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I NT RO DUZ I O NE
Duplice è lo scopo del presente lavoro: da un lato ripercorrere la storia costituzionale dei
P aesi che, in età moderna, hanno marcato il processo democratico, dall’altro concentrarsi
sulle carte costituzionali, tutte “octroyée”, ovvero “concesse” dall’alto, dai sovrani (più o
meno “illuminati”), che si sono succedute nel Risorgimento europeo in generale ed italiano
in particolare. La tesi si articola in un’introduzione, che mira ad esplicitare il piano
dell’opera, e in tre capitoli, disposti con sequenza cronologica, per poi approdare alle
necessarie conclusioni.
Il primo capitolo, pertanto, inizierà lo studio dalla “B ill of Rights”, la “Dichiarazione dei
Diritti” che, nel 1689, dopo la “Glorious Revolution” (così definita perché avvenuta senza
spargimento di sangue, ma con la fuga dell’ultimo monarca assoluto, Giacomo II S tuart)
dell’anno precedente, ha fatto dell’Inghilterra la prima monarchia costituzionale del mondo.
S i procederà l’analisi con la disamina sia della “Dichiarazione d’indipendenza americana”
del 4 luglio 1776 che della Costituzione americana del 1787, per vedere come questi due
testi abbiano costituito un vero e proprio “ponte” verso la “Dichiarazione dei Diritti
dell’Uomo e del Cittadino”, emanata in F rancia il 26 agosto 1789 e le tre Costituzioni
promulgate durante la Rivoluzione francese, rispettivamente nel 1791, nel 1793 ed infine
nel 1795.
Nel secondo capitolo l’attenzione si volgerà al Risorgimento, iniziando con la “Costituzione
spagnola di Cadice” del 1812, modello per tante carte costituzionali del Risorgimento e
meta alla quale guardavano molti patrioti del primo Ottocento; il lavoro proseguirà
passando in rassegna la “Dichiarazione d’indipendenza greca” (15 gennaio 1822), il
“Manifesto russo dei Decabristi” (dicembre 1825) e la Costituzione belga del 1831,
particolarmente importante per quanto concernono gli influssi sulla Costituzione
repubblicana italiana odierna, rimasta in auge dopo il fallito referendum costituzionale del
dicembre 2016. Di seguito l’elaborato si concentrerà sul dibattito storiografico sul
Risorgimento e lo “S tatuto fondamentale del Regno di S ardegna”, meglio noto come
“S tatuto albertino”, proclamato dal Re di S ardegna V ittorio E manuele II (non ancora, infatti,
re d’Italia), emanato il 3 marzo 1848 dal ministro B orelli ed entrato in vigore il giorno
successivo, per rimanere, come “Carta costituzionale” d’Italia fino al 31 dicembre 1947, dal
momento che la nostra Costituzione repubblicana entrerà a regime soltanto il 1° gennaio
1948. Lo “S tatuto” permarrà dunque anche durante la dittatura fascista, e proprio a causa
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S i definisce “flessibile” un testo che, per essere modificato nei suoi articoli, non necessita di
particolari procedure, ma è sufficiente che la modifica ottenga la maggioranza assoluta
dell’assemblea, come per le leggi ordinarie; una Costituzione “rigida”, come quella attualmente
vigente in Italia, per essere modificata nei suoi articoli, necessita di una doppia votazione da parte
di entrambe le Camere e di essere sottoposta a consultazione elettorale.
del suo carattere “flessibile” e non “rigido
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” sarà piegata facilmente alle esigenze del
regime. A seguire lo studio della “Costituzione della Repubblica Romana” del 1849, mai
entrata in vigore (perché al momento della sua promulgazione il papa P io IX rientrerà a
Roma con la scorta dei soldati di Luigi Napoleone B onaparte, presidente della Repubblica
francese e futuro imperatore con il nome di Napoleone III). E ’, questo secondo capitolo,
centrale nella tesi, sicuramente il più importante dell’intera opera, in quanto mirerà ad
evidenziare, all’interno del dibattito risorgimentale, come si possa veramente parlare
dell’Italia come appunto di uno “S tato senza nazione”, proprio a causa del fallimento del
Risorgimento, in linea con l’interpretazione gramsciana di un “Risorgimento fallito ed
incompiuto” e con la nota frase dello storiografo federalista Massimo D’A zeglio “L’Italia è
fatta, ma bisogna ora fare gli italiani”, vale a dire farli sentire non soltanto abitanti di una
medesima penisola, ma membri attivi di uno S tato unitario e quindi tutti rispettosi delle
stesse leggi, in modo che non possano ripetersi affermazioni profondamente offensive,
come pronunciata dal cancelliere austriaco V on Metternich al Congresso di V ienna (1814-
15) circa l’Italia come “espressione geografica”. Non fu infatti, il nostro, un Risorgere sol di
fanfare, pive, tamburi e trombette, ma un animoso scoppiettar di moschetti, cannoni e un
cozzar di brandi!!
Il terzo capitolo tratterà i problemi concernenti la transizione dallo S tatuto albertino alla
Costituzione repubblicana.
Infine m’accingerò alle considerazioni conclusive, appropinquandomi alla disamina della
Costituzione repubblicana, il tutto correlato da ricca bibliografia (sia inerente alle fonti
storiche primarie che secondarie o “letteratura critica”), italiana ed europea, filmografia ed
esplicative note a piè di pagina; non mancheranno, dato lo “scottante” contenuto politico,
accenti talvolta polemici, talaltra retorici, ma di una sana retorica, sempre eretta su solidi
principi, orsù, di etica patriottica!!
V oglio, in ultimo, precisare che questo studio viene alla luce in un anno, il 2018, nel quale
ricorrono 70 anni dall’entrata in vigore della nostra Costituzione repubblicana, e s’inserisce
nel più ampio carosello di manifestazioni culturali, eventi, conferenze, convegni, seminari,
relazioni e lezioni che hanno impegnato il mondo politico ed accademico italiano da un lato
a celebrarne il valore, ma più che altro a discernere, appunto 70 anni dopo, per usare
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un’espressione tanto cara a B enedetto Croce, “ciò che è vivo da ciò che è morto” nella
nostra Carta costituzionale.
Dedico questo lavoro alla memoria del Chiar. mo P rof. emerito S alvo Mastellone, ahimè
scomparso alcuni anni or sono, novantaduenne, già mio maestro al primo Corso annuale
di P erfezionamento post-lauream in “S toria medioevale, moderna e contemporanea”, da
me seguito presso il prestigioso A teneo fiorentino nel lontano anno accademico 1988/89,
ed alla memoria del Chiar. mo P rof. Claudio P avone, recentemente scomparso, ahi, all’età
di 96 anni, non ancora, per un sol giorno, compiuti, uomo della Resistenza innanzitutto,
ma non di manco anche grande archivista ed insigne docente, che ho avuto l’onore di
seguire in vari convegni storici e che mi ha illuminato in suo seminario, tenuto presso il
celeberrimo ’”Istituto Italiano di S tudi F ilosofici” di Napoli molti anni or sono, inerente la
transizione dallo S tatuto albertino alla Costituzione repubblicana. Liberale crociano il
primo, marxista critico il secondo, ma entrambi uomini temprati da virili propositi,
dall’audacia nell’ardore della Resistenza e dalla memoria della guerra! Ricordi vivissimi,
pur non senza, ohibò, spargimento di lacrime!!!
S aluto e ringrazio il P rof. Z effiro Ciuffoletti, storico di parte liberale, mio docente di storia
contemporanea nel medesimo sopracitato Corso e docente di storia del Risorgimento in
numerosi corsi da me frequentati presso il Circolo Culturale “A ngelo Corsetti” di
P ietrasanta.
Colgo l’occasione per salutare tutti gli amici, i colleghi di altre discipline, di materie affini e
dei miei stessi insegnamenti, i miei studenti, di ieri, di oggi e di domani, con i quali mi
pregio di coltivare rapporti culturali ed umani anche quando, da anni, sono giunti al termine
dei loro studi.
E ’ mio intento ringraziare anche le tredici celeberrime Università ivi consorziate, delle quali
dieci italiane e tre europee (due inglesi ed una romena), da me menzionate nel
frontespizio-copertina, per l’ineccepibile organizzazione didattica dei Corsi e per avermi
offerto l’occasione di un sì alto quanto imperdibile momento formativo!
Un ringraziamento, infine, alla Chiar. ma P rof. ssa Daniela Di Marco per l’assistenza
fornitami, con costante cordialità, nella stesura di questo lavoro.
Orbene, in conclusione, voglio dedicare questa personale ricerca ai miei studenti, ché la
loro sete di conoscenza è sorgente inesauribile della mia.
V iareggio (Lucca), A nno A ccademico 2017/18. Marco Martini
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V oltaire, Lettere sugli inglesi , a c. di R. Campi, Foschi ed., S antarcangelo, 2016. Il testo è noto
anche come Lettere filosofiche o Lettere inglesi . La prima edizione fu pubblicata anonima
dall’autore.
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D. L. K leir, Constitutional History of Modern B ritain , Londra, 1938.
CA P I T O LO I ° : DA LLA “B I LL O F RI G HT S ” A LLA “CO S T I T UZ I O NE
DE LL’A NNO I I I ° ”.
I.1. La “Magna Charta Libertatum” (1215) e la “B ill of Rights” (1689): le origini del
costituzionalismo inglese.
Dopo la “Glorious Revolution” del 1688, sul trono d’Inghilterra fu chiamato un olandese,
Guglielmo III d’Orange, a patto che sottoscrivesse una dichiarazione, la “Dichiarazione dei
Diritti” ( “B ill of Rights”), firmata nel 1689, in cui si ponevano i limiti dell’autorità regia e si
ribadiva la validità della Costituzione ed il rispetto del P arlamento. S i passò così in
Inghilterra da una monarchia assoluta ad una monarchia costituzionale, che non significò
però democrazia, poiché sono elettori solo i ricchi borghesi e gli alti prelati, e non tutto il
popolo: la “Glorious Revolution” segnò pertanto soltanto il trionfo della borghesia.
L’Inghilterra fu la prima monarchia costituzionale della storia europea e mondiale: si negò
l’origine divina del potere monarchico, che era stata a fondamento di tutta la teocrazia
medievale. I filosofi V oltaire e Montesquieu, nella F rancia illuminista del ‘700, esalteranno
la “B ill of Rights” del 1689 definendo l’Inghilterra come il P aese più libero e felice al
mondo; nelle sue Lettere sugli inglesi , pubblicate nel 1733, V oltaire scrisse che un inglese
era talmente libero da poter andare “in paradiso per la strada che più gli piace”
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. In
Inghilterra ognuno poteva dire o pubblicare quel che voleva perché non esistevano torture,
né prigionia arbitraria.
I nobili, i religiosi, i laici ed i borghesi (sia la Camera dei Lords, quindi, che quella dei
Comuni) conferiscono rispettivamente a Guglielmo III d’Orange ed a sua moglie Maria i
titoli di re e di regina d’Inghilterra, fiduciosi nell’opera di liberazione dagli S tuart avviata da
Guglielmo III.
Nel documento si legge che senza il consenso del P arlamento è illegale sospendere o fare
eseguire le leggi ed imporre tasse in favore della Corona e che l’elezione del P arlamento
dev’essere libera e dev’essere garantita la libertà di espressione e di stampa; nel testo si
afferma anche che è illegale mantenere un esercito in tempo di pace senza il consenso
del P arlamento e che per tutelare la libertà dei cittadini è opportuno che il P arlamento si
riunisca spesso
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