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“Soltanto Cinquemila”
IL PRIMO RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO
(Da Monte Lungo a Monte Marrone l’inizio della cobelligeranza italiana)
I. PREMESSA
Monte Lungo (351 m.) e Monte Marrone (1.805 m.) due alture situate sulla catena
appenninica italiana nel tratto di confine tra il settore centrale (parte abruzzese) e
quello meridionale (parte napoletana), stesso tratto segnato dal corso del fiume
Garigliano, verso il Tirreno, e dal fiume Sangro verso l’Adriatico. In particolare il
confine naturale che, durante il secondo conflitto mondiale, seguiva una delle linee
difensive tedesche, la linea Gustav, poste a rallentare l’avanzata delle truppe alleate
verso il nord.
L’assalto alla linea Gustav, nella storiografia del secondo conflitto mondiale,
rappresenta una fase della campagna d’Italia. Nello specifico le battaglie che si
svolsero su questi due monti, come vedremo tra il dicembre 1943 e la primavera del
1944, rappresentano qualcosa di particolare per la storia militare italiana perché
quelle alture vedranno scendere in campo, al fianco degli eserciti angloamericani, i
primi reparti del riorganizzato Regio Esercito, all’indomani delle vicende
armistiziali che portarono l’Italia alla resa incondizionata occorsa per sganciarsi
dalla tragica alleanza con la Germania nazista.
Nel presente lavoro è dato sufficiente spazio, nella situazione generale, alle vicende
politico militari che precedettero quegli scontri (dalla situazione militare all’entrata
in guerra nel giugno del 1940, fino alle vicende armistiziali del settembre 1943) per
meglio comprendere come la riorganizzazione e l’impiego di quel piccolo reparto
di 5.000 soldati, nel susseguirsi di eventi drammatici che caratterizzarono il periodo
storico, ha quasi dell’incredibile nell’affermare la volontà di ripresa di un paese così
martoriato dagli eventi.
Un impero ridotto a quattro province, un paese trasformato in campo di battaglia,
distrutto dai bombardamenti e spaccato in due con il nord sotto l’occupazione
nazifascista, la popolazione civile stremata dalla fame e migliaia di soldati sparsi
per il mondo (morti, feriti, dispersi, deportati, internati, prigionieri); ma a
Montelungo, con disperazione, rabbia e orgoglio, in 5.000 ricominciano a
combattere per l’Italia
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.
1
E’ partendo dall’impegno e al valore dei soldati del Primo Raggruppamento Motorizzato (poi CIL, poi
Gruppi di Combattimento) e da quelli delle unità ausiliarie delle Regie Forze Armate nella guerra di
Liberazione direttamente sotto le insegne del governo legittimo; unitamente alla lotta intrapresa da
subito dalle migliaia di soldati delle disciolte unità del Regio Esercito confluite nelle più svariate
formazioni combattenti sia in Italia che all’estero; alla resistenza degli Internati Militari Italiani e non
da ultimo dal contributo dalle formazioni partigiane riconducibili ai diversi partiti politici, soprattutto
a partire dalla primavera del 1944, se all’Italia vennero risparmiate condizioni di pace meno dure di
quelle stabilite nell’armistizio lungo.
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II. LA SITUAZIONE GENERALE
1. La guerra di Mussolini
Duce a parte, che la dichiara il 10 giugno 1940, l’Italia inizia una guerra, non
voluta, non preparata, senza armi e senza piani.
Le forze armate avevano le scorte esaurite dalla campagna d’Etiopia (1935) e
dalla guerra di Spagna (1936), l’alleanza con la Germania nazista, all’infuori
di qualche fanatico fascista, non era amata da nessuno, tanto meno dal Re che
era palesemente antitedesco; lo stesso Mussolini più che ammirazione prova
rivalità verso Hitler per la forza del popolo tedesco. Il primo settembre 1939,
quando scoppia la guerra in Europa, gli italiani avevano più simpatia per i
polacchi che non per gli alleati tedeschi.
E’ in parte vero che verso l’alleanza con la Germania il duce vi è stato avviato
dall’ostruzione politica di Francia e Inghilterra, sfociata poi con le sanzioni
economiche imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni all’indomani della
guerra d’Etiopia, ma è anche vero che alla vigilia dell’entrata in guerra le stesse
democrazie e financo gli Stati Uniti fecero il possibile per garantirsi la
neutralità italiana, e per ciò disposti anche a concessioni territoriali.
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Nessuno la voleva ma nessuno, specie tra chi forse
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avrebbe potuto frenare
l’impeto mussoliniano come la monarchia
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, le alte sfere dell’esercito o anche
qualche esponente della stessa nomenclatura fascista, si impegnò più di tanto
per scongiurarla, forse perché tutti speravano che Mussolini vedeva bene
quando profetizzava che sarebbe durata poco e che gli bastavano solo alcune
2
Scriveva Galeazzo Ciano nel suo diario alla data del 27 maggio 1940 “Lunghi colloqui con Francois
Poncet e con Phillips. Quest’ultimo è latore di un messaggio di Roosevelt per il Duce, ma non viene
ricevuto e parla con me. Ho verbalizzato il colloquio. In breve, Roosevelt si offre di fare da mediatore tra
noi e gli alleati divenendo personalmente responsabile per l’esecuzione, a guerra finita, degli eventuali
accordi. Rispondo a Phillips che Roosevelt è fuori strada. Ci vuol altro per dissuadere Mussolini. In fondo
non è ch’egli vuole ottenere questo o quello: vuole la guerra. Se pacificamente potesse avere anche il
doppio di quanto reclama, rifiuterebbe. Importante anche il colloquio con Francois Poncet, non per i
risultati ma come indizio psicologico. Mi ha fatto delle avances assai precise. Escluderebbe la Corsica
che è una parte medesima del corpo della Francia, ha detto che si può trattare sulla Tunisia, forse
anche sull’Algeria. Ho risposto anche a lui come a Philips: troppo tardi: e gli ho ricordato quando la
Francia, nel 1938, ci contestava pesino quei quattro scogli che l’Inghilterra ci aveva ceduto in mar Rosso.”
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Il condizionale è d’obbligo.
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Nella circostanza la posizione del sovrano è sicuramente argomento di discussione, così come è molto
discutibile la firma da parte di Vittorio Emanuele III delle leggi raziali del 1938 pur essendo palesemente
non-razzista. Scriveva Ciano nel suo diario alla data del 28 novembre 1938 “Trovo il duce indignato con
il Re. Per tre volte, durante il colloquio di stamane, il Re ha detto al Duce che prova infinita pietà per gli
ebrei. Ha citato casi di persone perseguitate, e tra gli altri il generale Pugliese che, vecchio di ottant’anni
e carico di medaglie e ferite deve rimanere senza domestica. Il Duce ha detto che in Italia vi sono 20.000
persone con la schiena debole che si commuovono sulla sorte degli ebrei. Il Re ha detto che è tra quelli.
Poi il Re ha parlato anche contro la Germania per la creazione della 4 divisione alpina. Il Duce era molto
violento nelle espressioni contro la monarchia. Medita sempre più il cambiamento di sistema. Forse non
è ancora il momento. Vi sarebbero reazioni. Ieri a Pesaro il comandante del Presidio ha reagito contro il
Federale che aveva dato il saluto al Duce e non quello al Re.”
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migliaia di morti per trattare al tavolo della pace. Se così fosse stato ci si
guadagnava un po’ tutti.
La dimostrazione della sua ambiguità in politica estera e della consapevolezza
sull’impreparazione militare italiana il duce le dimostra entrando in guerra un
anno dopo quando, è convito della superiorità militare tedesca e che il conflitto
si risolverà in qualche mese; la Francia è ormai in ginocchio e l’Inghilterra è
rimasta sola.
Infine entriamo in guerra, al fianco della Germania nazista con cui abbiamo
siglato il 22 maggio del 1939 un patto d’acciaio, senza avere una visione
globale del conflitto, anzi senza avere una visione del conflitto.
Mussolini ministro della guerra e per delega del Re, comandante delle forze
armate, non ha nessuna preparazione militare, le sue saranno sempre scelte
politiche: la non belligeranza in attesa degli eventi prima, la guerra parallela
che finisce con l’intervento dei tedeschi in tutti i settori poi.
Non ha un piano strategico, in difesa su tutti i fronti con l’isolamento
dell’Africa Orientale Italiana; il superfluo invio di aerei per la battaglia
d’Inghilterra e la mancata occupazione di Malta; le inutili e tragiche campagne
di Francia, di Grecia e di Russia con il dissanguamento delle migliori divisioni
mentre nel nord Africa si avanzava a piedi nel deserto.
2. Odine di battaglia al 10 giugno 1940.
Vista in linea generale la situazione politica e strategico militare all’entrata in
guerra, esaminiamo ora, in forma schematica, l’organico e la preparazione
tecnica delle Regie Forze Armate. Vertendo la tesi su battaglie terrestri è stato
dato più spazio ai reparti e agli armamenti del Regio Esercito.
L’alto comando delle Forze Armate Italiane era il seguente:
- Comandante supremo di tutte le forze armate:
Vittorio Emanuele III, Re d’Italia e d’Albania e Imperatore d’Etiopia;
- Comandante supremo di tutte le forze armate, su delega del Re:
Benito Mussolini, 1° Maresciallo dell’Impero, capo del Governo e ministro
della Guerra
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;
- Capo di Stato Maggiore Generale:
Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio
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, Marchese del Sabotino dal 1928.
Collare dell’Annunziata dal 1929 e Duca di Addis Abeba dal 1936;
- Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito:
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Mussolini fu ministro della Guerra dal 4 aprile del 1925 al 12 settembre del 1929, e poi ad interim dopo
la parentesi del generale Pietro Gazzera, dal 22 luglio del 1933 al 25 luglio del 1943.
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Incarico che lasciò nel dicembre 1940, per uno diverbio sulla conduzione della campagna di Grecia (per
la quale furono adottati, per volere di Mussolini, i piani d’invasione del generale Visconti Prasca in
sostituzione di quelli dello Stato Maggiore dell’Esercito).
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aggiunta una Legione di Camice Nere (articolata su 2 battaglioni). Al totale
delle divisioni vanno aggiunti i regimenti e i reparti non indivisionati, i reparti
autonomi nonché 3 divisioni della Milizia.
Del totale delle divisioni, che sono per la maggiore di fanteria
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, fanno parte
solo 3 Corazzate
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, 5 alpine
10
, 3 celeri
11
, 2 motorizzate
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e 12 autotrasportabili
(concetto un po' aleatorio che significa che possono essere caricate sui mezzi
per essere trasportate ma i mezzi non erano in organico). In ogni caso il 10
giugno del 1940 possono considerarsi in piena efficienza e pronte all’impiego
solo una ventina di divisioni (cioè complete negli organici e negli armamenti).
Per quanto riguarda l’armamento individuale lo stesso è costituito
essenzialmente dall’ormai superato fucile mod. 1891 (calibro 6,5 mm, serbatoi
da 6 colpi, risalente alla prima guerra) e l’ottima pistola Beretta mod. 1934
(calibro 9 mm corto, serbatoio da 7 colpi). All’entrata in guerra non si ha
ancora in dotazione il più idoneo e moderno fucile mitragliatore Beretta
MAB 1938, reso disponibile solo dal dicembre 1941 e in numero insufficiente.
Le bombe a mano erano costituite dalle Breda O.T.O. 35 S.R.C.M. Come armi
di reparto automatiche abbiamo in dotazione il fucile mitragliatore Breda
mod. 1930 (calibro 6,5 mm, 150 colpi al minuto), arma precisa ma delicata nel
raffreddamento-lubrificazione inoltre deficitaria della maniglia per il trasporto,
le mitragliatrici pesanti Fiat Revelli mod. 14/35, obsoleta costituita
dall’ammodernamento di un modello della prima guerra, e al contrario l’ottima
e funzionale Breda mod. 1937 (calibro 8 mm, 350 colpi al minuto). Abbiamo
poi i mortai il leggero Brixia da 45 mm (di scarsa potenza e bassa gittata 500
m., 30 colpi al minuto) e il pesante Brixia da 81 mm (più efficace, gittata fino
a 1.150 m., 35 colpi al minuto).
Le deficienze maggiori riguardavano le dotazioni di mezzi, artiglierie e mezzi
corazzati anche se, per precisione e bene distinguere quelle che furono carenze
di genere solo quantitativo da quelle che furono sia quantitative che qualitative.
Furono ottimi mezzi, ben riusciti ed idonei ad assolvere i ruoli per il quale
vennero studiati sicuramene la serie di motociclette Moto Guzzi 500 Alce
(nelle diverse versioni tra cui portamunizioni, porta-treppiede, porta
mitragliatrice) e le autovetture a uso militare tra cui la Fiat 2800 coloniale,
l’Alfa Romeo 2500 coloniale, la Lancia Aprilia la Fiat 508 CMC coloniale
e la Fiat 508 C coloniale (che diverrà la padrona dei deserti), infine i
camioncini Fiat 508 C con motore da 1100 cc. Prodotti in grande quantità.
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Divisione di fanteria articolata su: 2 Rgt. Fanteria, 1 Legione CCNN, 1RGt. Artiglieria, 1 Btg. Genio.
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Divisione Corazzata articolata su: 1 Rgt. Carri (nel 1940 da 3, 5 t. o 11 tonnelate), 1Rgt. Bersaglieri
autocarrato/motociclisti, 1Rgt. Artiglieria meccanizzata.
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Divisione alpina articolata su: 2 Rgt. Alpini, 1 Rgt. Artiglieria alpina, 1 Btg. Misto genio.
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Divisione celere articolata su: 2 Rgt. Di Cavalleria, 1 Rgt. Bersaglieri ciclisti, 1 Rgt. Artiglieria a cavallo.
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Divisione motorizzata articolata su: 2 Rgt. Fanteria e 1 Rgt. Bersaglieri.
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Come autocarri abbiamo il Fiat 618 coloniale, il Fiat SPA 36 R e il successivo
38 R, il Fiat SPA Dovunque mod. 33 e il successivo e riuscitissimo Fiat SPA
Dovunque mod. 1935, che rimase in attività fino al 1948 e, non ultimo il Fiat
SPA CL 39. Ancora, a partire dal 1939 i discreti autocarri Fiat 626 N, Fiat
626 NL, Fiat 626 NLM e Fiat 666 NM. Durante la guerra di Spagna del 1936
inoltre, la Lancia produce il Lancia RO che rappresenta il fortunato
antesignano del futuro Lancia 3RO che rappresenta l’autocarro più pesante in
dotazione al R.E. (prodotto in più di 9.000 esemplari). Arretrati sono invece i
trattori per artiglieria Pavesi mod. 30 e md. 32, integrati poi con il più
efficiente, e prodotto in grandi quantitativi, Pavesi T.L. 37 (Trattore Leggero
37) e il piccolo trattore a cingoli Fiat O.I.C. 708 CM (per artiglierie leggere
in zone impervie).
L’artiglieria è costituita da cannoni contraerei da 75/40, 76/40, 90/42, 90/53
mod. 1939 (miglior pezzo antiaereo italiano della seconda guerra, potente e
affidabile fu usato anche come controcarri come l’omonimo da 88 tedesco) e
102/35 mod. 1914 (cannone navale sia automontato che su treno); cannoni
campali 65/17 mod. 1908 (cannone da montagna), 75/32 mod. 37 (artiglieria
divisionale, uno dei pezzi più moderni), 105/28 mod. 1916 (artiglieria pesante
campale), 149/40 mod. 1935 (artiglieria pesante campale); obici da 75/13 mod.
1915 (risalente alla prima guerra), 75/18 mod. 1934 e 1935 (artiglieria
divisionale poi montati anche su scafo M come artiglieria semovente), 210/22
mod. 1935. Come armi anticarro all’entrata in guerra erano in dotazione solo
di tipo leggero costituite dal fucilone Solothurn da 20 mm, la mitragliatrice
Breda da 20 mm e il cannoncino 47/32 mod. 1939 (“Elefantino”), armi di
calibro maggiore e/o semovente entrarono in servizio nel corso del conflitto.
Per quanto riguarda i veicoli e mezzi da combattimento ottimo mezzo,
all’altezza se non superiore a quelli stranieri, prodotto fin dal 1939 in notevoli
quantità e successive versioni fu l’autoblinda FIAT AB 40. I carri armati sono
una nota dolente, all’entrata in guerra le nostre truppe corazzate sono dotate
sostanzialmente del solo carro L 3/33 o L3/35 (carro leggero da 3 tonnellate)
armato con solo 2 mitragliatrici da 6,5 o 8 mm e due uomini di equipaggio, più
che un carro da combattimento vero e proprio è più un veicolo idoneo alla
ricognizione al pari delle tankette Carden Lory Mk IV e VI inglesi. Abbiamo
già in linea nel 1940 anche degli M 11/39 (carro medio da 11 tonnellate) con
un difetto d’origine costituito dal cannone da 37 mm in casamatta fisso. La
torretta brandeggiabile era armata con sole mitragliatrici. Successivamente
entreranno in servizio tutta la serie di carri più moderni ma sempre in ritardo
rispetto all’evoluzione dei mezzi avversari per armamento, tonnellaggio e
corazzatura. Saranno L 6/40 (Carro Leggero da 6 tonnellate), M 13/40 (medio
da 13 tonnellate vera spina dorsale delle nostre divisioni corazzate per tutto il
conflitto ma armato con un cannone da 47 mm. e 3 mitragliatrici da 8 mm) e
le successive versioni M14/41, M15/42. Ottimo, ma come sempre arrivò in
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incrociatori Bari e Taranto e ben 34 torpediniere, risalenti alla I Guerra
mondiale, erano di efficienza quasi nulla.
La debolezza della nostra marina va individuata nella mancanza di una
efficiente e organizzata aviazione navale dislocata in località militarmente
strategiche in Italia e nelle colonie, in grado di garantire una costante
ricognizione aerea a copertura delle unità in mare. La marina aveva puntato
tutto sulle corazzate e per questo mancava anche di navi portaerei che si
riveleranno essenziali nelle nuove battaglie navali, e per giunta mancò un
coordinamento interforze tra Aeronautica e Marina. Altre carenze furono
riscontrate nel combattimento notturno delle grandi unità per la mancanza di
cariche di lancio con vampa attenuata, al fine di non accecare i nostri sistemi
ottici di tiro, e, nella fase iniziale del conflitto, di sistemi elettronici di scoperta
(radar e sonar moderni), quando furono istallati sulle unità più moderne, era
ormai troppo tardi.
Nonostante tutto la Regia Marina, che per quanto riguarda il personale
ammontava a circa 160.000 marinai e 4.500 ufficiali, finché i radar di cui erano
dotate numerose unità inglesi non presero il sopravvento riuscì a tener testa
dignitosamente alla più potente Royal Navy Britannica.
3. Sintesi delle operazioni militari fino alla battaglia di Tunisia.
Quando l’Italia entra in guerra il 10 giugno 1940, la Germania ha già
conquistato la Polonia, spartita con l’Unione Sovietica
14
, la Danimarca, la
Norvegia e, per sferrare l’attacco ad occidente contro la Francia
15
aggirandone la linea Maginot, ha invaso anche Belgio, Olanda e
Lussemburgo (maggio 1940). Le truppe franco-inglesi sono costrette a
rimbarcarsi per l’Inghilterra a Dunkerque, Parigi viene occupata il 14 giugno,
l’8 agosto inizia la battaglia d’Inghilterra rimasta sola.
Mussolini, ormai convinto che il conflitto sia al termine, entra in guerra al
fianco della Germania, con cui ha firmato il patto d’Acciaio (22 maggio
1939), per poter sedere al tavolo dei vincitori. Il 27 settembre 1940 verrà
siglato anche il patto tripartito tra Italia, Germania e Giappone (Asse Roma-
Berlino-Tokyo) che sostanzialmente divideva il mondo in sfere d’influenza
della rispettiva nazione ritenuta egemone, la Germania in Europa, l’Italia nel
Mediterraneo e il Giappone in Asia.
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Con cui ha stipulato un patto non aggressione il 22 agosto 1939 (Patto Ribbentrop-Molotov) alla vigilia
dell’aggressione alla Polonia 1 settembre 1939, stabilendo anche la spartizione territoriale di
quest’ultima. L’URSS nel marzo del 1940 aveva anche sconfitto la Finlandia ed occupato nel giugno
successivo Lituania, Estonia e Lettonia.
15
La Francia e la Gran Bretagna a seguito dell’invasione tedesca della Polonia hanno dichiarato guerra
alla Germania il 3 settembre 1939.