4
infine, colonizzarono Lipari. Pentatlo, seguendo forse le orme dell’antenato Eracle,
non ebbe la stessa fortuna in Sicilia, dato che rientrava nel secondo contingente.
La storia dei Focei è ancora più tribolata: dall’Asia infatti fuggivano la schiavitù
persiana; Chio chiuse loro la porta in faccia, metà spedizione ritornò in patria
sottomettendosi a Ciro, gli altri, mogli e figli compresi, sulla base di un oracolo in
vena di burle, andarono in Corsica. Qui il destino fu forse clemente con loro,
giacché ne vennero buttati fuori da Etruschi e Cartaginesi dopo ben cinque anni di
accanita pirateria. Ciononostante i superstiti riuscirono ancora a fondare Velia.
Quella di Dorieo in terra libica fu probabilmente un’impresa a fini commerciali,
non osteggiata ma nemmeno favorita dallo stato spartano. La spedizione, partita
già sotto cattivi auspici, fallì poiché il quadro internazionale in cui essa andava ad
inserirsi era allora radicalmente mutato; Libi e Cartaginesi lo ributtarono a mare
dopo tre anni.
Anche i Sami, come i Focei, fuggono la schiavitù persiana, e come loro sono abili
a cogliere le occasioni propizie, occupando Zancle al posto della promessa Kalé
Akté (in cui erano stati invitati con preciso bando coloniario). La loro avventura,
cominciata con l’appoggio di Anassilao, tiranno di Reggio, contro Ippocrate,
tiranno di Gela, terminerà quando proprio lo stesso Anassilao, insoddisfatto della
loro politica filogeloa, li espellerà da Zancle alla prima occasione. I Sami si erano
comportati da astuti doppiogiochisti, ma purtroppo con i tiranni non si scherza.
La colonizzazione di Pissunte si collocò, infine, nell’ambito della sconfortante
politica estera di Micito, reggente dei figli di Anassilao. Secondo l’ipotesi proposta,
anche Pissunte, intesa come colonia di Micito, fallì per l’opposizione di altri Greci,
forse con l’aiuto di indigeni Lucani.
Senza voler trarre conclusioni in merito, dato il ristretto campione analizzato, è
divertente però notare come quattro casi su sette siano falliti non in seguito a
scontri tra Greci e barbari, ma per una rivalità interna tra Greci.
5
Capitolo primo
Gli Eretriesi a Corcira.
1.1 Eretria.
Il nome di Eretria figura già nell’Iliade
1
come possedimento degli Abanti, mitici
predecessori degli Eubei. In effetti, sul suolo di Eretria non mancano ritrovamenti di
materiale anteriore all’VIII secolo
2
, ma la città doveva essere anche più antica
3
.
Inoltre Strabone, in due passi della sua opera
4
, menziona un’altra Eretria, ancora
più antica, situata ad est dell’omonima sorella. Quest’ultima beneficiò poi, nel corso
dell’VIII secolo di un notevole aumento di popolazione a seguito del sinecismo che
interessò le vicine cittadine, tra cui, molto importante, quella modernamente
chiamata Lefkandi.
Sempre Strabone
5
, poi, ci illumina sulla potenza bellica della città, testimoniata
da una stele posta nel santuario di Artemide di Amarinto. L’iscrizione parla di una
processione di tremila opliti, seicento cavalieri e sessanta carri; la presenza del carro
è indice di una certa antichità, ma quello che salta agli occhi è l’elevata percentuale
di cavalieri rispetto alle truppe appiedate
6
. In effetti gli aristocratici dominatori di
Eretria chiamavano se stessi ƒppe‹j, cavalieri, mentre ƒppobÒtai erano quelli della
amica e rivale Calcide, cioè pascolatori di cavalli: e, visto che il cavallo ha bisogno
di un vasto spazio per essere degnamente allevato, ne consegue che i nobili erano, di
necessità, dei latifondisti.
1
Il. II 536-544.
2
ANDREIOMENOU 1998, 154.
3
LEVEQUE 1989, 741.
4
Strabo IX 2, 6; X 1, 10.
5
Strabo IX 1, 10.
6
Il rapporto statistico si aggira su un cavaliere ogni dieci fanti; qui invece ne abbiamo uno ogni cinque.
6
Insieme con Calcide Eretria divideva il controllo dell’Euripo, lo stretto tra Beozia
ed Eubea, detenendo però una posizione privilegiata quanto allo sbocco sul mar
Egeo. In compenso Calcide teneva strette le miniere di minerali ferrosi dell’isola.
La presenza ad Eretria di magistrati chiamati ¢einaàtai è un indizio ulteriore
della sua vocazione marittima
7
; è chiaro comunque che essa doveva disporre di una
flotta per concretizzare la sua posizione strategica e per realizzare la sua campagna
di colonizzazione e commercio.
In effetti noi troviamo materiale euboico ad Al-Mina, emporio siriano alle foci del
fiume Oronte, e di datazione anche piuttosto alta (inizi VIII sec.); questa ceramica
(di stile euboico-cicladico), tuttavia, è di qualità piuttosto scarsa e probabilmente
non costituì una merce di scambio. Era perciò usata dai mercanti greci lì stanziati: e
questi, per ottenere i minerali dell’entroterra anatolico ed altri oggetti più o meno di
lusso, offrivano all’epoca i prodotti della loro agricoltura (miele, olio e vino
pregiati).
Lo stile ceramico utilizzato, inoltre, ben si riallaccia alla testimonianza di
Strabone
8
: “(gli Eretriesi) avevano il controllo dell’isola di Andro, di Teno, di Ceo e
di altre”.
Ancora l’archeologia ci testimonia una precoce presenza euboica in Calcidica e
sulle coste del golfo termaico, presenza non ancora strutturata in vere e proprie
colonie, ma comunque fortemente orientata verso il commercio di metalli
9
,
abbondanti nelle zone toccate dai fiumi Axios e Strimone.
Infine, in Occidente, troviamo ancora gli Eubei in Italia centrale: qui i vasi
‘cicladici’ (prima metà VIII sec.) sono più numerosi e più belli e a volte si
accompagnano a materiale corinzio ed orientale. Non dimentichiamo infine
Pitecusa
10
, ottima testa di ponte per i commerci con l’Etruria, e forse, per quanto
riguarda la presenza eretriese, Cuma
11
.
7
C’è chi, come LÉVÊQUE 1989, interpreta il nome di Eretria collegandolo ad ™retmÒn, remo: avremmo così
una città ‘remante’.
8
Strabo X 1,10. Attraverso le Cicladi si raggiungeva facilmente l’Asia.
9
Vedi SOUEREF 1998. Gli Eubei si sovrapposero ad altri Greci (Ioni, Eoli e Cicladici) e ai Fenici nel controllo
di queste zone. Eretriesi erano Metone, Dikaia, Mende e Sane; tranne la prima, abbiamo prove archeologiche
abbastanza sicure.
10
Strabo V 4, 9: “e Pitecusa gli Eretriesi la colonizzarono, e i Calcidesi”. Per il discusso statuto di Pitecusa
vedi GRECO 1994. In effetti Pitecusa fu abitata prima di Cuma, “la colonia più antica tra tutte quelle di Sicilia
e d’Italia”, ma di essa mancano i nomi degli ecisti; fatto che può trovare conferma nella finora documentata
7
1.2 Teste Plutarco.
La colonizzazione di Corcira ad opera degli Eretriesi, che sarebbe avvenuta più o
meno in concomitanza con quella di Pitecusa, ci è narrata dal solo Plutarco
12
:
T…nej oƒ ¢posfendÒnhtoi; Kšrkuran t¾n nÁson 'Eretrie‹j katókoun:
Carikr£touj d pleÚsantoj ™k Kor…nqou met¦ dun£mewj kaˆ tù polšmJ
kratoàntoj, ™mb£ntej e„j t¦j naàj oƒ 'Eretrie‹j ¢pšpleusan o‡kade.
ProaisqÒmenoi d'oƒ pol‹tai, tÁj cèraj ergon aÙtoÝj kaˆ ¢poba…nein ™kèluon
sfendonîntej. M¾ dun£menoi d m»te pe‹sai m»te bi£sasqai polloÚj kaˆ
¢parait»touj Ôntaj, ™pˆ Qr®khj œpleusan kaˆ katascÒntej cwr…on, ™n ú
prÒteron oikÁsai Mšqwna tÕn 'Orfšwj prÒgonon ƒstoroàsi, t¾n mn pÒlin
çnÒmasan Meqènhn, ØpÕ d tîn proso…kwn ¢posfendÒnhtoi
proswnom£sqhsan.
“Chi sono i ‘respinti a fiondate’? Gli Eretriesi abitavano nell’isola di Corcira; arrivò
per mare da Corinto Caricrate, con i soldati, e li sconfisse in battaglia, sicché gli
Eretriesi, saliti a bordo delle navi, se ne navigarono verso casa. Ma i cittadini di
Eretria, avendone ricevuto notizia, vietarono loro l’accesso al territorio e li presero a
fiondate per impedire loro di sbarcare. E (gli esuli), visto che non potevano
convincerli e neppure passare alle maniere forti (quelli erano molti e ben decisi nei
loro propositi), fecero rotta verso la Tracia e occuparono un territorio in cui, si narra,
aveva abitato prima Metone, l’antenato di Orfeo; la loro città, così, la chiamarono
Metone, ma dai vicini furono soprannominati ‘respinti a fiondate’”.
Questa storia, narrata con l’intento di spiegare lo strano nomignolo, parrebbe
essere stata desunta da una tradizione orale viva presso le popolazioni tracie (o forse,
meglio, macedoni) del circondario. E, visto che si conosce l’esistenza delle
‘costituzioni’ di Metone e Corcira, è assai probabile che Aristotele sia il mediatore.
Strabone
13
riporta, invece, la tradizione secondo cui il bacchiade Archia, in rotta
verso la Sicilia per fondare Siracusa, avrebbe lasciato indietro una parte della
spedizione con Chersicrate (bacchiade anche lui), incaricato di fondare Corcira, che
prima si chiamava Scheria. E Chersicrate effettivamente colonizzò l’isola,
scacciandone chi l’abitava, e cioè i Liburni, una popolazione illirica.
assenza di tombe di aristocratici. Forte, inoltre, era nell’isola la presenza di orientali. Tutto questo
avvicinerebbe Pitecusa ad un emporio assai sviluppato, ma si può pensare che, vista l’alta datazione (ca. 770
a.C.), nemmeno le città di madrepatria avessero raggiunto un grado di sviluppo (diciamo giuridico-
amministrativo) tale da consentire una deduzione coloniale nel vero senso del termine.
11
L’unica testimonianza letteraria che ci parli di una fondazione anche eretriese di Cuma è Dion. Hal. A.R.
VII, 3; altri autori, tra cui Thuc. VI 4, 5; Strabo V 4, 4; Liv. VIII 22 e Vell. I 4, 1, tacciono in proposito.
Secondo la ceramica in nostro possesso fino a questo momento, Cuma risalirebbe al 725 a.C. o giù di lì; ma
gli scavi effettuati sono scarsi e per di più datati.
12
Plut. Aet. 293 A-B.
13
Strabo VI 2, 4.
8
C’è dunque una contraddizione, sanabile forse solo ammettendo che la
popolazione indigena fosse preponderante rispetto ai coloni eretriesi, stanziati
magari in forma di piccolo emporio e dipendenti dai nativi. Strabone (o la sua fonte),
interessato alla vicenda di Siracusa e solo in parte a Corcira, dovette ignorare,
magari deliberatamente, un abitato, ristretto, stanziato su una piccola porzione di
territorio (costiero). Ma questa è solo un’ipotesi.
Dunque, se in Strabone abbiamo il punto di vista dei Corinzi, Plutarco riflette
invece la vicenda secondo l’ottica degli Eretriesi. In effetti sono loro i protagonisti:
subiscono l’invasione, vengono accolti a pietre in faccia, fondano una colonia
riparatrice. Anche la deformazione del nome di Chersicrate in Caricrate è
significativa: evidentemente il dettaglio non era importante per un eretriese.
L’archeologia non ci soccorre molto: in verità, anzi, per i nostri interessi, il
materiale emerso dagli scavi sull’isola è scarso e di dubbia attribuzione ad un
contesto euboico
14
.
A Corcira abbiamo un toponimo EÜboia, ricordato da Strabone
15
.
1.2.1 La leggenda.
Dal versante leggendario noi sappiamo che Corcira era un tempo chiamata
Drepane, falce, con cui Urano fu evirato dal figlio Crono; dal sangue di Urano
sarebbero nati i Feaci
16
. Secondo Esiodo
17
, invece, che riporta una tradizione meno
antica, del sangue di Urano sarebbe rimasta incinta Gea, la terra, che avrebbe
partorito i Giganti, le Erinni e le Ninfe. Un frammento di Ellanico
18
ci informa poi
che Feace sarebbe nato da Posidone e Corcira, da cui prese nome l’isola, che era
precedentemente chiamata Drepane e Scheria. Aristotele
19
attesta il cambio di nome
da Drepane a Scheria.
14
Vedi MORGAN 1998, 284-285; ANTONELLI 2000, 15 e nota 28, 26.
15
Strabo X 1, 14. È da dire, però che tale toponimo è attestato nel passo anche per Lemno e per l’Argolide,
dove non c’è traccia alcuna di Eubei.
16
Apoll. Rhod. IV 982-992. Questa tradizione è confermata da un passo di Alceo (fr. 441 Voigt) e di
Acusilao di Argo (FGrHist 2 F 4).
17
Hes. Theog. 176-187.
18
Hellan. FGrHist 4 F 77.
19
Arist. Fr. 512 R.
9
A fare da chiave di volta è Omero
20
, secondo cui Nausitoo, re dei Feaci, sarebbe
nato da Posidone e Peribea, figlia a sua volta del re dei Giganti. E i Feaci vivevano
un tempo in Iperea, vicino ai Ciclopi, che però li sottoponevano ad angherie e
rapine; perciò Nausitoo smobilitò i Feaci e li portò a Scheria, che colonizzò.
Ora, noi sappiamo come i Calcidesi amassero ricollegarsi ai Ciclopi
21
quali
forgiatori dei fulmini di Zeus al tempo della Titanomachia e della Gigantomachia. E
i Ciclopi abitavano insieme ai Feaci, discendenti dei Giganti: ne conseguirebbe che
Iperea sarebbe l’Eubea (anche in Peribea dobbiamo vedere un legame con questa
terra?) e i Feaci sarebbero gli Eretriesi. Certo questi ultimi non facevano una bella
figura: i Giganti infatti avevano attentato al trono di Zeus. E questa discendenza
sarebbe stata incoraggiata ad arte proprio dai Calcidesi, in un momento in cui i
rapporti con i loro confratelli si erano deteriorati; forse dopo la famosa guerra di
Lelanto, anteriore
22
alla redazione finale dell’Odissea?
20
Il. VII 56-62; VI 2-10.
21
Questi Ciclopi ‘buoni’ sono antecedenti alla versione ‘Polifemo’; però, in effetti, anche nel passo sui Feaci
i Ciclopi figurano come “prepotenti” e saccheggiatori.
22
Secondo ANTONELLI 2000, la migrazione degli Eretriesi a Corcira si configura, nell’episodio mitico, come
una cacciata da parte dei Ciclopi. Ci si potrebbe chiedere, allora, come mai Omero non menzioni la ‘storica’
cacciata da Corcira e che veste avrebbe assunto questa vicenda.
10
1.3 La guerra di Lelanto.
Fu questa una guerra che, come dice Tucidide
23
, venne combattuta non solo per
questione di confini (per ottenere il totale possesso della pianura di Lelanto), ma che
divise, ad allearsi con Calcide o con Eretria, anche il resto della Grecia. In Erodoto
24
gli Eretriesi, al tempo della rivolta ionica, inviarono i loro aiuti a Mileto, visto che
questa, nella guerra in questione, li aveva aiutati contro i Calcidesi ed i Sami. La
testimonianza di Strabone
25
al riguardo è un po’ strana: le due città andavano
d’accordo per la maggior parte del tempo e neppure mentre combattevano per la
pianura di Lelanto cessarono i loro rapporti; anzi, invece che combattersi
aspramente, fissavano di comune accordo le regole per lo scontro; regole che, incise
sulla stele di Amarinto
26
, vietavano l’uso di armi da getto. Plutarco
27
ci informa che,
mentre i Calcidesi avevano una forte fanteria, non riuscivano però a contenere gli
attacchi della cavalleria eretriese; grazie però all’aiuto dei cavalieri tessali di
Cleomaco
28
(poi morto nello scontro) la misero in fuga, sicché anche gli opliti
eretriesi girarono i tacchi e scapparono: Calcide restò vincitrice
29
.
In questa guerra figura dalla parte di Calcide anche Corinto
30
. A Corinto, nel 747
a.C., alla monarchia subentrò l’aristocrazia ed i Bacchiadi inaugurarono una nuova
politica espansionistica e commerciale. Difatti Corinto prese a combattere contro
Megara e le strappò il porto di Perachora, che, unito ai due porti corinzi di Lechaion
e Kenchreai, diede alla città il pieno controllo sul golfo omonimo. La cacciata degli
Eretriesi da Corcira si pone dunque nell’ambito della guerra di Lelanto e nell’ottica
23
Thuc. I 15.
24
Herod. V 99.
25
Strabo X 1, 12.
26
Forse la stessa che riportava il numero dei guerrieri eretriesi?
27
Plut. Amat. 17 = mor. 760 E-761 B.
28
Plutarco nello stesso passo riporta anche il parere di Aristotele, secondo cui Cleomaco non veniva da
Farsalo, bensì era un calcidese di Tracia; e Calcide, insieme con Eretria, colonizzò precocemente le zone
dell’Egeo settentrionale.
29
Gli Abanti omerici “chiomati dietro” sono vicini ai Cureti Calcidesi di Strabo X 3, 6, i quali combattevano
per la piana di Lelanto: anch’essi erano rasati sul davanti, per non offrire una facile presa all’avversario
(l’elmo, che avrebbe coperto l’intera testa, evidentemente non era usato). Uniamo questa testimonianza al
divieto di usare le armi da lancio. Dall’altra parte Strabone ci parla, riferendosi al passato di Eretria, di carri
da guerra ed anche di cavalieri, così come Plutarco fonda il successo di Calcide sulla vittoria dei cavalieri.
Appare allora possibile l’ipotesi che ci troviamo di fronte a due tipi di guerra diversi; uno, storico, combattuto
secondo i metodi tradizionali, l’altro rituale, cavalleresco e volutamente vicino ai tempi passati.
11
della conquista di punti strategici. Ad Al-Mina, poi, come tardo riflesso di questa
guerra, la ceramica euboica-cicladica scompare (nel 700 a.C.) per lasciare il posto a
quella corinzia.
1.3.1 Strascichi occidentali.
Anche sul versante occidentale pare che Eretria abbia subito dei contraccolpi. A
proposito di Pitecusa Strabone
31
racconta: “E Pitecusse gli Eretriesi la fondarono, e i
Calcidesi, con buona fortuna per la resa agricola e la lavorazione dell’oro
32
;
abbandonarono l’isola al tempo di una guerra civile e in seguito perché scacciati da
terremoti, esalazioni infuocate e sottomarine e da acque bollenti”. L’abbandono
completo dell’isola dovuto a cause naturali
33
fu preceduto, dunque, da problemi
interni al corpo civico; è facile collegare queste lotte al problema maggiore
verificatosi in madrepatria
34
.
Per quanto riguarda Cuma, la tradizione, a parte Dionigi di Alicarnasso, non parla
di una presenza eretriese; solo Calcide è nominata, associata per lo più a Cuma
d’Asia (o euboica?). A ben vedere, però, le tombe ad inumazione di Pitecusa
contengono materiale (protocorinzio antico, databile tra il 725 ed il 700 a.C. ca.)
pressoché identico a quelle di Cuma dello stesso periodo. Anche i rituali di
sepoltura, con divisione per classi di età, vengono comunemente osservati in
entrambi gli insediamenti. Cuma fu fondata certamente per lo sfruttamento agricolo
del suo territorio; ma una componente altrettanto importante era quella commerciale
(in direzione dell’Etruria, ma anche verso l’Oriente) e della lavorazione dei metalli,
attività principali anche di Pitecusa, come abbiamo visto.
30
Per il passo di Plutarco relativo a Corcira e per Thuc. I 13, 3, in cui Aminocle corinzio andò a Samo (nel
700 a.C. ca.) e costruì per gli isolani quattro triremi: Samo era alleata di Calcide.
31
Strabo V 4, 9.
32
Così intende, accettando crus…a al posto di cruse‹a, BÜCHNER 1975. Oreficerie di questo tipo sono
presenti anche a Cuma e costituiscono un legame con Eretria, dove l’attività era fortemente radicata: vedi
ANDREIOMENOU 1998, 154.
33
Pare essere questa la causa della decadenza che colpì Pitecusa a partire dal VII sec. a.C. ; l’eredità di
Pitecusa fu raccolta da Cuma. Anche i Romani, difatti, dimostrarono uno scarso interesse per l’isola.
34
Vedi BÉRARD 1963. Secondo l’autore chi abbandonò l’isola in prima istanza (dopo i disordini) furono
proprio gli Eretriesi, per il fatto che Strabone, nominandoli per primi, dà loro maggior importanza e ne fa, in
un certo senso, il soggetto della frase; poi, in un secondo momento, anche la componente calcidese se ne andò
per i fenomeni che abbiamo visto.
12
Inoltre, le tombe ad incinerazione con contenitori di metallo, tipiche della classe
aristocratica guerriera, si ritrovano uguali
35
a Cuma e ad Eretria (ultimo quarto VIII
sec. - inizio VII sec.), con la sola differenza che le prime sono di molto più ricche.
Infine è da segnalare l’importanza del culto di Demetra Tesmoforia, attestato in
Eubea e specialmente ad Eretria, culto che ottiene particolare importanza anche a
Cuma
36
.
Possiamo immaginare allora che, per la colonia più antica d’Occidente, i
Calcidesi, forse preponderanti anche sul piano numerico e politico, si siano
coscientemente adoperati per offuscare il ricordo di vicini divenuti ormai scomodi.
35
Lievi e trascurabili differenze sono nella copertura del lebete metallico.
36
Secondo Plut. Mul. Virt. 26, la concubina di Aristodemo di Cuma, Xenocrite, favorì l’uccisione del tiranno
ed ottenne, come ricompensa, il sacerdozio di Demetra. A dire il vero, il culto di Demetra si ritrova a Cnido,
da dove giunse poi a Gela e da lì, con i Dinomenidi, a Siracusa e altrove. Se Cuma eolica colonizzò con
Calcide la Cuma “in Opicia”, è forse ipotizzabile una provenienza asiatica del culto. Un problema, tuttavia, è
rappresentato dalla scarsa attività di scavo a Calcide; problema che può toccare sia l’argomento religioso
(presenza del culto di Demetra) che quello delle sepolture nobiliari.
13
1.4 Carestie e rimedi.
Erodoto
37
, a proposito della fondazione di Cirene, ci racconta un altro episodio di
benevolenza patria. Gli abitanti di Tera erano stati incaricati dalla Pizia di fondare
Cirene in Libia, per rimediare ad alcune sciagure loro capitate. I coloni, con Batto,
partirono a bordo di due penteconteri, ma, dato che non potevano fare altro (non
trovarono probabilmente un sito adatto), ritornarono indietro a Tera, dove furono
bersagliati
38
da parte dei cittadini, che impedirono così loro di sbarcare.
Ora, noi disponiamo del “giuramento dei fondatori” di Cirene
39
, i quali promisero
di non ritornare in madrepatria prima che fossero trascorsi cinque anni, durante i
quali avrebbero dovuto lottare duramente pur di installarsi. Ma questa sembra essere
una giustificazione filoterea dell’intera vicenda. In effetti già Erodoto, se in IV 156
parlava genericamente di sventure, poco prima
40
era stato molto più preciso nel
definirle come sette anni di carestie. Molto probabilmente sia i Terei che gli
Eretriesi
41
si trovarono a fronteggiare una situazione simile e reagirono nello stesso
modo. Questa, dunque, di una possibile carestia eretriese, potrebbe essere uno dei
motivi che avrebbe determinato lo scoppio della guerra per la piana di Lelanto.
Ricordiamo, a livello di semplice ipotesi il passo di Plutarco sull’aiuto tessalo a
Calcide: quando la forte cavalleria di Eretria viene respinta, anche i fanti non
perdono tempo e battono in ritirata. Quindi, se la fanteria calcidese era robusta, non
altrettanto doveva esserlo quella nemica; e la scarsità di opliti potrebbe ricondursi al
problema precedentemente espresso.
37
Herod. IV 156.
38
Erodoto dice genericamente œballon: forse la controffensiva terea fu più radicale di quella eretriese.
39
SEG IX, 3 = MEIGGS - LEWIS 5. Forse si tratta di un falso storico.
40
Herod. IV 151, 1.
41
Non vedrei qui un tentativo calcidese di denigrare gli Eretriesi facendoli passare come codardi che nel
combattimento si affidano alle armi a lunga gittata. Ricordiamo che i patti di Amarinto prevedevano obblighi
reciproci che venivano rispettati, se Calcide ed Eretria nonostante tutto andavano d’accordo. L’uso delle
fionde era un potente ed incruento mezzo di dissuasione: non c’era, poi, il rischio di venire ad un sanguinoso
contatto con un compatriota. Se ancora quest’uso si può ricollegare ad un rituale di partenza dei coloni, per
segnalarne l’avvenuto distacco e la distanza dai cittadini, viceversa questa distanza poteva essere
concretamente sottolineata nel caso di un ritorno indesiderato.
14
1.5 Eretriesi a Corcira?
In seguito alla guerra di Lelanto, Calcide continuò solitaria la sua attività
colonizzatrice in Occidente, impadronendosi dello stretto di Sicilia; da parte sua
Corinto, col dominio del golfo di Corinto e la colonizzazione di Siracusa iniziò un
proficuo rapporto commerciale con le città euboiche d’Occidente. E per quanto
riguarda Corcira?
Sembra provato, in base ai ritrovamenti archeologici, che, come base verso
Occidente, fosse utilizzata molto più Itaca che non Corcira, almeno finché
quest’ultima non fu colonizzata da Corinto
42
. Per Itaca la presenza di materiale
corinzio farebbe addirittura supporre una presenza coloniale. Se aggiungiamo che il
materiale euboico è davvero scarso lungo tutto il golfo di Corinto
43
e ad ovest di
Itaca, cioè ad Otranto, dove abbondante invece è quello di Corinto, possiamo tirare
due conclusioni: che Corinto preferì utilizzare una rotta che privilegiava le isole
dello Ionio meridionale fino alla ‘scoperta’ di Corcira; che gli Eubei non
transitarono per il golfo corinzio, ma circumnavigarono il Peloponneso
44
per
raggiungere Itaca e le loro colonie d’Occidente.
Già abbiamo visto come i ritrovamenti euboici a Corcira sono davvero
poverissimi, mentre ben attestati paiono quelli di Corinto (ultimo terzo VIII sec.).
Possiamo allora pensare, in via d’ipotesi, che se un occupazione eretriese, anche
minima, non ci fu, Eretria abbia pensato di accaparrarsi, almeno nella memoria, il
primato su un’isola che avrebbe rivestito ben altra importanza nelle epoche
successive
45
.
42
Per Thuc. I 25, 1 e VII 57, 7 Corcira è fondata da Corinto.
43
A Delfi in realtà c’è una certa concentrazione di materiale (fine XI sec. e oltre) di origine euboica e di
imitazione, ma giunto, pare, via terra attraverso la Locride. Dalla Focide, (con cui Corinto strinse saldi
rapporti dall’ 800 circa) giungono probabilmente, attraverso Delfi, i pochi cocci euboici rinvenuti a Corinto.
E sul porto di Ege, in Acaia, manca totalmente il materiale eubeo.
44
MORGAN 1998, 290 ss.
45
Vedi anche Thuc. VI 30, 1 dove gli Ateniesi e gli alleati diretti in Sicilia si danno appuntamento a Corcira
prima di attraversare lo Ionio fino al promontorio iapigio.