7
INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi si propone di indagare il fenomeno del trasferimento
tecnologico dagli enti pubblici di ricerca, nella fattispecie dalle Università, al settore
imprenditoriale e più in generale alla società, nelle sue varie forme e sfaccettature.
Accennando all’annoso dibattito sul ruolo delle istituzioni pubbliche di istruzione
superiore e ricerca nello sviluppo socio-economico del territorio, si porrà l’attenzione su
quali siano gli strumenti deontologicamente leciti e operativamente più efficienti di
esternalizzazione della conoscenza, nonché sulle finalità più opportune di cui investire
tali processi.
Proseguendo nel primo capitolo, si procederà ad analizzare quella particolare forma
di attuazione della “Terza missione
1
” delle università integrata dalla costituzione di
società spin off
2
attraverso lo sfruttamento di risorse provenienti dalla ricerca pubblica.
Più precisamente, saranno presi in considerazione e approfonditi gli spin off universitari
in senso lato, cercando di addivenire ad una definizione onnicomprensiva del fenomeno
e dando conto delle origini di tale tipologia societaria, delle forme attraverso le quali si
esprime, delle fasi di sviluppo che attraversano siffatte iniziative imprenditoriali, nonché
degli specifici ostacoli e delle complesse problematiche che ne disseminano il percorso
verso il successo.
Dopo aver delineato il quadro teorico complessivo, nel secondo capitolo sarà posto
l’accento sulla normativa costituzionale di riferimento, approfondendo poi sui principali
interventi legislativi, alcuni dei quali già indicati nel primo capitolo, e gettando uno
sguardo da vicino sull’autodisciplina di cui si sono dotati progressivamente gli enti
universitari in virtù del consistente grado di indipendenza disciplinare e di
responsabilità finanziaria ad essi attribuito. Prima però ci si concederà una parentesi per
trattare di due tematiche che intersecano la direttrice principale della trattazione,
discutendo in merito alle attuali normative sui brevetti e sulle pubblicazioni scientifiche.
Nella parte terza lo studio proseguirà sviluppando una breve analisi in merito a due
casi di società sviluppate dalla ricerca pubblica: uno spin off di tipo universitario e uno
invece gemmato da un importante istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
1
Third mission, o Third stream, cioè Terzo flusso.
2
Nel corso della trattazione il termine non verrà più usato in corsivo per non appesantire la lettura.
8
Entrambe le imprese impegnate nel settore della tecnologia dell’informazione e della
comunicazione, plasmando però lo strumento informatico per fornire servizi avanzati in
campo giuridico e amministrativo, sia pubblico che aziendale privato.
La conclusione della trattazione vedrà, nel quarto e ultimo capitolo, tirare le somme
delle problematiche enucleate e delle possibili soluzioni, alcune già anticipate,
all’impasse in cui si trova al momento il Paese. Verranno individuati in concreto alcuni
utili passi da compiere, anche in ambiti collaterali rispetto al contesto strettamente
attinente agli spin off, nel cammino dell’Italia verso la riconquista del posto che le
spetta tra le grandi potenze industriali del mondo e tra le nazioni leader
nell’innovazione.
9
Capitolo I
LA TERZA ELICA DELL’UNIVERSITÀ:
VECCHIE E NUOVE MISSIONI DELL’ISTRUZIONE PUBBLICA
1. Un po’ di storia
La tematica che verrà affrontata in questa sede non può certo essere definita
d’avanguardia, quantomeno per gli addetti ai lavori e per la letteratura di settore. Infatti
il dibattito sul trasferimento di conoscenza dagli enti accademici allo spazio circostante
ormai è secolare e si può dire che abbia accompagnato, se non anticipato, la stessa
nascita (ammesso che nella storia ci sia qualcosa che nasce) della moderna concezione
di università.
Fin dalla sua istituzione nell’XI secolo
3
, l’Università ha individuato come propria
funzione fondamentale la conservazione e trasmissione della conoscenza, mentre la
ricerca, ove condotta, rivestiva una posizione ancillare rispetto alla didattica.
La stessa immagine icastica della turris eburnea
4
, che oggi per lo più denuncia «lo
splendido isolamento» delle università italiane
5
, bene si attaglia ad una caratteristica che
l’accademia ha sempre ricercato e custodito gelosamente: la libera speculazione,
autonoma da qualsiasi condizionamento esterno. Se da una parte l’Università
medievale
6
aveva una propria autonomia giuridico-amministrativa ed una certa
indipendenza da poteri temporali e spirituali, pur mantenendo un certo legame con il
mondo ecclesiastico; dall’altra, però, era estremamente conservatrice: preparava medici,
teologi e giuristi, ma era poco dedita alla ricerca, ed una parte di quest’ultima era spesso
3
Tradizionalmente è fissata la data del 1088 d.C per segnare la fondazione dell'Università di Bologna,
considerata la prima università, nel senso moderno del termine, del mondo occidentale e sicuramente una
delle più antiche istituzioni di istruzione superiore del mondo; la più antica pare essere l'Università al-
Qarawiyyin, fondata a Fès (Marocco) nell'859 d.C.
4
Vedi, fra gli altri, F. MELONI, L’università per lo sviluppo del territorio per una nuova governance
dell’università che ne rafforzi la funzione di valorizzazione delle conoscenze, risorse per lo sviluppo delle
comunità e del territorio, Nuove Grafiche Puddu, Cagliari, 2007.
5
S. GAGLIARDUCCI, A. ICHINO, G. PERI, R. PEROTTI, Lo splendido isolamento dell’università italiana, in
«T. BOERI, R. FAINI, A. ICHINO, G. PISAURO, & C. SCARPA (a cura di), Oltre il declino», il Mulino,
Bologna, 2005, pp. 157-222.
6
Quindi almeno fino al XV secolo, dopo il quale la progressiva affermazione degli Stati nazionali
moderni comporterà l’imposizione di una sovranità centralistica, a danno dei diritti particolari.
10
celata all’occhio inquisitore della Chiesa
7
.
Fra Quattro e Cinquecento si assiste ad un rilevante cambio nel rapporto tra
l’Università e non tanto la cultura cristiana (bisognerà attendere l’Illuminismo) quanto
un sempre più pervasivo e invadente potere statuale; processo che culminerà in età
Napoleonica
8
.
L ’epoca Rinascimentale vede una maggiore importanza della ricerca sugli assetti
economico-sociali e il dibattito scientifico si sposta dal mondo chiuso delle università
medievali, che durante tutto questo periodo rimarranno fedeli al metodo della filosofia
Scolastica, a quello delle Accademie, istituzioni alternative dove gli Umanisti creano un
terreno fertile per il fiorire di nuove discipline e teorie e un luogo idoneo a dare impulso
alla scienza sperimentale e a tutte le attività teorico-pratiche di vitale importanza per
una società in costante evoluzione
9
.
La situazione cambia agli esordi dell’Ottocento, quando le Università vengono
radicalmente riformate riguadagnando una posizione di preminenza rispetto alle
Accademie: è in questo periodo storico che si possono più nitidamente riprendere le
radici della querelle in ordine al ruolo dell’Università. Dibattito vivace in questa fase,
che vede fondamentalmente anteposte la visione di matrice Humboldtiana
dell’educazione scientifica come valore in sé, e quella tipicamente Napoleonica
dell’innovazione e del progresso economico e tecnologico come strumenti di
emancipazione dall’Ancien Regime al servizio della crescita di una nuova moderna
nazione
10
.
Ad ogni modo, giunti verso la fine del XIX, l’affermazione delle facoltà tecnico-
scientifiche e dei politecnici, in parallelo al dispiegarsi della seconda rivoluzione
industriale, porta ai primi sistematici rapporti tra speculazione e lavoro
11
e
all’introduzione stabile della ricerca in ambito universitario
12
. Il celeberrimo professore
7
Cfr. M. C. PIEVATOLO, L’università e le sue crisi, in «Bollettino telematico di filosofia politica», 29
agosto 2012, btfp.sp.unipi.it.
8
Cfr. G. TANZELLA-NITTI, Università, in «Dizionario interdisciplinare di Scienza&Fede», 2002, disf.org.
9
Cfr. L'Università medievale e le Accademie del Rinascimento, benedett.provincia.venezia.it.
10
Cfr. P. TOSI, Le radici e l’attualità di un percorso di sviluppo basato sulla ricerca, in «Analysis -
Rivista di cultura e politica scientifica», n. 1-2, 2009, ANPRI, Roma, pp. 19-22.
11
Cfr. L. D’ANDREA , Per una teoria sociologia dell’innovazione, in «Conoscenza & Innovazione»,
Rivista elettronica del CERFE sulla responsabilità tecnologica, 2006.
12
Cfr. S. CAMPODALL’ORTO, P. VERCESI, Deve l’università occuparsi di trasferimento tecnologico?, in
11
e ricercatore di Stanford Henry Etzkowitz antepone questa “Prima Rivoluzione
Accademica”, caratterizzata da un ruolo esplicito dato alla ricerca anche in funzione di
domande esterne di tipo sociale e politico (ad es. legate a salute, territorio, ambiente e
forze armate)
13
, alla «Seconda Rivoluzione Accademica
14
», terzo periodo che
l'università europea sta vivendo e i cui bagliori sono collocabili tra la fine degli anni '70
e gli anni ’80 (ma negli Usa molto prima, già nel dopoguerra). Nell’attuale fase storica,
che sembra durerà molto a lungo, alle ormai tradizionali funzioni di formazione
professionale e ricerca, l’Università si trova ad aggiungere, spesso più per
condizionamenti esterni, quella di soggetto attivo e cruciale dello sviluppo industriale e
tecnologico: è la famosa, o famigerata, “Terza Missione”, termine complesso i cui
contenuti saranno sviluppati nel prosieguo.
Il breve excursus storiografico che precede non è fine a se stesso poiché permette,
guardandosi alle spalle
15
, di anticipare quella che potrebbe essere una sintesi dirimente
anche del dibattito che prosegue tuttora in merito al ruolo dell’Università nel sistema
economico moderno. Dibattito che talvolta si connota come sterile e anacronistica
polemica, talaltra come onesta e propositiva riflessione; sperando che il presente
elaborato sia percepito come orientato verso la seconda.
Si osserva quindi come l’orientamento umanistico-filosofico di von Humboldt verso
una scienza astratta ed autonoma da risvolti pratici non abbia portato ad un isolamento
della ricerca dalla società e dai suoi bisogni; anzi, sotto la spinta riformatrice di questo
Ministro dell’istruzione prussiano, le università tedesche furono in grado di porsi come
guida dello sviluppo scientifico, tecnologico e industriale, facendo tra l’altro incetta di
premi Nobel per la fisica e la chimica nei primi decenni del ‘900. Quindi da una parte la
stretta connessione tra ricerca e industria, che fu per lungo tempo uno dei fattori
determinanti della crescita economica tedesca, pur senza mai rinnegare il principio di
«Mondo Digitale», n.4, AICA, Milano, dicembre 2002, pp. 31-39.
13
Cfr. R. VIALE, coordinatore del gruppo di ricerca della Fondazione Rosselli in collaborazione con il
LIRA (Laboratorio sulla Innovazione la Ricerca e l’Azienda) del Dipartimento di Sociologia
dell’Università Bicocca di Milano, Programma di ricerca “V alutazione del trasferimento di conoscenza
dall'università al mondo industriale”, 2001.
14
A. RIVIEZZO, M.R. NAPOLITANO, Orientamento imprenditoriale e performance: un’indagine tra le
università italiane, in «Sinergie, Italian Journal of Management», CUEIM, Verona, 2014, p. 198.
15
«Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non
certo per l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti».
(GIOVANNI DI SALISBURY, Metalogicon (III, 4), il filosofo attribuisce tale pensiero al maestro Bernardo di
Chartres).
12
non finalizzazione della ricerca scientifica; dall’altra gli elevati traguardi speculativi
raggiunti in materie prettamente astratte dagli studiosi delle Grandes Ecoles
16
fondate
da Napoleone, il quale introdusse la meritocrazia nell’accesso all’istruzione, gratuita per
tutti i capaci e meritevoli, come recita anche l’art.34, co.3 della Costituzione Italiana
17
.
Ciò dimostra non solo che spesso dinamiche complesse come quelle in cui si colloca
il governo dell’organizzazione della produzione di sapere sono per forza di cose difficili
da imbrigliare e prevedere nella loro evoluzione, ma anche che la storia spesso tenta di
dare qualche suggerimento. In questo caso trasponendo l’esperienza tedesca e francese
sul piano della discussione in ordine al peso da dare al trasferimento tecnologico,
sarebbe saggio prescindere da scelte ideologiche e di principio in ordine alla colpevole
separatezza o alla peccaminosa comunione tra ricerca, applicazione tecnica e impresa.
Infatti il costante perseguimento della qualità nella ricerca, pur se orientata alla
generazione di esternalità economicamente sfruttabili, non può che portare nel
complesso a risultati soddisfacenti dal punto di vista della pregnanza concettuale e del
valore speculativo. D’altra parte non è possibile intuire immediatamente tutte le
potenzialità di progetti di ricerca, specie quella non commissionata, apparentemente
avulsi da risvolti pratici e quindi anche per questo, cioè anche proprio nell’interesse
della valorizzazione economica della ricerca, l’orientamento al mercato deve trovare un
equilibrio che si confaccia alla cultura accademica tipica di ciascun Paese, senza
penalizzare la ricerca di base o comunque la ricerca che non veda all’orizzonte partner
privati interessati. Queste considerazioni portano ad asserire, forse peccando di ovvietà,
che la missione universitaria può essere ricondotta in definitiva ad una finalità unitaria:
lo sviluppo di conoscenza per il progresso tout court dell’umanità, progresso
intellettuale, sicuramente e primariamente, ma anche avanzamento tecnico ed
economico, se un apporto in questo senso può risultare utile ed efficiente; senza
ovviamente pretendere che chi produce conoscenza si sobbarchi anche del compito di
produrre o favorire la produzione di ricchezza per sopperire alle mancanze di un
mercato poco vitale.
16
La Francia possiede tuttora un sistema di istruzione superiore unico, in cui convivono le grandi scuole,
dedicate a materie più pratiche come ingegneria, economia, agronomia ecc. e le università, tipicamente
sedi di medicina e giurisprudenza.
17
Cfr. P. TOSI, op.cit., pp. 19-20.