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INTRODUZIONE 
 
 
Quando ho cominciato a pensare alla mia tesi di Laurea Specialistica non avevo ben chiaro l’argomento su 
cui incentrare tutto il mio lavoro e le mie ricerche. Qualche anno prima ebbi la fortuna di seguire un corso di 
Progettazione Scenica tenuto dal prof. Luca Ruzza che catturò decisamente la mia attenzione sicuramente 
grazie anche alla grande competenza del professore stesso, ma soprattutto perché fu un corso che trattava 
argomenti davvero interessanti. Si parlava di Video Mapping
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, di Light Designing e ci esercitavamo su 
programmi informatici di cui io non sapevo nemmeno l’esistenza fino a quel momento. Fu un colpo di 
fulmine. Effettivamente sono sempre stata affascinata dalle innovazioni di qualsiasi tipo e relative a  
qualsiasi ambito ma in particolar modo, ho sempre avuto sin da bambina un forte debole per tutto ciò che 
fosse tecnologico e legato al mondo dell’ informatica. Il motivo di questo mio forte interesse verso queste 
discipline mi è ad oggi ancora del tutto oscuro. Sicuramente mi affascina la possibilità di poter creare 
situazioni che difficilmente potrebbero generarsi senza il supporto della tecnologia, e tutto questo mi induce 
anche ad una nuova modalità di conoscenza e di approccio alla vita decisamente rivoluzionario, e 
personalmente l’aspetto rivoluzionario delle cose mi è sempre andato a genio. A tal proposito ho deciso 
quindi di percorrere questi sentieri non del tutto calpestati perché “nuovi” per l’appunto e per la maggior 
parte ancora in fase di sperimentazione, altra caratteristica che ha catturato decisamente la mia attenzione. 
L’universo all’interno del quale ho deciso di navigare è molto vasto, ragion per cui non sapevo esattamente 
quale argomento in particolare trattare all’interno del mio lavoro di tesi, ma dopo aver letto il testo di A.M. 
Monteverdi Nuovi Media, nuovo teatro-teorie e pratiche tra teatro e digitalità consigliatomi dal mio relatore 
Luca Ruzza, ho capito quale direzione avrei dovuto prendere. Questo mio lavoro di tesi non costituisce una 
verità assoluta ma semplicemente vuole cercare di essere una sorta di tesi/guida nell’affrontare un argomento 
vasto ed in continua evoluzione come quello che ho scelto. La società contemporanea è un ambiente 
                                                                 
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 Il Video Mapping è una tecnologia di proiezione u tilizzato per trasformare gli oggetti, spesso a forma irregolare, in una su perficie di visualizzazione 
per la videoproiezione. Questi oggetti possono essere paesaggi industriali complessi, come edifici, piccoli oggetti interni o tappe teatrali. Utilizzando 
il software specializzato, un oggetto due o tridimensionale è spazialmente mappato sul prog ramma virtuale che imita l'ambient e reale è da proiettare 
su. Il software è in grado di interagire con un proiettore per adattarsi a qualsiasi immagine desiderata sulla superficie di quell'oggetto. Questa tecnica 
viene u tilizzata da artisti e inserzionisti che possono aggiungere dimensioni extra, illusioni ottiche, e le nozioni di movim ento su oggetti 
precedentemente statici. Il video è comunemente in combinazione o innescata da, audio per creare una narrazione audiovisiva.
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continuamente in evoluzione all’interno del quale noi essere umani ci ritroviamo immersi senza un’apparente 
via di scampo. Generalmente ogni tipo di innovazione che può essere tecnologica ma anche relativa ad altri 
ambiti, bombarda tutto il contesto all’interno del quale nasce e si sviluppa, per poi essere di conseguenza 
assorbita dallo stesso environment da cui prende forma. Questo è ciò ch’è accaduto anche ai mezzi di 
comunicazione, basti pensare al cinema, alla radio ed alla televisione ad esempio ma ciò che ha suscitato 
interesse e curiosità, è stato capire come tutto questo è avvenuto all’interno dello spazio scenico teatrale. 
Capire ed indagare le modalità attraverso cui le nuove tecnologie hanno bombardato l’ambito teatrale e di 
come quest’ultimo abbia reagito dinnanzi a tanta innovazione … 
 
Nel primo capitolo ho praticamente affrontato l’ argomento partendo da un approccio di tipo storico, una 
panoramica novecentesca su come il teatro nel corso dei secoli ha affrontato l’avvento di nuove tecnologie 
che hanno di conseguenza invaso i palcoscenici, e di come tutto questo abbia radicalmente portato verso 
forme inimmaginabili di “fare teatro”. Abbiamo visto come tutto sia iniziato dall’invenzione del 
cinematografo da parte dei fratelli Lumière che il 28 dicembre 1895, hanno proiettato per la prima volta 
dinnanzi ad un pubblico pagante, il primo lungometraggio riscuotendo da subito un immane successo. Il 
teatro comincia a perdere una grande fetta di spettatori proprio perché attratti da questo nuovo tipo di 
linguaggio e di comunicazione che non avevano mai sperimentato prima d’ora, e quindi il teatro cerca di 
avvicinarsi a questo grande mezzo tecnologico assorbendone schemi e caratteristiche. Oltre al cinema, il 
teatro ha dovuto fare i conti anche con la radio, dal cui connubio nacquero forme ibride come il radio-
dramma ad esempio. Il malcontento che si registrò con l’avvento della radio fu soprattutto tra gli attori 
teatrali che si sentirono in un certo senso abbandonati da quelle che erano le loro tradizionali strutture 
recitative. Tuttavia anche la radio divenne un bene di massa presente nella vita della stragrande maggioranza 
delle persone, ma uno dei più grandi mezzi di comunicazione che ha decisamente rivoluzionato tutto 
l’assetto sociale e, se vogliamo, anche quello politico fu la televisione. La prima messa in onda RAI ( Radio 
Audizioni Italiane, successivamente denominata Radiotelevisione italiana il 10 Aprile 1954 ) avvenne il 3 
gennaio 1954 e sin da subito il nuovo mezzo di comunicazione ebbe un grandissimo successo. Il numero 
degli abbonamenti crebbe vorticosamente di giorno in giorno e la forza ed il successo della televisione fu
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proprio dovuto al fatto di essere stata messa a disposizione in luoghi ricreativi come bar o parrocchie, e 
quindi usufruibile  dalla popolazione anche meno ricca. Fino al 1970 è il teatro in video a dominare la scena 
teatrale italiana successivamente sostituito dal cabaret grazie al quale si registrò un successo spropositato del 
nuovo mezzo. Gli anni Ottanta invece sono caratterizzati da primi sentimenti rivoluzionari e sperimentali 
relativi alle ricerche tra teatro e nuovi media , con le prime videoproiezioni e collegamenti tramite satellite. 
Questo sentimento cresce in pieni anni Novanta, anni in cui si crea un vero e proprio divario tra coloro che 
rimasero conservatori e quindi legati a dei modelli tradizionali di fare spettacolo, ed altri che invece erano 
aperti a nuove sperimentazioni tecnologiche in ambito teatrale. 
 
Nel secondo capitolo, suddiviso in tre paragrafi, ho spostato l’attenzione sulla drammaturgia multimediale; in 
particolare nel primo paragrafo sono partita dall’evidenziare una delle caratteristiche fondamentali del nuovo 
modo di fare teatro ovvero il fatto che sia un teatro ipermediale in quanto costituito da diverse tipologie di 
fattori e di media per l’appunto, e di come tutto questo richiami l’ipertesto e l’iperlink ovvero la possibilità di 
poter leggere un testo, nel nostro caso drammaturgico, in maniera del tutto libera ed indipendente con la 
possibilità di spaziare da un argomento all’altro. Ho posto la mia attenzione su un artista contemporaneo, 
Marcel Antunez Roca, che svolge le sue ricerche ed i suoi lavori basandosi su una modalità particolare di 
drammaturgia creata da lui stesso, la sistematurgia, in cui si serve di biotecnologia e d’informatica, 
giungendo a dei risultati davvero interessanti. Successivamente ho introdotto la figura di Joseph Svoboda, 
uno dei più grandi architetti/scenografi del periodo contemporaneo, soffermandomi sulle sue modalità di 
messa in scena. Egli era uno di quegli artisti fiducioso nei confronti della tecnologia , che sperimentava 
sottoforma di tecnica rendendo le sue performance di grande impatto scenico. Da Joseph Svoboda ho virato 
verso drammaturgie più contemporanee, nel particolare quelle del gruppo Motus e quelle di Robert Lepage 
in quanto entrambi fondano i loro spettacoli sul cinema, attuando la così detta cineficazione. Per quanto 
riguarda i Motus, ho ritenuto interessante un loro spettacolo intitolato Twin Rooms (2002) in quanto getta le 
basi per la riflessione sull’istituzione dell’immagine digitale al tempo di oggi. Robert Lepage invece con 
Polygraphe ( 1996, 2000), mette in scena un vero e proprio spettacolo cinematografico che trae da una 
faccenda personale in cui si era trovato coinvolto rischiando addirittura il carcere. Ma Robert Lepage è
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interessante anche per quanto riguarda la sua posizione nei confronti della tecnologia. Egli crede che 
applicare le nuove tecnologie al teatro, sia una naturale prosecuzione della tradizionale tecnica; quello a cui 
lui aspira, ed a tal proposito è stato “analizzato” Andersen Project (2006), è creare una performance in cui 
l’aspetto tradizionale non venga messo da parte dalla tecnologia, un equilibrio tra il tradizionale ed il 
contemporaneo. 
 
Nel terzo capitolo composto da due paragrafi, ho cercato di capire come sia avvenuto il passaggio da una 
scena prettamente elettronica al così detto Interactive Theatre, soffermandomi su uno dei gruppi più influenti 
in Italia che s’è occupato di video teatro: Studio Azzurro. Attraverso l’ interactive theatre abbiamo appurato 
di come l’intera concezione di performance cambi definitivamente. I nuovi spettacoli sono basati 
sull’immersività totale dello spettatore che viene stimolato plurisensorialmente per consentirgli di vivere 
un’esperienza del tutto fuori dal normale. L’assetto tradizionale teatrale in questo caso, viene a mancare un 
po’ alla volta ma non perché ci sia un rifiuto di quelle che sono le vecchie maniere, ma semplicemente 
perché cambia la società e quindi di conseguenza anche le esigenze dello spettatore in quanto tale.  
 
Nel quarto capitolo infatti è proprio dello spettatore che si parla. È un vasto discorso che ho affrontato 
partendo da una questione che per me è fondamentale per capire le modalità attraverso cui questo 
cambiamento ha avuto origine. Abbiamo visto infatti di come sia cambiata la struttura della performance nel 
corso degli anni, e di conseguenza anche quella dell’attore e del suo modus operandi sul palcoscenico, ed 
infine di come lo spettatore di riflesso abbia modificato il suo approccio allo spettacolo teatrale 
contemporaneo. A mio parere, se tutto questo è avvenuto è perché alla base di tutta la questione che cerco di 
affrontare in questa tesi, è cambiato anche il modo di narrare le storie. E s’è cambiato il modo di narrare le 
storie è perché è cambiato chi le racconta, ovvero il narratore. A tal proposito abbiamo presentato la figura 
di Giacomo Verde in quanto colui che ha inaugurato la figura del cyber narratore, narratore che utilizza 
forme di narrazione tradizionali ma ambientate all’interno di contesti altamente tecnologici ed immersivi, e 
del tele racconto ovvero una nuova modalità narrativa inaugurata con lo spettacolo Hansel & Gretel Tv
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(1989) ovvero un tipo di performance realizzata con una inquadratura in macro di alcuni oggetti molto vicini 
alla telecamera stessa che potevano modificarsi in base a quelle che erano le scelte del pubblico, assumendo 
l’importanza necessaria che la storia richiedeva in quel preciso momento. Oltre alla figura del cyber 
narratore troviamo anche quella del digital story teller legato alla figura di Joe Lambert che nel 1994, fonda 
il Center of Digital Storytelling in cui egli stesso spiega come mischiare gli elementi provenienti dagli 
archivi familiari servendosi delle nuove tecnologie. La modalità narrativa all’interno di questi spettacoli ha di 
conseguenza, modificato le mansioni dell’attore che viene definito iperattore in quanto deve essere in grado 
di saper gestire tutti gli elementi tecnologici che ha a disposizione sul palcoscenico; un attore che fa della 
multimedialità la sua nuova dimora. 
 
Nell’ultimo capitolo invece ho riportato quelle che sono le varie situazioni attuali del fare teatro. Siamo 
giunti alla conclusione che il teatro è cambiato e non si può negarlo. È cambiato il modo di pensare ad uno 
spettacolo teatrale, è cambiato il modo di pubblicizzarlo ed è sostanzialmente cambiata la sua funzione. Nei 
primi anni del Novecento abbiamo visto di come il teatro fosse considerato come un luogo di “perdizione” e 
di puro svago, un luogo all’interno del quale la stragrande maggioranza della popolazione andava a trovare 
conforto e divertimento allo stato puro. Era un tipo di teatro che aveva un compito ben preciso, quello di 
essere un entertainer per una larga fetta di popolazione e di riflesso non faceva altro che rappresentare la 
società del periodo, allo stesso modo in cui lo spettatore di inizio Novecento si rispecchiava negli spettacoli a 
cui andava ad assistere. Attualmente non è più così. È cambiata tutta la struttura teatrale interna e 
sostanzialmente la sua funzione. Il teatro del 2016 è un teatro che è impegnato in campagne di 
sensibilizzazione contro politiche corrotte, un teatro attivista che poggia le sue antiche fondamenta 
all’interno della rete e di connessioni wireless. È un teatro che vuole comunicare concetti che molto spesso 
vengono sottovalutati dal pubblico proprio perché tenuti nascosti dalle stesse istituzioni, un teatro per la 
verità. Ma il teatro del 2016 è anche un teatro hacker che entra all’interno dei sistemi operativi per rubarci 
l’identità e vanificare l’esistenza. Lo spettatore contemporaneo è uno spettatore che forse non è nemmeno 
più da considerare umano in quanto privo d’identità per l’appunto, un’identità violata perché monitorata da 
impianti di videosorveglianza installati in ogni angolo delle strade e, volendo considerare lo spazio al disopra
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delle nostre teste, dai numerosi satelliti in orbita nello Spazio. Abbiamo perso la consistenza, siamo solo dei 
segnali che viaggiano alla velocità della luce all’intero della fibra ottica e niente più … 
 
Le riflessioni che emergono da queste parole sono tantissime, e si rischierebbe davvero di andare a sondare 
altre discipline che attualmente non sono di mia competenza. Non ci resta quindi che “adattarci” a questo 
immenso flusso tecnologico che una fine non ha e che non accenna di certo ad avere, non dimenticando però 
quelle che sono le nostre radici.
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I 
COME I MEDIA SONO ARRIVATI IN TEATRO: PANORAMICA 
STORICA 
 
 
Nell’incontro tra Media e Teatro vengono indagati i rapporti che intercorrono tra teorie e pratiche artistiche, 
spazi virtuali e spazi reali, coprendo un arco di tempo che va dai primi anni del secolo scorso fino ad oggi. È 
importante notare come il paesaggio di inizi Novecento fosse in profonda trasformazione ed aperto a nuove 
sperimentazioni mediali, orizzonte all’interno del quale si accese l’interesse di un dibattito che portò in luce 
le problematiche relative al rapporto tra scena e tecnologia. Il teatro, considerato dalla vigente società pre-
industriale inattuale ma allo stesso tempo proteso verso il futuro, diventa il punto di partenza da cui 
s’irradiano le diverse linee di ricerca che cominciano la loro avanzata partendo dal cinema  la cui data di 
nascita si fa risalire per convenzione al 28 dicembre 1895, giorno del primo spettacolo allestito dai fratelli 
Lumière per un pubblico pagante a tutti gli effetti, in cui compaiono pellicole realizzate e proiettate grazie ad 
un apparecchio di recente invenzione, il cinematografo. Per comprendere al meglio la cornice all’interno 
della quale prende corpo il nostro argomento e le modalità attraverso cui il teatro interagisce con il cinema, è 
importante fare una breve schematizzazione del fenomeno cinematografico in tre diversi stadi. Una fase 
pioneristica che si protrae fino agli anni Dieci, in cui si accentua il confronto tra pratiche già esistenti; un 
secondo periodo che va dagli anni Dieci fino agli anni Trenta in cui il cinema assume un ruolo di primo 
piano giungendo ad una maturazione tale da controbilanciare l’iniziale insicurezza registrata nel suo esordio; 
ed infine una terza fase che viene scaturita dall’avvento del sonoro nel 1929, evento che  ha innescato una 
serie di problematiche riguardanti procedimenti formali, urgenze estetiche che hanno ripensato le modalità 
dei  rapporti tra i vari linguaggi artistici. Il teatro è da subito l’interlocutore preferito dal nuovo mezzo 
cinematografico, in quanto modello da cui attingere esperienza e potenziale per poter crescere e ottenere 
credibilità all’interno della società del tempo. La matrice visiva non è l’unico collante che unisce questi due