A mio nonno Marino,
che mi ha trasmesso l’amore per la terra
e la passione per gli animali,
dedico.
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INTRODUZIONE
Nell‟ultimo decennio uno dei maggiori temi affrontati a livello globale ? stato quello
riguardante il riscaldamento del pianeta terra, e l‟impatto ambientale generato dagli
innumerevoli insediamenti produttivi agricoli e non, sparsi nel territorio. Questo ha
portato, in primis i governi europei a stabilire delle norme che regolino le emissioni di
rifiuti in aria, acqua e suolo, e proprio per questo sono stati creati dei software in grado
di analizzare quali fasi di una determinata produzione incidano maggiormente su
determinate categorie di impatto.
La mia tesi affronta appunto il tema dell‟impatto ambientale generato dal formaggio allo
zafferano, prodotto nel caseificio di un‟azienda agricola, localizzata in una zona rurale
marginale, che applica il concetto di filiera corta, evidenziando quindi quali fasi della
produzione generano maggiore effetto sulle diverse categorie di impatto ambientale, con
lo scopo di migliorarle senza trascurare la sostenibilità economica dell‟azienda stessa.
La tesi risulta strutturata in quattro capitoli. Nel primo capitolo viene descritta
ampiamente l‟azienda agricola e la sua evoluzione, il territorio nel quale essa ? insediata
(la Valnerina) e le risorse naturali presenti in questo ambiente marginale.
Nel secondo capitolo è stata presa in esame l‟organizzazione aziendale effettuando
un‟attenta analisi tecnica ed economica della stessa, confrontando il bilancio di stalla del
2008, ultimo anno in cui l‟imprenditore ha prodotto latte a certificazione biologica, con
il bilancio di stalla del 2009, anno in cui si ? ritornati alla produzione convenzionale.
Inoltre in questo capitolo ? stato preso in esame il conto economico del caseificio
aziendale, focalizzando l‟attenzione sui costi ed i ricavi ottenuti dai due principali
prodotti caseari: caciotta e formaggio allo zafferano.
Nel terzo capitolo viene trattata la storia e l‟evoluzione del concetto di sostenibilit?
ambientale, con i numerosi congressi mondiali e documenti adottati (Agenda 21) dai
Paesi che vi parteciparono. Particolare attenzione ? dedicata alla Life Cycle Assessment
(LCA) come esempio di analisi di impatto ambientale, di cui sono descritte le fasi che
costituiscono l‟analisi stessa, e il ruolo che riveste questo strumento nella certificazione
ambientale di prodotto. Inoltre, ? riportata una sintesi di alcuni recenti studi di LCA
applicati alla produzione di latte e formaggio, svolti a livello internazionale.
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Nel quarto capitolo ? presente lo svolgimento dello studio di LCA applicato al
formaggio allo zafferano denominato “Oro di Cascia”, con la descrizione di tutti i
processi oggetto di studio (coltivazione dei terreni e raccolta dei foraggi, formulazione
della razione alimentare dei capi allevati, produzione del latte, caseificazione,
confezionamento, commercializzazione e lo scenario di smaltimento della confezione
del formaggio).
Infine, nel quinto ed ultimo capitolo, sono stai riportati i risultati dello studio con le
relative categorie di impatto ambientale generate dai processi produttivi
precedentemente descritti, confrontando due differenti scenari di smaltimento della
confezione dell‟Oro di Cascia: riciclaggio e discarica.
La tesi si conclude con delle considerazioni sulle tematiche affrontate.
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1. SVILUPPO SOSTENIBILE E IMPRESA AGRARIA A BASSO
IMPATTO
1.1. L’AZIENDA AGRARIA: LA STORIA E LA SUA EVOLUZIONE
L‟azienda Agraria “FATTORIA di OPAGNA”, situata in localitO pagna di Cascia,
(PG), in zona montuosa a circa 1200 m. s.l.m., ? a conduzione familiare e presenta una
superficie totale di 70 ha, dei quali 65 circa di SAU, ripartiti nel seguente modo:
4 ha di orzo,
2 ha di frumento tenero,
2 ha di segale,
2 ha di farro,
20 ha di erba medica,
33 ha di prato-pascolo.
L‟azienda, oltre agli ettari di propriet?, ha accesso anche a circa 130 ha di pascolo
naturale in affitto dalla comunanza agraria di Opagna, utilizzati nel periodo maggio -
fine ottobre per la monticazione delle manze e delle vacche in asciutta.
Nell‟azienda si allevano vacche da latte di diverse razze (Frisona Italiana, Pezzata Rossa
Italiana, e Bruna Italiana), per un totale di 60 bovini, suddivisi nelle diverse categorie.
Gli animali durante il periodo invernale e nei giorni estivi pi鸞caldi vengono tenuti in
stalla.
La produzione media giornaliera di latte per vacca ? di circa 20 kg., e le 25 bovine in
lattazione producono 500 kg di latte al giorno.
I terreni aziendali hanno ottenuto la certificazione biologica (Reg. 2092/91) nel 1992,
mentre l‟allevamento, in selezione dal febbraio 2002, e le relative produzioni di origine
animale, hanno ottenuto la stessa certificazione nel 2004 (Reg. 1804/99). Entrambe le
certificazioni sono state rinnovate fino al 2008.
Nel 2006, visto il continuo abbassamento del prezzo del latte pagato ai produttori,
l‟imprenditore ha deciso di intraprendere la strada della trasformazione del proprio latte.
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Infatti, ? proprio nel gennaio del 2006 che iniziano i lavori per la costruzione del
caseificio aziendale.
Nei primi giorni di marzo del 2006 si avvia la produzione delle prime forme di
formaggio, ottenute con la lavorazione di circa 200 litri di latte, per sole due volte alla
settimana.
Con il passare del tempo la richiesta dei prodotti aumenta fino ad arrivare ad oggi, in cui
vengono trasformati giornalmente 400 kg di latte.
Dal novembre del 2008 l‟azienda ha abbandonato la produzione secondo il metodo
biologico, vista la scelta dell‟imprenditore di sospendere tale pratica. Tale scelta ? stata
determinata da:
assenza di un vero e proprio mercato di destinazione per i prodotti di origine
vegetale e animale certificati bio;
difficolt di reperire materie prime certificate bio;
elevato costo dei mangimi biologici da somministrare alle bovine in lattazione;
difficolta curare le patologie delle bovine con medicinali omeopatici.
L‟imprenditore agricolo con il nuovo PSR 2007-2013 intende modificare ed
ammodernare le strutture e gli edifici aziendali, in particolare passando dalla
stabulazione fissa a quella libera e costruendo una nuova sala di mungitura, al fine di
garantire e tutelare il benessere dell‟animale.
Gli interventi di miglioramento coinvolgeranno anche il caseificio aziendale, per il
quale è previsto l‟acquisto di una macchina per la filatura della mozzarella, che
attualmente viene fatta a mano.
1.2. LE RISORSE NATURALI DEL TERRITORIO
L‟azienda agricola si trova nella Valnerina, territorio caratterizzato da un‟elevata
presenza di montagne a cui si frappongono numerosissime e piccolissime vallate.
Il territorio ricorda molto le Alpi del Nord Italia, e le aziende agricole rimaste vivono
delle tradizioni lasciate dagli avi e conservate nel tempo.
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Difficilmente in questa zona troveremo aziende agricole specializzate in un‟unica
attivitproduttiva.
I terreni sono poveri, con un‟elevata presenza di scheletro, soprattutto quelli montani.
Infatti, su queste terre vengono coltivati cereali come l‟orzo, foraggere resistenti alla
siccità estiva ed al freddo invernale, come l‟erba medica, la lupinella, il ginestrino, ed
infine la lenticchia di Castelluccio, lo zafferano di Cascia, il Farro di Monteleone di
Spoleto. A queste produzioni che contraddistinguono maggiormente il territorio si ?
aggiunta la Roveja di Civita, la cui coltivazione ? stata riscoperta di recente.
1.2.1. La Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Chiamata dagli abitanti di Castelluccio "L?nta" ? il prodotto rappresentativo per
eccellenza della Valnerina.
L'uso di questo legume ? antichissimo, come dimostra il ritrovamento di semi in tombe
neolitiche datate 3000 a.C.
La lenticchia ? una pianta annuale, che fiorisce tra maggio e agosto, appartenente alla
famiglia delle leguminose. L'inconfondibile sapore, le dimensioni molto piccole, la
resistenza ai parassiti e la coltivazione esclusivamente biologica, ne fanno oggi un
prodotto ricercatissimo.
Viene seminata in primavera, appena il manto nevoso ? completamente disciolto.
La raccolta avviene verso la fine di Luglio - primi di Agosto.
Una volta questa operazione veniva svolta esclusivamente a mano, e veniva detta "la
carpitura" per la quale affluiva manodopera dai paesi limitrofi, per la maggior parte
costituita da donne, "le carpirine", che erano impegnate tutto il periodo in questo lavoro
lungo e faticoso.
Oggi si ricorre, quasi sempre, alle falciatrici meccaniche, ma comunque i ritmi e i
"rituali", obbligatori, fanno della raccolta un momento di massimo impegno per i
contadini del posto.
Attualmente la produzione della Lenticchia di Castelluccio ? disciplinata da un apposito
disciplinare di produzione ed ha ottenuto l‟Indicazione Geografica Protetta (IGP) nel
1997.
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1.2.2. Il Farro di Monteleone di Spoleto
Monteleone di Spoleto ? situato nel cuore dell'Appennino centrale, a 1.000-1.200 metri
sul livello del mare e la sua localizzazione lo rende difficilmente raggiungibile tramite
le grandi vie di comunicazione.
La pianta del farro, grazie alla sua particolare resistenza ai climi rigidi e alla sua
equivalenza con erbe selvatiche, non necessita di trattamenti con fitofarmaci o
diserbanti.
E‟ coltivabile fino a 1.200 metri s.l.m. in terreni cosiddetti poveri, la sua notevole
resistenza alla siccit? consente di non ricorrere all'irrigazione e la raccolta avviene con
mietitrebbia come qualsiasi cereale.
Facile ? la sua conservazione "senza aggiunta di prodotti chimici", fintanto che rimane
nel guscio (glumella) e in luogo asciutto.
Per queste sue qualit la pianta del farro si adatta in maniera ottimal e al clima e
all'altitudine di Monteleone di Spoleto, che, con le sue terre povere, d? una caratteristica
unica ed inimitabile a questo prodotto.
La sua lavorazione comprende alcune operazioni quali la macinatura (Sfarrare), la
ventilatura che serve a separare il chicco dalle glume ( Pula) e, infine, la setacciatura
che divide le particelle di sezione pi鸞piccola.
Successivamente il prodotto viene messo sottovuoto per garantire una perfetta
conservazione, evitando cosl'uso di sostanze conservanti o prodotti simili.
Il suo gusto delicato lo candida ad essere un buon sostituto del riso, considerate le
molteplici alternative per la sua preparazione.
Il farro di Monteleone ? molto duro e produce una farina che ha il colore del tritello ed ?
leggermente granulosa: questa ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (DOP)
nel dicembre del 2008.
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1.2.3. Lo Zafferano purissimo di Cascia
La coltivazione dello Zafferano a Cascia ? stata
reintrodotta da una decina di anni, dopo che alcuni
imprenditori agricoli della zona si recarono a Navelli
(AQ) ad acquistare i primi bulbi da impiantare nei terreni
casciani, riportando cos in vita una tradizione, i cui
primi documenti storici risalgono al 1565.
Lo zafferano di Cascia ? un prodotto totalmente naturale e si ricava dagli stimmi
essiccati dei fiori violetti del Crocus sativus, una piccola pianta che non supera i 10-15
cm, appartenente alla famiglia delle Iridaceae.
I bulbi degli zafferaneti vengono espiantati manualmente ogni anno alla fine di luglio, e
dopo un‟attenta selezione (mondatura) sono rimessi subito in dimora alla fine di agosto.
A questo punto bisogna attendere la fioritura che avviene verso il periodo di ottobre-
novembre, e la raccolta viene fatta manualmente solo nelle prime ore del mattino,
quando il fiore ? ancora chiuso, poich? la luce diretta del sole potrebbe alterare le
caratteristiche organolettiche degli stimmi.
Nella stessa giornata gli stimmi vengono separati dal fiore ed essiccati mediante
tostatura su brace di legna ad una temperatura non superiore a 40°C.
Si utilizza solo la parte degli stimmi che ha un colore rosso vivo, e per ottenere circa un
grammo di zafferano occorrono circa 200 fiori.
1.2.4. La Roveja di Civita di Cascia
La Roveja ? una leguminosa, alta circa 1 metro e
quando i baccelli si riempiono di semi il peso la fa
appoggiare a terra dove bisogna faticosamente
sradicarla a mano.
Una volta seccata sul campo, si mette la pianta su
un telo e si batte con dei bastoni fino a separare a
mano il seme dal baccello.
Nei secoli passati questo legume era coltivato su tutta la dorsale appenninica umbro-
marchigiana, in particolare sui monti Sibillini, dove i campi si trovavano anche a quote
elevate.
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Questo tipo di pisello, oltre a essere coltivato, cresce tuttora in modo spontaneo nei prati
e lungo le scarpate.
Il declino della roveja era iniziato nella seconda met? del XX secolo, con la maggiore
redditivitdi altre colture e l'introduzione dei mezzi meccanici nell'agricoltura.
La sua origine non e' ancora chiaramente definita, molto probabilmente proviene dal
Medio Oriente.
In Europa questa specie conosciuta fin dalla preistoria ha rappresentato, insieme a
lenticchia, orzo e farro, la base dell'alimentazione umana nel neolitico.
In Umbria, anno dopo anno, la produzione e' aumentata e i piccoli sacchetti di roveja, di
fiera in fiera hanno incontrato l'interesse di Slow Food, l'associazione internazionale che
promuove il recupero della biodiversit tutelando i piccoli produttori e valorizzando
sapori e territori.
Cos nel 2006 la roveja, antico pisello selvatico, considerato quasi erba infestante,
diventa presidio protetto da Slow Food.
La valenza nutritiva della roveja ? legata alla presenza di proteine, carboidrati, fosforo,
potassio e pochissimi grassi. Come legume fresco contiene il 7% di proteine e fornisce
circa 75 calorie per 100 grammi di peso netto. Una volta essiccata il suo valore nutritivo
e' pi鸞elevato, in quanto la perdita d'acqua porta a una rilevante concentrazione di tutti
gli elementi nutritivi, le proteine diventano il 21%, e le calorie circa 300 per ogni 100
grammi di prodotto, grazie all'elevato contenuto di carboidrati che rappresentano il 50%
del peso secco. Elevato e' anche il contenuto di potassio, di fosforo e anche di vitamina
B1. Come per gli altri legumi il potenziale nutritivo di queste proteine, essendo di
origine vegetale, non deve essere considerato elevato, in quanto sono carenti di
aminoacidi solforati. La roveja viene per questo consigliata nelle diete ipolipidiche.
Contiene inoltre un elevato contenuto di fibra, sia insolubile, come la cellulosa,
localizzata nella buccia esterna e capace di regolare le funzioni intestinali, sia solubile,
la quale pucontribuire alla regolazione dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue.