Introduzione
Questo lavoro di tesi indaga su quali siano le dinamiche legate alla progettazione nautica; in particolare,
analizza le problematiche legate all’organizzazione di spazi ridotti, spesso polifunzionali e trasformabili.
L’analisi condotta approfondisce storicamente quali siano stati gli studi effettuati sulla progettazione de-
gli spazi minimi sia nel campo dell’architettura, che in quello dei trasporti e del design. Questo perché è
stato osservato che la progettazione nautica è una complessa combinazione di tradizione e progresso, di
conoscenze antiche e nuove sperimentazioni. Come tale è inevitabile che in essa si possano individuare
delle contaminazioni che hanno origine in altri campi della progettazione, risulta pertanto fondamentale
identifi care tali legami e se nascosti, metterli in luce.
L’organizzazione dello scritto si può dividere in due parti, la prima tratta gli argomenti per macro aree-
architettura, design, trasporti, nautica-la seconda raccoglie una serie di schede monotematiche che appro-
fondiranno i singoli argomenti. Queste scelta nasce dall’ esigenza di non voler fare una ricerca che abbia
solo carattere compilativo, ma, al contrario, creare uno strumento di approfondimento al tema che possa
offrire diverse chiavi di lettura e che si possa sempre arricchire con nuovi argomenti.
Obiettivo della ricerca è porre l’accento sulla progettazione nautica sottolineando l’importanza che il ruolo
del designer può ricoprire in tale disciplina. Lo studio dei materiali e dell’illuminotecnica, insieme ad un
uso corretto dei colori e delle fi niture superfi ciali può favorire una percezione differente degli spazi angu-
sti migliorando il comfort di bordo. Se consideriamo che l’interesse per questa disciplina nasce negli anni
settanta e che la prima scuola che si occupa di formare professionisti in questo campo risale ai primi anni
Novanta, ci rendiamo conto di come ancora oggi, i più quotati progettisti siano architetti e non designer
specializzati nel settore nautico. L’architetto-arredatore, ancora tanto diffuso, nello yacht design dovrebbe,
essere affi ancato dal designer, oltre che, come già accade, da un ingegnere navale.
Le ricerca effettuata parte dall’analisi di testi storici di architettura e di design. Focalizzati i punti fondamen-
tali da trattare ciascun argomento è stato approfondito con testi monografi ci e articoli nelle riviste specia-
lizzate. Ponendo come punto di inizio di questa immaginaria linea del tempo l’inizio del ventesimo secolo
vedremo come il progetto di spazi abitativi di dimensioni ridotte abbia origine da una esigenza nel periodo
della ricostruzione e si sviluppi nei cinquanta anni successivi passando attraverso le abitazioni di emergen-
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za, gli abitacoli raccontati nel MoMa nel 1972, i mezzi di trasporto come treni, caravan, dirigibili fi no ad
abbracciare l’ambito nautico con le sue piccole imbarcazioni da diporto, ma anche con i grandi yacht e le
navi da crociera. Questo excursus ci permetterà di notare la crescita del distretto mobiliero italiano come
in parallelo rispetto agli argomenti sopra citati; un caso fra tutti quello di Cassina.
Passando in rassegna le argomentazioni che seguiranno troviamo un capitolo dedicato alla storia dell’ar-
chitettura in cui si tratteranno argomenti quali il “minimo biologico” e l’existenzminimum. Proseguendo
nel secondo capitolo si passerà all’analisi delle argomentazioni inerenti il design e la progettazione di spazi
abitativi. Verrà poi analizzata l’idea di abitare in movimento partendo dagli scooter degli anni Cinquanta
che cambiarono il costume dell’abitare in città, passando per i primi ETR con cabine panoramiche fi no le
navi da crociera. Partendo dall’arredo delle navi da crociera di farà cenno ai distretti mobilieri italiani, in
particolare al caso Cassina. Inoltre si farà riferimento alla progettazione delle case di emergenza e alle case
mobili analizzando alcuni casi emblematici.
Da tali argomentazioni nasce la rifl essione sulla prossemica e soprattutto sull’ergonomia e la standardiz-
zazione, citando Neufert e Le Corbusier; analizzando il caso emblematico della cucina di Francoforte e
alcuni progetti di Fuller (capitolo terzo). Chiude la trattazione un capitolo dedicato al design nautico in
cui si mette in evidenza quanto sia complessa la progettazione degli spazi di una imbarcazione e come il
ruolo del progettista sia fondamentale al fi ne di migliorare la vita a bordo. Partendo dall’analisi di alcuni
interni si evidenzieranno gli aspetti a cui si deve dedicare particolare attenzione. Il design nautico nasce in
un contesto in cui convivono numerosi elementi, numerose esigenze, e in cui la tradizione, frutto di una
stratifi cazione millenaria, ha un forte peso. Velocità, sicurezza, abitabilità, forme fascinose, innovazione
tecnologica, sono tutti obiettivi con cui il designer deve misurarsi.
Ma essenziale fra tutti, anche per ciò che riguarda piccole imbarcazioni, è l’abitabilità. L’imbarcazione è
una casa mobile e come tale ha insita in se tutte le problematiche di un mezzo di trasporto più quelle legate
allo spazio abitabile. La sua doppia natura presenta esigenze molto diverse ma fra loro collegate, fruibilità
opposte che legano il dentro e il fuori, entrambi carichi di valenza simbolica.
L’evoluzione del mondo nautico è legato alla ricerca tecnologica e l’evoluzione del gusto dipende dagli
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avanzamenti prestazionali. Oggi la tecnologia e l’industrializzazione toccano la nautica rivoluzionando i
materiali usati, aumentandone le prestazioni, ma non interviene in modo completo nel processo produtti-
vo che, anche in contesti particolarmente avanzati, resta di tipo semi artigianale.
Questo tipo di artigianato fonde tradizione e innovazione realizzando pezzi unici o piccole serie che por-
tano il made in Italy nel mondo. Analizzando brevemente il settore a livello economico si scopre che l’in-
dustria nautica è in continua espansione e contribuisce al PIL nazionale più di altri settori maggiormente
conosciuti. Costituisce quindi una spinta importante per la nostra economia, soprattutto per ciò che ri-
guarda l’export.
La cantieristica italiana, infatti, è conosciuta in tutto il mondo per la qualità e le tecnologie sempre all’avan-
guardia. Il suo comparto, diviso in diversi segmenti di mercato, vede come fi ore all’occhiello la progetta-
zione e commercializzazione dei megayacht, che copre il 44,7% del mercato mondiale. Nel 2008 su 777
ordini registrati nel mondo, ben 347 sono made in Italy e le previsioni fi no al 2011 prevedono un aumento
dell’8,4% per i megayacht e del 5% per le barche a vela (dati Confcommercio). Questa analisi puramente
numerica ci fa rendere conto di quante siano le potenzialità di questo settore e di quanto sia importante
creare fi gure professionalmente preparate per migliorare le già fi orenti produzioni.
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Prima parte
Cap 1Il dimensionamento della cellula abitativa come punto fondamentale
dell’architettura moderna
Progettazione funzionale e Tra le principali cause che hanno portato all’affermazione del Movimento Moderno nel ventesimo secolo
qualità della vitac’è sicuramente una componente di natura sociale. L’esigenza di dare a tutti una casa con requisiti igienici
riconosciuti come indispensabili, di costruire scuole e ospedali accessibili a tutti, di realizzare luoghi di la-
voro che rispettassero il lavoratore che le doveva utilizzare, divennero sin da subito il riferimento principale
nella defi nizione degli obiettivi di tale Movimento. Un’architettura dunque che doveva risolvere i problemi
di natura sociale modellando gli spazi in base alle esigenze di vita dell’uomo.
Di fronte alle esigenze delle nuove costruzioni che si comporranno di quartieri residenziali, fabbriche e
nuovi impianti urbani, la funzione diviene dunque più importante rispetto alla forma. La rivalutazione della
funzione ha effetti non solo in ambito residenziale, ma anche nelle costruzioni industriali: in entrambi i casi
si persegue l’obbiettivo di garantire un buon livello della qualità della vita.
Nella progettazione dei poli industriali risulta importante ricordare Peter Behrens, anche lui conferma la
priorità della funzione e della lunga attività svolta alla AEG nel 1920 scrive: “Nei problemi di forma relativi
agli impianti industriali di qualsiasi tipo, si tratta sempre di attingere dalla natura degli oggetti, che si vogliono
creare, il loro carattere e di studiarne il tipo particolare. Così fu per tutta l‘arte del passato che ancora oggi, in uno
sguardo retrospettivo, rivela la sua superiorità proprio perché fu caratterizzata di volta in volta dalle sue fi nalità.
Ciò non signifi ca altro che acconsentire, allo scopo di favorirle, a tutte le esigenze di un impianto, sia dal punto di
vista tecnico sia da quello artistico. Ciò signifi ca addirittura assumere queste esigenze a fondamento, portandole
all’espressione nella forma ”(A. Behne, 1968, p.32).
Ancor prima, nel 1915, Walter Gropius aveva scritto in riferimento alla fabbrica progettata per la ditta
Fagus ad Alfeld an der Leine “Una chiara disposizione dell‘interno, può alleggerire notevolmente il ciclo di
produzione. E non è cosa indiff erente, neppure dal punto di vista sociale, se l‘operaio moderno lavora in casermoni
squallidi e aff atto accoglienti o invece in stanze di proporzioni ben studiate. Egli contribuirà con gioia alla realiz-
zazione collettiva di grandi opere proprio dal suo posto di lavoro che, studiato e approntato da un artista, appaga
il sentimento del bello innato in ciascuno mentre ravviva la monotonia del lavoro meccanico. Insieme al crescente
senso di benessere, aumenteranno anche l‘amore al lavoro e la capacità di rendimento”(A. Behne, 1968, p.35).
Appare pertanto chiaro che la funzione faccia derivare la forma, come peraltro già si affermava alla fi ne
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dell’ottocento Hendrik Petrus Berlage “Lo sviluppo delle forme architettoniche deve attenersi verso la funzio-
nalità” (H. P. Berlage, 1908, p.100) e Otto Wagner “Niente che non sia funzionale potrà mai essere bello”(G.
Bernabei, 1983, p.10). Contribuiscono alla diffusione delle teorie funzionaliste anche le opere di ingegneri
e architetti come Auguste Perret e Tony Garnier. Il primo esalta l’estetica dei materiali capaci di esprimere
la loro epoca, realizzando le sue opere più famose in calcestruzzo; il secondo progetta edifi ci in cui è prio-
ritario l’assetto funzionale, come scuole, ospedali, stadi, case comunali e propone l’assetto urbanistico della
città industriale in cui igiene e traffi co sono determinanti per la defi nizione della morfologia urbana.
La fabbrica diviene l’edifi cio ideale per esaltare gli attributi del funzionalismo; la salubrità del luogo di
lavoro insieme alle esigenze produttive e alle caratteristiche dei nuovi materiali come il cemento armato, il
vetro e l’acciaio, si concretizzano in soluzioni formali che avvalorano la forma che ne scaturisce. Icona di
tali teorie è lo stabilimento per l’imballaggio di tabacco, caffé e the “Van Nelle” che Johannes Andreasn
Brinkman e Leen Van der Vlugt completarono nel 1931 a Rotterdam. Per quanto riguarda la casa d’abita-
zione in questo periodo si pone particolare attenzione alla progettazione degli spazi minimi.
A tal proposito si svilupparono studi come quelli di Alexander Klein nel 1934 e di Franco Marescotti tra il
1938 e il 1948 tesi a individuare soluzioni funzionali che coinvolgessero il minor spazio possibile, e quindi
anche costi ridotti, adattabili a varie tipologie di piante di abitazioni. Il risultato di questi studi sarà la pre-
messa fondamentale per lo sviluppo d sistemi costruttivi industrializzati e per l’enunciazione degli standard
edilizi delle case economiche popolari.
Nel 1933 a bordo di una nave in viaggio da Atene a Marsiglia si tenne il IV CIAM e, sotto la guida di Le
Corbusier, si proposero gli assiomi per una costruzione funzionale della città in cui si individuarono quattro
categorie funzonaliste: lavoro, abitazione, svago e circolazione. Proprio il dogmatismo scaturito da tale in-
contro produrrà le prime reazioni rivolte in particolar modo alla categorizzazione dello zoning funzionale e
alla edifi cazione per blocchi isolati. Il CIAM del 1929 raccolse alcune considerazioni circa la progettazione
delle unità minime abitative rispetto al concetto di minimo biologico. Le abitazione del primo dopoguerra
si rivolgevano ad una classe sociale agiata rispetto a quella operaia e gli affi tti non erano accessibili a questa
fascia di cittadini; a questo proposito Ernst May, relatore del congresso di Francoforte, riteneva che lo Sta-
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to avrebbe dovuto provvedere alla costruzione di tali unità abitative assicurando il livello minimo di vita.
Walter Gropius in un suo intervento dal titolo “I presupposti sociologici dell‘alloggio minimo” pose l’attenzio-
ne sul cambiamento della struttura sociale dicendo che “è necessario chiarire i dati di fatto relativi alla storia
della società, per trovare il più ridotto optimum vitale al minimo costo per produrla”(C. Aymonino, 1971, p.186).
Questa formulazione, nuova rispetto alle precedenti, si fondava sulle esigenze minime naturali derivanti
da analisi biologiche e sociologiche; posta anche a fondamento della ideazione degli insediamenti urbani,
individuava nei caseggiati pluripiano la alternativa alle abitazioni unifamiliari con giardino.
Le Corbusier e Pierre Jeanneret si occupano dei fondamenti tecnici e tipologici della costruzione della casa
minima e concludono che essa dovrebbe essere il frutto di procedimenti industrializzati e standardizzati e
che le diverse funzioni avrebbero dovuto seguire una logica di ordine biologico e non più geometrico. A
tal proposito essi dicono: “tramite l’organizzazione industriale e la messa a punto dell’arredamento domestico,
si arriverà in breve tempo ad un punto del tutto nuovo nella storia dell’architettura e contemporaneamente alla
soluzione della casa minima”(C. Aymonino, 1971, p.193).
L’architetto avrà quindi un nuovo ruolo, quello di progettare l’attrezzatura della casa, secondo l’estrazio-
ne sociale, la tipologia dell’abitazione, la disposizione topografi ca, ecc. Gli stessi aggiungono inoltre che
“compito di un Congresso come il nostre, con lo sforzo individuale di tutti noi, sarà di provare a codifi care, con una
convenzione internazionale, le diverse misure tipo della casa”(C. Aymonino, 1971, p.194). Per far ciò il proget-
tista deve partire da una revisione delle fi nzioni abitative, sintetizzate in respirare, vedere e sentire, quindi
in termini di elementi fondamentali, aria, luce e suono.
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Fig 01. CIAM 1933, Planimetria tipo
di abitazioni minime
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