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PREMESSA
La parola stalking è purtroppo ormai entrata nel linguaggio comune di tutti i giorni, è un
fenomeno sfortunatamente salito alla ribalta per efferati episodi di cronaca nera, ma
ancora piuttosto ignorato dalla legislazione.
Il presente lavoro ha come obbiettivo quello di esaminare il fenomeno delle molestie
assillanti (c.d. stalking) partendo da un punto di vista multidisciplinare, soffermandosi
in special modo sull‟istituto dell‟ammonimento, essendo quest‟ultimo il primo agile
strumento che può servire ad arginare le molestie messe in atto dallo stalker.
Verranno come prima cosa analizzate le principali tappe storiche che hanno portato lo
Stato Italiano ad introdurre il neonato art. 612 bis del c.p., articolo questo introdotto nel
Capo III del Titolo XII, Parte Speciale del Codice Penale, nella sezione relativa ai delitti
contro la libertà morale, cercando di trovare la giusta chiave di lettura del nuovo reato
basandoci anche su una rassegna giurisprudenziale.
Non si tralascerà di dare uno sguardo anche alla figura psicologica del molestatore
seriale, che, molto spesso, risulta essere una persona conosciuta con cui si aveva
qualche tipo di relazione sia questa di tipo affettivo, che di tipo lavorativo che
semplicemente un vicino di casa od oppure a volte anche un semplice sconosciuto.
Continuando nell‟elaborato analizzeremo l‟approccio nei confronti delle vittime,
approfondendo gli strumenti di sostegno sia da un punto di vista morale sia sotto il
profili risarcitorio.
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Capitolo I
Cenni storici. Il cammino evolutivo Internazionale
SOMMARIO: 1.1 Il primo passo: la convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle
donne.- 1.2 Ulteriore evoluzione: dalla 4° conferenza delle donne di Pechino al programma Daphne.- 1.3
Attivazione in Italia della rete antiviolenza Arianna.
1.1- Il primo passo: la convenzione sull’eliminazione di tutte le forme
di discriminazione nei confronti delle donne.
Il cammino storico volto a perseguire l‟obbiettivo del rispetto dei diritti umani e
delle libertà fondamentali senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione parte da
lontano, e precisamente dall‟adozione dello Statuto delle Nazioni Unite e dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che faceva parte del predetto statuto il tutto
risalente alla fine degli anni „40 ; poi il principio della non discriminazione continua ad
essere presente in forma praticamente identica nei due Patti del 1966. Intanto, poco
prima, e precisamente il 20 Novembre 1963, l‟Assemblea Generale aveva adottato la
Dichiarazione delle Nazioni Unite sull‟eliminazione di ogni forma di discriminazione
razziale e qui si cita testualmente l‟art. 1 “La discriminazione tra gli esseri umani legata
alla razza, al colore della pelle o all’origine etnica è un offesa alla dignità e va
condannata come negazione dei principi dello Statuto delle Nazioni Unite, come
violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali proclamate nella Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, come ostacolo alle relazioni amichevoli e politiche tra le
nazioni e come fatto che turba la pace e la sicurezza tra le nazioni.”
Visto che la Dichiarazione non è comunque giuridicamente vincolante, il 21
Dicembre 1965 l‟Assemblea dell‟ O.N.U. ha adottato la Convenzione Internazionale
sull‟Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Razziale, convenzione questa
legalmente vincolante.
Ben quattordici anni dopo, precisamente il 18 Dicembre 1979, con la
Convenzione sull‟eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle
donne, è significativo notare come il concetto di discriminazione è identico a quello
espresso nella Convenzione internazionale sull‟eliminazione di ogni forma di
discriminazione razziale, infatti il predetto concetto che si ripresenta è, che, per
discriminazione razziale si intende ogni distinzione, esclusione, limitazione o preferenza
basata sulla razza, il colore della pelle, la discendenza o l‟origine nazionale o etnica, in
condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico,
economico, sociale e culturale o in ogni altro ambito della vita pubblica.
Pertanto si comincia a capire l‟importanza del contributo delle donne al
benessere della famiglia ed al progresso della società che finora non era stato
pienamente riconosciuto, tenendo quindi conto del ruolo sociale fondamentale della
donna/madre, consapevoli del fatto che, il ruolo di procreatrice della donna non deve
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essere origine di discriminazione. La predetta Convenzione viene ratificata e resa
esecutiva dall‟Italia con la Legge 14 Marzo 1985, n. 132.
1.2- L’ulteriore evoluzione: dalla 4° conferenza delle donne di
Pechino al programma Daphne.
L‟evoluzione della Convenzione stipulata nel 1979 ha portato molti sviluppi nell‟intero
impianto mondiale, che hanno portato poi, come naturale sbocco, all‟istituzione della
Conferenza Mondiale delle donne tenutasi nel 1995 a Pechino.
L‟intera conferenza proponeva l‟analisi monotematica della donna, con la chiara
intenzione di ribadire nuovamente il concetto del riconoscere alla donna stessa totale
indipendenza da qualunque forma di sopruso.
L‟analisi fondamentale su cui bisogna soffermarsi è quella sulla definizione che
viene data alla “violenza contro le donne”, ovvero viene indicata come qualsiasi atto di
violenza, che provoca, o potrebbe provocare, sia un danno fisico, che sessuale o
psicologico, incluse le eventuali minacce di compiere tali atti e non di meno la
coercizione arbitraria della libertà personale che si possa verificare in pubblico o in
privato.
Pertanto la violenza contro le donne comprende senza alcun dubbio la violenza
fisica, sessuale o psicologica, che sia perpetrata in famiglia ovvero nella società (vds.
luogo di lavoro, istituzione scolastiche ecc.) ma nondimeno quella tollerata dallo Stato
ovunque si verifichi.
A seguito di questa conferenza si introduce un elemento importante, ossia quello
di sollecitare i Governi aderenti all‟inasprimento delle sanzioni penali, civili o
amministrative, volte a punire chi si rende colpevole di qualsiasi violenza verso donne
o bambini ed al tempo stesso si esortano i Governi a fornire sostegno alle vittime delle
violenze, garantendo loro accesso ai meccanismi della giustizia ed a giusti ed efficaci
rimedi per i danni subiti.
Tali solleciti sono stati recepiti in toto dall‟ordinamento giuridico attuale del
nostro Paese e riproposti nel Protocollo opzionale alla Convenzione sull‟eliminazione di
tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, adottato dall‟Assemblea
Generale delle Nazioni Unite il 6 Ottobre 1999 ed entrato in vigore e ratificato
dall‟Italia il 22 Dicembre 2000.
Nel quadro Europeo vale la pena citare la decisione del Parlamento Europeo e
del Consiglio che ha portato alla creazione del programma Daphne.
Decisione questa che ha come punto focale il concetto di violenza di cui possono
essere vittime i bambini, gli adolescenti e le donne.
Il programma Daphne è anche uno strumento di informazione sulle violenze
sopracitate ed apporta un aiuto tangibile ai programmi assistenziali già in essere.
Questo programma rappresenta l‟inizio di una cooperazione tra organizzazioni
non governative che svolgono un ruolo determinante nel contrasto alla violenza sulle
fasce deboli offrendo servizi che le autorità pubbliche non sempre sono in grado di
fornire.
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Grazie alle organizzazioni non governative (c.d. ONG), che hanno preso parte a
questo programma, si ha avuto un rafforzamento delle reti europee di sostegno e la
realizzazione di progetti pilota i cui risultati possono essere sfruttati in tutti gli Stati
membri.
Le azioni delle ONG sono volte principalmente al miglioramento ed allo
sviluppo dello scambio di informazioni tra tutti i soggetti coinvolti ( ONG, associazioni
di volontariato, istituzioni pubbliche) ed alla sensibilizzazione del pubblico ad
argomenti scottanti come quelli sulle violenze ai soggetti deboli.
Visto i considerevoli vantaggi apportati dal programma Daphne, una seconda
decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio ha dato vita al programma Daphne II
per gli anni 2004-2008, seguito dal Daphne III per gli anni 2009-2013.
1.3- Attivazione in Italia della rete antiviolenza “Arianna”.
L‟attenzione data dallo Stato Italiano al fenomeno della violenza sulle donne ed
il rispetto delle Convenzioni internazionali sottoscritte e recepite dal nostro Stato hanno
portato alla creazione del progetto “Arianna”
1
, il quale è il primo segnale tangibile dato
dallo Stato per quello che riguarda il contrasto al fenomeno della violenza sulle donne.
“Arianna” non è altro che il precursore dell‟avvio di una rete nazionale contro la
violenza sulle donne, di un osservatorio e di un piano di azione ben delineato; coinvolge
le associazioni femminili ed i centri antiviolenza già presenti sul territorio, nel suo
contesto ha inserito il monitoraggio del fenomeno attraverso l‟andamento delle chiamate
al numero verde antiviolenza 1522
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, che ha permesso e permette di analizzare le
casistiche di violenza mappando il tessuto sociale, migliorando il servizio di
accoglienza ed ascolto telefonico, potendo cosi operare meglio nella funzione di
interfaccia tra le donne ed il difficile mondo dei servizi.
I risultati del progetto “Arianna” non hanno tardato ad arrivare, tant‟è che le
chiamate monitorate in diciotto mesi a cavallo tra il 2006 ed il 2007 hanno permesso di
evidenziare elementi importanti come il fatto che il tipo di violenza denunciata nella
chiamata sia stata messa in atto da:
77,3 % partner;
14,6 % famigliari in genere;
8 % estranei;
1
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per i diritti e le pari opportunità,
wwwpariopportunità.gov.it
2
www.antiviolenza.it
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Questi dati emersi riguardano ogni forma di violenza in quanto nel nostro
ordinamento ancora non era contemplata la fattispecie di reato che andremo a trattare
dopo, ma ci accompagneranno comunque nell‟analizzare poi il profilo dello stalker.