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Cap. 1 – LO SPANGLISH
1.1 – Definizione di spanglish e scopo della tesi
Com’è facilmente decifrabile, il termine spanglish accorpa in
sé la parola “english” e la parola “spanish”, il che rimanda a
una forma di contaminazione reciproca tra mondo anglofono
e quello ispanofono che non è solo linguistica ma soprattutto
culturale. Inizialmente la lingua spanglish veniva parlata
soprattutto nelle terre di confine tra Messico e Stati Uniti, in
particolare in Colorado, Texas, New Mexico, Arizona,
California; a partire dagli anni ‘70, grazie alle forti ondate
migratorie e, in seguito, grazie alla diffusione attraverso i
media, lo spanglish iniziò a prendere sempre più piede in
numerose realtà statunitensi e latine.
Dal punto di vista linguistico, esistono almeno tre forme
diverse di spanglish:
- Il code-switching, ovvero il passaggio frequente da una
varietà linguistica all'altra persino all'interno di una stessa
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frase, ad esempio: "You've got a nasty mancha on your
camiseta";
- I prestiti linguistici, ovvero termini o espressioni inglesi
"adattati" alla sintassi spagnola: "quiero parquear el coche",
"tineyer" (da teenager);
- infine si può trovare un’espressione spagnola tradotta
dall'inglese, che mantiene forma e struttura della lingua di
provenienza, il cosiddetto calco linguistico: "te llamo para
atràs" ( o addirittura “te llamo pa tras”) dall'inglese "i'll call
you back" per dire “te llamo más tarde” o “te llamo después” ,
oppure "te veo" da "see you (soon)" per dire "hasta
luego","chortes" per dire "pantalones cortos" (shorts).
(1)
Come chiarisce ulteriormente il professor Ilan Stavans,
teorico dello spanglish, non esiste una variante unica e
universale, ma molte, (lo spanglish parlato dai cubani a Calle
Ocho, per esempio è diverso da quello parlato dai messico-
americani) e prende anche nomi diversi in base alla zona di
appartenenza (in Arizona e Colorado è conosciuto come
Manito, in California assume il nome di Californio, in Texas di
Tex-Mex e via dicendo).
In realtà ciò è abbastanza scontato se si pensa alla varietà
etnica e culturale dei popoli latini:
“Latinos are united by language, but divided into wildly
varying nationalities with often-conflicting agendas.
(1)
http://it.wikipedia.org/wiki/Spanglish (25/01/2011);
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There are several borderlines between us. One between first-
generation immigrants and American citizens of varying levels
of assimilation, and more between Caribbean Latinos, who are
more influenced by African culture; Mexican/Central American
Latinos, who are more influenced by indigenous Meso-
American cultures; and South Americans, whose societies tend
to be more Euro-colonial in tenor.”
(2)
Non esiste un’identità latina unica e universale perché
esistono sfumature e differenze da paese a paese; né si può
dire che un messicano abbia la stessa discendenza linguistica
di un cubano, poiché il primo ha nel suo sangue una
componente amerindia che il secondo non ha. Per dimostrare
queste asserzioni, il professor Stavans fece una specie di
esperimento, riunendo in una stessa stanza cinque persone
provenienti da diverse aree geografiche: un cubano da Miami,
un messico-americano da San Antonio, un Newyorkese dal
Bronx, un dominico-americano da Washington e un
ecuadoriano-americano da Chicago. Lo scopo era la
socializzazione, con la clausola che si dovesse parlare
unicamente in spanglish, e il risultato fu che ciascuno parlava
un tipo di spanglish diverso, a volte non compreso da tutti.
Eppure, come sostiene Ed Morales, nonostante le differenze
siano tante tra i popoli latini, forse è più importante ciò che
hanno in comune per considerarsi parte di un’unica e
armoniosa realtà:
(2)
Ed Morales, Living in Spanglish: The Search for Latino Identity in
America, New York, 2003, St. Martin's Griffin;
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“The continual evolution of Spanglish reality will incur more
and more recombinations of Latino culture, until we begin to
recognize ourselves in the mirror of hybridation. Perhaps we
won’t become a harmonious social and political force until we
become more like say, Colombians, who find a way to
embrace both their indigenous and African heritage. Until we
find that balance we won’t be able to speak in one voice.”
(3)
Nella mia tesi ho deciso di analizzare il fenomeno dello
spanglish dal punto di vista del popolo chicano attraverso la
testimonianza diretta di un’autrice, Gloria Anzaldúa, e la sua
opera "Borderlands / La Frontera: The New Mestiza".
L’esperienza di Anzaldúa mi ha colpito perché oltre a
dimostrare apertamente l’importanza del legame tra lingua e
cultura, concetto fondamentale per chi si avvicina al mondo
delle lingue, e a svelarmi l’esistenza di nuovo modo di
esprimersi, si tratta di un caso unico nel suo genere: a
differenza di chi sceglie di andare via dal proprio paese e
trasferirsi in un altro di lingua diversa per scelta propria,
l’Anzaldúa, come il gruppo etnico a cui appartiene, rimane
esattamente lì dov'è, ma si sposta il confine ( “We didn’t cross
the border. The border crossed us”, recita il famoso slogan del
popolo chicano).
(3)
Ed Morales, Living in Spanglish: The Search for Latino Identity in
America, New York,2003, St. Martin's Griffin;
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Il linguaggio chicano (ossia il linguaggio parlato dai messico-
nordamericani), è un tipo di spanglish in cui sebbene lo
spagnolo sia l'influsso linguistico predominante, poiché vi
corrisponde foneticamente e sintatticamente, lessicalmente è
invece condito di termini nàhuatl, una specie di lingua franca
usata dalle varie comunità linguistiche indigene tolteche e
azteche prima della conquista spagnola e parlata ancora da
più di un milione di persone in Messico.
Ma esso non si limita semplicemente ad essere una
particolare (e per alcuni bizzarra) forma di comunicazione
linguistica. Questa nuova lingua, che unisce lo spagnolo
castigliano dei conquistadores e gli americanismi di frontiera
con le lingue antiche e moderne degli Indiani del Messico, è
qualcosa di più di un "linguaggio ibrido”: è una dimensione
espressiva che nasce dal bisogno di un popolo -trovatosi di
colpo dislocato rispetto alla sua originaria nazionalità a seguito
della cessione dei territori messicani agli USA- di far valere la
propria identità, etnica e culturale assieme.
La resistenza ad apprendere l’inglese e al contempo il rifiuto di
abbandonare lo spagnolo è la scelta, consapevole e mirata, di
parlare una lingua, una mezcla, che rispecchi il proprio modo
di essere: è l'affermazione di sé attraverso la lingua.
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1.2 – Ilan Stavans, Ed Morales: teorici dello spanglish
Un teorico dal quale non si può prescindere, se si vuole
davvero approfondire il discorso sullo spanglish, è proprio Ilan
Stavans. Messico–americano, saggista, lessicografo,
opinionista culturale, traduttore, personaggio televisivo,
Stavans è titolare della prima cattedra di spanglish presso
l’Amherst College nel Massachussets e autore della prima
versione de “El Quijote” in spanglish. Per spiegare tale
fenomeno egli utilizza il termine ebreo mishmash che significa
“fusione”, in questo caso di tipo linguistico, tra inglese e
spagnolo, in pratica un “un mestizaje verbal”, ma la
definizione completa è la seguente: “The verbal encounter
between Anglo and Hispano civilizations”, a proposito della
quale chiarisce:
“I was tempted to write clash instead of encounter, and
language instead of civilization. But then again, by doing so I
would have reduced Spanglish to a purely linguistic
phenomenon, which it isn’t. Para nada…”
(4)
(4)
http://www.trickster.lettere.unipd.it/numero/rubriche/lingue/bevilacqu
a_spanglish/bevilacqua_spanglish.html (30/09/2011);
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Nell’introduzione a “Spanglish: the making of a New American
Language”, Stavans scrive:
“Spanglish is often described as the trap, la trampa Hispanics
fall into on he road to assimilation - el obstáculo en el camino.
Alas, the growing lower class uses it, thus procrastinating the
possibility of un futuro mejor, a better future. Still, I've learned
to admire Spanglish over time. Yes, it is the tongue of the
uneducated. Yes, it's a hodgepodge ... But its creativity
astonished me. In many ways, I see in it the beauties and
achievements of jazz, a musical style that sprung up among
African-Americans as a result of improvisation and lack of
education. Eventually, though, it became a major force in
America, a state of mind breaching out of the ghetto into the
middle class and beyond. Will Spanglish follow a similar
route?”
C’è chi la vede come la lingua dei “non educati”, lo
stratagemma linguistico di chi per pigrizia, ignoranza o un po’
tutt’e due, colma le lacune in una lingua con parole ed
espressioni dell’altra; Stavans, adottando un punto di vista
creativo, paragona la spontaneità del parlare spanglish al
genere musicale che per eccellenza punta all’improvvisazione:
il Jazz. Anche esso nato da un amalgama culturale (africano e
americano), anche esso sorto tra le classi povere (anche se lo
spanglish in realtà non conosce differenze di classe sociale e
viene parlato da chiunque grazie soprattutto alla divulgazione
mediatica), eppure oggi di diffusione e importanza indubbia in
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tutto il mondo. E così Stavans si chiede: anche lo spanglish
seguirà lo stesso destino della musica Jazz?
Secondo chi la ritiene una lingua difettosa e scorretta, un
handicap della società americana o di quella spagnola, questa
lingua minerebbe la purezza del castigliano, provocandone, a
lungo andare la scomparsa. In altre parole c’è chi ritiene che lo
spanglish possa in qualche modo un giorno arrivare a
sostituire completamente il castigliano. A questo proposito
molto suggestiva è l’immagine fornitaci da Stavans:
“Every minute another galaxy is born. Do those births threaten
our own existence? Not in the least. What they offer is an
opportunity to reflect on the origins and explanation of our
own universe”.
Lo spanglish non costituisce una minaccia per la futura
esistenza dello spagnolo, semmai ci offre lo stimolo e la
possibilità di indagare meglio sul rapporto tra una lingua e una
cultura, capire “chi siamo e da dove veniamo”.
È piuttosto normale, infatti, che in comunità in cui convivono
più culture diverse si arrivi alla formazione di fenomeni così
singolari come quello dello spanglish, anzi è del tutto legittimo
perché permette di esprimere questa identità molteplice. Ma
è anche vero che lo spanglish ha molti altri usi: può
rappresentare la tappa intermediaria nel processo di
acquisizione della lingua inlgese da parte di un ispanofono, o
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anche (perché no?!) una scelta dettata dalla moda, dal
linguaggio gergale e slang delle nuove generazioni!
“Stavans afferma che l’inglese è, e non ci sono dubbi sul fatto
che dovrebbe essere, l’unica lingua ufficiale degli Stati Uniti:
<< My interest in Spanglish isn’t a question of either/or:
Professor Stavans, Do you prefer Spanglish instead of…? No,
there aren’t any insteads…Me gustan todas por igual, i like
them all the same>>. Tuttavia, ciò non significa che non
debbano coesistere altre lingue a fianco dell’inglese: “Il dovere
di educatori, intellettuali e artisti, scrive Stavans, è quello di
diffondere lo spagnolo e l’inglese, ma anche quello di dare una
presenza legittima allo spanglish. Non c’è nessun dubbio sul
fatto che chi desidera ascendere socialmente negli Stati Uniti
non potrà farlo se parla solo spanglish, anzi, la conoscenza
della lingua inglese rimane un requisito fondamentale per i
latinos, non solo per ottenere la cittadinanza, ma anche per
raggiungere livelli di istruzione superiore e avere lavori
migliori e meglio retribuiti. Spetta allora alla scuola, ai mezzi di
comunicazione, a politiche mirate e serie, fornire gli strumenti
adeguati a ogni persona per potersi esprimere al meglio in
ogni situazione, in modo da formare una coscienza sul buon
uso della lingua scritta e parlata e vedere finalmente lo
spanglish con occhi nuovi, liberi da pregiudizi. “Perché, in
fondo, ciò che è importante è capirsi, comprendersi,