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INTRODUZIONE
La donna che affronta il parto, caratterizzato spesso da profondi cambiamenti e
intense emozioni, vive uno dei momenti più delicati della propria vita.
Ai momenti di gioia si contrappongono preoccupazioni, paure, senso di
smarrimento e sconforto: eventi dolorosi e traumatici.
Probabilmente, il dolore e le preoccupazioni assumono per la partoriente una
duplice funzione:
favorire il distacco dal proprio figlio - verso il quale non andrebbe mai
volontariamente - concentrando tutta l’attenzione sul parto stesso;
consentire uno “sfogo” alla sofferenza emotiva data dalla separazione.
Il dover affrontare il dolore e la capacità di far fronte a questo difficile momento,
significa mettere a dura prova tutte le forze disponibili, fino al superamento dei
limiti più estremi perché il parto lo impone e non è possibile sottrarsi.
Ed é proprio nell’affrontare la prova che le madri vedono attivarsi nuove risorse,
nuovi potenziali e una rinata forza grazie ai quali riescono a dar vita al proprio
figlio.
Ecco che il parto spontaneo, nella sua complessità, diventa un evento che porta
linfa vitale alla propria autostima, accresce notevolmente la fiducia in se stesse e
crea terreno fertile per quel corretto e solido rapporto con il proprio bambino che
inizia immediatamente dopo il parto, quando la madre e il piccolo si “incontrano”
per la prima volta, dando vita a quei legami affettivi che saranno alla base della
loro futura relazione.
Non sempre, però, le gravide possono vivere questo tipo di esperienza.
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Numerose condizioni possono infatti imporre il ricorso al taglio cesareo: una via
non “naturale” per partorire.
Mi sono chiesta come le donne vivano questo tipo di esperienza, se lo stato
emotivo è lo stesso di coloro che effettuano un parto spontaneo e se il ricorso al
cesareo può avere risvolti negativi.
Sulla base di questi interrogativi, ho iniziato a indagare l’argomento della mia tesi.
L’aspetto più rilevante evidenziato da questa ricerca, è la maggior percentuale di
emozioni negative provate (senso di inadeguatezza e fallimento) a cui vanno
incontro le neo madri dopo cesareo rispetto a quelle dopo spontaneo.
Sulla base di questi riscontri, altri interrogativi:
La tecnica anestesiologica utilizzata influisce ulteriormente sulla
percezione di tali disagi?
In caso di anestesia generale, e quindi di mancata partecipazione
cosciente alla nascita del proprio figlio (deprivazione), i disagi emotivi
vengono ulteriormente incrementati?
Quanto sopra ha lo scopo di indagare la soddisfazione materna e i principali stati
d’animo vissuti in seguito al parto.
Nella prima parte dell’elaborato ho ritenuto di trattare i temi legati al taglio
cesareo e al tipo di anestesia utilizzata nei vari casi: incidenza, indicazioni,
anestetici, tecniche anestesiologiche con rischi e vantaggi di ognuna.
La seconda parte, invece, ha per oggetto la presentazione dei risultati
dell’indagine che mi è stato consentito di condurre presso il punto nascita
dell’Azienda Ospedaliera di Perugia e trae conclusioni dalle risultanze del
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questionario da me somministrato alle puerpere, in forma anonima, durante i
giorni di degenza.
Ho elaborato il questionario al fine di poter avere precise indicazioni su quali
fossero i vissuti, mettendo in evidenza potenziali differenze associate alle diverse
modalità di parto, evidenziando gli elementi in grado di fornire informazioni sulla
qualità percepita e la soddisfazione dell’esperienza vissuta.
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CAP. 1 IL TAGLIO CESAREO
Con notevole frequenza, si presentano condizioni tali da rendere necessario il
ricorso al parto cesareo che negli ultimi decenni, grazie al perfezionamento delle
tecniche chirurgiche, può far fronte anche alle più complicate situazioni.
Nel corso dei secoli questo intervento ha subito numerose trasformazioni, fino a
divenire un vero e proprio “modo” di nascere assai diffuso in tutto il pianeta. Ciò
grazie alle innovazioni tecnologico-chirurgiche che hanno consentito una
complessiva riduzione del rischio materno ad esso associato.
1.1 Origini storiche del taglio cesareo
Non è possibile stabilire con precisione l’origine esatta del parto cesareo.
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Si suppone, però, che esso fosse già noto ad alcune antiche civiltà tra cui quelle
degli Egizi, degli Indiani e dei Greci.
E’ stato più volte descritto come una modalità di nascita di importanti eroi e
guerrieri della mitologia, probabilmente per enfatizzare l’idea di una nascita
“miracolosa“, fuori dalla natura e quindi non comune.
Il taglio cesareo non è stato solo descritto nei racconti di mitologici.
Il primo regolamento a dettarne l’esecuzione fu quello racchiuso in un’
antichissima legge romana chiamata “lex caesarea”, emanata nel 715 a.C.
dall’Imperatore Numa Pompilio [1].
Questa legge non consentiva la sepoltura del cadavere di una donna gravida senza
prima aver estratto il feto, come tentativo estremo per il bambino.
Il primo parto cesareo, presente in letteratura, è stato descritto da Plinio il Vecchio
(I secolo d.C.) che narrò la nascita di Scipione l’Africano avvenuta appunto con
taglio cesareo sulla madre Aurelia ormai priva di vita [2].
Durante il corso dei secoli il parto cesareo divenne una vera e propria tecnica
terapeutica ed il primo intervento di questo genere, con esito positivo, fu
effettuato nel 1540 dal chirurgo mantovano Gaspare Bauino.
L’intervento subì perfezionamenti nel corso degli anni, fino a fargli assumere un
ruolo di “salvezza“ per madre e bambino, nei casi di impossibilità assoluta
dell’espletamento del parto naturale.
E’ da segnalare che l’incremento esponenziale di tale intervento favorì anche, nel
XVIII secolo, le critiche della scuola francese anticesarea.
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Le probabilità di sopravvivenza materna intra e post-operatoria hanno subito un
notevole incremento nel corso dei decenni.
In base ad esse è possibile distinguere ben cinque periodi, caratterizzati da diverse
tecniche chirurgiche e innovazioni.
Del periodo fino al XV secolo, non si hanno notizie precise.
Il secondo periodo, dal XVI fino a metà del XIX secolo, è stato caratterizzato da
esiti assai sfavorevoli. Le pubblicazioni mediche dei primi dell’ottocento, infatti,
mostrano percentuali di fallimento circa pari al 100% [3].
Il terzo periodo ha inizio nel 1876 con l’intervento del Prof. Edoardo Porro
eseguito nella Clinica Ostetrica di Pavia [4]: l’estrazione fetale per via cesarea
veniva seguita da un’isterectomia subtotale ed annessectomia bilaterale con
riduzione della mortalità materna fino al 25%.
Nel 1881 inizia il quarto periodo caratterizzato dalle innovazioni introdotte dai
Proff.i Ferdinand Adolf Kehrer e Max Sanger [5] che eseguirono, raggiungendo
esiti favorevoli, il taglio cesareo “conservativo“ con sutura dell’utero evitando,
quindi, l’asportazione dell’organo (Figura 1.1).
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Figura 1.1- Isterorrafia post-cesareo
Nel 1906 ha inizio il quinto periodo che possiamo dividere in due parti :
• Introduzione della tecnica razionale dell’incisione segmentaria con il Prof.
Frank;
• Taglio cesareo sopra sinfisario trans peritoneale sul segmento inferiore
con il Prof. Sollheim.
Queste tecniche ridussero il tasso di mortalità materna all’1%.
Naturalmente l’intervento si è andato gradualmente affermando anche grazie a:
- Sviluppo di tecniche operatorie più sofisticate;
- Introduzione di tecniche anestesiologiche che contribuirono a ridurre la
mortalità per shock da dolore;
- Avvento degli antibiotici.
Nel corso degli ultimi decenni il ricorso al taglio cesareo ha subito una diffusione
esponenziale: le indicazioni sono andate sempre più aumentando aggiungendo a
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quelle assolute altre motivazioni discutibili sia dal punto di vista scientifico sia da
quello etico e morale.
Il parto cesareo ha perso nell’immaginario sociale i connotati di vero e proprio
intervento chirurgico o viene considerato “più sicuro” del parto naturale perché
maggiore è il controllo medico sulla situazione sia sulla madre sia sul feto.
Il taglio cesareo, ideato come una modalità extra-ordinaria di partorire, oggi viene
invece visto come una modalità di parto naturale: sicura, rapida, indolore.
E’ divenuto, purtroppo, il modo moderno ed attuale di partorire al quale la donna
può essere sottoposta o sottoporsi anche in assenza di seri motivi clinici.
Dagli anni ’70 il numero dei tagli cesarei è quasi triplicato in tutto il pianeta,
portando ad una svolta epocale - e in parte innaturale - della storia dell’uomo.
1.2 Epidemiologia del taglio cesareo
Negli ultimi 30 anni, in molti paesi europei e non, si è osservato un aumento
vertiginoso della percentuale di parti mediante taglio cesareo.
I tassi di incremento presentano una notevole variabilità da paese a paese e sono
stati oggetto di studio per comprendere le cause del fenomeno e adottare strategie
per ridurne l’incidenza. Non sfugge, infatti, che il taglio cesareo pur essendo
considerato un intervento semplice e sicuro, si associa ad una mortalità materna
triplicata rispetto a quella associata al parto spontaneo.
A livello mondiale, tra i paesi che hanno subito notevoli variazioni dell’incidenza
di taglio cesareo, possiamo fare riferimento all’Australia (dal 19,4 % del 1994 al
29,1% del 2004) e all’America Latina dove si registra circa il 33%. Un
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incremento maggiore presente negli Stati Uniti (dal 4% del 1950 al 30,2 % del
2005) [6], comportò una elevata spesa sanitaria che spronò così una politica di
contenimento, con incoraggiamento del parto spontaneo, anche in gravide
precesarizzate. Inizialmente con questa politica si raggiunsero tassi del 22%, ma si
registrò successivamente un ulteriore incremento, legato al ridimensionamento del
TOLAC (trial of labor after cesarean section), per un’aumentata incidenza dei casi
di rottura d’utero, mortalità e morbilità perinatale registrati in donne
precesarizzate .
1.2.1 Situazione in Europa e in Italia
Nel rapporto 2008 dalla European Perinatal Healt, è risultato che tra i paesi
europei l’Italia è quello in cui si registra la più alta percentuale di tagli cesarei,
seguita subito dopo dal Portogallo (circa 33%).
Nei paesi del Nord Europa (Norvegia, Finlandia, Danimarca e Svezia), invece, il
trend di crescita dei tagli cesarei si è arrestato intorno a valori del 12–14%,
mantenendosi così al di sotto del limite di sicurezza individuato già nel 1985
dall’O.M.S. che raccomandava il ricorso al parto cesareo nel 10–15% dei parti
totali [7], al fine di garantire benefici materni e neonatali.
Nel nostro paese emergono, negli anni, percentuali di ricorso al taglio cesareo
sempre crescenti. Dalle più recenti ricerche ISTAT è possibile osservare
l’incremento di questa incidenza a partire dal 1980 con l’11,2%, passando al
27,9% nel 1996, per raggiungere il 29,9% nel 2000 [8] [9].
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Dall’analisi dei CEDAP degli ultimi anni, il tasso di incidenza dei parti cesarei
continuata la sua ascesa, raggiungendo un tasso nazionale del 36,9% nel 2004 fino
a raggiungere addirittura il 38% nel 2008 (Figura 1.2).
38%
36,9%
29,9%
27,9%
11,2%
0%
10%
20%
30%
40%
1977 1982 1987 1992 1997 2002 2007 2012
Figura 1.2-Percentuali riferite ai tagli cesarei in Italia dal 1980 al 2008
Queste percentuali non risultano, inoltre, esser distribuite in maniera omogenea tra
le regioni (Figura 1.3).
Figura 1.3 – Percentuali di distribuzione del taglio cesareo in Italia nel 2008 (fonte: SDO 2008)