5
neppure contare sull'ausilio di appropriati servizi centralizzati e di valide strutture
tecniche di indirizzo e di razionalizzazione gestionale.
Rispetto al nostro Paese, in questo campo all’estero si è fatto molto di più, ed i
risultati non sono mancati, tanto che le grandi catene di imprese dei servizi, costituite da
singole imprese indipendenti ma aggregate fra loro a rete sotto un unico e ben affermato
marchio, si impongono in maniera non indifferente sui loro mercati, in modo tale da
influenzare l’economia dei Paesi in cui essi sono presenti.
Nella presente dissertazione si è proceduto quindi ad analizzare la moderna
società dei servizi di cui ne sono state approfondite le peculiarità e l’innovativa filosofia
relativa alla tangibilizzazione del servizio per gli aspetti di marketing. E’ stata presentata
la reale portata del fenomeno del franchising in tutto il mondo, che è legata, più che al
settore della distribuzione commerciale (come nel nostro Paese), al settore dei servizi,
cavalcando il trend della terziarizzazione della società.
Si è poi analizzato l’evento del Franchising Internazionale con i suoi meccanismi,
un consolidato sistema di penetrazione dei mercati nei vari Paesi nel mondo che ha
permesso a grandi imprese della realtà del settore dei servizi di essere presenti in molte
Nazioni adottando delle interessanti quanto efficaci strategie di penetrazione.
Grazie alle fonti autorevoli utilizzate, come le associazioni del franchising dei vari
Paesi nel mondo (l’IFA in Usa, la BFA in Inghilterra, la EFF europea, la FFF in
Francia, l’Assofranchising Italiana) l’Istituto di Statistica, la Camera di Commercio di
Bologna, la società Quadrante Srl, la Sifalberghi, il Centro Studi italiani sul Turismo
CST con il suo Progetto Franchising finalizzato allo sviluppo del sistema dell’ospitalità
e della ristorazione franchise nel nostro Paese, nonché grazie al contatto diretto con il
mondo dell’imprenditoria franchise appositamente contattato dallo scrivente tramite
visite aziendali e attraverso la partecipazione alle fiere del settore in Italia (Milano,
Roma, Bari, Siracusa) si è potuto analizzare la realtà franchise negli Stati Uniti, in
Europa e nel nostro Paese.
L’analisi si è soffermata soprattutto sulle realtà franchise dell’ospitalità e della
ristorazione, essendo queste le realtà più interessanti del comparto dei servizi. La prima
per la mole non indifferente di capitali investiti nella peculiare realtà delle strutture
alberghiere, che vede un notevole giro d’affari per un business, quello dell’ospitalità
franchise, che ha raggiunto nel 1997 gli oltre 85 miliardi di $ USA con una efficace
strategia di internazionalizzazione.
La seconda perché il franchising dei servizi, specie negli Stati Uniti, è stato
protagonista di uno sviluppo vorticoso nella ristorazione fast food, quick service,
sandwiches, yogurteria, etc., che si è poi ulteriormente ampliato grazie a strategie di
penetrazione dei mercati internazionali attraverso il Canada prima, il Giappone e
l’Europa.
Si è altresì proceduto, nel secondo capitolo, ad effettuare una analisi delle formule
organizzative utilizzate e dei fattori innovativi che hanno permesso il successo delle
realtà franchise in tutto il mondo, come la customer satisfaction, la customer retention,
il benessere di rete, la cultura dell’empatia, etc..
Nel terzo capitolo, si è dato una illustrazione di alcune imprese dinamiche e dei
relativi settori che si sono distinte in Italia e all’estero per innovatività, competitività e
capacità gestionale dedicate ad ambiti interessanti quanto innovativi, come il mondo
6
dell’estetica, della birra, della new economy, dell’informatica, delle telecomunicazioni,
etc..
Successivamente, nel quarto capitolo, si è illustrata la realtà franchise dal punto di
vista normativo, evidenziandone la completezza legislativa in alcuni Paesi (USA,
Francia) al fine di regolamentare il settore e prevenirne gli abusi, e la carenza in Italia,
per la quale si è proceduto ad illustrare gli strumenti giuridici che si possono utilizzare
per tutelare i soggetti coinvolti direttamente o indirettamente dagli eventuali effetti
contrattuali in mancanza di normative chiave di riferimento.
Infine sono stati inquadrati il ruolo e l’importanza dei sistemi creditizi nei vari
Paesi e riportati il regolamento CEE ed i codici deontologici appositamente previsti per
regolare il settore in Europa.
La presente dissertazione è il risultato di studi e ricerche che hanno impegnato il
redattore per oltre due anni e si propone come un’analisi quanto più completa possibile
di una realtà, quella del franchising dedicato al mondo dei servizi, che ben presto
condizionerà enormemente anche il nostro Paese.
7
Capitolo 1
Il settore dei servizi e l’evoluzione della formula franchise
1.1 La società dei servizi
Le economie dei paesi più evoluti — chiamate anche economie industrializzate
— sono sempre più esplicitamente economie del “settore terziario” o economie di
“servizi”. In esse, nonostante lo sviluppo del settore manifatturiero-industriale, oltre la
metà del reddito e dell’occupazione è dovuta alle attività svolte da imprese ed
organizzazioni che offrono agli utenti beni “intangibili”, cioè quei beni particolari
proprio perché non posseggono il requisito della “materialità”.
Si prevede che nel 2005,
1
negli Stati Uniti, il Paese economicamente più
rappresentativo, solo il 7% della forza lavoro opererà nell’agricoltura e nell’industria. E
infatti già adesso, sempre negli States, l’87% della forza lavoro svolge attività di servizi.
È vero che le cosiddette “aziende di servizi” sono soltanto il 70% delle aziende USA,
ma non va dimenticato che anche nelle aziende che le statistiche ufficiali definiscono
come “produttrici di beni”, esistono attività che in realtà sono attività di servizi.
2
Al pari degli altri paesi economicamente sviluppati, anche l’Italia sta vivendo una
fase di transizione verso un’economia dei servizi, (fig. 1). Difatti, si può affermare che i
servizi considerati nella loro globalità costituiscono la principale branca del nostro
sistema economico, sia come occupati che in termini di prodotto lordo.
3
La crescita del peso dei servizi riguarda, in primo luogo, l’incremento della
domanda di servizi da parte dei consumatori finali e delle famiglie (servizi per il
consumatore) e, in secondo luogo, l’aumento della richiesta di servizi da parte delle
imprese e dell’industria (servizi alle imprese).
Per comprendere l’incremento della domanda dei servizi per il consumatore basta
ricordare che durante gli ultimi decenni, insieme ad un generalizzato e continuo
sviluppo economico, si è registrato un consistente aumento del reddito pro-capite, una
progressiva estensione del tempo libero ed una generale elevazione dei livelli di vita
della popolazione.
Ciò ha fatto sì che, mentre alcuni decenni or sono la gran parte della spesa dei
consumatori riguardava l’acquisto di beni essenziali (alimentari, abbigliamento,
casalinghi, etc.), di mano in mano, con la crescita del reddito pro-capite, è andata
progressivamente aumentando la domanda di servizi, come i trasporti, l’educazione, la
cultura, il divertimento, le cure mediche e la cura della persona. Pertanto si è di fronte
ad una situazione in cui, all’aumentare del reddito, la domanda di servizi tende ad
aumentare molto di più della domanda di beni. A sua volta, lo sviluppo della richiesta di
servizi da parte delle imprese si
1
[Normann, R. La Gestione Strategica dei Servizi, ETAS, Milano, 1992.]
2
[Si pensi al marketing, alla pianificazione, alla finanza, agli uffici legali e assicurativi.]
3
[Stanton W. J., Varaldo R., Marketing, Il Mulino, Bologna, 1989.]
8
spiega con il fatto che
l’attività aziendale è diventata sempre più complessa, specializzata e competitiva. Di
conseguenza, qualsiasi tipo di impresa si trova a dover dipendere più di prima dai
servizi prestati da parte di esperti nei vari campi
Fig. 1 Evoluzione delle attività di servizio in Italia Fonte: ISTAT
(ricerca e sviluppo, fisco, pubblicità, informatica, marketing, etc.). Per
rifornirsi di questi servizi le imprese a volte assumono alle proprie dipendenze personale
con le richieste specializzazioni e competenze, mentre altre volte possono rivolgersi al
mercato acquistando all’esterno le prestazioni e le consulenze necessarie. La presenza di
questa domanda di servizi tende così a promuovere la formazione e lo sviluppo di
imprese specializzate e fortemente dinamiche, costituenti il cosiddetto terziario
avanzato.
Le attività dedicate ai servizi. In generale le attività di servizi si presentano
numerose ed estremamente articolate. Ecco quindi che moltissime organizzazioni, le
cui dimensioni in termini di addetti vanno da poche unità a centinaia di migliaia,
offrono agli utenti la possibilità di trovare risposta ai bisogni più diversi come:
• curare gli oggetti di proprietà (dalle officine di riparazione, alle lavanderie, alle
imprese di pulizia, etc.);
• acquistare prodotti presso punti di vendita (dai supermercati ai piccoli negozi
tradizionali, ai grandi magazzini, etc.);
• curare la propria persona (dagli ospedali ai barbieri, ai beauty-center, agli hair
styling, ai dentisti, alle cliniche private, etc.);
• trasportare cose o persone (dalle compagnie aeree alle ferrovie, alle cooperative di
taxi, agli autonoleggi);
• curare i propri interessi culturali e lo svago (dai cinema ai teatri, alla televisione, a
i giornali, alle riviste, agli alberghi, ai ristoranti, ai bar, ai disco pubs, etc.);
• curare la propria sicurezza (dalle assicurazioni alle banche, agli istituti finanziari,
alle organizzazioni di polizia privata, etc.);
• curare i propri interessi economici (consulenza economica, fiscale, organizzativa,
condominiale, immobiliare etc.);
• utilizzare infrastrutture generali (dalle autostrade agli impianti telefonici fissi e
radiomobili, a quelli elettrici, etc.);
• e tanto altro ancora.
9
Da tutto ciò si evince che la produzione di beni “immateriali” è dunque
estremamente ricca, sofisticata, dinamica, ormai preponderante e, inoltre, in continuo
aumento. Essa costituisce un fenomeno economico e gestionale di grandi proporzioni
che non deve essere sottovalutato ai fini di una valutazione globale dei trend di settore e
dell’economia.
Prospettive di crescita nei servizi. Numerosi fattori portano a ritenere che la quota
del prodotto nazionale lordo che si riferisce alla produzione di servizi continuerà a
crescere, come è avvenuto in maniera uniforme negli ultimi decenni. Si tratta di una
previsione attendibile, anche se vi potranno essere in futuro difficoltà economiche
superiori a quelle attuali e si assisterà ad un periodo di stagnazione dell’economia. La
domanda di servizi da parte delle imprese continuerà ad espandersi nella misura in cui le
aziende diventano sempre più complesse ed esse si rendono sempre più conto
dell’esigenza, per certe materie, di ricorrere al sostegno di specialisti.
Queste previsioni devono essere comunque prese con una certa cautela, perché
esistono una serie di forze, interne ed esterne al settore dei servizi, che possono
notevolmente limitare la crescita di questo particolare ramo dell’economia. Fra i fattori
di carattere esterno, il più ovvio è rappresentato dalla tendenza dei consumatori al “fai
da te”, invece di acquistare sul mercato il relativo servizio. Un altro ostacolo alla
crescita può venire dalle aziende industriali che fabbricano prodotti che hanno
caratteristiche tali da diminuire la necessità da parte del mercato di ricorrere alle aziende
produttrici di servizi.
4
Esistono poi le barriere interne al settore dei servizi, che possono ostacolarne i
futuri sviluppi; esse possono essere così sintetizzate:
a) piccola dimensione media delle imprese produttrici di servizi;
b) mancanza di personale specializzato o con elevata qualificazione
professionale;
c) esistenza, in molti comparti del settore, (es. settore alberghiero) di scarse
spinte competitive;
d) modesta enfasi attribuita dalle imprese alla funzione ricerca e sviluppo
(R&S);
e) sistematica sottovalutazione dell’importanza di una gestione delle imprese
che sia maggiormente marketing-oriented.
La Cultura Gestionale dei Servizi. In realtà sembra però che il modo con il quale
si è abituati a considerare un sistema economico nel suo insieme sia ancora in larga
misura influenzato dalla radice “manifatturiero/industriale” della nostra cultura
economica, e cioè legata alla produzione di beni “tangibili”. A tal motivo le prestazioni
di un sistema economico non è raro che vengano ancor oggi, in alcuni ambiti di analisi
di settore, espresse ricorrendo ad indicatori di fatti “tangibili”, che di tale cultura sono
l’espressione.
Molti metodi e teorie di management sono stati per lungo tempo sviluppati e
ritenuti applicabili per tutte le imprese, eppure nascevano da esperienze essenzialmente
4
[La diffusione degli abiti “lava e indossa”, ad esempio, elimina o riduce il bisogno di ricorrere ai servizi
di una lavanderia; la diffusione del televisore porta a diminuire la frequenza nelle sale cinematografiche o
nei teatri, e così via.]
10
“manifatturiere”, perciò le organizzazioni di servizi in passato, per orientare la loro
gestione, hanno potuto usufruire soprattutto di:
• capacità imprenditoriali-gestionali “spontanee”, derivanti dalle esperienze
personali, specie nei casi di piccole organizzazioni di attività di servizi;
• “trasferimenti” di know-how manageriali dal settore manifatturiero (come fattore
umano o metodi di gestione), specie nei casi d’organizzazioni medio-grandi di
attività di servizi.
Ciò è a dir poco paradossale se si guarda al fenomeno di espansione delle attività
del terziario che si verifica a livello globale, sia nel settore privato che in quello
pubblico, quindi è d’uopo soffermarsi a riflettere se l’effetto di questa cultura
essenzialmente “manifatturiera” non possa rappresentare anche un freno al decollo di
una efficace e specifica “cultura gestionale dei servizi”.
5
La sua evoluzione è caratterizzata da una espansione delle attività di servizi tale
che le imprese, perseguendo apposite strategie mirate alla crescita e alla creazione di
differenziali di competitività, abbracciano forme alternative di aggregazione o di quasi-
integrazione, (tra cui una forma privilegiata è sicuramente quella del franchising) e
l’utilizzo di leve competitive di recente sperimentazione, ma rivelatesi altamente
efficaci, come:
- l’alta sensibilità mirata alla valutazione del grado di soddisfazione dei clienti
(customer satisfaction);
- l’utilizzo di strumenti creati appositamente per la gestione degli eventuali
disservizi allo scopo di massimizzare la fidelity dei consumatori (customer
retention);
6
- la possibilità di interazione e coinvolgimento di tutto il personale aziendale verso
obiettivi di qualità e miglioramento continui (kaizen);
7
- etc..
Rimane allora da chiedersi se della cultura gestionale dei servizi si tarda ancora a
prenderne esplicita conoscenza o se essa abbia ricevuto la giusta attenzione attraverso
una oculata osservazione in grado di coglierne le peculiarità.
5
[GRAMMA, Gestire la Qualità nei servizi, ISEDI, Torino, 1992.]
6
[Non è raro nei servizi osservare strategie di imprese eccellenti che fanno della customer satisfaction e della customer retention il
loro cavallo di battaglia, come TiM o Omnitel nel settore delle telecomunicazioni radiomobili che a tal scopo hanno creato delle
linee telefoniche assolutamente gratuite a disposizione dei clienti allo scopo di offrire un servizio di gestione dei prodotti e degli
eventuali disservizi on line 24 ore su 24 attraversi i propri call center.]
7
[La Compagnia della Bellezza, giovane e dinamica azienda siciliana che opera nel settore dell’hair styling e della bellezza in tutto
il territorio nazionale, ha adottato un metodo innovativo che la caratterizza: il concetto di lavoro come donazione al prossimo che
vede a priori una preparazione specifica dei suoi operatori e una ricerca di sinergie che coinvolgono tutto il personale nel
perseguimento di un benessere interno che viene inevitabilmente ad essere trasmesso alla clientela al momento dell’erogazione del
servizio con ottimi risultati di qualità, immagine e fedeltà sui clienti.]
11
1.1.1 Le peculiarità delle aziende del settore dei servizi
Le aziende che operano nel settore terziario pur erogando servizi producono in
ogni caso dei beni in senso lato e si adoperano per la loro commercializzazione
(vendendo un vero e proprio prodotto). Mancando in quest’ultimo la caratteristica della
materialità, tali imprese sono costrette, su alcuni aspetti, ad operare in modo diverso da
come operano quelle che invece commercializzano beni tangibili.
Il motivo di tale diversità operativa deriva dal fatto che i servizi presentano
caratteristiche distintive che devono essere inevitabilmente prese in considerazione
nell’analisi della domanda delle imprese del settore. Queste caratteristiche esigono che
al momento dell’erogazione del servizio ci sia un contatto diretto con la persona o la
organizzazione stessa che lo eroga, al punto che si può affermare che nel settore dei
servizi il prodotto viene creato in presenza del cliente-consumatore.
Tale particolarità presenta, allo stesso tempo, aspetti positivi e negativi:
- positivi per il cliente perché, dato che tali prodotti esistono solamente nel
momento in cui sono erogati al consumatore che ne fa richiesta, l’erogatore del
servizio dovrà utilizzare tutta la sua creatività nel cercare di soddisfare il cliente
seguendo le sue indicazioni e quindi perseguendo la soddisfazione dei suoi
bisogni (cd. customer satisfaction);
- positivi per l’impresa perché, grazie alle indicazioni dei clienti, essa acquisisce
continuamente un’esperienza che la porta a specializzarsi sempre di più nel
rapporto di comunicazione e di empatia che si sviluppa con il cliente allo scopo
della sua piena soddisfazione e che è alla base della creazione di un differenziale
di competitività rispetto alle altre imprese concorrenti (impresa cd. customer
oriented);
- negativi per il consumatore in quanto il cliente potenziale non ha alcuna
possibilità di esaminare il servizio prima dell’acquisto, per cui esso deve
necessariamente precedere la produzione del servizio stesso;
- negativi per l’impresa di servizi, perché non ha la possibilità di disporre del
magazzino come per i prodotti materiali. L’offerta si configura assolutamente
come una capacità di produzione che deve essere messa in relazione con la
domanda: se questo riscontro viene a mancare, il valore del servizio è
irrimediabilmente perduto per la cd. deteriorabilità del servizio.
8
A tutto questo bisogna aggiungere il fatto che in queste tipologie di imprese ogni
servizio fornito al cliente tende ad essere diverso dal precedente. In alcuni casi questo
carattere è estremamente evidente,
9
in altri è di minore importanza. Ciò succede tutte le
volte che si assiste ad una certa standardizzazione della metodologia dell’azienda.
10
La qualità nei servizi. E’ inoltre importante sottolineare che nelle imprese di
8
[Lambin, J.J. Marketing Strategico, Mc Graw-Hill, Milano, 1996]
9
[Si pensi ad esempio alle riparazioni che un meccanico può effettuare su alcune automobili non sono
tutte dello stesso livello, così come un medico o un consulente possono evidenziare una certa eterogeneità
nelle loro prestazioni.]
10
[Ad esempio McDonald’s ha industrializzato e standardizzato il servizio, il prodotto e l’interazione fra
il cliente e l’azienda.]
12
servizi risulta difficile giudicare la qualità di un servizio e, talora, è praticamente
impossibile programmarne la qualità prima che esso stesso venga prestato. La qualità
del risultato dipende sia da chi fornisce il servizio, sia da chi lo riceve, e questo
comporta difficoltà rilevanti poiché il risultato è normalmente imprevedibile, almeno
per una certa parte, soprattutto quando esso viene prestato per la prima volta. Per questo
è vitale riuscire a mantenere un certo livello qualitativo non solo nel tempo, ma anche in
ciascun negozio eventualmente appartenente alla stessa catena.
Normalmente nelle imprese che operano nella attività manufatturiera tale
problematica viene affrontata con la standardizzazione delle attività di produzione e
commercializzazione dei beni prodotti, cosa che assicura il rispetto di requisiti
prefissati proprio allo scopo del raggiungimento di obiettivi di qualità “a monte” del
contatto con il cliente. Nel nostro caso invece non tutte le componenti del servizio
offerto possono essere assoggettate a standard e a norme precodificate. Infatti, ciò è
possibile solo in parte e, più un’impresa di servizi riesce a codificare la maggior parte
delle proprie attività di gestione, più ha possibilità di successo in relazione alla
razionalizzazione delle attività di coordinamento e di controllo interno. Malgrado
questo, l’enfatizzazione di tale aspetto può risultare come un’arma a doppio taglio, per
tale ragione si approfondirà più avanti la tematica del compromesso tra
standardizzazione e personalizzazione dell’attività.
11
L’inseparabilità del servizio. Spesso le aziende per la prestazione dei servizi,
soprattutto quelli ad alta qualificazione professionale, devono confrontarsi anche con il
requisito della inseparabilità dei servizi, non potendo questi ultimi essere separati dalla
persona di chi li presta, configurandosi come vere e proprie prestazioni personali. Nel
caso di un servizio sanitario, per esempio, la creazione e la prestazione della maggior
parte dei servizi prestati sono di personale competenza del medico e per questo non
delegabili ad altri. Vi sono però alcuni casi in cui il servizio può essere venduto anche
da una persona che rappresenta in via mediata il creatore/venditore originario.
Un’agenzia di viaggio o una agenzia di assicurazioni può, ad esempio, rappresentare
l’istituzione che produce il servizio e venderlo per conto di essa.
Il marketing dei servizi. Per ciò che concerne gli aspetti di marketing,
l’evoluzione del terziario ha spinto molte aziende di servizi a rivolgere sempre
maggiore attenzione ad esso rispetto a quanto se ne occupassero nel passato. Sul piano
della sistemazione concettuale, il marketing dei servizi si trova peraltro ad uno stadio
iniziale di approfondimento rispetto all’oggettiva rilevanza che i servizi rivestono
nell‘economia moderna, come si illustrerà più dettagliatamente nel prossimo paragrafo.
11
[Cfr. paragrafo 2.7.1]
13
1.1.2 La tangibilizzazione del servizio
Il ritardato “incontro” tra marketing e servizi è stato sempre motivato dalla
specificità di questi ultimi; la “diversità” dei servizi, data la serie di caratteristiche
peculiari già descritte, invece di essere uno stimolo al loro studio ed approfondimento,
è risultata molto spesso un comodo alibi per evitare di affrontare problemi e
innovazioni che rompevano schemi precostituiti. Infatti, come si è già evidenziato, i
servizi, essendo immateriali, esistono solo nel momento in cui sono prodotti e
consumati. Allora il servizio non può far altro che apparire agli occhi del consumatore
come una promessa, il che implica una fiducia non indifferente nei confronti
dell’erogatore. Ne deriva che “..una delle maggiori preoccupazioni dell’impresa di
servizi è appunto quella di generare fiducia, in particolare aumentando il carattere
tangibile dei servizi”.
12
In passato questo di conseguenza ha comportato il convincimento, da parte di
numerosi manager, che il marketing fosse uno strumento adeguato soltanto alle
aziende manifatturiere, mentre dovesse interessarsi del settore dei servizi solo
marginalmente. Infatti, a causa di una più limitata concorrenza sul mercato di molte
categorie di servizi, in precedenza si sono avute soltanto iniziative sporadiche ed
episodiche, centrate essenzialmente sulla comunicazione pubblicitaria.
13
Tutto ciò ha determinato la necessità di dare una diversa impostazione
all’approccio al mercato. L’idea innovativa, che oggi costituisce il punto di riferimento
comunemente accettato, è la seguente: “Se il principale ostacolo all’applicazione delle
metodologie tradizionali di marketing è dato dall’intangibilità del servizio, l’obiettivo
da perseguire deve essere quello di rendere tangibile il servizio stesso spostando il focus
sulla progettazione-commercializzazione del prodotto-servizio che ad esso si correla”.
14
“Tangibilizzare” significa rendere i servizi facilmente riconoscibili, desiderabili,
consumabili, confrontabili con quelli offerti dalla concorrenza,
15
per questo motivo
l’impresa cerca di renderli il più possibile tangibili enfatizzando l’importanza del
supporto fisico, dell’ambiente entro il quale il cliente riceve la prestazione, del
personale di contatto e di tutto ciò che rende tangibile un attributo del servizio.
Su tale approccio al mercato le più dinamiche imprese di servizi stanno orientando
le proprie strategie di crescita ottenendo non indifferenti risultati e contribuendo
notevolmente allo sviluppo della terziarizzazione della nostra economia.
Il cliente, talvolta, si trova talmente a suo agio da avvertire solo minimamente la
12
[Levitt, Th. Marketing Imagination, Sperling & Kupfer, Milano1985.]
13
[Citando un esempio molto significativo di tale approccio si riporta il caso degli Stati Uniti ove tali iniziative, anche se poco
numerose, hanno di fatto consentito il successo e lo sviluppo del settore alberghiero relativo alle grandi catene. Verso la fine degli
anni ‘60 però il mercato americano ha cominciato ad accusare i primi sintomi di saturazione della domanda; l’azione di vendita
risultava pertanto più difficile e la crescita poteva avvenire solamente sottraendo clientela alla concorrenza. Molte piccole imprese
alberghiere, che continuavano ad erogare un servizio indifferenziato, furono costrette ad uscire dal mercato (La stessa situazione si
sta verificando attualmente in Italia e naturalmente non solo nel settore alberghiero).]
14
[Eiglier, P. e Langeard, E. nel loro testo Il Marketing Strategico nei Servizi Mc Graw-Hill Milano 1988 stabiliscono una
distinzione tra il servizio di base, ossia una funzione primaria, i servizi accessori e aggiunti che si accompagnano al servizio di base
e il sistema di erogazione dei servizi ( servuction) composto dal supporto fisico visibile ed invisibile, dal personale di contatto e dai
modi di partecipazione del cliente alla produzione del servizio. È’ l’insieme di questi elementi, nella loro inscindibilità che, nella
percezione dell’acquirente, costituisce il servizio globale. L’ottica di marketing abbraccia dunque tutti i membri di
un’organizzazione di servizi, in misura ancora maggiore che in un’impresa industriale-manufatturiera.]
15
[CST, Il franchising nel settore alberghiero e della ristorazione, Franco Angeli Milano1995.]
14
mancanza del requisito della materialità nei prodotti che acquisisce e talvolta addirittura,
nel suo comportamento di acquisto, prova uno stato di soddisfazione maggiore rispetto
all’acquisto di beni tangibili.
1.2 I trend del franchising in ambito internazionale ed in Italia
Il mondo del franchising. Se da consumatori si osserva con attenzione la realtà
delle aziende commerciali che quotidianamente si visita per gli acquisti, ci si rende
conto che essa è direttamente o indirettamente legata al mondo del franchising: dal
vestito che si indossa, alle scarpe, alla cravatta, alla camicia, all'orologio o al
portafoglio. Si guidano auto noleggiate in franchising, si abita in case trovate con
agenzie immobiliari in franchising e arredate con mobili che provengono da showroom
in franchising. Si consumano pasti veloci in fast food in franchising, si passano le serate
in locali di ristorazione serale in franchising, si cura l’aspetto estetico in saloni di
bellezza in franchising, ci si collega ad internet per mezzo di provider in franchising, si
prendono lezioni di informatica presso scuole di formazione in franchising. Perfino si
consuma carne di struzzo altamente nutritiva proveniente da allevamenti in franchising.
Negli States, il Paese dove la formula del franchising è nata, ogni otto minuti
viene aperto un nuovo negozio in franchising. Il 20% del PIL nazionale è creato da
attività in franchising e più di dieci milioni di persone vivono intorno a questa formula
con un giro d’affari che supera i 900 miliardi di $ USA.
In Europa il fenomeno, anche se in misura ridotta rispetto gli Stati Uniti, è di tutto
riguardo, infatti si stimano, su 17 paesi analizzati dall’European Franchise Federation
(EFF), circa 170.000 unità in franchising con un volume di affari di oltre 81 miliardi di
ECU e un impiego di forze lavoro che conta oltre 1.500.000 di persone impiegate.
Anche l’Italia con ben 26.000 negozi in franchising, 72.800 persone impiegate e
un giro d’affari stimato intorno ai 21.000 miliardi di lire rappresenta un dato di fatto. I
negozi in franchising aprono con un ritmo di uno ogni quattro ore. Il tasso medio di
crescita annuale del 10% dal ’93 ad oggi dice che non si tratta di un trend temporaneo.
16
Ormai questa formula di affiliazione commerciale si è sviluppata in tutto il
mondo: Colombia, Filippine, Cina, Russia, Australia, Brasile, San Marino, isole Figj,
etc., ma si può, con altrettanta certezza, affermare che questa formula è tutt’altro che
recente, come si vedrà nel prossimo paragrafo.
17
Cenni storici su franchising. Subito dopo la conclusione della Guerra di Secessione
negli Stati Uniti (1861 – 1865), il termine franchising è stato impiegato, per la prima
volta, al fine di denominare un sistema interaziendale di conduzione delle imprese,
sistema che si è evoluto nel tempo sino a raggiungere il suo assetto attuale.
Nacque negli Stati Uniti nel 1851 con il primo contratto della storia del franchising
redatto da Isaac Singer, il quale volle studiare e mettere in pratica una strategia di
distribuzione, rivelatasi poi di successo, allo scopo di vincere una guerra commerciale
che durava ormai da anni nel settore delle macchine da cucire. Seguì il settore delle
Ferrovie, ove si scelse di offrire la concessione di tale servizio di pubblica utilità in
16
[Dati Assofranchising Italia.]
17
[Fossati A.,. Fare Affari con il Franchising, Sperling & Kupfer Milano 1996.]
15
franchising ai privati per superare il regime di monopolio che vigeva sino ad allora.
Il fenomeno si diffuse nel periodo tra le due guerre, e in particolare nel ’29,
quando venne il momento delle case automobilistiche. La General Motors propose a
rivenditori di biciclette e motociclette di trasformarsi in venditori di automobili
permettendo loro di superare un problema che era particolarmente rilevante a quel
tempo: ovvero le grandi distanze. L’omogeneità commerciale infatti era garantita anche
senza investire ingenti capitali nella costruzione e gestione di reti dirette. Fu questo il
cosiddetto trade name franchising usato allo scopo di concedere l’uso del proprio nome
all’intera rete dei distributori; esso via via si evolse sino a che, negli anni ’50 e ’60,
cominciò ad affermarsi il modern entire business format franchising. In quest’ultima
versione, il franchisor non si limitò più a concedere il proprio nome, ma iniziò a mettere
a punto schemi e metodi operativi, di marketing e di gestione, che concedeva di
utilizzare ai propri franchisee, dietro pagamento di un compenso pattuito. Lo sviluppo
del franchising dal secondo dopoguerra negli Stati Uniti fu poi talmente rapido,
diversificato e profondo da giustificare la definizione di “franchise boom”.
In Italia fu la società Gamma, poi inglobata dalla Standa, a far emergere la
formula franchising negli anni ’70. La prima proposta fu il magazzino a prezzo unico
UPIM nel 1970. Il primo sistema significativo di franchising è datato 1971, quando la
Standa ricercava affiliati ai quali chiedeva il presidio di un mercato locale, una licenza,
una disponibilità immobiliare e una capacità finanziaria adeguata. La grande
distribuzione e l’abbigliamento hanno per primo utilizzato tale formula, e oggi oltre il
50% dei negozi delle vie commerciali principali delle città italiane,
18
ed il 90% dei punti
vendita dei centri commerciali adottano la formula del franchising.
19
Il ruolo del franchising nell’evoluzione delle strategie d’impresa. Nel passato
recente, il franchising ha avuto un ruolo chiave per l’evoluzione del modo di fare
imprenditoria e la ricerca di soluzioni che, in qualche modo, comportassero la
sopravvivenza delle imprese nei periodi di recessione.
Gli anni Novanta sono infatti stati caratterizzati da un'elevata turbolenza
ambientale. Modelli tecnologici, culturali, competitivi che hanno contraddistinto la fase
di sviluppo precedente sono stati improvvisamente superati da altri che, rapidamente,
sono a loro volta diventati obsoleti. La frequenza del cambiamento è andata crescendo,
le innovazioni si sono fatte sempre più rapide e profonde. L'informatica, i nuovi
equilibri e bisogni del sistema mondiale, la globalizzazione dei mercati di
approvvigionamento e sbocco, ma anche della manodopera, hanno portato alla
distruzione di equilibri, forme e modi di essere sociali ed economici che sembravano
consolidati. Il modello di sviluppo industriale è andato in crisi, poiché i presupposti su
cui era fondato si sono rivelati non più validi.
18
[C'è chi pensa che il franchising sia un sistema particolarmente legato alla distrubuzione commerciale, o alla ristorazione veloce,
all'abbigliamento o, più in generale, ad attività di commercio e di servizi tradizionali. Il seguente elenco (ovviamente non esaustivo)
di progetti "non convenzionali" che sono disponibili in franchising in Italia e nel mondo è illuminante sul grado di applicazione della
formula: Agenzie per crisi di coppia (Italia); Cambi assegni ambulante (Stati Uniti); Commercializzazione di casse da morto
ecologiche (Sudafrica); Confezionamento automatico di shushi (Giappone); Corsi di difesa anti-crimine (Stati Uniti); Dolci siciliani
(Italia); Eliminazione riservata di documenti aziendali (Stati Uniti); Misurazione di consumo di alcolici (Canada); Negozi di articoli
per il rilassamento muscolare e vertebrale (Stati Uniti); Negozi di oggetti in canapa (Svizzera); Negozi di perline ed accessori per
collane (Francia); Negozi spedalizzati per il bird watching (Stati Uniti); Pubblicità tramite mongolfiera (Italia); Produzione badge
personalizzati (Italia); Realizzazione e stampa libri per parrocchie (Stati Uniti); Sistema di identificazione di bambini scomparsi
(Stati Uniti); Tappeti artistici personalizzati (Gran Bretagna); Trattamento dei pavimenti in cotto (Italia); Allevamenti di struzzi
(Italia); Sexy shop (Italia); Mercato dell’usato (Italia).]
19
[Fossati, A. opera cit.]
16
Anche il mercato del lavoro risente tutt’ora dell’influenza dalla predetta
turbolenza. II lavoro dipendente va riducendosi, l'impresa non è più in grado di
assicurare un'occupazione sicura, le opportunità di lavoro più frequenti sono legate a
lavori indipendenti, al di fuori dei tradizionali legami d'impresa. L'individuo, per far
fronte a tale situazione, deve diventare imprenditore di se stesso, cioè deve creare nuove
esperienze, aggiornarsi, valutare se queste siano richieste dal mercato. Non ci sono più
“reti di protezione”, la propria crescita professionale e il percorso di carriera non
dipendono più dall'azienda, ma da se stessi. È un modo di ragionare che comporta una
continua autoriflessione su quali competenze si è in grado di offrire e su come possono
essere valorizzate.
20
Nelle imprese è iniziato un processo di cambiamento simile: esse devono
diventare più flessibili, ridurre le inefficienze, organizzarsi come sistemi aperti, attenti a
raccogliere gli stimoli esterni. Assolutamente competitiva diventa la capacità di
interpretare questi stimoli e tradurli in nuove «idee di impresa»: network virtuali, capaci
di soddisfare bisogni in tempo reale, strutture che sfruttino il lavoro da casa, il part-time,
come potenze esterne flessibili.
La ragione del successo dell’applicazione della formula franchise ha le sue radici
proprio in questi cambiamenti: è una formula che risponde sia alle nuove esigenze dei
mercati di sbocco sia a quelle dei mercati del lavoro. Non si tratta di una formula
magica, ma soltanto di una modalità imprenditoriale che tende a valorizzare le
competenze dei soggetti imprenditoriali coinvolti, aggregandole e organizzandole in un
unico progetto.
Nel turbolento sviluppo economico attuale, possedere disegni e strategie ben
delineate, ma nel contempo non rigidi, costituisce un grande valore, una chiave
importante per “costruire” affari. Oggi il franchising occupa un importante ruolo
internazionale e non si può non riconoscere a questa formula commerciale il merito di
aver rivoluzionato le strategie economiche e il modo di fare imprenditoria.
21
Naturalmente occorre non enfatizzare aprioristicamente tale formula. Il
franchising non è di per sé una garanzia di sicuro successo: i limiti tecnologici, i
problemi legati ai prodotti maturi, la mancanza di risorse finanziarie, non possono
venire risolti con questa formula. Eppure ove esistono valide premesse economico-
finanziarie di fondo, il franchising dà un validissimo contributo ad organizzare in modo
più razionale l'attività imprenditoriale, riducendo così i rischi di errori ed insuccessi.
Alcune ricerche hanno analizzato il livello di rischio estremo - il fallimento - di
aziende in franchising rispetto ad aziende con strutture tradizionali.
Secondo il Department of Commerce degli USA, facendo riferimento alle nuove
aziende, solo il 3 % delle nuove aziende in franchising chiude dopo il primo anno di
vita, mentre chiudono il 38 % di quelle tradizionali. E questo divario cresce dopo cinque
e dieci anni di vita (cfr. tab. 1).
20
[Fossati, A. opera cit.]
21
[Fossati, A. opera cit.]
17
TASSO DI MORTALITA’ DELLE NUOVE IMPRESE
Indipendenti Franchising
Dopo 1 anno di vita 38% 3%
Dopo 5 anni di vita 77% 8%
Dopo 10 anni di vita
82% 10%
Tab. 1 Tasso di mortalità delle nuove imprese 1971 – 1987 Fonte: US Department of Commerce
• Da un'analisi Arthur Andersen del 1991 solo il 3 per cento delle attività in
franchising aperte cinque anni prima risulta chiusa.
• Anche un'analisi europea (Franchising Survey, 1995) condotta dalla National
Westminster Bank conferma tale dato: il 96 % dei franchisee sopravvive nei primi
cinque anni. Al di là delle cifre, più o meno ottimistiche, questi dati dimostrano
come i franchisee possano ridurre i rischi contando sulla applicazione di formule
chiare e più sicure, ma il franchisor deve possedere un valido e trasmissibile know
how.
TASSI DI CRESCITA IN ITALIA
Anno di Riferimento Percentuale di crescita
1996 8%
1995 15%
1994 16%
1993 6%
Tab. 2 Tassi di crescita del franchising Fonte: Assofranchising Italia
L'attrattività di questa formula è confermata dalla dimensione assunta in Italia e
nel mondo.
22
L’evoluzione del fenomeno franchising. Oggi il mercato sta andando verso una
fase di maggiore maturazione rispetto al passato: la crescita è più ragionata, si riducono
le improvvisazioni, le aziende poco valide vengono rapidamente espulse dal mercato. Il
tasso di crescita del fenomeno franchising, benché inferiore a quello degli anni passati,
rimane comunque elevato (si veda tab. 2). Come precedentemente accennato, il
franchising si sta sviluppando in tutti i Paesi del mondo, (si veda fig. 2) anche se gli
Stati Uniti rappresentano sempre il Paese dove è maggiormente radicato.
22
[Intorno al franchising si stima ruotino, nel nostro Paese, circa 21.000 miliardi. Molto meno dei
900.000 miliardi di dollari del mercato statunitense. Ma la cifra rimane comunque ragguardevole, per le
dimensioni italiane. Le potenzialità sono confermate anche da confronti internazionali tra punti vendita al
dettaglio complessivi e in franchising: negli Stati Uniti più del 41 per cento dei negozi sono in
franchising, in Italia il 31 per cento (nel ’92 era appena l‘1,2%).]
18
Fig. 2 - Numero di franchisor nel mondo Fonte: Arthur Andersen & Co. 1996
Recentemente è stato condotto uno studio (Worldwide franchising ’96) a livello
mondiale elaborato da Arthur Andersen e varie associazioni internazionali di
franchising dove si sono evidenziate le seguenti caratteristiche del panorama mondiale:
™ il 44 per cento dei paesi presi in esame ha oltre duecento franchisor;
™ negli Stati Uniti esistono oltre settecentomila franchisee;
™ la media dei franchisee per Paese è circa 25.000;
™ la maggiore incidenza del franchising sul commercio è fatta segnare dagli
Stati Uniti con il 41 % (1996)
23
; Brasile 32 %; Australia e Nuova Zelanda
25 %. L'Europa varia tra l’11 e il 35 %.
Esistono alcuni segnali che indicano quale sarà la direzione futura del franchising:
• Diversi autorevoli studiosi del fenomeno prevedono scenari molto interessanti per
l’evoluzione del franchising. Tra essi John Naisbitt, famoso per il suo libro
Megatrends: analisi sugli scenari del futuro, nel 1985 ha effettuato uno studio per
l’IFA (International Franchising Association) sulle tendenze del mondo
franchising
24
ove, dopo averne illustrato le potenzialità, conferma che “II
franchising rappresenterà una delle forze trainanti dell'economia del ventesimo
secolo”.
23
[Comprensiva di distributori di benzina, di bibite e dei concessionari di auto.]
24
[Naisbitt, J. The future of franchising: looking 25 years ahead to the year 2010, IFA, USA, 1985.]