La luce (e il calore) che è emessa e riflessa dagli oggetti
è chiamata “radiazione”. Con il termine radiazione s’intende un insieme di particelle
dotate di carica elettrica in movimento. Il movimento, in questo caso, è un “onda”. Di
conseguenza, per misurare una radiazione emessa o riflessa da oggetti, è necessario
misurare la loro lunghezza d’onda , ossia la lunghezza dell’onda irradiata
dall’oggetto. Misurando la lunghezza d’onda , si è capito che alcuni oggetti riflettono
a lunghezze d’onda che non sono visibili dall’occhio umano (per esempio, gli
infrarossi). L’insieme di tutte le lunghezze d’onda possibili costituisce lo “spettro
elettromagnetico” (si veda Figura 1.5). Nel telerilevamento, si usano numerosi sensori
dotati di varie sensibilità a diverse lunghezze d’onda nello spettro elettromagnetico. Per
esempio, il visore a infrarossi è un sensore costruito specificatamente per “vedere”
oggetti che emettono radiazione nell’infrarosso (persino al buio). Tutti i sensori
specializzati nella ricezione di lunghezze d’onda riflesse o emesse da oggetti osservati,
sono chiamati “sensori passivi”. Tutti i sensori, invece, capaci di emettere radiazioni,
poi riflesse dagli oggetti, e in grado di misurare l’energia che ritorna verso di loro sono
detti “sensori attivi”. Questa seconda categoria di sensori è più sofisticata e consente di
acquisire immagini in ogni caso, ciò non può dirsi per i sensori passivi. Difatti la
presenza di buio, nubi o foschia, talvolta, costituisce un limite alle applicazioni
realizzabili con sensori passivi. In particolare questi risultano essere “intralciati” dagli
“ostacoli”, menzionati precedentemente, per cui in determinate applicazioni di interesse,
necessitano della luce solare per acquisire immagini dettagliate.