INTRODUZIONE
"L'importante è partecipare, non vincere!"
Pierre de Coubertin
Questa frase, oltre a sintetizzare il pensiero olimpico originario finalizzato alla
formulazione di una nuova pedagogia sportiva, rappresenta il punto di partenza
per l'analisi del ruolo dello sport nelle relazioni internazionali. Questo lavoro
intende esaminarne le funzioni in un contesto mondiale, quello dei giochi
Olimpici. Tale manifestazione infatti, oltre ad essere l'evento sportivo più
importante del mondo, si differenzia dalle altre competizioni per la
trasmissione di valori che vanno oltre l'antagonismo fine a se stesso: le
Olimpiadi si propongono di mettere "lo sport al servizio dello sviluppo
armonico dell'uomo, per favorire l'avvento di una società pacifica, impegnata a
difendere la dignità umana"
1
. Il compito è proprio quello di promuovere i
principi dell'olimpismo, in conformità alla Carta Olimpica che lo descrive
come "filosofia di vita".
Il primo capitolo analizzerà brevemente la storia dei giochi, dalla loro origine
in terra ellenica alla loro rinascita grazie all'operato di de Coubertin, e la loro
progressiva strumentalizzazione politica ad opera degli Stati. I giochi di
Olimpia furono gli antesignani dell'odierna globalizzazione e Pierre de
Coubertin ne recepì il loro messaggio universalista, trasmettendolo al mondo
contemporaneo. I valori olimpici tuttavia trovarono riscontro giuridico soltanto
a metà del XX secolo con la stesura della Carta delle Nazioni Unite e la
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Il messaggio di pace e dialogo
internazionale promosso dallo spirito olimpico rimane attuale dopo oltre cento
anni. Il fondatore dei giochi moderni lo considerò uno strumento pedagogico
1
CIO, Olympic Charter, Losanna, 2013, p.11
4
necessario e reputò lo sport un "international peace-maker"
2
. Le Olimpiadi,
così come le immaginò de Coubertin, sarebbero dovute essere al di sopra delle
realtà nazionali e delle ingerenze politiche esterne, ma la realtà fu ben diversa.
I regimi totalitari della prima metà del XX secolo sfruttarono lo sport
inserendolo nelle proprie dottrine ideologiche e utilizzarono le Olimpiadi come
vetrina internazionale e fonte di potenza e prestigio.
Il secondo capitolo si soffermerà sulla nascita e sulle funzioni delle Nazioni
Unite e analizzerà il rapporto tra ONU e CIO. L'olimpismo e la Carta
Olimpica, infatti, influenzarono il processo di stesura dei principi propugnati
dall'ONU come emerge da una disamina dei documenti più rilevanti. Gli ideali
e gli obiettivi delle due organizzazioni si incrociarono spesso anche se un vero
e proprio avvicinamento avvenne solo in tempi più recenti.
La relazione tra sport e politica è manifesta: partendo dall'assunto che le
nazioni sono delle comunità immaginate
3
e che l'identità nazionale è il prodotto
di una mescolanza di simboli, storie e rituali, si evince che dal punto di vista
identitario le competizioni internazionali consolidano l'identificazione degli
atleti con la nazione di provenienza
4
. Le Olimpiadi moderne imposero sin
dall'inizio questo legame tra l'atleta e il paese di appartenenza, vietando
espressamente agli Stati di farsi rappresentare da altri: l'atleta apolide non può
infatti prendervi parte. La stessa cerimonia d'apertura consiste in una parata in
cui i partecipanti marciano dietro le bandiere dei rispettivi Stati. Gli sconfitti,
durante le celebrazioni delle vittorie, devono stare sull'attenti mentre la
bandiera del paese dell'atleta campione viene innalzata, accompagnata dalle
note dell'inno nazionale
5
. I giochi, infatti, "pur rivendicando un universalismo
che trascende il nazionalismo, si basano sul principio della rappresentazione
nazionale"
6
.
2
A. Stelitano, Olimpiadi e politica. Il CIO nel sistema delle relazioni internazionali, Udine,
Forum Editrice, 2008, p. 14
3
N. Sbetti, Giochi di potere. Olimpiadi e politica da Atene a Londra 1896-2012, Firenze,
Mondadori Education, 2012, p. 2
4
Ibidem
5
D. B. Kanin, A Political History of the Olympic Games, Westview Press, Boulder, Colorado,
1981, p. 23
6
N. Sbetti, Giochi di potere, cit., p. 2
5
Nonostante la geografia sportiva sia diversa da quella politica, gli Stati che
partecipano alle Olimpiadi sono fondamentalmente gli stessi che fanno parte
delle Nazioni Unite: la manifestazione sportiva riflette la dimensione
geopolitica mondiale.
Il terzo capitolo approfondirà proprio quest'ultimo aspetto. Le Olimpiadi sono
un barometro quadriennale sullo stato dei rapporti diplomatici e un
palcoscenico dove sono proiettate le crisi mondiali
7
: mai come durante la
guerra fredda esse furono teatro di veri e propri scontri politici e ideologici. I
temi più dibattuti riguardarono il conflitto bipolare Est-Ovest e la condanna del
razzismo. L'elaborato si soffermerà sul secondo aspetto: le lotte alla
discriminazione razziale in generale, e all'apartheid nello specifico, produssero
una notevole quantità di documenti transnazionali che provocarono, da parte
delle organizzazioni intergovernative e degli Stati, un'intrusione nell'attività del
Comitato Olimpico Internazionale, facendo emergere ancora una volta quel
vincolo indissolubile che, da sempre, lega sport e relazioni internazionali.
7
Ivi, p. 3
6
CAPITOLO I
SPORT E RELAZIONI INTERNAZIONALI:
DALLE ORIGINI ALLE OLIMPIADI MODERNE
1.1. Le Olimpiadi nell'antica Grecia: sacralità e conservatorismo
Le Olimpiadi antiche furono in tutto e per tutto dei giochi sacri. Vennero
fondate ufficialmente nel 776 a.C. e organizzate ogni quattro anni: guerre o
impedimenti politici non ne causarono mai la sospensione. I giochi di Olimpia
non possono essere considerati internazionali ma panellenici, dal momento che
alla loro nascita i greci erano concentrati nell'Egeo, a Sud dei Balcani e
nell'odierna Turchia, senza aver mai formato un'unica collettività politica: vi
erano una miriade di comunità greche separate e autonome, organizzate nelle
cosiddette polis, le città-Stato. Il sito di Olimpia non divenne sacro grazie ai
giochi: era già da secoli un santuario dedicato a Zeus.
Le Olimpiadi furono l'evento più prestigioso di un circuito panellenico di
festival atletico-religiosi denominato Perìodos: oltre a quelli di Olimpia,
dedicati a Zeus, erano quadriennali anche i giochi Pitici che si tenevano a Delfi
in onore di Apollo; a cadenza biennale erano invece i giochi Nemei, anch'essi
in onore di Zeus, e quelli Istmici, disputati a Corinto in onore di Poseidone.
Non erano presenti vere e proprie architetture e mancavano i grandi impianti
sia per gli spettatori che per gli atleti stessi: vi era solo un recinto sacro a Zeus
e tutte le gare si disputavano dentro il recinto aperto, vicino all'altare in onore
di Zeus, con ingresso libero. Malgrado le infrastrutture primitive, gli spettatori
furono sempre numerosi sulle gradinate dello stadio.
La durata era di cinque giorni e larga parte del tempo era destinata a cerimonie
religiose. Tale numero di giorni venne deciso solamente nel V secolo a.C.
Inizialmente i giochi erano abbastanza scarni dal punto di vista della
strutturazione e si svolgevano nell'arco di un unico giorno. Nelle prime
7
Olimpiadi si svolgeva un solo evento sportivo, la corsa di uno stadion
8
; una
seconda corsa venne aggiunta solo nella quattordicesima Olimpiade e la prima
gara non di corsa soltanto nella diciottesima edizione. Dopo che venne
decretata la durata canonica di cinque giornate, l'organizzazione classica dei
giochi non mutò più fino alla loro estinzione. Il tradizionale programma
prevedeva che il primo giorno fosse esclusivamente appannaggio delle feste,
dei rituali e dei sacrifici. Comprensibile che quando l'Impero divenne cristiano,
questi giochi non furono più tollerati e vennero chiusi. In una società plasmata
dallo spirito combattivo, gli sport più popolari non potevano che riguardare
situazioni efferate e brutali. L'ultimo pomeriggio era dedicato al gran finale,
ovvero gli sport corpo a corpo: la lotta, il pugilato e il pancrazio. Le regole
erano poche e non c'erano né limiti di tempo né categorie di peso.
La data d'inizio era stabilita in base a un calendario religioso, in modo che il
terzo giorno dei giochi coincidesse con il secondo o con il terzo plenilunio
dopo il solstizio d'estate. In primavera tre "araldi sacri"
9
facevano il giro
dell'Ellade per annunciarne l'inizio imminente. Gli araldi proclamavano anche
una tregua sacra per un determinato periodo: inizialmente la durata era di un
mese, ma col tempo venne progressivamente estesa a tre. Ovviamente la tregua
non significava interruzione totale delle guerre, diffuse in modo capillare.
L'obiettivo stabilito riguardava la salvaguardia dei giochi, che non dovevano
essere in nessun modo sconvolti o interrotti dalle diverse battaglie: la loro
sospensione era semplicemente volta a costruire un corridoio liberamente
transitabile per permettere a pellegrini e partecipanti di viaggiare senza
pericolo. Solo le ostilità da parte degli elei o contro di loro erano quindi
proibite e punite secondo la "legge olimpica". Oltre l'efficacia dissuasiva della
religione, un'altra garanzia per la tregua proveniva dall'interesse dei greci per le
Olimpiadi, combinato all'irrilevanza politica, economica e militare dell'Elide
come Stato, che fu dichiarato neutrale e sacro a Zeus
10
. Gli atleti dovevano
giungere con un mese di anticipo per allenarsi sotto la supervisione dei giudici.
8
Ivi, p. 14
9
M. I. Finley - H. W. Pleket, I Giochi Olimpici. I primi mille anni, Roma, Editori Riuniti,
1980, p. 34
10
Ivi, pp. 98-99
8