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INT RODUZ IONE
Il 1997 segna un’importante tappa nell' evoluzione dell' approccio europeo
all' occupazione, poiché il Consiglio dell’Unione E uropea adotta il trattato di
A msterdam, che introduce nel T rattato Istitutivo della Comunità E uropea, il titolo
ottavo sull' occupazione. A novembre dello stesso anno, il vertice
sull' occupazione di Lussemburgo, avvia la S trategia E uropea per l' Occupazione
che si pone l’obiettivo di “ un elevato livello di occupazione ” diventato “ questione
di interesse Comune ”.
S i assiste ad una svolta nelle strategie occupazionali degli stati membri, poiché
i tradizionali sistemi di protezione sociale, sono sostituiti dalle “ politiche attive
per il lavoro ”, volte a prevenire il rischio di disoccupazione. T ale nuovo
approccio si sviluppa anche attraverso nuovi strumenti formativi che permettono
ai giovani di usufruire di esperienze lavorative in azienda, senza l’instaurazione
di veri e propri contratti di lavoro subordinato. S i tratta dei tirocini/stages
formativi e di orientamento, che avrebbero dovuto consentire ai giovani
d’inserirsi nel mercato del lavoro, superando i lunghi tassi di tempo nei quali i
diplomati e i laureati rimangono disoccupati e in cerca di prima occupazione.
In Italia gli stages decollano grazie alla Legge 196 del 1997. Il loro scopo
originario è quello di formare “ on the job ”, si tratta di una formazione di tipo
pratico, che si traduce in un’attività lavorativa, la quale si presta ad essere
indebitamente utilizzata, quando l’ente ospitante/datore di lavoro elude l’obbligo
di natura formativa a favore della produzione aziendale. Questo accade, poiché
nel tempo il ricorso agli stages è stato fortemente incoraggiato e incentivato da
una normativa lacunosa che non riconosce al tirocinio il rapporto giuridico di
lavoro, esentando in tal modo la “ datorialità ” e lo S tato, da quelle responsabilità
che sarebbero altrimenti loro in capo. Infatti, per legge, al tirocinante non è
dovuto alcun compenso, nessun rimborso spese, niente ferie, né tutele
previdenziali, cioè quegli interventi messi in atto dallo S tato per i tramite
dell’INP S , a favore dei lavoratori, al fine di assicurarne i mezzi di vita e
l' assistenza in caso di malattie, di disoccupazione o di vecchiaia e che
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consentono il sostegno economico al lavoratore/lavoratrice in situazione di
vulnerabilità e/o bisogno. Il mondo della politica e quello dell' impresa hanno
assunto lo stage come simbolo del nuovo modello formativo dominante,
incentrato sul raccordo tra istruzione/formazione e inserimento lavorativo. S ullo
stage spesso si propongono e si realizzano progetti di respiro nazionale e
internazionale, tanto che nell’arco di un decennio, i tirocini sono passati da
poche migliaia a centinaia di migliaia. P urtroppo l’originario intento formativo si
è perso a favore dello sfruttamento, che avviene sotto gli occhi degli enti
promotori, delegati invece dalla normativa alla vigilanza sul regolare
svolgimento delle attività di tirocinio.
A ccade anche che gli stages sostituiscano i veri lavori, dal momento che in
molte aziende ed enti è nato il posto fisso dello stagista, del ragazzo che ogni
3/6 mesi cambia; gli stagisti si usano per la sostituzione di personale in ferie,
maternità anche nel caso di lavoratori in sciopero.
T utto ciò aggrava la già drammatica situazione della gioventù italiana,
caratterizzata da un’elevata disoccupazione che gli ultimi dati IS T A T rilevano al
di sopra del 30% (il triplo di quella complessiva); alla disoccupazione si deve poi
sommare il fenomeno dei cosiddetti " Neet " , di quei ragazzi tra i 15 e 29 anni,
che scoraggiati non cercano più lavoro che sono il 23,4 %, a seguire gli
inoccupati; tenuto conto altresì di almeno mezzo milione di stagisti e praticanti,
di quei ragazzi che, presso enti, studi professionali o aziende lavorano
gratuitamente o quasi, al di fuori delle tutele previdenziali, con la vana speranza
di ottenere un impiego, foss’anche nelle sue forme più precarie. Alla man can za
d i lavo ro , si acco mp ag n an o la so tto ccu p azio n e, la p recarietà, la riduzione
della quantità e la continuità degli stipendi.
E ’ così che le politiche della S E O si sono affermate negli ultimi quindici anni
esercitando, complice la crisi globale che ne è seguita, i loro effetti
particolarmente negativi sulla condizione dei ragazzi d’oggi, effetti che si
estendono anche al loro futuro.
T utto questo si traduce per le giovani generazioni, in un’aggravata insicurezza,
oltre che economica anche esistenziale, le cui conseguenze si riflettono ancora
sulle relazioni interpersonali, poiché Il lavoro non è soltanto una forma di
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http://it.notizie.yahoo.com/milano-stagista-si-butta-dal-quinto-piano-della-203300563.html
guadagno, ma è prima di tutto un luogo, uno spazio, a volte fisico, a volte
immateriale di relazioni umane, dove ciascuno mette in evidenza le proprie
capacità e investe sul rapporto con gli altri. Diversamente la precarietà riduce
drasticamente per i giovani la possibilità di progettare autonomamente la
propria vita a causa del protrarsi oltremisura della provvisorietà economica e
lavorativa amplificata dal contesto di recessione che stiamo vivendo.
S fiducia e insicurezza possono essere alla base di gesti estremi, com’è
accaduto lo scorso gennaio a Milano, dove un ragazzo di 26 anni, in forza come
stagista presso il gruppo “ Il S ole 24 Ore ”, si è tolto la vita buttandosi dal
terrazzo situato al quinto piano della sede del gruppo editoriale.
Né il prestigioso editoriale, né altra stampa hanno dedicato una riga alla
giovane vittima, tuttavia il web ha giustamente diffuso l’informazione
1
.
Il presente lavoro vuole essere un tentativo di porre al centro del dibattito
sociale la problematica dello “ stagismo ”, cercando di rispondere alla domanda
se lo stage sia effettivamente uno strumento d’inserimento lavorativo utile ai
giovani.
Il primo capitolo apre con la panoramica delle azioni messe in campo
dall’Unione E uropea per promuovere l’occupazione nei propri P aesi, dal trattato
istitutivo della Comunità E uropea al Libro B ianco di Jacques Delors, quello della
Commissione E uropea sull' istruzione e sulla formazione del 1995, al trattato di
A msterdam del 1997, agli obiettivi stabiliti durante il V ertice di Lisbona, che si
proponeva di fare dell’E uropa “ La più grande economia basata sulla
conoscenza ”. Il capitolo chiude con l’analisi del documento di denuncia
sull’abuso degli stages in E uropa, presentato dall’europarlamentare danese,
E milie T u ru n en , approvato dal P arlamento europeo nel 2010.
Il secondo capitolo dopo una panoramica generale sulle alternative
d’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani oltre al tirocinio, ne traccia
l’evoluzione storica e legislativa sino ai recenti sviluppi: A rticolo 11 del decreto
legge 13 agosto 2011, n. 138, livelli essenziali di tutela in materia di tirocini
formativi e relativa circolare dell’ottobre 2011.
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Il capitolo terzo è dedicato ad un’analisi critica degli elementi caratterizzanti dei
tirocini, i soggetti destinatari e la comparazione ai tirocini nei paesi europei, i
soggetti promotori loro facoltà e responsabilità, i soggetti ospitanti, il ruolo
chiave dei tutor per il successo dello stage, la mancata valorizzazione dei
tirocini, la convenzione ed il progetto formativo, le agevolazioni fiscali,
retributive e contributive a favore dei soggetti ospitanti, la vigilanza e le
responsabilità degli enti promotori.
Il capitolo quarto tratta della mancanza di trasparenza sul fenomeno dei tirocini,
data l’assenza di dati statistici utili a determinarne la reale dimensione. A pre
con una panoramica generale sulla distorsione degli stages nei principali paesi
europei ed uno sguardo alle associazioni che sono sorte a difesa degli stagisti.
P rosegue analizzando le informazioni e le performance dei pochi enti che in
Italia forniscono dati in merito. S i sofferma altresì sulla problematica degli
stages nella P ubblica A mministrazione italiana e sulle " Linee Guida sull’utilizzo
dei tirocini formativi e di orientamento”, diffuse recentemente dall’A nci.
Infine il quinto capitolo tratta delle normative in vigore nelle varie regioni italiane
e delle politiche messe in atto da alcune di esse che incentivano l’abuso degli
stages a favore delle imprese.
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CAP I T O L O 1
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Cap ito lo 1
AV V E NIME NT I CHIAV E DE L L A
S T RAT E GIA E UROP E A P E R L ’OCCUP AZ IONE
1.1 In tro d u zio n e
L' approfondimento della politica italiana sugli stage, non può prescindere da
uno sguardo e un po' di storia, delle principali tappe della strategia europea per
l' occupazione messe in atto dall’Unione E uropea, dal momento che le politiche
e le decisioni prese a tale livello, si ripercuotono nel contesto sociale ed
economico del nostro paese.
E ’ Infatti dal 1994 che, a livello europeo, prende avvio un processo di
coordinamento delle politiche del lavoro perseguite dagli stati membri, attorno a
comuni orientamenti di policy, e una prima procedura europea di monitoraggio
delle politiche per il lavoro. In seguito, nel 1997, si diffondono le relative
politiche attive, volte a migliorare l’occupabilità dei soggetti svantaggiati come i
giovani. Da questo momento l’istruzione e la formazione professionale,
divengono variabili fondamentali delle politiche economiche e occupazionali, un
anello di congiunzione tra formazione scolastica e professionalità richiesta dal
mercato del lavoro.
In particolare i tirocini formativi e di orientamento (forse più noti come stage
aziendali), poiché presentano una duplice finalità, cioè quella formativa e quella
orientativa, si connotano come strumento di politica attiva, diretta a favorire
l’inserimento, di diversi soggetti, nel mondo del lavoro. V olti a favorire la
realizzazione di momenti di alternanza tra studio e lavoro, costituiscono anche
un’opportunità per “ agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza
diretta degli ambienti lavorativi ”.
Con la stipulazione dei tre trattati istitutivi delle tre Comunità europee, gli S tati
firmatari, decisero di creare tra loro un mercato comune, in vista di uno
“ sviluppo armonioso delle attività economiche nell' insieme della Comunità,
un' espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un
miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli
S tati che a essa partecipano “ (art. 2 T CE ).
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Il Fondo Sociale Europeo (FSE) è uno degli strumenti finanziari dell'Unione Europea finalizzato a
promuovere la coesione economica e sociale e a ridurre le disparità esistenti tra gli Stati e le diverse
Regioni dell'Unione. Le linee d’intervento su cui si snoda la sua azione, si basano su una piattaforma di
programmazione, risultato della collaborazione sinergica di diversi enti: i Ministeri competenti, la
Commissione Europea, le Regioni e le parti sociali.
E’ uno dei quattro fondi strutturali esistenti, il FESR (Fondo Europeo per lo Sviluppo regionale), il
FEOGA (Fondo europeo agricolo di Orientamento e Garanzia) e lo SFO (Strumento finanziario di
Orientamento per la Pesca), con cui coopera al fine di ridurre gli scostamenti tra le aree più ricche e
quelle più arretrate dell'Unione Europea.
L'FSE finanzia le azioni volte a conseguire le seguenti priorità:
- accrescere l’ adattabilità dei lavoratori, delle imprese e degli imprenditori per ottimizzare ed
anticipare i cambiamenti economici;
- migliorare l' accesso all’occupazione , prevenire la disoccupazione, incoraggiare l'invecchiamento
attivo e prolungare la vita lavorativa;
- potenziare l’ inclusione sociale delle persone svantaggiate, favorendo la loro integrazione nel
mondo del lavoro e combattendo ogni forma di discriminazione;
- potenziare il capitale umano attraverso un'istruzione e una formazione qualitativamente adeguate
e coerenti con le richieste del mercato del lavoro;
- promuovere partenariati, patti e iniziative a livello transnazionale, regionale e locale per favorire
riforme nei settori dell’occupazione e dell’integrazione nel mercato del lavoro.
Dall' atto costitutivo della CE E (trattato di Roma, 1957), emerge come la piena
occupazione sia sempre stata uno degli obiettivi della Comunità E uropea; l’ex
A rt. 117, ora art. 136 T F UE , indica tra le sue finalità, quella di “ promuovere il
miglioramento delle condizioni di vita di lavoro della manodopera che consenta
la loro parificazione nel progresso ”. A questo proposito va ricordato come
all’indomani del secondo conflitto mondiale, nel contesto della creazione di un
mercato comune, e in prospettiva anche di una vera e propria unione
economica, si presentassero urgenti i problemi occupazionali negli S tati membri
e del lavoro nel suo complesso.
Il F ondo S ociale E uropeo
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, nato nel 1957 con il T rattato Istitutivo, sarà il
principale strumento finanziario di cui l' Unione E uropea si servirà per sostenere
e promuovere l' occupazione e la mobilità dei lavoratori. V iene istituito con lo
scopo implicito di dare impulso all’economia di stampo prettamente rurale dei
P aesi aderenti, al fine di far evolvere il sistema economico vigente in
un’economia di mercato in grado di mantenere un alto livello di competizione
dentro e fuori i suoi spazi. Inizialmente esso servirà a sostenere la migrazione
dei lavoratori entro i confini europei e ad aiutare quelli che, a seguito
dell’apertura del mercato comune, avevano perduto il lavoro. Le risorse
finanziarie sono così utilizzate soprattutto per i sussidi di disoccupazione, gli
ammortizzatori sociali, i prepensionamenti. S uccessivamente, il F ondo S ociale
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L’OCSE o Organisation for Economic Co-operation and Development è un'organizzazione
intergovernativa a livello internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in
comune un sistema di governo di tipo democratico e un'economia di mercato. Il suo scopo è di favorire e
coordinare la crescita economica degli stati membri.
E’ stata istituita con la Convenzione sull'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,
firmata il 14 dicembre 1960, sostituendo l'OECE, creata nel 1948 per amministrare il cosiddetto "Piano
Marshall" per la ricostruzione postbellica dell'economia europea.
Attualmente conta trentaquattro paesi membri e ha sede a Parigi, nello Château de la Muette.
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L’OIL o International Labour Organization è l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che persegue la
promozione della giustizia sociale e il riconoscimento universale dei diritti umani nel lavoro.
La costituzione dell’OIL fa parte dei trattati di pace nella Conferenza di Versailles, alla fine della prima
guerra mondiale. I suoi interventi fondamentali sono in materia di condizioni di lavoro e in seguito di
programmi di cooperazione tecnica e impulso alla promozione dei diritti umani. A questo proposito si
ricorda la dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali in materia di lavoro del 1998. I principi sui
quali si fonda la sua attività sono riportati nella Dichiarazione di Philadelphia del 1944.
Suo obiettivo fondamentale è che ogni uomo e ogni donna possano avere accesso a un lavoro decente e
produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità. Ciò consente di cogliere anche
all'interno dei meccanismi normativi dell’OIL una tendenza a integrare interventi di regolamentazione
eteronoma, cioè la necessità di intervenire non solo con norme inderogabili, ma anche con mezzi di
azione normativa diversa, cioè, mezzi di Soft Loaw, soprattutto in relazione a problemi legati alle
politiche dell'occupazione.
E uropeo finanzia in collaborazione con gli S tati membri, programmi per lo
sviluppo delle capacità delle persone e del loro potenziale per il lavoro,
soprattutto a favore di coloro che affrontano i maggiori ostacoli per trovare o
mantenere un lavoro.
T uttavia, prima del 1997, la cooperazione fra gli S tati membri consisteva
soprattutto nella tradizionale collaborazione fra governi in seno ad
organizzazioni internazionali come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo
S viluppo E conomico (OCS E )
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e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro
(OIL)
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, piattaforme multilaterali di cooperazione europea e internazionale
soprattutto in materia di mercato del lavoro. I problemi strutturali e le difficoltà
macroeconomiche degli anni ’90 hanno fatto emergere l’esigenza di una
risposta coordinata a livello europeo.
T ra il 1990 e il 1994 nei paesi dell’allora CE E si sono persi circa sei milioni di
posti di lavoro con un tasso di disoccupazione che era salito dal 7,7% all’11%.
L’incapacità di contenere la crescita della disoccupazione con le politiche
classiche del lavoro, ha così indotto gli stati della Comunità a cercare un nuovo
modello di politica attiva.
Il Libro B ianco di Delors darà il via a un processo di sistematica analisi degli
andamenti di occupazione e disoccupazione dei paesi membri, diventando, in
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I libri bianchi sono documenti che contengono proposte di azione comunitaria in un settore specifico.
Talvolta fanno seguito a un libro verde pubblicato per promuovere una consultazione a livello europeo. I
libri verdi espongono una gamma di idee ai fini di un dibattito politico. I libri bianchi, invece, contengono
una raccolta ufficiale di proposte in settori politici specifici e costituiscono lo strumento per la loro
realizzazione.
breve tempo, la base sulla quale fondare un “approccio comunitario” al tema
dell’occupazione.
1.2 Il lib ro b ian co d i Delo rs
Nel difficile contesto di recessione economica che coinvolge la Comunità
europea nei primi anni ‘90, Jacques Delors presiede la Commissione europea
dal gennaio 1985 al gennaio 1995. Nel dicembre del 1993, presenta alla
Commissione E uropea il celebre Libro B ianco
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su " Crescita, competitività,
occupazione”. Il " Rapporto Delors" mette in evidenza come il problema
principale per l' E uropa, dopo il primo shock petrolifero del 1973 sia l' elevato
tasso di disoccupazione (ben 18 milioni di disoccupati corrispondente a un
tasso di circa l' 11%), in particolare quella giovanile. T ra le cause sono
identificati il fenomeno della scarsa creazione di nuovi posti di lavoro e quello
dei bassi livelli di investimenti dovuti, a loro volta, alle politiche
macroeconomiche adottate negli S tati membri della comunità europea.
L' obiettivo primario del Libro B ianco diventa quindi quello della creazione (entro
il 2000) di quindici milioni di posti di lavoro. P er raggiungere questo scopo si
rende necessaria una crescita economica sostenuta, accompagnata da una
maggiore intensità occupazionale.
Una speciale attenzione è rivolta a un particolare tipo di disoccupazione che
caratterizza il sistema europeo e cioè la disoccupazione tecnologica.
La disoccupazione tecnologica, secondo il Libro B ianco, è fortemente legata a
un livello d' istruzione e di formazione professionale scarsamente adeguato ai
rapidi sviluppi della tecnologia e al fenomeno della globalizzazione
dell' economia in cui il sistema europeo è ormai coinvolto.
L' istruzione e la formazione diventano, a questo punto, strumenti di politica
attiva del mercato del lavoro, utili ad adeguare il livello di preparazione
professionale soprattutto dei giovani alle nuove e mutevoli esigenze del
mercato del lavoro. In questo contesto il principio fondamentale che deve